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Il terzo capitolo sarà dedicato a un diverso tipo di significazione musi-
cale, ovvero a quella basata suIla spinta all’assunzione di stati umorali, emo-
zioni e sentimenti nell’ascoltatore. Ci renderemo presto conto che, nella real-
tà, la musica non è definibile in maniera limitante quale “linguaggio delle emo-
zioni”, come spesso è stata con leggerezza descritta. Essa non le incorpora,
non le contiene, poiché le emozioni sono costituite e generate da processi
sensoriali corporei, mentre la musica è prettamente tonale. Può generare e-
mozioni in alcuni ascoltatori, in modi, misura e circostanze differenti. Ma se-
condo tale ottica non potremmo spiegare come un ascoltatore sia capace di
provare piacere nell’ascolto di un brano che allo stesso tempo sia stato con-
cepito per esprimere angoscia, disperazione, o altri sentimenti negativi.
In conclusione tenteremo di dimostrare che il processo comunicativo
in musica con molta probabilità racchiude sia la significazione, nell’accezione
linguistica del termine, sia la sollecitazione di risposte emotive nei fruitori delle
opere.
Va tenuto presente che, prima nella selezione dei testi, poi nella scelta
degli argomenti su cui documentarci, infine nella valutazione dei temi da trat-
tare e da inserire nel lavoro, ci siamo prefissati dei limiti precisi. In tali limiti il
metodo che abbiamo usato è il seguente:
a. Si parla soprattutto dei musicisti, o comunque di persone esperte di
musica (quindi anche di esecuzione a livello esperto). Da presente trat-
tazione esulano i casi patologici come, per esempio, l’amusia, ovvero la
perdita della capacità di elaborare le informazioni musicali – allo stesso
modo saranno escluse le ricerche sulla significazione linguistica basate
sulle risposte a linguaggio di individui che non parlano –. Tuttavia, è
stato dimostrato che soggetti affetti da amusia riescono comunque a
godere della musica e a valutarla dal punto di vista emotivo. Il che con-
fermerebbe la recente ipotesi che esista una via cerebrale specifica e
autonoma – rispetto al riconoscimento degli elementi della struttura
musicale – per l’elaborazione immediata delle emozioni musicali.
b. Adorno fa notare che la musica tonale ha dei vocaboli, accordi e com-
binazioni che si uniscono in frasi (tedesco Satz, inglese phrase), il cui
significato risiede in loro medesime – nel contenuto stesso della musi-
6
ca, cioè in ciò che accade all’interno di essa – non nei significanti (per
questo la musica non può essere ambigua), e lasciando intravedere
l’intermittente intenzione del compositore. Linguaggio e musica neces-
siterebbero quindi di un diverso tipo d’interpretazione, il primo basato
sulla comprensione, il secondo sull’imitazione, non necessariamente
accompagnata da una decodificazione.
Signifying language would say the absolute in a mediated
way, yet the absolute escapes it in each of its intentions
which, in the end, are left behind, as finite. Music reaches the
absolute immediately, but in the same instant it darkens as
when a strong light blinds the eye, which can no longer see
things that are quite visible.
1
c. Le similitudini e differenze fra linguaggio e musica sono espresse in più
punti di questo studio, in quanto si è voluto evitare di presentarle in un
elenco.
d. A causa delle competenze quasi esclusivamente limitate alla musica
occidentale, la musica trattata nei testi di riferimento è proprio quella
della tradizione (principalmente strumentale) occidentale, anche se non
solo classica.
e. Si vuole qui descrivere il processo della semiosi, considerando però
esclusivamente il modo di correlazione dei due piani segnici significan-
te/significato. Il punto di vista è pertanto risultato più filosofico che lin-
guistico. Il concetto di “semiosi musicale” incorpora sia lo studio del si-
gnificante/espressione (analisi) sia lo studio del significato/contenuto
(interpretazione). L’analisi può essere eseguita separando (anche al
suo interno) una faccia del segno dall’altra, e considerandolo come a-
vente un suo senso indipendente da essa.
f. Il concetto di semiolinguistica
2
1
Adorno 1993, p. 404.
2
Nattiez 1990.
