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INTRODUZIONE
Il 9 giugno 2006 è stata pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale
dell’Unione europea, la direttiva 2006/42/CE (Direttiva Macchine),
recepita in Italia per mezzo del d.lgs. 17/2010. L’evento è stato
notevole per la sua portata giuridica ed economica, perché le
macchine costituiscono il più importante e più diffuso strumento
dell’attività lavorativa.
La sicurezza delle “macchine”, ed in generale delle
“attrezzature”, è uno degli aspetti fondamentali ed indefettibili per
la sicurezza sul lavoro. Milioni di persone, non solo lavoratori,
utilizzano ogni giorno utensili ai quali si applica la disciplina della
direttiva 2006/42/CE.
Solo una scelta ed un utilizzo consapevoli delle attrezzature
possono garantire un ambiente di lavoro sicuro e salubre. La
materia costituisce un cardine per evitare il fenomeno degli
infortuni sul lavoro, ma si collega strettamente anche al fenomeno
delle malattie professionali.
La normativa vigente, pertanto, prevede dei criteri di
sicurezza a cui le macchine costruite ed utilizzate devono risultare
10
conformi. Si preoccupa di garantire la sicurezza intrinseca del
macchinario, e quella c.d. “da interferenza”, derivata dalla
sistemazione dell’apparecchiatura nel luogo di lavoro.
Le disposizioni in vigore sono frutto di un’evoluzione
normativa, sia nazionale che comunitaria: con tempi e modalità
differenti, ma in un rapporto di reciproco condizionamento, le due
normative hanno cercato di delineare una tutela della salute
completa ed efficace, dotata di unitarietà, globalità ed immanenza.
L’analisi delle suddette evoluzioni permette di individuare
numerose tappe nelle quali la sicurezza sul lavoro è stata
condizionata dai canoni e dai valori prevalenti nel contesto socio-
economico.
I primi provvedimenti, sia nazionali che comunitari, si
caratterizzavano per la loro impronta economica e riparatoria.
Il progetto di unificazione dell'Europa nasce, nella
ricostruzione post-bellica, in funzione di esigenze di convergenza
economica: tale constatazione acquista valore nell'esame
dell'evoluzione della produzione giuridica comunitaria in materia di
salute e sicurezza dei lavoratori. Alla fine del XIX secolo, in Italia
11
le prime iniziative legislative in materia miravano all’istituzione
dell’assicurazione obbligatoria: emergeva la volontà da parte delle
categorie imprenditoriali di salvaguardarsi dai crescenti rischi
dell’attività lavorativa.
L’alto numero di incidenti sul lavoro, il costo sociale
derivante dalle malattie professionali, il clamore collettivo suscitato
dalle numerose “stragi da lavoro” hanno sganciato la sicurezza e la
salute da canoni precipuamente economici.
Così la normativa ha elaborato numerosi principi, ormai
riconosciuti come capisaldi della materia. Si vedano i principi della
“prevenzione”, della “protezione”, della “procedimentalizzazione”,
della “organizzazione” della salute e sicurezza. Rileva inoltre la
“partecipazione” dei lavoratori, quali soggetti attivi della salute e
sicurezza e non come semplici destinatari di un obbligo ascritto ad
altri.
La materia della sicurezza delle macchine si presta a questo
tipo di analisi.
La Direttiva Macchine dimostra il passaggio da una
“concezione economica” ad una “concezione sociale”. Antepone la
12
sicurezza dei prodotti alla loro messa in circolazione. Antepone un
interesse sociale ad un interesse economico.
La direttiva 2006/42/CE è l’ennesima dimostrazione di
come il mercato non possa essere il solo strumento utilizzato dalle
istituzioni comunitarie e nazionali. Oltretutto la Direttiva Macchine
dimostra la possibilità di garantire la sicurezza dei prodotti ed,
indirettamente, la salute dei lavoratori che li utilizzano, nell’ottica
di un ridimensionamento dell’impegno statale.
Una tale sicurezza, garantita “a monte” del sistema
produttivo, permette di certificare la sicurezza delle macchine fin
dalla fase della loro progettazione e concezione, per poi estendersi
la fase della commercializzazione e dell’utilizzo. La normativa
della Direttiva Macchine si incontra con la direttiva 89/391/CEE,
che garantisce livelli minimi essenziali di sicurezza vigenti in tutti i
luoghi di lavoro. Il datore di lavoro, titolare dell’obbligo della
sicurezza, è obbligato a fornire ai propri dipendenti un luogo di
lavoro salubre e sicuro.
