Introduzione
L’ambiente e il suo continuo degrado sono tematiche che coinvolgono dalla metà del XX secolo
l’intera comunità globale.
Il presente lavoro si propone di illustrare come la tutela dell’ambiente sia nata in ambito
internazionale per poi trovare una protezione più capillare e specifica in sede europea.
Questa presa di posizione che l’Unione europea ha assunto in ambito internazionale è ben
testimoniata dalla sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea il 21 dicembre
2011, che ha suscitato forti reazioni internazionali.
Nel caso C-366/10 la Corte ha confermato la validità della direttiva 2008/101/CE che estende al
settore dell’aviazione civile il sistema di scambio di quote di emissione di CO
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istituito dalla
direttiva 2003/87/CE, contro la quale diverse compagnie aeree americane si erano opposte,
contestando un’ingerenza della potestà giuridica dell’Unione in settori tradizionalmente disciplinati
dal diritto internazionale.
Per comprendere i motivi che hanno spinto l’Europa, ad adottare elevati standard di tutela in
materia di lotta contro l’inquinamento atmosferico, è opportuno iniziare dalla narrazione della
genesi della tutela dell’ambiente in ambito internazionale.
Il primo capitolo è suddiviso in tre paragrafi volti rispettivamente ad illustrare la tutela
dell’ambiente in ambito internazionale ed in ambito europeo, per poi concludersi con la descrizione
degli strumenti adottati per contrastare il cambiamento climatico dalla Comunità internazionale.
Nello specifico, come si vedrà, la tutela dell’ambiente in ambito internazionale è nata tramite la
giurisprudenza internazionale, inizialmente chiamata a giudicare fenomeni di inquinamento
transfrontaliero.
In seguito, grazie a diverse Conferenze mondiali specificatamente dedicate all’ambiente, gli Stati
hanno cercato non sono di proteggere l’ambiente, ma di integrare tale protezione all’interno dello
sviluppo economico e tecnologico, in un’ottica di compatibilità tra ambiente e sviluppo al fine di
privilegiare entrambi gli ambiti.
Gli esiti poco efficaci dei diversi consessi internazionali sono da attribuirsi ai diversi livelli di
importanza che gli Stati attribuiscono all’ambiente.
Per alcuni, infatti, l’obiettivo primario è quello di raggiungere uno sviluppo pari a quello dei paesi
industrializzati, ritenendo altre problematiche, come la tutela dell’ambiente di minor rilevanza se
non addirittura di ostacolo allo sviluppo.
L’analisi prosegue con l’illustrazione della tutela attuata dall’Unione europea la quale, sul piano
internazionale, è colei che attua una delle politiche più capillari ed incisive per quanto riguarda la
tutela dell’ambiente.
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Il fatto di essere diventata, tramite la recente riforma del Trattato di Lisbona, un attore politico
dotato di maggior poteri e visibilità a livello internazionale le consente di avere maggior voce in
capitolo nelle diverse assemblee ONU su tematiche ambientali globali quali la ricerca di nuove fonti
di energia rinnovabile meno inquinanti di quelle attuali e la lotta contro il cambiamento climatico.
La tematica del cambiamento climatico sarà l’ultimo argomento trattato della prima parte del
lavoro.
Questa parte si compone di una definizione iniziale del cambiamento climatico che mette in luce le
resistenze, sempre più deboli, di chi si ostina a riconoscerlo come un fenomeno esclusivamente
naturale che non patisce alcuna ingerenza di origine antropica.
Verranno illustrati poi gli strumenti adottati dalla Comunità internazionale nelle diverse Conferenze
delle parti, in particolare la Convenzione quadro delle Nazioni Unite e il Protocollo di Kyoto.
Quest’ultimo, scaduto a dicembre del 2012, avrebbe dovuto costituire il principale strumento di
contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra ritenute una delle principali responsabili
dell’aumento della temperatura del pianeta.
Le misure previste all’interno del protocollo prevedevano meccanismi specifici che tenevano conto
delle diversità di obiettivi e di ricchezza dei diversi Paesi firmatari, col fine di favorire
un’integrazione ed una collaborazione tra Paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.