, espresso nel titolo, si riferisce a un cer-
to punto di vista: in particolare, alla semiologia comparata di musica e
7
linguaggio, e all’applicazione di alcuni modelli linguistici in campo musi-
cale.
g. Non sono state prese in esame nel dettaglio tutte quelle tesi che, alla
luce delle ricerche più recenti, possono ormai ritenersi superate. Alcune
di queste teorie, dopo alcuni anni dalla nascita della Semiologia della
Musica, sono state integrate fra loro e hanno iniziato a esercitare un re-
ciproco sostegno. Per esempio, fra i vari studiosi, gli assolutisti pensa-
no che il significato rimanga circoscritto al fatto musicale in sé; i refe-
renzialisti parlano di rimandi al mondo extramusicale. Allo stato attuale
della ricerca sembra assodato che significati assoluti e referenziali pos-
sano coesistere. Tuttavia altre teorie mantengono ancora intatta una
certa distanza fra loro: in particolare, i formalisti sostengono che il si-
gnificato musicale viene carpito comprendendo le relazioni musicali; gli
espressionisti che queste relazioni musicali intrinseche provocano e-
mozioni e sentimenti nell’ascoltatore.
Posizioni del tutto superate sono invece: l’edonismo, secondo cui il bel-
lo musicale risiede in qualche piacevole sensazione; e l’atomismo, se-
condo cui la musica è solo una successione di suoni separabili e di-
screti (la Gestalt ha invece dimostrato che comprendere significa mette-
re in relazione fra loro i suoni stessi).
I testi e le ricerche prese in esame coprono uno spazio cronologico di
circa settanta anni, quindi dagli anni Trenta a oggi. L’argomento è contempo-
raneo, anche perché, se non consideriamo le ricerche prettamente filosofiche,
la sua applicazione per così dire “linguistica” è di sviluppo relativamente re-
cente, e si è sviluppata negli ultimi cinquanta anni.
La maggior parte della bibliografia sull’argomento è in inglese, ma so-
no presenti comunque traduzioni italiane dei testi francesi e tedeschi più signi-
ficativi. Alcuni studiosi italiani, quali Luca Marconi e Gino Stefani, si sono oc-
cupati soprattutto di significazione musicale
3
3
La bibliografia esaminata riguarda in particolare la musica e solo marginalmente il
linguaggio, proprio perché, come si mostrerà più avanti, un paragone tra i due sistemi si è
rivelato fuorviante.
.
8
Il presente lavoro non ha pretese di essere esaustivo ma di chiarire
argomenti complessi quali la significazione musicale. Inoltre, essendo il cam-
po molto vasto, l’argomento è stato volutamente man mano ristretto, e perciò
sono risultati soggetti periferici: l’ermeneutica musicale (l’interpretazione e
analisi dei testi); l’esame approfondito della funzione del segno musicale nella
sua evoluzione storica (benché la storia, l’evoluzione, lo sviluppo stessi siano
presenti e riconoscibili in ogni lavoro artistico); l’interpretazione collegata al
contesto (titoli, cantato) in cui si presenta il brano musicale; l’analisi struttura-
le, morfologica, fonologica e semantica delle opere.
Molti termini utilizzati, appartenenti al campo linguistico (senso, signi-
ficato, simbolo, ecc.), cambiano significato a seconda degli autori. Stessa co-
sa avviene nella semiotica della musica.
La stesura ha richiesto due anni dal momento del primo approccio con
la Filosofia del Linguaggio e con l’argomento affrontato. L’idea è nata sulla
base dell’individuazione di numerose similitudini tra l’insegnamento e appren-
dimento dei sistemi musicale e linguistico. Dalla succitata frase di Luigi Piran-
dello in Uno, nessuno e centomila è scaturita l’esigenza d’indagare su poten-
zialità e limiti della comunicazione musicale, paragonati a quelli della comuni-
cazione linguistica.
Ma il guajo è che voi, caro, non saprete mai, né io vi potrò mai co-
municare come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete
parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi la stessa lingua, le stesse
parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono
vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dir-
mele; e io nell’accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio.
Abbiamo creduto d’intenderci; non ci siamo intesi affatto.
Il presente studio potrebbe risultare di interesse per filosofi della musi-
ca (come filosofi del linguaggio), nonché musicisti e musicologi. Comunque
può essere utile come una sorta di introduzione all’argomento, dato che è in-
negabile l’importanza, per esempio per un musicista, di conoscere almeno in
parte il funzionamento semiotico del mezzo di espressione.
Baudelaire wrote approximately: “It is impossible that a critic be-
come a poet, but it is indispensable that a poet also be a critic”.
9
Similarly, I should say that […] it would help if every composer was
more or less a semiotician, especially if he cares about the effects of
his music on the listeners.
4
4
Mâche 1995, p. 5.
