II
circolazione dei lavoratori, sulla libert� di stabilimento, e sulla libera
prestazione dei servizi, richiamate dalla sentenza in esame
4
.
In linea di principio la disciplina comunitaria ha l�obiettivo di
facilitare, ai cittadini degli Stati membri, l�accesso ai posti di lavoro pi�
convenienti al di fuori dello Stato d�origine, e, alle imprese, l�assunzione dei
lavoratori pi� efficienti, scegliendoli nell�intera Comunit�
5
. In sintesi l�art.
48 mira ad agevolare la situazione dei cittadini comunitari migranti, gi�
penalizzati in virt� di tale loro condizione
6
. Tutte queste misure erano gi�
statali, e la possibilit�, per i lavoratori stranieri di spostarsi all�interno della Comunit�, sono
state favorite, in particolare, dall�Atto Unico europeo, e, pi� di recente, dal Trattato U.E.,
firmato a Maastricht il 17 febbraio 1992.
4
Alle norme citate nel testo devono essere aggiunte quelle contenute negli articoli 117 �
128 del Trattato. Queste mirano a creare una politica sociale europea a favore dei lavoratori
comunitari ed integrano le disposizioni sulla libera circolazione. Tutti questi articoli, sono
dotati d�efficacia diretta, e sono direttamente invocabili dai lavoratori interessati, che
possono chiederne il rispetto all�autorit� giudiziaria dello Stato in cui si trovano. Tale
efficacia � stata affermata dalla Corte fino dalle sue prime sentenze. Nella sentenza 4
dicembre 1974, Van Duyn, la Corte ha considerato i principi contenuti nell�articolo 48
come �un obbligo preciso, che non richiede l’emanazione di alcun provvedimento da parte
delle istituzioni comunitarie o degli Stati membri e che non lascia a questi ultimi alcuna
discrezionalità nella sua attuazione�. Le norme sulla libert� di circolazione specificano,
applicandola ad un caso concreto, la previsione dell�art. 7 del Trattato, secondo cui �è
vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità�. Si noti che, secondo la
dottrina, la distinzione tra la disciplina della libert� di prestazione dei servizi, attinente alle
attivit� autonome, e quella relativa alla circolazione dei lavoratori subordinati, sarebbe
dovuta solamente al carattere sociale di quest�ultima. In altre parole, tale differenziazione
non avrebbe ragione di esistere sul piano concettuale, ma sarebbe giustificata solo pensando
alla necessit� dei lavoratori subordinati, di disporre di una maggiore tutela, rispetto agli
autonomi. Siffatta interpretazione troverebbe un riscontro anche nella sentenza Walrave (12
dicembre 1974), dove la Corte afferma che le attivit� dei servizi differiscono da quelle
disciplinate nell�art. 48 �non già per la loro natura, ma solo per il fatto di non essere
disciplinate da un contratto di lavoro� (cfr. TRAINA, �La libertà di circolazione dei
lavoratori comunitari�, Milano, 1990, pag. 13).
5
Tale obiettivo, comunque lodevole, � influenzato da una concezione del lavoratore come
fattore produttivo, che le imprese possono acquistare sul mercato: questa idea si � andata
perdendo, e, come vedremo, oggi la libert� di circolazione prescinde dalla qualifica di
lavoratore.
6
Secondo la dottrina, questa regolamentazione garantisce ai lavoratori stranieri un
trattamento non dissimile da quello riservato ai lavoratori nazionali, impedendo, cos�, la
nascita di situazioni concorrenziali, svantaggiose per gli uni o per gli altri (cfr. DI FILIPPO,
�La libera circolazione dei calciatori professionisti alla luce della sentenza Bosman� in:
Riv. It. Dir. Lav., pag. 232, 1996).
III
presenti, in termini per� pi� restrittivi, anche nei trattati istitutivi della
CECA e della CEEA: dopo l�entrata in vigore del Trattato CEE, tali
discipline sono venute meno
7
.
Beneficiari della disciplina comunitaria sono i lavoratori
8
, cio�
coloro che esercitano un�attivit� subordinata (regolamento 1612/68), o
chiunque sia legato, ad esempio a causa di vincoli familiari, all�esercizio di
tale attivit�. Il Trattato di Maastricht ha poi introdotto i nuovi articoli 8A e
8B, grazie ai quali oggi la libert� di circolazione non � pi� necessariamente
collegata allo svolgimento di un�attivit� economica, ma � diventata una
prerogativa dei singoli cittadini europei
9
.
7
L�articolo 69 del Trattato CECA limitava l�obbligo di non discriminazione ai �lavoratori
di qualificazione professionale confermata nelle professioni del carbone e dell’acciaio�.
Analoga restrizione era presente nel Trattato CEEA, per i lavoratori del settore nucleare.
Questi precetti sono rimasti lettera morta dopo l�entrata in vigore della pi� favorevole
disciplina prevista dal Trattato CEE, e, con Decisione del Consiglio (28 febbraio 1972),
sono stati formalmente eliminati. Il Regolamento 1612/68 ha stabilito che la norma del
Trattato CEE � applicabile anche ai lavoratori operanti nel campo dei trattati CECA e
CEEA. Allo stato attuale, non esistono pi� eccezioni alla libert� di circolazione, derivanti
dalla formazione professionale dei lavoratori (cfr. TRAINA �La libertà…�, op. cit., 13).
