Nei capitoli successivi vengono trattate le motivazioni che sono state
alla base dello scioglimento, le varie argomentazioni svolte dalla Corte
Costituzionale Turca e le difese dei membri del Partito.
Inoltre viene trattato il caso Refah Partisi, partendo da una breve
ricostruzione storica delle origini del Partito, considerando poi per
quali ragioni la Corte Costituzionale Turca abbia deciso di scioglierlo,
con un’accurata indagine sulle prove emesse a carico dei membri del
Partito stesso. Particolare riguardo viene dato ad alcuni estratti dei
discorsi dei membri utilizzati come prove dalla Corte Costituzionale
Turca e successivamente dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Cuore della tesi è la decisione della Corte Europea per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo, alla quale viene dedicato un commento. Nello
stesso si analizzano i principi della Corte Costituzionale Turca che
hanno portato allo scioglimento del Refah Partisi, e i principi della
Convenzione Europea che sono stati presi in esame dal Tribunale di
Strasburgo per arrivare alla decisione. Infine, viene affrontato il tema
della posizione dello Stato Turco nei confronti della libertà di religione
in generale. A questo proposito è stato dedicato l’ultimo capitolo
inerente alla Costituzione Turca e agli articoli posti a fondamento della
libertà di religione. Concludendo, in ragione dell’importanza che questa
vicenda ha rivestito, vengono affrontati gli aspetti politici, economici e
religiosi che possono influenzare l’adesione della Turchia all’Unione
Europea prevista per il 2007.
CAPITOLO I
Profili della libertà religiosa in Europa
IL diritto alla libertà di religione viene disciplinato nella Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo
1
, all’articolo 18
2
, il quale prevede
espressamente il diritto alla libertà religiosa e, più in particolare, il
diritto di qualsiasi individuo alla libertà di pensiero, di coscienza e di
religione, con la precisazione che “questo diritto implica la libertà di
cambiare religione, convinzione e la libertà di manifestare la religione
individualmente o in comune, in pubblico o in privato, attraverso
l’insegnamento, le pratiche religiose, il culto e il compimento di riti”.
3
La stessa materia è disciplinata a livello europeo dalla Convenzione
Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, firmata a Roma nel
1950, con annessi vari protocolli Addizionali.
Il protocollo Addizionale più importante è quello firmato a Parigi
il 20 marzo 1952, in particolare l’articolo 2
4
in materia di
1
Proclamata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948
2
Articolo 18: “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto
include la libertà di cambiare religione o credo,e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in
pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e
nell’osservanza dei riti”.
3
F. POCAR, La libertà di religione nel sistema normativo delle nazioni unite, in S. FERRARI e T. Scorazzi (cur.), La
tutela della libertà di religione .Ordinamento internazionale e normative confessionali, CEDAM, Padova, 1998,
pag.29
4
Articolo 2: “il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni
che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di
assicurare tale insegnamento in modo conforme alle loro convinzioni religiose e filosofiche”.
educazione
5
. Con questa Convenzione, si è voluto costituire una serie di
leggi che tutelino i diritti dell’uomo da parte di tutti gli Stati che
l’abbiano firmata.
Il fine del Consiglio d'Europa è quello di realizzare un'unione più
stretta tra i suoi Membri, fine che viene perseguito anche attraverso la
salvaguardia e lo sviluppo dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali.
I governi degli Stati europei animati da uno stesso spirito e forti di un
patrimonio comune di tradizioni e di ideali politici, di rispetto della
libertà e di preminenza del diritto, decisero di prendere le prime misure
atte ad assicurare la garanzia collettiva di certi diritti enunciati nella
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Il sistema di protezione internazionale è formato da due organi: la
Commissione europea dei diritti dell’uomo, a cui possono accedere solo
gli Stati contraenti, e la Corte Europea dei diritti dell’uomo, cui possono
adire i privati, e che ha competenza limitata a quegli Stati che ne hanno
espressamente riconosciuto la giurisdizione.
In mancanza del riconoscimento di giurisdizione degli organi o nel caso
in cui la Corte non venga adita, sarà compito del Consiglio d’Europa,
organo di controllo politico, decidere, sentito il parere della
5
G. CARELLA, Le garanzie delle norme internazionali generali a tutela delle minoranze, in R. COPPOLA e L.
TROCCOLI (cur.), Minoranze, laicità, fattore religioso, Studi di diritto e internazionale e di diritto ecclesiastico
comparato, Cacucci Editore, Bari, 1997, pag. 103
Commissione, se sia stata o meno violata la Convenzione stessa, e
stabilire quale organo sarà competente a dirimere la controversia.
