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Si potrebbe dire allora che, oltre all’esigenza fisiologica di sfamarsi e di
sopravvivenza vera e propria, forse la principale tra le motivazioni psicologiche
che hanno spinto l’uomo ad unirsi ad altri suoi simili, alla conduzione di una
vita sociale, sia stata, nei primordi, anche per una sorta di istinto naturale,
proprio quella esigenza di sicurezza fisica e protezione che lo tutelasse da
attacchi provenienti da altre tribù (homo homini lupus) o, semplicemente
riunendosi in gruppo (“viribus unitis”) per difendersi da aggressioni di animali
feroci essendo per questi ultimi l’uomo stesso una preda.
L’ominide, dal pitecantropo al sapiens sapiens, è ricorso ad espedienti di varia
natura ed utili di volta in volta alla bisogna, per difendersi da attacchi ed
aumentare la sua sicurezza; quello più immediato è stato la delimitazione degli
spazi non direttamente ed immediatamente soggetti al suo controllo. A tale
scopo ha dapprima occupato caverne, poi abitato palafitte, in seguito costruito
stabili abitazioni ed insediamenti urbani proteggendoli con delimitazioni, fossati
pieni d’acqua con ponti levatoi, recinzioni difensive, fortificazioni, mura
perimetrali attorno alle città.
La sicurezza oggi è contraddistinta da una frenetica incessante evoluzione
tecnologica nel settore specifico; la tecnologia più avanzata fatta di: satelliti che
guardano dall’alto; sensori ad infrarossi; telecamere rotanti a 360°; evoluti
elaboratori di dati; sofisticati serramenti; uniti all’elemento umano ed
organizzativo, diventano una consistente barriera contro eventuali intrusioni nel
cerchio fisico vitale dell’individuo.
L’elemento organizzativo, nella disamina concettuale ed eziologica della
sicurezza umana, ha una parte decisiva nel raggiungimento della sicurezza
stessa; tale mix di componenti si è realizzato nel corso dei secoli con
l’istituzione di agenzie di controllo sociale, che volontariamente accettate od
imposte hanno guidato l’uomo nell’assunzione di comportamenti finalizzati ad
una compressione della propria libertà in presenza di libertà altrui.
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Strumenti organizzativo-sociali di supporto alla realizzazione di un maggior
margine di sicurezza sono stati, e sono certamente, i codici scritti e non scritti,
che, nel corso dei secoli, hanno imposto regole deontologiche, morali, religiose,
etiche o convenzionali per la convivenza civile, contribuendo in maniera
determinante a trasformare raggruppamenti di ominidi in un corpo sociale che
con tale forzata convivenza molto ha diluito la naturale tendenza aggressiva dell’
homo homini lupus.
La sicurezza, qualsiasi definizione lessicale venga data al termine, si può
indicare come una sensazione che l’essere umano percepisce quale risultato
positivo di un’analisi, spesso inconscia ed automatica, del mondo che lo
circonda e/o nel corso delle attività in svolgimento.
È tanto importante avere la sensazione, la percezione sensoriale, di credere di
essere protetti, quanto esserlo effettivamente.
L’importanza e/o l’inefficienza di un apparato di sicurezza viene saggiato
quando le minacce si sono realizzate e quindi, paradossalmente, se un apparato o
un sistema di sicurezza non funziona lo si verifica solo dopo aver subito
l’intrusione nella sfera privata; al contrario qualora lungamente non avvengano
intrusioni nel cerchio fisico vitale dell’individuo o della comunità di interesse,
può dedursene che l’apparato o il sistema adottato diano solidi margini di
sicurezza.
La saggezza popolare a tal proposito suggerisce di munirsi prima piuttosto che
ricorrere ad un serio sistema di sicurezza poi:
Dopp'arrubbato, a Santa Chiara mettétteno 'e porte 'e fierro.