Per l’orientamento nella scelta dei testi si ringraziano i professori Ro-
berto Caterina, Luca Marconi e Gino Stefani (Università di Bologna) e Gian
Nicola Spanu (Università di Sassari). Un ringraziamento particolare va alla
Dottoressa Irene Lai, che ha fornito un valido e competente aiuto nella formu-
lazione delle ipotesi esposte nel capitolo terzo. Per l’attento e paziente lavoro
di rilettura, e per i preziosi consigli, siamo grati alla Professoressa Giulia Pis-
sarello e al Professor Massimo Dell’Utri (Università di Sassari). Desideriamo
ringraziare infine Valentina Demontis, addetta al Prestito Interbibliotecario nel-
la Biblioteca delle Facoltà Umanistiche (Università di Sassari), per aver favori-
to il reperimento di quasi tutti i testi indicati nella bibliografia.
10
Capitolo primo
MUSICA COME LINGUAGGIO
Ogni Uomo del Tempo Antico […] si volse a
destra e a sinistra, chiamò tutte le cose alla vi-
ta e coi loro nomi intessé dei versi.
Gli Uomini del Tempo Antico percorsero tutto
il mondo cantando; […] in ogni punto delle loro
piste lasciarono una scia di musica.
Avvolsero il mondo intero in una rete di can-
to; e infine, quando ebbero cantato la Terra, si
sentirono stanchi.
(BRUCE CHATWIN, Le Vie dei Canti).
E come nell’elemento sonoro è rappresenta-
ta tutta la natura in generale, così i suoni mu-
sicali rappresentano a livello dell’udibile la le-
galità naturale, l’armonia dell’essere, l’ordine
del mondo, la bellezza della creazione.
(HANS H. EGGEBRECHT, Musikalisches Denken).
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I.1. Musica non è linguaggio
Assumeremo come punto di partenza della nostra ricerca la presenta-
zione delle teorie più rilevanti degli ultimi cinquanta anni, nei loro punti cardi-
ne. Tali teorie hanno tentato, secondo diversi orientamenti, di “delimitare”
l’attributo di linguaggio all’espressione musicale.
L’osservazione di numerose somiglianze superficiali nella produzione
e percezione delle strutture musicali
5
In architecture, sculpture, and especially in painting […] the impor-
tance of form has never been denied. Yet in these arts too the
meaning of the form adds to appreciation an element which depends
more upon the individual who loves the object than upon the proper-
ties of the object itself. Only in music is the meaning of the form
identical with the form itself. Here content and form are one – what-
ever that phrase means. [musical works] have no meaning in the
usual sense of the word. Their glory is in the power of sound, not in
the representation of objects nor in the expression of ideas. […] Al-
most everyone agrees that music in and of itself – absolute music,
as it is sometimes called – is not an adequate medium for the com-
munication of thoughts or the delineation of objects. In the narrow
domain of onomatopoeia, to be sure, a clever arrangement of notes
ha portato all’applicazione di molti criteri
linguistici alla musica, insieme al frequente uso delle definizioni linguistiche
stesse (grammatica musicale, senso, significato, fonema, monema, testo,
ecc.). Per fare un esempio importante, la struttura preposizionale ad albero è
stata usata con frequenza nella descrizione dei processi generativi.
Come si è accennato nell’introduzione, la comparazione diretta della
musica con il linguaggio verbale (Sloboda, Schaeffer, Baumann, Saint-
Guirons, Pagnini, ecc.) e la successiva applicazione alla musica di principi e
teorie della linguistica è un errore di prospettiva che più di una volta si è rive-
lato fuorviante. Benché i due sistemi presentino numerose analogie (costru-
zione lineare, temporale, articolata in unità discrete), essi sono divergenti in
molti altri punti decisivi (doppia articolazione, rapporto sintassi-semantica,
lessico). A tal proposito presentiamo qui un primo passo di Carroll C. Pratt, da
un articolo del 1954 intitolato The Design of Music:
5
Non dimentichiamo in aggiunta l’impulso dato, per esempio, dagli studi
sull’apprendimento e sul musical attitude profile, condotti in maniera pionieristica dallo stu-
dioso statunitense Edwin Gordon.
12
may serve as an iconic symbol. The design of music is mood and
feeling, not external fact and logical discourse.
6
tonal design stands for nothing beyond itself. It does not suggest
mood and feeling. It IS mood and feeling. The qualities of auditory
perception are not iconic signs, nor do they by themselves represent
or imitate or copy anything. […] Tonal design represents only itself.