Tuttavia la pratica produttiva giornaliera evidenzia la
necessità di non “abbassare la guardia”. L’analisi di numerosi
13
incidenti provocati dall’utilizzo di macchinari permette di
evidenziare come la “cultura della sicurezza” non sia insita nei
datori di lavoro, ma neanche in molti lavoratori e loro
rappresentanti.
Distrazioni, cattiva formazione ed insufficiente
informazione della forza lavoro, ritmi di lavoro frenetici, misure di
sicurezza economiche e spesso obsolete sono nemici della salute e
sicurezza tutt’oggi presenti in ogni ambiente di lavoro. Sono il
retaggio di una mentalità che mira al profitto incondizionato e
disinteressato ed impongono attenzione da parte di tutte le
istituzioni e le associazioni di categoria coinvolte. Sono concezioni
del rapporto di lavoro che ignorano il legame che si genera tra
“condizioni di lavoro ottimali” e produttività.
14
CAPITOLO 1
LA “SICUREZZA SUL LAVORO” NEL PROGETTO
D’INTEGRAZIONE EUROPEA
1. Il diritto alla salute e sicurezza sul posto di lavoro nel
Trattato di Roma
La preminenza delle esigenze di carattere economico su
quelle di carattere sociale ha condizionato la produzione e
l’evoluzione normativa comunitaria in numerose materie. Alle
conquiste nel campo sociale si è arrivati dopo aver salvaguardato le
sovraordinate esigenze economiche. Nella materia della salute e
della sicurezza sul posto di lavoro, soprattutto nella sicurezza delle
macchine, il rapporto di subordinazione è stato e continua ad essere
rimarcato, nonostante i numerosi passi avanti.
Quando il Trattato per l’istituzione della Comunità
Economica Europea (di seguito “Trattato CEE”)
1
fu negoziato, la
finalità perseguita era quella di assicurare la pace con mezzi di
cooperazione economica. La creazione di un mercato comune si
1
Il “Trattato CEE” fu firmato a Roma il 25 Marzo 1957 da Belgio, Francia, Italia,
Lussemburgo, Germania e Olanda ed entrò in vigore il 1° Gennaio 1958.
15
faceva prioritaria rispetto ad altri obiettivi, per permettere
all’Europa di rimanere sulla scia di potenze economiche, quali Stati
Uniti e Giappone. Prevaleva una concezione in base alla quale, a
livello comunitario, “il vagone sociale era trainato dalla locomotiva
economica”
2
.
La necessità di creare un Mercato Europeo caratterizzato
dalla “eliminazione, tra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera
circolazione delle persone e dei capitali”
3
, divenne preminente. Si
trattava di uno spazio dove beni e servizi potevano circolare
liberamente, superando i confini nazionali, in base alla libertà di
movimento degli individui, dei servizi e dei capitali.
Tale libertà costituiva, e tuttora costituisce, un diritto
fondamentale dei lavoratori e delle famiglie
4
. Ciò nonostante, la
libertà di movimento perseguiva finalità economiche
5
: pur
garantendo al lavoratore la possibilità di “migliorare le sue
2
R. Blanpain-M. Colucci, Il diritto comunitario del lavoro ed il suo impatto sull'ordinamento
giuridico italiano, Padova, 2000, p. 93.
3
Art. 3, lett. C), del Trattato CEE.
4
In forza di tre direttive del Consiglio delle Comunità europee, tutte emanate il 28 Giugno
1990 (direttiva 90/364/CEE; direttiva 90/365/CEE; direttiva 90/366/CEE) sul “diritto di
stabilimento”, la “libertà di circolazione” delle persone è stata estesa ai cittadini degli Stati
membri, ai lavoratori “salariati” e “non salariati”, a coloro che hanno cessato la propria attività
lavorativa e agli studenti.
5
R. Blanpain-M. Colucci, op. cit., pp. 180-181.
16
condizioni di vita e di lavoro e di facilitare la sua promozione
sociale” contribuiva “nel contempo a soddisfare le necessità
dell'economia degli Stati membri”
6
.
La libertà di movimento degli individui, dei servizi e dei
capitali era funzionale all'allocazione dei fattori economici,
compresa la forza lavoro: dall’allocazione della forza lavoro, si
sarebbe generato un flusso di manodopera proveniente dai Paesi
con redditi bassi verso Paesi con redditi superiori, al fine di
controbilanciare la produttività del lavoro nell’area economica.
Per quanto non condivisa in egual misura da tutti gli Stati
membri
7
, tale impostazione fu “consacrata” nel Trattato CEE. Su di
essa fu impiantato il “primo pilastro” del diritto del lavoro europeo:
il fondamentale diritto della libertà di movimento dei lavoratori.