Nonostante queste agevolazioni il Protocollo di Kyoto ha registrato un sostanziale fallimento,
dovuto principalmente alla mancata ratifica da parte di uno dei Paesi più industrializzati e
conseguentemente più inquinanti al mondo: gli Stati Uniti.
Gli aspetti positivi sono state le iniziative che alcuni Stati e alcune organizzazioni internazionali,
come l’Unione europea, hanno intrapreso nella lotta contro le emissioni di CO
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prendendo come
spunto proprio i meccanismi flessibili contenuti nel Protocollo.
Il secondo capitolo è interamente dedicato all’azione svolta dall’Unione nella lotta contro le
emissioni di CO
2
.
Il primo paragrafo descrive gli strumenti alla base dei diversi sistemi di scambio di quote di
emissione : i “tradable pollution rights”.
Questi strumenti hanno consentito la nascita di diversi sistemi di scambio di quote concretizzatesi a
livello europeo con l’istituzione della direttiva 2003/87/CE al fine di creare un sistema di scambio
di quote nel territorio dell’Unione.
Dopo aver illustrato la nascita e lo sviluppo di tali strumenti il secondo paragrafo analizza nel
dettaglio la direttiva in questione spiegando come funziona il mercato delle quote e come viene
recepito negli ordinamento nazionali, nello specifico in quello italiano.
La direttiva non include nel sistema da essa istituito il settore aereo, ma dato il suo crescente
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sviluppo e conseguente inquinamento dovuto al carburante rilasciato nell’aria, nel 2008 l’Unione ha
deciso di estendere tale sistema anche all’aviazione civile tramite la direttiva 2008/101/CE, che
verrà analizzata nel dettaglio nel terzo paragrafo.
L’inclusione dell’aviazione civile nel sistema di scambio di emissioni ha scatenato una vera e
propria guerra politica e giudiziaria.
Nel 2010 diverse compagnie aeree americane e canadesi hanno contestato la validità della direttiva
2008/101 sostenendo principalmente che questa estenda il proprio ambito di applicazione a parti di
volo non sottoposte alla potestà dell’Unione e che costituisca una tassa sul consumo di carburante.
A sostegno delle loro argomentazioni le ricorrenti davanti alla Corte di giustizia dell’Unione hanno
citato numerosi accordi e principi di diritto internazionale che secondo loro la direttiva 2008/101
avrebbe violato.
Il terzo ed ultimo capitolo analizza nello specifico la pronuncia resa dalla Corte di giustizia
dell’Unione che ha rigettato tutte le argomentazioni addotte dalle ricorrenti ed ha dichiarato valida
la direttiva 2008/101.
Questo fatto non solo enfatizza l’elevato livello di tutela che da sempre l’Unione attribuisce
all’ambiente ma sottolinea il ruolo primario che essa ha assunto e continua a svolgere in questo
settore.
Essendo composta da un numero di Stati inferiori rispetto a quelli che partecipano alle conferenze
globali sull’ambiente, che presentano minori divergenze socio-economiche al loro interno, l’Unione
è riuscita a raggiungere un accordo per standard di tutela più efficaci rispetto al consesso globale.
Le reazioni delle compagnie internazionali e degli Stati terzi non si sono fatte attendere. Una guerra
diplomatica si è aperta a seguito di questa sentenza che ha avuto il merito di riaprire il dibattito sulla
creazione di un sistema globale che limiti lo scambio di emissioni nel settore aereo negoziabile in
sede ICAO.
Per il momento l’Unione ha sospeso tale sistema nella speranza di raggiungere al più presto un
accordo globale.
Si può sostenere dunque che questa forte presa di posizione dell’Europa ha avuto il merito di
accendere i riflettori su un argomento come quello della riduzione di gas ad effetto serra tante volte
affrontato in consessi internazionali ma mai realmente efficacemente regolato.