8
Tre direttive, emanate negli anni �90, hanno esteso il diritto alla libert� di circolazione
anche a soggetti non compresi nelle fattispecie previste dal Trattato, come gli studenti o i
lavoratori che abbiano terminato il loro periodo d�impiego. Le tre direttive ricordate
riconoscono il diritto di soggiorno ai soggetti in questione, purch� ci� non costituisca un
onere eccessivo per lo Stato ospite. La giurisprudenza ha esteso tale diritto anche ad altre
categorie di soggetti, quali i turisti, i destinatari di prestazioni mediche ed i fruitori di corsi
scolastici. La Corte di giustizia ha, interpretato le limitazioni agli spostamenti di tali
soggetti, come una restrizione alla libera prestazione dei servizi all�interno della Comunit�
(cfr. BALLARINO �Lineamenti di diritto comunitario e dell’Unione europea�, Cedam,
Padova, 1997).
9
Gli articoli citati prevedono che �Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri�(art. 8A), e che �ogni cittadino
dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino, ha il diritto di voto e di
eleggibilità nelle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni
dei cittadini di detto Stato�(art. 8B).La libert� di circolazione � stata dunque oggi estesa
fino a comprendere una serie di diritti attribuiti, in precedenza, ai soli cittadini nazionali,
quali il diritto di voto e d�eleggibilit�. Rimane da chiarire quali saranno gli sviluppi di tali
disposizioni, tra l�altro indipendenti da ogni riferimento all�autosufficienza economica del
soggetto. Il vantaggio delle nuove disposizioni � in ogni caso innegabile, in quanto anche
chi non gode dei requisiti per essere qualificato come lavoratore, usufruisce ugualmente dei
diritti di libera circolazione. Peraltro, una parte della dottrina, pur ammettendo che l�Atto
Unico tende a trasformare l�originaria Comunit� di Stati in una �comunità di cittadini�,
IV
1.1.1 Condizioni d’applicazione dell’art. 48.
Il diritto della libera circolazione dei lavoratori � enunciato in
termini chiari dal II comma dell�articolo 48: punto fondamentale �
�l’abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità, tra i
lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione
e le altre condizioni di lavoro�
10
. Questo principio riguarda anche le
discriminazioni dissimulate o indirette. Queste non colpiscono direttamente
i lavoratori in base alla loro nazionalit�, ma operano attraverso
l�imposizione, per l�accesso al lavoro, di particolari requisiti che i lavoratori
stranieri non possono soddisfare
11
.
Il terzo paragrafo dell�articolo disciplina gli aspetti riguardanti, lo
spostamento ed il soggiorno dei lavoratori. Il soggetto comunitario ha il
diritto di accedere al lavoro, di spostarsi e di prendere dimora a tale scopo in
uno degli Stati membri, e di rimanervi alla fine dell�impiego
12
.
continua a porre l�accento sul carattere economico di tale libert�, destinata a favorire i
trasferimenti della manodopera, e non gli spostamenti a fini turistici o, pi� in generale, per
scopi non economici (cfr. TRAINA, �La libertà…�, op. cit., pag. 17).
10
� evidente che il campo d�applicabilit� della regola � limitato all�attivit� lavorativa, con
una deroga importante, introdotta dal quarto comma dell�art. 48, relativa alla pubblica
amministrazione.
11
Simili requisiti, il pi� delle volte, sono indistintamente applicabili, e quindi appaiono
come non direttamente discriminatori. La discriminazione nasce perch� essi sono richiesti,
o, meglio, imposti, a categorie di persone nelle quali figurano essenzialmente lavoratori
stranieri, per i quali finiscono per costituire un ostacolo insuperabile. La Corte ha
considerato discriminatorie le condizioni della residenza o della conoscenza della lingua
locale. Ad esempio, un caso di discriminazione indiretta, � stato quello relativo alle
condizioni d�impiego dei lettori stranieri nelle Universit� italiane: il loro contratto
prevedeva, infatti, alcune clausole (specie per ci� che riguardava il rinnovo) che non erano
imposte a nessun�altra categoria universitaria. � chiaro che l�argomento della
discriminazione indiretta � molto delicato: spetta alla giurisprudenza valutare se una
particolare condizione sia da interpretarsi come discriminatoria, o sia invece giustificabile.
12
Secondo DI FILIPPO, �La libera circolazione…�, op. cit., pag. 239, si tratta di un
�nucleo – base di diritti di mobilità geografica� obbligatori, sia per lo Stato di appartenenza
del lavoratore migrante, sia per lo Stato ospite. La Corte ha, peraltro, affermato la non
V
La realizzazione pratica di tali diritti richiede l�identificazione
preliminare dei soggetti beneficiari. A tale scopo, la Corte ha stabilito con
chiarezza che le nozioni di lavoratore e di attivit� subordinata hanno un
significato comunitario, e che devono essere interpretate in maniera
autonoma dalle definizioni presenti nelle legislazioni dei singoli Stati
membri
13
.
La nozione di lavoratore si basa quindi su alcune condizioni che
possono essere cos� riassunte: innanzi tutto deve trattarsi di un cittadino di
un paese membro
14
; quindi l�attivit� lavorativa deve svolgersi in uno Stato
diverso da quello di provenienza del lavoratore
15
; infine l�attivit� lavorativa,
tassativit� dell�elenco proposto. Nella sentenza Antonissen (26 febbraio 1991), la Corte ha
statuito che, ai cittadini comunitari, possono essere riconosciuti anche altri diritti, oltre a
quelli previsti dall�articolo citato. In particolare, � riconosciuto �il diritto di circolare
liberamente sul territorio degli altri Stati membri e di prendervi dimora al fine di cercarvi
lavoro�. Si tratta di una pronuncia importante perch� la lettera dell�articolo 48 parla solo
del diritto di rispondere ad offerte di lavoro �effettive�, presupponendo quindi che il
lavoratore si sposti per rispondere a proposte gi� ricevute, e non per cercare lavoro. Lo
stesso principio fu affrontato anche dalla sentenza Levin, del 23 marzo 1982. Questa
sentenza cita i diritti del cittadino comunitario che �intende� cercare lavoro, affermando
quindi la validit� della disciplina in esame, anche in assenza di una specifica offerta
lavorativa (cfr. anche TRAINA �La libertà di…�, op. cit., pag. 20).