Nello specifico, l’articolo che disciplina la libertà di religione nella
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, è l’articolo 9,
“Libertà di pensiero, di coscienza e di religione”:
1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di
religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o
credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il
proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o
in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e
l'osservanza dei riti.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo
non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono
stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una
società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione
dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o per la
protezione dei diritti e della libertà altrui.
Il primo comma “enuncia il diritto”
6
, mentre il secondo “indica le
limitazioni alle quali il suo esercizio può essere sottoposto”
7
.
Il secondo comma pone una riserva di legge rinforzata in merito alle
restrizioni che gli Stati possono attuare sulla libertà in esame.
6
C. MORVIDUCCI, Libertà di religione o di convinzioni, in Enciclopedia giuridica, vol. XIX, cap VIII, Roma, 1990,
pag. 1.
7
C. MORVIDUCCI, op. cit., pag. 3.
Occorre che vi sia una previsione di legge e che la limitazione del diritto
risulti necessaria per tutelare l’ordine pubblico, la salute e la morale
pubblica, o i diritti e la libertà altrui, secondo i parametri di una società
democratica. L’applicazione di queste limitazioni all’esercizio del
diritto, “dovrà essere rapportata alle esigenze e ai profili politico-
giuridici di una società organizzata democraticamente
8
”.
9
Un altro profilo importante riguardante la legittimità delle misure
restrittive è la loro ”necessità“, intesa, nella così detta dottrina del
margine di discrezionalità, nel tentativo di raggiungere un equilibrio tra le
garanzie internazionali dei diritti dell’uomo, alla quale tende la
Convenzione, e il rispetto delle peculiarità proprie di ciascun
ordinamento nazionale. In breve, tale dottrina afferma che occorre
riconoscere alle autorità di ciascuno Stato un considerevole margine di
discrezionalità per valutare necessarie talune misure restrittive della
libertà adottate in base ai concetti-limite contenuti negli articoli della
Convenzione. Questa discrezionalità non è illimitata, ma va di pari passo
con un controllo europeo delle decisioni statali.
10
8
La giurisprudenza europea sembra orientata a intendere una società democratica in principal modo, una
società ispirata al pluralismo sociale, il quale a sua volta veda riflesso realmente in un regime
istituzionalmente sottoposto alla preminenza del diritto, e allo stesso tempo, al principio della separazione
dei poteri: in conclusione alla nozione di Stato di diritto. J. MARTÌNEZ-TORRÓN, La la giurisprudenza degli
uomini di Strasburgo sulla libertà religiosa, in Rivista Internazionale dei diritti dell’uomo, Università Cattolica
Milano, 1993, pag. 366.
9
F. MARGIOTTA BROGLIO, La protezione internazionale della libertà religiosa nella Convenzione Europea dei diritti
dell’uomo, Giuffrè, Milano, 1967,pag. 47.
10
J. MARTÌNEZ-TORRÓN, La giurisprudenza, op. cit., pag. 367.
I concetti di morale pubblica, sanità pubblica devono avere una certa
uniformità, nei loro contenuti, nei vari ordinamenti Statali firmatari
della Convenzione.
Particolari problemi di interpretazione si hanno nella nozione di ordine
pubblico. Tale termine non si può identificare con il sistema unitario di
valori e dei principi desumibili dalle varie Costituzioni scritte degli Stati
contraenti, perché in caso contrario il medesimo verrebbe a costituire
una grave ragione di rottura del principio di non discriminazione e di
tutto il sistema convenzionale di garanzia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali.
La Convenzione Europea richiama la nozione amministrativa di ordine
pubblico, come ordine pubblico del diritto di polizia. Il limite
dell’ordine pubblico va, inoltre, interpretato nel senso proprio di una
société démocratique, come ordine materiale ed esteriore gravante su
quelle situazioni giuridiche tutelate, in particolare sul diritto di libertà
religiosa, che vi facciano espressamente riferimento e inoperante, di
conseguenza, al di là degli espressi richiami legislativi.
11
L’articolo 9 va interpretato assieme all’articolo 14 della stessa
Convenzione, quale norma generale per l’esercizio e l’interpretazione
dei diritti e libertà riconosciuti dalla Convenzione.
Quest’ultimo articolo stabilisce che “Il godimento dei diritti e delle
libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato
11
F. MARGOTTA BROGLIO, La protezione internazionale, op. cit., pag. 57.
senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso,
la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro
genere, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza a una minoranza
nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione”.