6
2° considerando del Regolamento CEE, 15 ottobre 1968, n. 1612, del Consiglio delle
Comunità europee, relativo alla Libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità.
7
C.M. von Quitzow, State measures distorting free competition in the EC: a study of the need
for a new Community, Dordrecht, 2001, p. 7: lo Spaak Report fu il documento preparatorio al
Trattato CEE e fu il risultato del lavoro di un Comitato guidato dal Ministro degli esteri belga
Paul Henry Spaak. Il lavoro di tale comitato fu stabilito dall'accordo tra governi raggiunto
durante la Conferenza di Messina del 1955, che fu occasione per un dibattito sulla piena
attuazione della Libertà di Movimento. Il Report concluse che il diritto alla libertà di
movimento entro i confini comunitari, così come sancito dal Trattato CEE, dovesse essere
inteso come il diritto di svolgere un’occupazione in diverso Stato membro, alle stesse
condizioni dei cittadini dello Stato ospitante e comprendesse inoltre il diritto a rimanere nello
Stato qualora l’occupazione fosse stata trovata.
17
La progettazione del “secondo pilastro” che concerneva la
coesistenza di diversi ordinamenti di diritto del lavoro, in vista
dell’integrazione economica europea, si rivelò più difficoltosa
8
.
Nell’impostazione del Trattato CEE, ispirata da una forte
fiducia nello strumento del mercato, l'armonizzazione normativa dei
sistemi nazionali sarebbe derivata dal funzionamento di
quest’ultimo. Il mercato avrebbe condotto ad un progressivo
miglioramento e ad un riequilibrio delle condizioni di vita e di
lavoro negli Stati membri, eliminando le divergenze di trattamento
generatrici del dumping sociale
9
, elemento nocivo per la libertà di
circolazione
10
.
La coesistenza tra ordinamenti di diritto del lavoro diversi
fu oggetto di dibattito. Rilevavano opinioni contrastanti: a causa
dell’alto costo del lavoro transalpino rispetto a quello di altre realtà,
8
M. Fuchs, The Bottom Line of European Labour Law (Part 1), in The International Journal of
Comparative Law and Industrial Relations, 2004, II, pp. 155-158.
9
A. Santa Maria, Diritto commerciale europeo, Milano, 2008, p.362: con l'espressione social
dumping si indica il fenomeno che si verifica allorché, in un determinato mercato, il prezzo di
vendita di uno specifico prodotto importato è più basso di quello di un prodotto nazionale
simile e tale differenza è dovuta a fattori “sociali” che condizionano la produzione ; G.
Venturini, L'Organizzazione mondiale del commercio, Milano, 2000, p. 47: l'espressione social
dumping ha assunto una connotazione per lo più negativa: descrive la posizione privilegiata,
nel commercio internazionale, ottenuta dai Paesi nei quali le condizioni dei lavoratori sono
meno tutelate. Descrive il vantaggio che tali Paesi traggono rispetto agli Stati nei quali sono in
vigore normative maggiormente protettive in materia di lavoro.
10
G. Arrigo, Il Diritto del lavoro dell'Unione Europea, Milano, 2001, p. 153.
18
i negoziatori francesi vedevano l’armonizzazione dei principi
sociali come una necessità primaria per la creazione di un mercato
unico funzionante e realmente competitivo. La delegazione tedesca
premeva affinché gli standard di diritto del lavoro non venissero
armonizzati, non essendo questi un costo artificiale, ma un costo
naturale che non avrebbe distorto la competitività.
Tali considerazioni furono riprese dagli artt. 117
11
e 118
12
del Trattato CEE. Si rilevava la volontà del legislatore di
distanziarsi da ogni armonizzazione del diritto del lavoro ad
esclusione di alcune tematiche riguardanti “l’applicazione del
11
Art. 117 del Trattato CEE: “Gli Stati membri convengono sulla necessita di promuovere il
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d’opera che consenta la loro
parificazione nel progresso. Gli Stati membri ritengono che una tale evoluzione risulterà sia dal
funzionamento del mercato comune, che favorirà l’armonizzarsi dei sistemi sociali, sia dalle
procedure previste dal presente Trattato e dal ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative”.