13
Inoltre, la sopra citata sentenza Levin stabilisce che tali definizioni devono essere
interpretate �in maniera non restrittiva�. La Corte basa le proprie affermazioni sulla
sentenza 19 marzo 1964, n. 75/63 (cfr. TELCHINI, �Il caso Bosman: diritto comunitario ed
attività calcistica�, in Giust. Civ., 1996, pag. 328), nella quale sostiene che �la portata
degli articoli non può essere modificata o ristretta dai singoli Stati, per evitare che le
norme nazionali escludano determinate categorie di lavoratori dall’applicazione di tali
libertà, determinando così un progressivo svuotamento del loro significato� e quindi la
forzata rinuncia alla costruzione di un vero mercato del lavoro europeo.
14
La nozione di cittadinanza � lasciata alla determinazione del legislatore nazionale. Non
esiste la nozione di cittadinanza comunitaria, ed anche il Trattato di Maastricht definisce
cittadino dell�Unione europea, �chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro�.
Risultano quindi fuori tutela tutti coloro che, pur residenti in uno Stato membro, non ne
hanno la cittadinanza, come i rifugiati o gli apolidi.
15
La Corte ha, in pi� occasioni, affermato che le norme sulla libera circolazione non si
applicano a fattispecie totalmente �interne�, cio� prive di qualsiasi collegamento con il
diritto comunitario. Vedremo che questa sar� una delle �armi� usate dalle Federazioni
europee contro Bosman nel corso della causa davanti alla Corte di giustizia. I giudici
respingeranno per� questo tentativo, ribadendo la rilevanza comunitaria della fattispecie in
esame (cfr. BALLARINO �Lineamenti di…�, op. cit., 303).
VI
oltre ad avere il carattere della subordinazione, deve anche essere effettiva e
di una certa consistenza economica
16
.
La norma dell�art.48 � stata successivamente completata con due atti
delle istituzioni comunitarie: il gi� citato Regolamento del Consiglio n.
1612/68, e la Direttiva 68/360
17
.
Da segnalare infine che i diritti del lavoratore e dei suoi familiari
sono garantiti anche dopo la cessazione dell�attivit� lavorativa
18
.
16
Cfr. BALLARINO �Lineamenti di diritto…�, op. cit., pag. 303. Risultano cos� escluse
dalla normativa in questione, tutte quelle attivit� talmente ridotte da �potersi definire
puramente marginali ed accessorie� (sentenza 26 febbraio 1992), nonch� quelle effettuate
senza una vera e propria remunerazione della prestazione compiuta, ma solo con un
semplice rimborso delle spese sostenute. Nelle sue sentenze, la Corte ha considerato
comprese nella disciplina comunitaria, anche attivit� ad orario ridotto, oppure occupazioni
il cui reddito sia integrato dallo Stato di residenza: ad esempio, il tirocinio professionale
retribuito, un corso di studi universitari collegato ad un�attivit� lavorativa o il lavoro
effettuato in una comunit� religiosa. Alcune fattispecie sono state, al contrario, escluse: la
sentenza 31 maggio 1989, ha negato la qualifica di lavoratore al soggetto che esercita
un�attivit� unicamente a scopo di recupero e di reinserimento sociale (nel caso specifico si
trattava di un soggetto olandese impegnato in un periodo di recupero dalla
tossicodipendenza).
17
Il Regolamento riguarda, in modo particolare, i diritti di mobilit� professionale, e
chiarisce il principio della parit� di trattamento tra cittadini e lavoratori migranti. Ad
esempio, � stabilita l�illegittimit� di tutte quelle disposizioni che impongono ai cittadini
comunitari, per accedere al mercato del lavoro nazionale, delle condizioni non previste per i
residenti. Un�altra previsione molto importante di tale Regolamento � l�estensione ai
lavoratori comunitari di tutti i vantaggi sociali e fiscali previsti per i lavoratori statali (ad
esempio i prestiti agevolati in occasione della nascita dei figli), nonch� dei diritti sindacali.
La direttiva 68/360 � diretta ad eliminare ogni restrizione all�ingresso ed al soggiorno dei
lavoratori e delle loro famiglie all�interno della Comunit�. I familiari hanno diritto di
esercitare un�attivit� lavorativa, diritto che si aggiunge a quello tipicamente concesso ai
cittadini comunitari, mentre i figli del lavoratore possono usufruire delle stesse misure,
previste in tema d�istruzione, per i cittadini nazionali. Per questi soggetti non vale il
requisito della nazionalit�: essendo familiari di un lavoratore comunitario, possono
beneficiare della libert� di circolazione qualunque sia la loro cittadinanza. Si noti che, per
loro, non � prevista alcun�autorizzazione n� alcun requisito per l�ingresso nel paese. In via
di principio, al di fuori di questo caso specifico, ai cittadini dei paesi non comunitari �
negata la libera circolazione all�interno della Comunit�.
18
I membri della famiglia godono del diritto di rimanere nello Stato ospite, anche dopo la
cessazione del rapporto di lavoro del congiunto, qualunque ne sia stata la causa. In caso di
licenziamento il lavoratore comunitario gode della stessa assistenza garantita dagli uffici
del lavoro ai lavoratori nazionali. Ovviamente, accanto al diritto di esercitare la propria
attivit� lavorativa in un qualunque Stato della Comunit�, � garantito anche il diritto alle
prestazioni sociali. Questo diritto comprende il principio del cumulo, che consente di
sommare i contributi assicurativi versati, ai fini della pensione, in diversi paesi della CEE.