L’articolo 9 oltre alla libertà di religione, assicura anche la libertà di
pensiero e di coscienza.
L’aspetto più rilevante del disposto dell’articolo 9, è quello della libera
formazione e manifestazione dei propri convincimenti, questo
evidenzia il carattere pubblico del fenomeno religioso.
Dall’interpretazione dell’articolo 9 si deduce che la Convenzione tutela
anche i gruppi religiosi istituzionalizzati. Le conseguenze giuridiche sul
piano del diritto interno degli Stati contraenti non sono di poco conto.
All’interno di ciascun ordinamento particolare gli appartenenti alle
varie confessioni religiose dovranno godere dei medesimi diritti ed
avere le medesime possibilità di fronte allo Stato, nel quadro di una
legislazione conforme ai principi della Convenzione.
12
Costituirebbero violazione dei principi della Convenzione quelle leggi e
quei provvedimenti che attribuiscano o impongano obblighi ad uno o
più individui in considerazione del loro credo religioso, senza attribuire
o imporre i medesimi diritti ed obblighi ad individui di fede religiosa
diversa.
12
F. MARGOTTA BROGLIO, in La protezione internazionale, op. cit., pag. 30.
La libertà individuale o collettiva delle credenze religiose garantita dal
1° comma dell’articolo 9, potrà essere limitata dagli Stati contraenti solo
se esplicitamente previsto dalla legge e se tali limitazioni risultano
necessarie ad evitare turbamenti della pubblica pace o tranquillità.
Tale specificazione evita che la morale pubblica coincida con quella
della religione maggioritaria.
Scopo di questo limite è di permettere un intervento statale contro una
religione qualora il suo esercizio comporti una violazione di interessi
collettivi astratti.
Le attività connesse alla libertà di religione, cioè quelle volte a rendere
effettiva e operante tale attività, in assenza di disposizioni espresse,
sono tutelate da norme relative a diritti diversi e soprattutto dal divieto
di discriminazione.
13
Questo principio garantisce ai gruppi minoritari la possibilità di
svolgere attività che sono permesse alla maggioranza o ai credi
maggiormente protetti..
Questo determina il diritto degli Stati contraenti di poter imporre delle
restrizioni necessarie per evitare discriminazioni sociali o di
intolleranza da parte dei gruppi religiosi di maggioranza, realizzando la
tutela sancita dalla stessa Convenzione.
13
C. MORVIDUCCI, Libertà di religione,op. cit., pag. 8.
Nella storia della Corte si sono avuti rarissimi episodi
14
in cui essa si sia
trovata a giudicare sulla violazione dell’articolo 9. Infatti la
Commissione europea ha generalmente respinto i ricorsi presentati per
manifesta infondatezza.
Uno dei problemi consisteva nella difficoltà ad individuare il titolare
del diritto e i soggetti tenuti al rispetto della libertà religiosa, un altro
problema poteva essere determinato dal contenuto stesso del diritto e,
in particolar modo, dai limiti opponibili.
15
In particolar modo nel caso in cui la Corte si trovi a dover giudicare su
lesioni di diritti diversi, compresa la violazione della libertà religiosa,
quest’ultima è posta in secondo piano, mentre viene data maggior
importanza agli altri diritti, che determinano il punto di vista con il
quale deve essere analizzato il problema.
Questo può essere determinato dalle imprevedibili rivendicazioni cui
può dar luogo la libertà di pensiero, coscienza, religione, rispetto alle
altre lesioni che contemplano situazioni più specifiche e relativamente
omogenee. Un caso è dato quando la questione prospettata coinvolge,
oltre la libertà di religione, anche la libertà di associazione secondo
14
Un esempio è il caso Kokkinakis, sentenza del 25 maggio 1993 n°55, nella quale la Corte Europea aveva
dichiarato incompatibile con l’articolo 9, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti
del’uomo, un provvedimento greco di condanna di un testimone di Geova reo di proselitismo. M.
VENTURA,in La laicità dell’unione europea,Diritti, Mercato, Religione,Giapichelli Editore, Torino, 2001,pag.76.
Per una conoscenza più approfondita del caso Kokkinakis vedere ache G. CARELLA, Le garanzie delle norme
internazionali, op.cit., pag.123.
15
C. MORVIDUCCI, Libertà di religione, op. cit., pag. 6.
l’articolo 11 della Convenzione.
16
Tale articolo garantisce indirettamente anche gli aspetti della
manifestazione del culto.