(Trad. Dopo che ebbero rubato, a S. Chiara misero le porte di ferro.)
Qualora non si disponga di un sistema di sicurezza o il sistema adottato presenti
dei “bugs”, l’individuo, offeso dall’intrusione nella propria sfera, potrebbe
avvertire un senso di impotenza e cercare, spasmodicamente, un apparato o un
sistema che gli faccia percepire quel risultato positivo di un’analisi, inconscia ed
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automatica, del mondo che lo circonda e/o nel corso delle attività in
svolgimento, vale a dire “sentirsi sicuro”.
Tale affrettata ricerca amplia il valore dell’elemento sicurezza tanto che in quel
determinato momento il valore attribuibile, anche da un punto di vista
economico, e la sua importanza, è cresciuto esponenzialmente con la riduzione
del beneficio o a causa della totale assenza di un apparato o sistema di sicurezza
che tale beneficio avrebbe salvaguardato.
La sicurezza può:
- incidere sulla sfera del singolo individuo, e quindi avere un ambito
circoscritto;
- interessare una collettività di persone, e quindi assurgere ad interesse
pubblico.
Nella prima ipotesi l’essere sicuro, verosimilmente è proprio di un soggetto che
non avverte pericoli, non ha nulla da temere, e pertanto percepisce il senso di
sicurezza individuale.
Nella seconda ipotesi l’integrità dell’ordine collettivo e l’incolumità dei cittadini
viene garantita da organizzazioni nazionali e/o soprannazionali, facendo sentire
il peso e l’indispensabile senso della sicurezza pubblica.
I fattori, attinenti al singolo o alla collettività, che nel corso dei secoli hanno
determinato, di volta in volta, le insicurezze dell’individuo, sono stati
identificati, analizzati ed in molti casi combattuti con mezzi più o meno efficaci
e più o meno definitivi.
L’insicurezza, come l’araba fenice, risorge dalla sue ceneri più vigorosa che mai
e sempre più forte ed insidiosa prende le sembianze del tempo che si sta
vivendo. Maggiori e più sofisticati sono i ritrovati e la tecnologia per rendere
sicuri gli individui e la collettività e tanto maggiore sarà l’insidiosa vulnerabilità
che resiste ed alimenta nel terzo millennio come ai primordi della civiltà:
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- la paura di ciò che non è sotto il nostro diretto e immediato controllo;
- ”l’altro” che di volta in volta si identifica; nel simile (lupus) affamato;
nell’appartenente ad una diversa tribù; ad un’altra razza; ad un’altra fede
religiosa; ad altra fazione politica; al 1°, 2° o 3° mondo.
Da tali ataviche paure, il concetto di sicurezza, oggi, è mutato rafforzandosi in
relazione soprattutto alle cogenti problematiche imposte dagli eventi che
interessano in maniera trasversale tutta la comunità internazionale.
Nella sua accezione più ampia, la sicurezza ha assunto dimensioni ed aspetti di
interesse planetari, da quando nel 11 settembre 2001, militanti appartenenti alla
organizzazione terroristica “Al Qaeda”, hanno portato il loro attacco alla più
grande potenza politico–militare del mondo: gli Stati Uniti d’America.
Gli USA hanno dovuto prendere coscienza della propria vulnerabilità e della
fragilità del proprio sistema di sicurezza difensivo. Un sistema, fino a quel
momento, dimensionato come apparato militare per la tutela degli interessi
americani nel mondo.
Contro il terrorismo internazionale l’imponente strumento militare degli Stati
Uniti ha dovuto riconoscere l’inefficacia delle sue strategie, mentre, di fatto, la
società civile americana è venuta a trovarsi violata, con l’innesco di un
meccanismo che la pone in una situazione di insicurezza totale.
Tali presupposti sono ulteriori spinte della storia ad incrementare il valore, da
sempre quale insopprimibile esigenza nella coscienza dei popoli, della
sicurezza.