Infatti, Il lavoratore che avesse prestato la propria opera in pi� nazioni comunitarie,
VII
1.1.2 Le limitazioni alla libertà di circolazione.
L�art. 48 del Trattato prevede l�esistenza di alcune eccezioni alla
libert� di circolazione dei lavoratori, considerate dalla dottrina come
assolutamente rigorose e tassative
19
.
Ai sensi del terzo comma, il diritto alla libera circolazione pu� essere
limitato per ragioni d�ordine pubblico e pubblica sicurezza
20
o per
motivazioni sanitarie. La nozione di ordine pubblico � quella che ha creato i
maggiori problemi di interpretazione: la Corte e la dottrina ne hanno sempre
dato una lettura molto restrittiva, pur sottolineando la difficolt� di attribuirle
un significato unitario
21
. Tale lettura ha trovato una base nella direttiva
potrebbe trovarsi, al raggiungimento dell�et� pensionabile, senza il minimo contributivo,
necessario per ottenere la pensione. Il meccanismo del cumulo consente, al contrario, di far
valere, presso uno qualsiasi degli Stati membri, le intere contribuzioni versate nei vari
paesi. In questa maniera si ottiene una prestazione pensionistica commisurata ai contributi
effettivamente versati, a prescindere dal luogo in cui si � lavorato, e dalle diverse
regolamentazioni sociali dei vari Stati. A tal proposito, DANIELE (�Il diritto materiale
della Comunità europea�, Giuffr�, Milano, 1995, pag. 73) parla giustamente di �libera
circolazione delle prestazioni sociali�.
19
Per tutti confronta FORLATI PICCHIO “Discriminazioni sportive e Comunità europee�
in: Riv. Dir. Int., 1976, pag. 756, e VIDIRI �La libera circolazione…� op. cit., pag. 67, per
i quali le limitazioni stabilite dal Trattato costituiscono dei principi basilari
nell�ordinamento comunitario. Non sarebbe quindi possibile, tramite delle applicazioni
analogiche dell�art. 48, formulare altre restrizioni, oltre a quelle tassativamente stabilite. I
singoli Stati non potrebbero giustificare queste nuove restrizioni neanche con la loro
ragionevolezza, o con una pretesa aderenza allo spirito del Trattato. La dottrina ha anche
evidenziato come la Corte di giustizia abbia operato, in questa materia, un notevole numero
di interventi. In pratica, una semplice lettura del testo del Trattato, appare oggi limitativa, o
perfino fuorviante: nell�applicazione di questi principi, non � pi� possibile prescindere dalle
statuizioni della Corte di giustizia (cfr., ad esempio, TRAINA �La libertà…�, op. cit., 69).
20
La Corte ha sempre fatto indifferentemente riferimento all�una o all�altra nozione,
considerandole, quindi, equivalenti.
21
Il motivo di tali problemi � ricollegabile al fatto che la nozione di ordine pubblico �
strettamente collegata con quella di sovranit�: questo � uno dei punti in cui maggiori sono
le limitazioni dell�autonomia statale, imposte dall�adesione alla Comunit�. In dottrina si �
parlato dell�ordine pubblico come di una nozione a �contenuto giudiziario�, in quanto, solo
con il riferimento a casi concreti, se ne pu� dare una definizione, pi� o meno precisa (cfr.
TRAINA �La libertà…�, op. cit., pag. 73). Di fatto, tale nozione, varia non soltanto in base
all�ambito ed all�epoca di applicazione, ma anche secondo le opinioni dei legislatori o dei
singoli giudici nazionali. Ecco, quindi, che solo seguendo le indicazioni date dalla Corte
VIII
64/221 del 25 febbraio 1966 dove si stabilisce che, ogni provvedimento
restrittivo della libert� di circolazione, deve essere emanato singolarmente e
con riferimento ad uno specifico comportamento del soggetto, considerato
pericoloso per l�ordine pubblico. Analogamente, in caso di pericolo per la
pubblica sanit�, ci si deve riferire ad una precisa patologia dello straniero,
insorta prima della sua entrata nel territorio comunitario. In ogni caso, non �
ammissibile l�esistenza di finalit� economiche alla base del
provvedimento
22
.
nelle fattispecie da essa esaminate, si pu� avere un�idea di cosa s�intenda per �ordine
pubblico�. In generale, fino dalla prima pronuncia in materia (sentenza 4 dicembre 1974,
Van Duyn), la Corte ha affermato la necessit� di considerare la nozione di ordine pubblico
come un�assoluta eccezione, escludendo �qualsiasi valutazione unilaterale da parte dei
singoli Stati membri senza il controllo delle istituzioni comunitarie�. Nella sentenza del 27
ottobre 1977, C � 30/77, si pu� leggere che la nozione d�ordine pubblico va invocata �solo
quando sussista una minaccia effettiva ed abbastanza grave degli interessi fondamentali
della collettività�. In particolare, secondo una successiva sentenza (18 maggio 1982), il
comportamento di uno straniero non pu� essere considerato rispondente a tali requisiti se,
l�analogo comportamento di un cittadino residente, non avrebbe portato a misure repressive
di alcun tipo. Si conferma, cio�, il principio della parit� di trattamento, per cui il lavoratore
straniero non pu� essere soggetto ad un trattamento diverso da quello del cittadino solo a
causa della propria nazionalit�. Nelle prime sentenze sull�argomento, la Corte si � trovata a
combattere con delle legislazioni che vedevano i forestieri come un pericolo,
sottoponendoli quindi a misure assolutamente inconcepibili ai nostri giorni Era. diffuso,
infatti, il potere di imporre restrizioni alla libert� personale del migrante, fino all�espulsione
dal Paese, senza che vi fosse un reale controllo da parte dell�autorit� giudiziaria(cfr. DI
FILIPPO �La libera circolazione…�, op. cit., pag. 241).