Quest’evenienza si è verificata nel caso del Refah Partisi
17
che costituisce
oggetto del presente lavoro. Le varie violazioni per cui sono ricorsi gli
esponenti del partito, sono state ricondotte tutte alla violazione della
libertà di associazione.
18
La scelta della Corte di ricondurre i ricorsi, nella maggior parte dei casi,
alla violazione della libertà di associazione, è quasi sempre giustificata
dalla difficoltà di interpretare la violazione dell’articolo 9; entrare nel
merito delle diverse vicende Statali vorrebbe dire arrogarsi un diritto
che potrebbe portare a creare una situazione ancor più incerta, è per
16
Articolo 11 Libertà di riunione e di associazione: “1.Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e
alla libertà d'associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire ad
essi per la difesa dei propri interessi. 2.L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di restrizioni
diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica,
per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per la difesa dell'ordine e la prevenzione dei reati, per
la protezione della salute o della morale e per la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Il presente
articolo non vieta che restrizioni legittime siano imposte all'esercizio di questi diritti da parte dei membri
delle forze armate, della polizia o dell'amministrazione dello Stato”.
17
Il Refah Partisi venne sciolto, il 16 gennaio 1998, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale
Turca, che lo dichiarò incostituzionale per la contrarietà ai principi costituzionali di laicità, fondati da
Atatûrk. Tale sentenza fu successivamente impugnata dai membri del partito davanti alla Corte Europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, lamentando la violazione di diversi articoli della convenzione per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
18
La Corte Europea nel valutare il ricorso sul caso Refah Partisi si è espressa nel modo seguente: ”Les
requérants allèguent également la violation des articles 9, 10, 14, 17 et 18 del Convention. Leurs grief portant
suer le mêmes faits que ceux examinés sur le terrain de l’article 11, la Cour estime qu’il n’est pas nécessaire
de les examiner séparément ”. (I Richiedenti allegano la violazione degli articoli 9,10,14,17 e18 della
Convenzione. Siccome tutti sfociano sul terreno del contenuto dell’articolo 11, la Corte valuta che non sia
necessario esaminarli separatamente.) Corte Europea dei diritti dell’uomo, Affaire Refah Partisi (Partito della
Prosperità) et autres c. Turquie, Strasburgo 31 luglio 2001, Requêtes n° 41340/98, 41342/98, 41343/98,
41344/98.
queste ragioni che la Corte Europea preferisce ricondurre l’argomento
alle disposizioni dell’articolo 11.
Questo permette alla Corte di poter avere un più ampio margine di
decisione, valutando non la violazione della libertà di religione del
singolo, ma dell’intera collettività, creando meno interferenze con il
diritto locale.
Le differenze tra i due articoli, 9 e 11, riguardano i soggetti. Infatti,
l’articolo 11 garantisce la libertà di religione della collettività e non solo
quella del singolo come invece si evince dall’articolo 9.
L’articolo 11 garantisce, in via generale, l’aspetto collettivo, sancendo
chiaramente il “principio della piena libertà per gli individui, di riunirsi
a scopi pacifici e di associazione”, con i soli limiti previsti dalla norma
che sono, in sostanza, i medesimi già stabiliti per l’esercizio dei diritti al
rispetto della vita privata e familiare, alla libertà di coscienza, di
pensiero, di religione e di espressione.
19
Questo fenomeno coinvolge la Corte Europea, la quale deve intervenire
in caso di comportamenti repressivi dello Stato nei confronti dei gruppi
religiosi. Si ha una duplice garanzia della libertà religiosa del singolo,
sia all’interno della società, sia come membro del gruppo religioso.
La Convenzione Europea ha, però, avvertito l’esigenza di esprimere
giuridicamente questo particolare rilievo delle formazioni sociali in
19
Ci si riferisce alle limitazioni rese necessarie in una società democratica, per la sicurezza nazionale, la
sicurezza pubblica, la prevenzione del crimine, la tutela della salute.
genere (articolo 11) e di quelle a carattere religioso, in specie (articolo 9),
sottolineando, in tale modo, la funzione strumentale di esse.
L’individuo sarà portatore di interessi e di diritti collettivi, come
membro del gruppo in genere e del gruppo religioso in specie. In
questo modo il gruppo religioso viene ad assumere un’autonoma
rilevanza, in quanto è causa ed indice degli interessi religiosi
individuali costituendo una figura giuridica soggettiva, priva però di
personalità giuridica.