L’auspicio è la creazione di un sistema globale di quote di emissioni realmente efficace e che
vincoli tutte le attività aeree globali, al fine di evitare dannose guerre diplomatiche tra Stati e
conseguire soprattutto una consistente riduzione globale dei gas serra.
Tale inquinamento non conosce confini e quindi se l’iniziativa europea porterà ad un accordo di
portata globale, si può sostenere che tramite questa sentenza l’Unione avrà realmente contribuito ad
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elevare gli standard di tutela dell’ambiente a livello globale, fatto che ormai non è più solo un
augurio ma un’urgente necessità visto l’elevato degrado che attualmente investe l’intero pianeta,
possibile causa di danni irreversibili all’intera umanità se non si invertirà presto ed efficacemente
rotta.
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Capitolo I: La tutela dell'ambiente nella comunità internazionale e
nell'Unione europea e la lotta contro il cambiamento climatico.
1.La tutela dell'ambiente in ambito internazionale.
1.L'origine della tutela dell'ambiente nel diritto internazionale. - 2. La Conferenza di Stoccolma sull'ambiente umano
del 1972. - 3. Il Rapporto Brundtland del 1987. - 4. La Conferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo del 1992. -
5.La Conferenza di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile del 2002. - 6.La Conferenza di Rio de Janeiro, Rio+20 , del
2012.-7.Riconoscimento giuridico dei Principi che tutelano l'ambiente.
1.L'origine della tutela dell'ambiente nel diritto internazionale.
Il diritto internazionale, prima ancora che l’Unione europea manifestasse alcun interesse specifico
in materia, è stato il primo ad occuparsi dell'ambiente e della sua protezione. L’origine delle forme
di tutela da parte della comunità internazionale riguardavano fattispecie di inquinamento
transfrontaliero che, attraverso le note pronunce Commissione Internazionale del fiume Oder
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del
1929, Fonderi du Trail
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del 1941 e Stretto di Corfù
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del 1949, hanno sancito l'obbligo, in capo a
ciascuno Stato, di non agire in modo da arrecare un pregiudizio ad altri Stati (sic utere tuo ut
alienum non laedas).
Il fine perseguito consisteva nel condannare e conseguentemente prevenire forme di inquinamento
che derivavano da attività svolte nel territorio di uno Stato ma che finivano per avere conseguenze
inquinanti nel territorio di un altro Stato o in ambienti comuni a più Stati (fiumi o laghi che
interessavano più Stati).
Gli interventi contro l'inquinamento ambientale erano inizialmente di tipo settoriale, cioè volti a
tutelare specifici interessi o beni quali il paesaggio, il suolo, l'aria, l'acqua e l'assetto del territorio,
attraverso azioni che non erano mai preventive, ma che avvenivano sempre a posteriori, cioè solo
dopo che si era verificato il danno
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Negli ultimi quarant'anni, a fronte del crescente degrado dello stato complessivo del pianeta e del
1 Corte Permanente di Giustizia Internazionale, Giurisdizione territoriale della Commissione internazionale del fiume
Oder, sentenza del 10 settembre 1929, Collection of Judgements, Series A – No. 10. 1927.
2 Trail Smelter Case ( United States of America/Canada ), 16 Aprile 1938 e sentenza arbitrale dell' 11 Marzo 1941, in
RIAA, vol. III, p. 1905 e ss a p. 1965.
3 Corte internazionale di Giustizia, Passaggio nello stretto di Corfù ( Regno Unito c. Albania ) sentenza del 9 Aprile
1949, I.C.J., Reports 1949, p.4.
4 Prima della Conferenza di Stoccolma l'ambiente non era un bene giuridico tutelato di per sé. Gli interventi contro
l'inquinamento erano sempre volti a tutelare specifici interessi o beni quali il paesaggio, il suolo l'aria, l'acqua,
l'assetto del territorio, attraverso interventi che non erano mai preventivi, ma che avvenivano sempre a posteriori (
misure ambientali end-of pipe). Cfr. ANTICH F. Origine ed evoluzione del diritto internazionale ambientale. Verso
una governance globale dell'ambiente.
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