22
Una spiegazione molto azzeccata del disposto di questa Direttiva deriva dalla dottrina,
secondo cui �il comportamento personale, per essere rilevante, deve essere sintomatico di
una futura probabile aggressione ai valori della convivenza, e non mera occasione di
minaccia�. Nella sentenza 28 � X �1975, la Corte ha stabilito che � impossibile invocare
dei motivi d�ordine pubblico, quando lo scopo della misura limitativa � bloccare l�attivit�
economica in un altro Stato di un cittadino comunitario. Nel caso specifico, le autorit�
francesi avevano imposto ad un sindacalista italiano di soggiornare solo in alcuni
dipartimenti, per aver svolto attivit� sindacale stimata �atta a turbare l’ordine pubblico�. In
altre sentenze, poi, la Corte ha fornito altri punti di riferimento: la limitazione per ordine
pubblico non pu�, ad esempio, riferirsi alla precedente esistenza di condanne penali a
carico del lavoratore straniero. Quanto alle misure basate su ragioni di sanit� pubblica, l�art.
4 della Direttiva sopra citata ha eliminato ogni spazio per la discrezionalit� dello Stato:
sono, infatti, elencate con precisione, tutte le patologie che possono portare all�esclusione
del diritto alla libera circolazione. Si tratta, soprattutto, di malattie infettive, per le quali �
richiesto un periodo di quarantena. Ovviamente, esistono una serie di misure che tutelano i
diritti del lavoratore colpito da tali provvedimenti, quali la notifica all�interessato dei motivi
della decisione e la possibilit� di impugnare questo provvedimento in sede giudiziaria (cfr.
TRAINA, �La libertà…�, op. cit., pag. 79).
IX
Secondo il IV comma dell�art. 48, questa disciplina comunitaria
�non si applica agli impieghi nella pubblica amministrazione�: anche in
questo caso, la dottrina e la giurisprudenza hanno fornito un�interpretazione
molto restrittiva della lettera del Trattato. Ricadono, infatti, in
quest�eccezione gli �impieghi che implicano una partecipazione diretta o
indiretta all’esercizio di poteri pubblici, nonché le funzioni che hanno ad
oggetto la tutela di interessi generali dello Stato o di enti pubblici�
23
. La
limitazione in questione si fonda sulla necessaria esistenza, tra impiegato e
Stato � datore di lavoro, di un particolare vincolo di solidariet�, ottenibile
solo grazie al requisito della cittadinanza del lavoratore
24
.
Non sarebbe sufficiente, al contrario, la qualifica di pubblico
dipendente, conferita allo straniero dall�impiego statale ottenuto, per
escludere questo lavoratore dalla disciplina in esame
25
. Occorre sottolineare
23
Corte di giustizia delle Comunit� europee, sentenza del 17 � XII � 1980, causa C �
149/79. La Corte ha avuto anche modo di stabilire, nella stessa sentenza sopra menzionata,
che, per evitare ingiuste restrizioni del diritto alla libera circolazione, la nozione di pubblica
amministrazione non pu� essere lasciata alla definizione dello Stato, ma va interpretata in
maniera omogenea in tutta la Comunit�. Gi� in una causa precedente (sentenza 12 febbraio
1974, proc. C � 152/73), l�Avvocato generale aveva proposto alla Corte delle conclusioni
particolarmente incisive circa la ratio della limitazione di cui all�art. 48, IV comma. Tali
conclusioni non furono per� accolte dalla Corte di giustizia, che si limit�, nell�occasione, a
statuire un generico divieto di disparit� di trattamento tra gli impiegati (cfr. TRAINA �La
libertà…�, op. cit., pag. 85).
24
, Secondo la dottrina, in questa normativa non c�� un intento �protezionistico�: la ratio
non � quella di separare il pubblico impiego dal resto del mercato del lavoro, ma quella di
�riservare ai cittadini l’accesso alle funzioni più importanti per la cura della cosa
pubblica�. � chiaro che la figura dell�impiegato pubblico � stata spesso mitizzata, quanto a
lealt� nei confronti del �datore di lavoro� e ad obblighi di fedelt�. Nonostante ci�, gli
estensori del Trattato hanno ritenuto indispensabile, per tale incarico, un collegamento
stretto tra impiegato e �principale�: il miglior rapporto � garantito chiaramente dal requisito
della cittadinanza. Grazie a questo requisito si pu� pensare che il lavoratore pubblico si
senta maggiormente motivato nello svolgere le sue mansioni (cfr. TRAINA �La libertà…�,
op. cit., pag. 92).
25
La Commissione europea, gi� nel gennaio 1988, emise una propria comunicazione, con
la quale specificava gli impieghi rientranti nella deroga in questione. In generale, sono
riservate ai cittadini dello Stato tutte le attivit� �coordinate intorno ad un potere pubblico
giuridico dello Stato�, quali gli impieghi nelle forze armate, nella polizia, nella
X
come, l�applicazione dei principi stabiliti in quest�articolo, ponga gravi
problemi nell�ordinamento italiano, dove la cittadinanza � ancora oggi un
requisito necessario per la maggior parte degli impieghi pubblici
26
.
In conclusione, si pu� affermare che la vicenda Bosman ci fa notare
un�interpretazione dell�art. 48 che spesso passa in secondo piano.