Un grande fenomeno epocale, la globalizzazione, sta estendendo i suoi notevoli
effetti positivi sui sistemi economici e sulla vita stessa delle singole persone di
tutto il pianeta. Nel cosiddetto “villaggio globale” vengono ampliate – nel bene e
nel male – dai livelli minimi dei singoli Stati a livello planetario: le prospettive;
le progettazioni; le problematiche economiche, politiche, sociali…………..
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Ciò che succede alle popolazioni residenti nell’isola di Sumatra (Indonesia)
nell’Oceano indiano in seguito ad un maremoto non lascia e non può lasciare
indifferente il cittadino di Roma o di Parigi, di Stoccolma o di Montreal.
Lo “Tsunami”,-onda anomala( o letteralmente onda di porto)-, catastrofe
naturale non fronteggiabile in maniera preventiva se non con la sua più o meno
tempestiva previsione strumentale, ha colpito il 26 dicembre 2004, una porzione
anche piuttosto esigua di territorio del pianeta, ma le sue ripercussioni hanno
investito ed investono problematiche di ordine sociale, politico ed economico
che si ripercuotono nella vita quotidiana “globalizzata” anche del cittadino
Europeo, Canadese, Nord Americano, Australiano …...
Una sicurezza globale è concepibile? quella ipotizzata da certi film di
fantascienza ?
La sicurezza totale è stata da sempre considerata un traguardo irraggiungibile
dagli addetti del settore e dai cultori della materia, un postulato di riferimento
dal sapore più filosofico che pratico. La umana consapevolezza che, limiti come
il buon senso, l’intelligenza dell’uomo, il senso di appartenenza alla razza
umana, avrebbero consentito di ritenere comunque l’esistenza di una soglia oltre
la quale un appartenente al genere umano non si sarebbe prestato a oltrepassare,
a prescindere da qualsiasi spinta politica, economica o religiosa fosse alla base
delle sue azioni violente.
In seguito agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di
New York, dell’11 febbraio 2003 alla Stazione ferroviaria di Madrid o del 07
luglio 2005 alla metropolitana ed al bus di Londra, sono crollate e continuano a
crollare tutte le convinzioni di inviolabilità degli spazi fino a qualche tempo
invalicabili ed insormontabili, lasciando il posto ad un senso di insicurezza
globale che non risparmia alcun luogo del pianeta e né tiene in alcun conto il
numero e l’appartenenza delle vittime umane conseguenti ad attacchi violenti.
Si assiste, in pochi attimi, ad una dichiarazione di guerra globale.
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Questi messaggi forti e chiari non hanno bisogno di occhi esperti per essere
decifrati e non v’è chi non veda che nulla è e sarà più come prima.
Una constatazione va però evidenziata: seppure vi fosse fra gli addetti ai lavori
una coscienza e conoscenza del fenomeno terroristico non distante da quello che
poi tale piaga ha dimostrato di essere, ciò non esclude che l’evento “Twin
Towers” abbia effettivamente prodotto, fra le sue evidenti conseguenze, anche
una rivoluzione copernicana nella concezione di massa e nell’approccio alla
security.
Le “vulnerabilità” e le “nudità” che vengono evidenziate dagli efferati attacchi
terroristici citati impongono ai governi ed alle imprese di dotarsi di nuovi e
più idonei sistemi di protezione e di sicurezza.
Il nefasto vento terroristico di “Al Qaeda” ha imposto una compressione delle
libertà, della fruizione degli spazi nonché di momenti di privacy a cui l’uomo
moderno si era pian piano assuefatto.
Così, ad esempio, negli aeroporti si è tutti considerati possibili o probabili
terroristi e quindi spogliati, perquisiti, fotografati, interrogati, ispezionati, ……,
tutto ciò sopportato ed accettato “ob torto collo“ da tutti in quanto ritenuto
l’ulteriore necessaria gabella da pagare per la sicurezza ed incolumità propria e
della collettività.