12
Art. 118 del Trattato CEE: “Senza pregiudizio delle altre disposizioni del presente Trattato, e
conformemente agli obiettivi generali di questo, la Commissione ha il compito di promuovere
una stretta collaborazione tra gli Stati membri nel campo sociale, in particolare per le materie
riguardanti: l’occupazione, il diritto al lavoro e le condizioni di lavoro,la formazione e il
perfezionamento professionale,la sicurezza sociale,la protezione contro gli infortuni e le
malattie professionali, l’igiene del lavoro,il diritto sindacale e le trattative collettive tra datori
di lavoro e lavoratori. A tal fine la Commissione opera a stretto contatto con gli Stati membri
mediante studi e pareri e organizzando consultazioni, sia per i problemi che si presentano sul
piano nazionale, che per quelli che interessano le organizzazioni internazionali. Prima di
formulare i pareri previsti dal presente articolo, la Commissione consulta il Comitato
economico e sociale”.
19
principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso
maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro”
13
.
1.1. Il diritto alla salute e sicurezza sul posto di lavoro nel
Trattato CECA e nel Trattato EURATOM
Del “miglioramento delle condizioni di lavoro” richiamato
dall’art. 117 del Trattato CEE si erano già occupati il Trattato
istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio
14
(di
seguito “Trattato CECA”)
15
ed il Trattato istitutivo della Comunità
europea per l’energia atomica
16
(di seguito “Trattato Euratom”).
A tali Trattati si devono le prime iniziative comunitarie in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, generate sull'onda
13
Art. 119 del Trattato CEE: “Ciascuno Stato membro assicura durante la prima tappa, e in
seguito mantiene, l'applicazione del principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di
sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro”.
14
Il Trattato CECA fu firmato a Parigi il 18 Aprile 1951 ed entrò in vigore il 24 Luglio 1952.
15
R. Sapio, Compendio di diritto dell'Unione europea, Lecce, 2001, pp.8-9: l'istituzione della
CECA rappresentò una prima affermazione dell'orientamento “c.d. funzionalista” che
propugnava una gradualità settoriale nel processo di integrazione europea: più esattamente, la
graduale attribuzione ad istituzioni sovranazionali di funzioni e di competenze in settori
determinanti. Il Trattato CECA introdusse l'idea del perseguimento della prosperità nazionale
non attraverso le politiche di protezionistico isolamento, ma mediante lo sviluppo di una
Comunità sovranazionale. Inoltre ha contribuito a stemperare le frizioni tra la Francia e la
Germania, i due Paesi europei che erano stati accaniti avversari nelle due grandi guerre
mondiali. A ben vedere si può dire che il Trattato CECA ha sancito per la prima volta i principi
fondanti della futura Unione europea: la rinuncia, sia pure parziale, al “principio della sovranità
nazionale”, e la nascita ed il riconoscimento di un “diritto comunitario”.
16
Il Trattato EURATOM fu negoziato contestualmente al Trattato CEE nel 1957 ed entrò in
vigore il 1° Gennaio del 1958.
20
dell'emozione suscitata dalla sciagura nella miniera di Bois du
Cazier, presso la città belga di Marcinelle
17
.
Le iniziative comunitarie si rivolgevano a industrie e settori
comportanti di per sé rischi per la vita e la salute pubblica dei
lavoratori, conferendo alle istituzioni indicate nei suddetti Trattati
poteri normativi.
Fu creato l'Organo permanente per la sicurezza nelle
miniere di carbone e ne furono fissate le funzioni con la decisione
18
del Consiglio dei Ministri CECA
19
, del 9 luglio 1957. All’Organo
permanente fu affidato il compito di preparare proposte da
sottoporre ai governi degli Stati membri, concernenti la salute e la
sicurezza dei lavoratori nelle miniere e di assistere la Commissione
delle Comunità europee (di seguito “Commissione CE”) nella sua
funzione di elaborazione della legislazione comunitaria
20
.
17
M. Taccolini, La costruzione di un'Europa del lavoro, Milano, 2006, p. 51: il “disastro di
Marcinelle” fu una catastrofe avvenuta la mattina dell'8 agosto 1956 in una miniera di carbone
denominata Bois du Cazier e situata a Marcinelle, in Belgio. L'incidente provocò 262 morti su
un totale di 274 uomini presenti nella miniera.
18
Decisione del Consiglio dei Ministri CECA, del 9 luglio 1957, relativa al mandato e al
regolamento interno dell'Organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbone fossile.
19
R. Sapio, op. cit., p. 9: “garantivano il funzionamento del Trattato CECA l'Assemblea, con
poteri consultivi e di controllo politico, l'Alta Autorità, detentrice del potere normativo ed
esecutivo, il Consiglio dei Ministri, con compiti solamente consultivi, la Corte di Giustizia, cui
spettava la verifica giurisdizionale sulla corretta applicazione del Trattato”.
20
M. Roccella-T. Treu, Diritto del Lavoro della Comunità Europea, Padova, 2007, p. 320.