Tradizionalmente, infatti, si � portati a pensare che il lavoratore
straniero possa essere discriminato dallo Stato in cui si trova a lavorare, ed a
questa circostanza fecero riferimento anche i firmatari del Trattato. Al
magistratura. Sono invece aperti ai cittadini comunitari, tutti gli impieghi considerati
�subalterni�, cio� quelle attivit� che sono normalmente esercitate anche dai privati, quali la
ricerca, l�istruzione ed i servizi sanitari. La Commissione, avvalendosi della procedura di
contestazione ex art. 169, ha promosso numerose cause contro vari Stati, che, attraverso
un�interpretazione estensiva dell�art. 48, IV comma, negavano ad alcuni lavoratori la libert�
di circolazione. Tali Stati facevano rientrare nel concetto di pubblica amministrazione,
anche degli impieghi che n�erano di fatto esclusi, come l�insegnamento. Nel caso specifico
(ed � un argomento che ha riguardato anche l�Italia) ci si basava sull�assunzione, da parte
degli insegnanti statali, della qualifica di pubblico dipendente. L�orientamento della
Commissione � stato confermato dalla Corte anche in una serie di sentenze del 1996, nelle
quali � stata ribadita l�insufficienza della sola natura pubblica del rapporto di lavoro, e la
necessit� della �partecipazione a compiti spettanti alla pubblica amministrazione
propriamente detta� (cfr. BALLARINO �Lineamenti di…�, op. cit., pag. 325).
26
La Costituzione prevede, all�art. 51, che �tutti i cittadini possano accedere agli uffici
pubblici (…) in condizioni di eguaglianza�. Va tuttavia sottolineato che, in virt� della
limitazione di sovranit� accolta dall�art. 11 Cost., le norme comunitarie prevalgono su
quelle costituzionali eventualmente contrastanti. Tale prevalenza vige, per statuizione della
stessa Corte Costituzionale (sent. n. 232/1989), qualora le norme comunitarie �non vengano
in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale�. � chiaro
che le norme sul pubblico impiego non costituiscono un principio fondamentale
dell�ordinamento, ed � escluso quindi che la Costituzione italiana impedisca agli stranieri lo
svolgimento delle funzioni statali. Lo stesso art. 54, che stabilisce l�obbligo del giuramento
di fedelt� per i �cittadini cui sono affidate le funzioni pubbliche�, pu� essere agevolmente
esteso anche agli stranieri. Al contrario, analizzando la legislazione ordinaria, si arriva ad
una conclusione ben diversa. La situazione normativa � caratterizzata da una molteplicit� di
testi legislativi, con una legge quadro del 1983 (la n. 93/83), ed una pluralit� di leggi ad hoc
per ciascuna categoria (per i docenti universitari, per i dipendenti delle regioni, dei
ministeri, ecc.). Tutte queste discipline hanno in comune la richiesta della cittadinanza
italiana per l�accesso ai pubblici uffici. Gli unici segni di apertura verso i cittadini stranieri
li troviamo in particolari rapporti pubblici di basso livello, per i quali non � richiesto un
titolo di studio superiore alla scuola dell�obbligo, o in singoli impieghi, disciplinati da
normative ad hoc. Il quadro che risulta da questi cenni �, quindi, quello di una larga
inosservanza dell�art. 48, e di un�applicazione troppo estensiva dell�eccezione stabilita nel
IV comma di quest�articolo (cfr., per ulteriori riferimenti, e tutte le note bibliografiche, qui
omesse, TRAINA �La libertà di circolazione…�, op. cit.).
XI
contrario, nella �saga� di Bosman, � lo Stato di appartenenza a violare l�art.
48, impedendo ad un proprio cittadino di recarsi all�estero per svolgere la
sua professione (in quest�ipotesi il calciatore), o, in ogni caso, limitando la
possibilit� di questo lavoratore di espatriare per cercare un lavoro, come
stabilito dal Trattato CEE
27
.
27
Si tratta, in pratica, di un�applicazione delle lettere a e b dell�art. 48, le cui disposizioni
non limitano la propria efficacia unicamente allo Stato ospite. Vedremo come, la presenza
di una pesante indennit� di trasferimento che la nuova societ� di Bosman avrebbe dovuto
pagare al Liegi, la sua squadra di provenienza, prima di poter ingaggiare il giocatore (si
parla di oltre 11 milioni di Franchi belgi), sia una restrizione posta dallo stesso Stato di
origine, e contraria alle regole del Trattato CEE (cfr. BALLARINO �Lineamenti di…�, op.
cit., pag. 297, cui si rimanda anche per una preliminare introduzione alla causa Bosman).
XII
1.2 La libertà di prestazione dei servizi.
Le norme sulla libera circolazione delle persone sono completate
dalla disciplina riguardante la prestazione dei servizi, e la libert� di
stabilimento. Entrambe le regolamentazioni si riferiscono alle �attività non
salariate�, ossia alle occupazioni professionali ed imprenditoriali
indipendenti. La distinzione tra le due fattispecie � data dalla possibilit� che
il soggetto beneficiario di tali libert�, si stabilisca o no in uno Stato diverso
dal proprio
28
. Il Trattato si limita a stabilire i principi basilari della
disciplina, sintetizzabili nel principio del trattamento nazionale, affidando
poi alle istituzioni comunitarie il compito di attuarli in pratica
29
.