Naturalmente il mondo economico imprenditoriale, in quanto emanazione
evidente e sostanza dell’occidente globalizzato e globalizzante, diventa un
obbiettivo per il terrorista, di qualsiasi matrice ideologica, religiosa, “ecologica”
esso sia, obiettivo da colpire e strumento da utilizzare per la lotta al nemico
“occidentale” ed in particolare americano.
Nello scenario del “villaggio globale” così ridisegnato dopo l’attentato alle
“Twin Towers” incombe sull’occidente il continuo pericolo di armi chimico-
biologiche.
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Prove generali di ecatombe sono già state effettuate nel corso della storia :
- i romani utilizzavano carcasse di animali morti per inquinare le riserve
d'acqua dei nemici assediati;
- i Tartari, nel 1347 durante l'assedio di Kaffa, presidio della Repubblica
Genovese nel Mar Nero, catapultarono all'interno della città cadaveri di
appestati. Si ritiene che questo fu l'inizio della epidemia di peste che nel
Medio Evo uccise oltre venti milioni di persone in tre anni;
- circa 200 anni fa, gli inglesi diffusero deliberatamente il vaiolo tra gli indiani
d'America offrendo loro coperte infette;
- i colonizzatori della Nuova Zelanda inviarono prostitute ammalate di sifilide
agli indigeni Maori;
- la guerra delle infezioni prosegue nel corso dei secoli e in questo secolo dopo
la prima guerra mondiale venne stilato il protocollo di Ginevra del 1925 per
la messa al bando delle armi chimiche e biologiche e nonostante questa presa
di coscienza a livello internazionale:
o l'Italia usò i gas nella guerra d'Etiopia;
o i Giapponesi tentarono di diffondere antrax, vaiolo, tifo e colera tra le
popolazioni della Manciuria nella guerra del 1930;
- è ben noto inoltre che nei campi di concentramento nazisti furono
sperimentate armi biologiche;
- il caso dell'isola di Gruinard : alla fine degli anni ottanta apparve su Nature
un trafiletto dal titolo Gruinard handed back, in cui si raccontava in breve il
caso dell'isola di Gruinard, sul cui territorio fu sperimentata la resistenza
delle spore dell'antrace all'esplosione e agli agenti atmosferici., nell'ambito di
un programma di ricerca per lo sviluppo di armi biologiche da parte dei 3
governi del Regno Unito, Canada e Stati Uniti d'America. Nel corso della
seconda guerra mondiale l'isola di Gruinard fu evacuata e la popolazione
residente indennizzata;
Andrea Scarienzi riporta su Grandinotizie.it, “la paura di infezioni sparse da
attacchi militari o da azioni terroristiche è sempre stata presente nell'inconscio
collettivo (nei Promessi Sposi, Renzo rischia di essere linciato dalla folla con
l'accusa di essere un "untore" di peste) e romanzieri e sceneggiatori ne hanno
sfruttato spesso l'aspetto drammatico. E quando il 20 marzo 1995 nella
metropolitana di Tokyo adepti della setta Aum Shinrikyo lanciano sulla folla tre
borse contenenti Sarin, un letale agente biochimico, provocando 12 morti e
l'intossicazione di oltre 5000 persone, la possibilità dell'uso di armi biologiche
in attentati terroristici diventa concreta. La guerra biologica, più comunemente
conosciuta come guerra batteriologica, ha origini antichissime e prosegue fino
ad oggi.”.
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Al riguardo l’ex segretario di Stato USA, Gen.Colin Powell, ha avuto ad
esternare che "quelle che mi spaventano a morte, forse ancor più che le armi
tattiche nucleari, sono quelle contro le quali abbiamo meno possibilità: le armi
biologiche”
La sicurezza di merci, prodotti, materiali durante l’approvvigionamento, la
lavorazione, il deposito, lo stoccaggio, il trasporto deve aggiungere fra i rischi di
livello innalzato possibili attacchi terroristici di tipo batteriologico, chimico,
biologico, soprattutto se il mercato di destinazione per la fruizione dei prodotti è
un paese Europeo o Nord Americano.