The form and content of music are one.
Tralasciamo per ora i concetti di comunicazione, i riferimenti alla di-
mensione extramusicale e la definizione di iconic symbol, per concentrarci sul
fatto che Pratt rigetti la tesi che la musica possa essere un linguaggio, un si-
stema simbolico che colleghi la mente con un piano diverso, tramite associa-
zione e rappresentazione. Ciò non implica che Pratt rifiuti anche la possibilità
di presentazione e trasmissione (si noti che non si è volutamente parlato di
espressione) di sentimenti in musica. Piuttosto, egli specifica che, mentre in
pittura emozioni e sentimenti vengono espressi in maniera indiretta perché
simbolica, in musica tale funzione di trasmissione fra compositore e fruitore
dell’opera avverrebbe in maniera diretta, sublimando i sentimenti.
7
We talk of musical grammar, of phrases, of one phrase as a ques-
tion answered by the next, of statement, of quotation, of irony, of
conversation and dialogues between instruments. Such ways of talk-
ing seem grounded in structural resemblances between music and
language. Just as sentences are formed from the combination of
words according to various rules or conventions, so too music com-
prises elements (such as notes and chords) combined in accor-
dance with rules or conventions to make wholes (such as melodies).
Like a sentence a musical theme does not merely begin and end, it
comes to a close. Just as sentences are combined to form para-
graphs, and paragraphs are concatenated to create stories, musical
Su basi diverse, Stephen Davies nota che la musica e il linguaggio
condividono numerose caratteristiche fondamentali. Tuttavia Davies sostiene
che la musica non è un sistema simbolico avente contenuto semantico, seb-
bene abbia un potere espressivo che di certo attira l’interesse filosofico. In-
somma essa sarebbe priva di senso, ma comunque espressiva di emozioni.
6
Pratt, 1954, p. 289.
7
Ivi, p. 290.
13
themes are joined to form larger units – expositions, movements,
symphonies. In the respect music is like a syntactic system. Like
words, musical ideas retain (some of) their identity and significance
within different contexts while contributing to the whole resulting
from their combination; […] With this in mind, we might wish to de-
scribe music as a syntactic system with a vocabulary. And finally,
we talk of musical works as meaningful, as requiring understanding,
as generating a content, so one might wish to take the analogy be-
tween music and language so far as to suggest that music is a syn-
tactic system with a vocabulary used in such a way as to generate
semantics.
8
Qui Davies incorre in qualche errore di prospettiva. In primo luogo è
pericoloso parlare di linguaggio musicale ricercando analogie così forti (talvol-
ta addirittura forzate). Di conseguenza sarebbe meglio evitare di parlare di
sintassi e vocabolario musicale: come più avanti spiegheremo (vedi cap. II) la
musica non acquisisce contenuto semantico esattamente nel modo in cui lo
acquista il linguaggio
9
il ritenere che l’opera sia composta di elementi separabili, ognuno
dotato di significati, indipendentemente dagli altri, dimenticando che
un accordo o un gruppo di note assume un significato che può esse-
re del tutto diverso o addirittura opposto a seconda del contesto sto-
rico e individuale [dell’opera] in cui entra a far parte». […] la seman-
ticità della musica non le deriva dal possedere termini o vocaboli
precedentemente fissati e confermati, dotati di un univoco riferimen-
to (come è per il linguaggio parlato). […] Solo in un complesso con-
testo sintattico i suoni, o meglio i gruppi di suoni, acquistano un si-
gnificato.
.
In secondo luogo, Fubini fa notare che ciò che in assoluto va evitato è
parlare di “composizionalità” in musica. Sbagliato è soprattutto
10
8
Davies, 1994, pp. 1-2. Davies specifica anche che un linguaggio significante in
quanto tale deve possedere (1) elementi discreti e ripetibili (2) che uniti insieme suggerisca-
no o evochino idee o sentimenti (3) in quanto costituiscono un vocabolario. «it must also
possess (4) indexical and characterizing elements, (5) force-showing devices and modalities,
as well as (7) logical connectives; in being thus, (6) it must admit the possibility of metalin-
guistic assertions about itself».(Cfr Ivi, pp. 5 -25) Solo le prime tre condizioni sarebbero sod-
disfatte dalla musica, perciò essa non può possedere un significato paragonabile a quello
linguistico.
9
Per comodità in questa trattazione i due termini, insieme ad altri riguardanti
l’ambito linguistico, verranno usati ugualmente, con alcune eccezioni.
10
Fubini 1973, p. 68.