Il criterio distintivo sembra, quindi, ad una prima lettura, quello della
temporaneit� dell�attivit� svolta. La giurisprudenza ha per� scelto una strada
meno restrittiva, optando per il criterio della prevalenza dell�attivit� svolta
28
La libert� di stabilimento consiste, infatti, secondo l�art. 52, nello �accesso alle attività
non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese�. Si tratta
quindi di una gestione di attivit� che richiede una presenza permanente sul territorio dello
Stato ospite. La prestazione di servizi, al contrario, prevede l�esercizio �a titolo
temporaneo� di un�attivit� non salariata, al di fuori del proprio Stato d�origine. � chiaro
che, per �attività non salariate�, s�intende un�attivit� lavorativa senza alcun vincolo di
subordinazione nei confronti del datore di lavoro. Per ci� che riguarda l�attivit� svolta, la
dottrina sottolinea che, nonostante la sinteticit� dell�art. 60, �rari sono stati i casi in cui è
sorto dubbio circa la possibilità di considerare una determinata attività come rientrante
nella nozione di servizi� (cfr. DANIELE, �Il diritto…�, op. cit., pag. 79).
29
L�art. 59 (ed analoga previsione � presente nel Capo dedicato alla libert� di stabilimento)
prevede che questi principi siano �gradatamente� realizzati; l�art. 63 disciplina la stesura,
da parte del Consiglio di un �programma generale per la soppressione delle restrizioni
esistenti all’interno della Comunità relative alla libera prestazione dei servizi�. Alla
tardiva, o quantomeno non tempestiva, elaborazione di tale programma ha spesso supplito
la giurisprudenza della Corte di giustizia: la sentenza 21 giugno 1974, Reyners, ha sancito,
come per la libert� di circolazione dei lavoratori, la diretta applicabilit� di queste norme.
Esse sono, infatti, atte �ad essere fatte valere dai cittadini di tutti gli Stati membri�. Questo
riconoscimento della Corte ha determinato l�ovvia inutilit� di ogni direttiva in attuazione di
tali principi (cfr. DANIELE �Il diritto…�, op. cit., pag. 80).
XIII
nello Stato ospite, rispetto a quella nello Stato d�origine
30
. � interessante
notare come, la libert� di prestare servizi, sia estesa, oltre che alle persone
fisiche, anche alle societ�, in considerazione del fatto che, la maggior parte
dei servizi offerti al pubblico (bancari, assicurativi, ecc.), � portata avanti da
delle societ�, piuttosto che da singoli
31
.
La disciplina interessante ai nostri fini � quella sulla libera
prestazione dei servizi. La Corte ha, infatti, considerato come rientrante
nella disciplina dei servizi, lo svolgimento di un�attivit� sportiva, sia
calcistica sia ciclistica
32
. Il Trattato definisce l�attivit� di servizio, prevede la
soppressione di ogni restrizione alla libera prestazione di servizi (art. 59,
par.1), affidando poi, come detto, alle istituzioni comunitarie, in particolare
30
In altri termini, si � in una situazione di prestazione di servizio, ogni qualvolta l�attivit�
condotta nello Stato d�origine prevale su quella portata avanti nello Stato di stabilimento. In
questa maniera nello Stato ospite si viene a creare un�attivit� �a titolo temporaneo�,
essendo quella svolta nello Stato d�origine l�attivit� principale. La dottrina ritiene questa
scelta criticabile per l�oggettiva difficolt� di determinare con precisione quale sia l�attivit�
prevalente (cfr. DANIELE, �Il diritto…�, op. cit., pag. 79). A ci� si aggiunga la confusione
che si rischia di creare tra la libert� di prestazione dei servizi, ed il diritto di stabilimento
secondario sancito dall�art. 52. Secondo tale articolo, la libert� di stabilimento si estende
anche alla �apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte di cittadini di uno Stato
membro stabiliti sul territorio di uno Stato membro�. Come distinguere, allora, basandosi
sul criterio dell�attivit� prevalente, l�apertura della filiale di uno stabilimento esistente in
patria, dall�esercizio di un�attivit� temporanea, quale la prestazione di servizi, secondo la
definizione data dal Trattato di Roma?
31
L�art. 58 dispone che: �le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato
membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività
principale all’interno della Comunità, sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle
disposizioni del presente capo, alle persone fisiche, aventi la cittadinanza degli Stati
membri�. Il secondo paragrafo dello stesso articolo enuncia l�unica eccezione a tale norma,
riguardante le �società che non si prefiggono scopi di lucro�.
32
Sentenza Walrave (causa 36/74) del 12 dicembre 1974, e sentenza Donà (causa 13/76)
del 14 luglio 1976. La sentenza Walrave � consultabile in F. It., 1974, IV, pag. 81. La
sentenza Don� pu� essere invece letta in: Giur. It., 1976, I, 1649, con nota di Trabucchi.
XIV
al Consiglio, l�emanazione dei provvedimenti per realizzare in concreto
questa libert�
33
.
Il passaggio fondamentale della regolamentazione in analisi � il III
paragrafo dell�articolo 60, secondo cui il prestatore di servizi pu� esercitare
la sua attivit� nel paese estero in cui si trova, �alle stesse condizioni imposte
dal paese (…) ai propri cittadini�; � cio� statuito il principio del trattamento
nazionale
34
.
La giurisprudenza della Corte, spesso determinante, pu� essere
divisa in tre grandi categorie di discriminazione: la discriminazione
formale
35
, la discriminazione indiretta (od occulta), originata da
33
Secondo l�art. 60 �sono considerati servizi le prestazioni fornite normalmente dietro
retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera
circolazione delle merci, dei capitali e delle persone�.