20
Di qui il riconoscimento dell’esistenza, nel sistema della Convenzione
Europea, di interessi religiosi e collettivi e dell’esigenza di una speciale
tutela dei medesimi, diversa da quella prevista per gli interessi
individuali e indipendente dai medesimi nel perseguire il fine proprio
della collettività organizzativa.
21
Il rapporto su cui si fonda l’unità del gruppo, non potrà essere definito
come societario, ma in un certo senso come naturale, derivante dalla
professione individuale della stessa fede.
Nel caso di conflitti tra gli interessi collettivi e individuali esso dovrà
essere risolto secondo la disciplina dell’articolo 17 della Convenzione.
22
20
La mancanza di personalità giuridica implica per il gruppo religioso l’impossibilità di poter compiere atti
a rilevanza giuridica, è una mancanza di piena autonomia.
21
F. MARGOTTA BROGLIO, in La protezione internazionale , op. cit., pag. 77.
22
Articolo 17 Divieto dell’abuso del diritto: “Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere
interpretata come implicante il diritto per uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare un’attività o
compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione
o porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni più ampie di quelle previste in detta Convenzione”.
Quest’ultimo articolo impedisce agli Stati o a qualsiasi altro soggetto, il
potere di limitare le libertà o i diritti dei singoli sulla base delle
disposizioni della Convenzione Europea. Si dovrà dare prevalenza
all’interesse religioso individuale, tutelato dall’articolo 9, il quale potrà
essere limitato con le condizioni viste precedentemente, ai sensi del 2
comma dello stesso articolo.
La tutela degli interessi del gruppo sono in funzione del diritto
individuale.
L’articolo 9, comma 2 della Convenzione, quindi, prendendo come
limite alla libertà di manifestazione la tutela dei diritti e libertà altrui,
consente agli Stati contraenti di imporre quelle restrizioni che si
rilevano necessarie per evitare forme di discriminazione sociale o di
intolleranza da parte degli stessi gruppi religiosi dominanti nei
confronti sia delle minoranze tradizionali, sia di nuovi raggruppamenti
a carattere confessionale, specie se dissidenti dalla religione o dalle
convenzioni del gruppo dominante, e ciò proprio per una più rigorosa
protezione del complesso dei diritti di libertà riconosciuti e garantiti
dalla Convenzione Europea.
Il problema della protezione del diritto collettivo di libertà religiosa -
inteso come diritto alla libertà religiosa anche dei gruppi o comunità
sociali a carattere religioso, autonomi nell’ambito generale della società
civile, nei quali l’individuo esplica attività di natura religiosa - deve
essere inquadrato nel più generale problema delle garanzie interne ed
internazionali previste dalla Convenzione Europea per il fenomeno
associativo.
23
Per quanto riguarda l’applicazione della Convenzione a livello statale,
la stessa Convenzione prevale sull’ordinamento interno.
In alcuni Stati, come per esempio l’Italia
24
, essa ha valore di legge
ordinaria.
La maggior parte della dottrina e giurisprudenza è concorde nel
ritenere che gli articoli dall’1 al 12 della Convenzione siano applicabili,
senza eccezione, negli ordinamenti interni degli Stati contraenti.
25
Le norme della Convenzione regolano determinati rapporti fra gli Stati
contraenti, ma allo stesso tempo, in merito alla condizione giuridica
degli individui degli ordinamenti interni, forniscono dei criteri sulla
loro determinazione.
Viene ad esistere un obbligo, in capo agli organi internazionali, di
procedere ad una interpretazione delle norme nazionali, nel momento
in cui si debbano comparare le norme interne con il diritto
convenzionale.
23
F. MARGOTTA BROGLIO, in La protezione internazionale, op. cit., pag. 79.
24
Secondo una tesi accreditata in dottrina, l’articolo 10 della Costituzione italiana pur non portando
all’adattamento automatico del diritto internazionale particolare, implicherebbe l’effetto di vietare qualsiasi
deroga da parte della legge ordinaria e degli atti equiparati alla legge di esecuzione dei trattati (pacta
recepita sunt servanda) per cui le norme immesse nell’ordinamento italiano ex l’articolo 10 (nel nostro caso
le norme della Convenzione) avrebbero un grado gerarchico intermedio tra le norme costituzionali e norme
primarie, rientrerebbero, così, nella categoria delle fonte atipiche o rinforzate e potrebbero essere modificate
solo da norme costituzionali o da norme dello stesso tipo, non potrebbero, quindi, modificare le norme
costituzionali, ma prevarrebbero sulle norme primarie anche successive.
25
F. MARGOTTA BROGLIO, in La protezione internazionale della libertà religiosa, op. cit., pag. 137.