34
Questo principio sembra di facile e pacifica attuazione, mentre, al contrario, sono state
necessarie diverse sentenze della Corte di giustizia per averne un�attuazione concreta e,
soprattutto, non discriminatoria. Non �, infatti, sufficiente applicare agli stranieri il puro
trattamento nazionale, in quanto, generalmente, la situazione del lavoratore migrante �
molto diversa da quella del dipendente nazionale. In pratica, alcuni provvedimenti, che di
per s� non sarebbero discriminatori, in quanto rivolti anche ai cittadini, di fatto diventano
poi delle restrizioni insormontabili per gli stranieri. Senza considerare il requisito della
nazionalit�, che uno straniero non riuscirebbe certamente a soddisfare, pensiamo alla
situazione che si creerebbe se lo Stato imponesse, per accedere ad una determinata attivit�,
il possesso di uno specifico titolo di studio nazionale, o l�iscrizione ad un albo
professionale, anch�esso nazionale. In questa maniera, si realizzerebbe una discriminazione
nei confronti di quei soggetti che, operando in regime di libera prestazione di servizi, sono
ovviamente privi dello specifico diploma o dell�iscrizione all�albo professionale nazionale.
Applicando quindi agli stranieri le stesse condizioni richieste ai cittadini, si rischia di
vanificare la normativa comunitaria. La Corte ha espresso chiaramente la sua posizione in
merito nella sentenza del 26 febbraio 1991, dove ha specificato che l�art. 60 non autorizza
l�applicazione al prestatore di servizi straniero, di tutte le condizioni previste per i
nazionali. Sono invece applicabili solo quelle condizioni giustificate da particolari esigenze
di interesse pubblico, quali �la tutela del destinatario della prestazione�. Per favorire
l�attuazione di questa libert�, il Trattato prevede una serie di misure dirette al reciproco
riconoscimento dei diplomi ed all�armonizzazione delle discipline nazionali. Per quanto
detto, cfr. TESAURO, �Diritto comunitario�, Cedam. Padova, 1996, pag. 88.
35
� il caso in cui la discriminazione individuata dalla Corte � palese: la norma prevede
esplicitamente una disciplina diversa, e solitamente meno favorevole, per gli stranieri,
rispetto ai nazionali. Come gi� detto, in questi casi la Corte si � appellata alla diretta
applicabilit� della regolamentazione in esame negli ordinamenti statali. Non � mai stato
dato eccessivo peso alla mancanza di direttive attuative o di una normativa omogenea nei
XV
provvedimenti apparentemente non discriminatori
36
, ed il caso, infine, in cui
la discriminazione provenga da una normativa indistintamente applicabile
37
.
La disciplina della libera prestazione dei servizi prevede che tale
attivit� sia effettuata dietro una retribuzione, identificata con il corrispettivo
pattuito
38
. La definizione dell�art. 60 ha poi un carattere residuale: la
prestazione di servizi � individuata in negativo, e, grazie a tale
formulazione, non sono mancate le incertezze circa i �confini� con le altre
libert�, specie con la libert� di circolazione dei capitali e delle merci
39
.
vari paesi membri. Per quanto detto in queste tre note, salvo diversa indicazione, cfr.
BALLARINO �Lineamenti…�, op. cit., pag. 215.
36
Tali provvedimenti, in realt�, determinano proprio una discriminazione. Il tipico caso �
quello del requisito della nazionalit� (o della residenza): � chiaro che tale condizione, di per
s� neutra, impedisce, se applicata agli stranieri, la libera prestazione di servizi da parte di
questi ultimi. L�esempio della nazionalit� non � certo l�unico: con la sentenza del 5
dicembre 1989, la Corte ha condannato lo Stato italiano perch� limitava la fornitura di
sistemi informatici alla pubblica amministrazione, solo alle imprese statali.
37
In questo caso, il giudizio preso come punto di riferimento � la sentenza Webb del 17
dicembre 1981. In tale sentenza la Corte ridimension� il principio del trattamento
nazionale, sentenziando che non tutta la legislazione statale, applicabile ai residenti, poteva
essere integralmente applicata alle attivit� esercitate dagli stranieri. L�incompatibilit�
investe qui delle misure indistintamente applicabili, che per� comportano un onere
maggiore per gli operatori stabiliti in un paese diverso da quello in cui effettuano la
prestazione (cfr. DANIELE �Il diritto…�, op. cit.).
38
In altre parole, l�insussistenza del vincolo di subordinazione, richiesta dall�espressione
dell�art. 60 �attività non salariate�, non pu�, in alcun caso, essere accompagnata da una
mancata retribuzione. � chiaro che, se la prestazione fosse effettuata gratuitamente, non si
sarebbe di fronte ad un servizio, ma ad un regalo, e come tale, non tutelabile, n� dalle leggi
comunitarie, n� da quelle nazionali.
39
L�art. 60 fornisce, in altre parole, un elenco di casi particolari che non rientrano nella
disciplina della libera prestazione di servizi, facendo riferimento a fattispecie non regolate
�dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali o delle
persone�. L�attivit� di servizio pu� comprendere, quindi, ogni occupazione
economicamente rilevante, che non si traduca in uno scambio fisico di merci, ma in una
prestazione. Non � peraltro possibile accontentarsi dello scarno elenco fornito dall�articolo
60: sono prese in considerazione, infatti, solo quattro grandi raggruppamenti di attivit�
(industriale, commerciale, artigiana e libera professione), senza nessun riferimento a servizi
particolari. Le difficolt� circa la determinazione dei confini nei quali ci si muove sono state
parecchie: ad esempio, nella sopra menzionata sentenza Webb, la Corte ha considerato
prestazione di servizi l�attivit� di un�impresa che forniva manodopera, in quanto i lavoratori
non entravano direttamente in rapporto contrattuale con la controparte, ma rimanevano alle
dipendenze dell�impresa (cfr. DANIELE �Il diritto…�, op. cit., pag. 82).