Adesso, sull’onda dell’emotività stimolata dalle efferatezze terroristiche, si
assiste alla proliferazione di leggi nazionali, accordi internazionali fra Stati a
scopo di difesa, prevenzione e repressione di organizzazioni terroristiche.
Anche le aziende industriali, o di servizio che siano, vengono coinvolte in
maniera diretta e pesante nella collaborazione alla lotta al terrorismo di ogni
genere ed in particolare per quello batteriologico/biologico.
Un esempio ne è il C-TPAT (U.S Customs Service-Trade Partnership Against
Terrorism).
Un programma di partnership contro il terrorismo proposto dalle Dogane Americane
all’indomani del crollo delle Torri Gemelle. Il programma consiste in un’iniziativa
comune fra il governo U.S.A. e le società commerciali per cooperare a rafforzare nello
stesso tempo la sicurezza della catena dei fornitori e la sicurezza delle frontiere
federali. Con l’adesione al programma, l’azienda aderente si impegna a:
- seguire le linee guida indicate dall’Autorità Doganale U.S.A. finalizzate alla
prevenzione di azioni terroristiche in genere;
- dare la sua disponibilità alla verifica della effettiva implementazione delle relative
procedure e fornire, a richiesta dell’Autorità Doganale, la documentazione
attestante l’attività svolta per tale adeguamento.
Le procedure da implementare coinvolgono tutta la filiera dalla sua produzione, allo
stoccaggio, al trasporto e consistono in un monitoraggio documentato e continuo del
prodotto in tutte le sue manipolazioni ed in tutte le situazioni di vulnerabilità a
fraudolente manomissioni.
L’adesione al C-TAPT è aperto a tutte le aziende che intendano far entrare i propri
prodotti negli States, ma non è obbligatorio aderire. La non adesione però molto
probabilmente potrà comportare tempi biblici di “quarantena” delle proprie merci alle
dogane statunitensi.
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I pericoli ed i rischi di eventuali attacchi, di qualunque natura essi siano:
batteriologici- chimici- nucleari….., devono essere contrastati efficacemente
anche con impianti normativi adeguati e al passo con la evoluzione dei tempi,
con legislatori (dei vari paesi) consapevoli ed attenti al rapido divenire degli
eventi.
Talvolta però, nel lessico di taluni rappresentanti istituzionali, i vocaboli
“International Partnership”, “New Economy”, “globalizzazione” e “integrazione
dei sistemi” ricorrono con frequenza, più in funzione evocativa di confusi
scenari economici e di ricercata attualità culturale che non per conoscenza
organica della nuova impostazione socio politica sovvertitrice di vecchi
stereotipi a cui si potrebbe essere ossessivamente abbarbicati.
Nei nuovi scenari planetari, forse, la connotazione maggiormente significativa
del nuovo corso è l’impatto dell’economia di mercato sul diritto, al quale
dovrebbe imprimere un ritmo evolutivo pari alla velocità del suo tramutare,
sforzandosi di trasformare la tradizionale compassata generazione legislativa
statuale in diritto dinamico, flessibile, attento alla ricezione di istanze ed
esigenze delle aziende, della popolazione e della società in genere.
Questa è già l’impostazione degli Stati di caratura mondiale che interpretano
attivamente la propria evoluzione socio - economica – politica.
Il perseguimento del fine economico e della competitività di mercato
rappresentano per l’azienda un obiettivo univoco che ripete una esigenza di
tutela che può essere assicurata da: “studio, sviluppo ed attuazione delle
strategie, delle politiche e dei piani operativi volti a prevenire, fronteggiare e
superare eventi in prevalenza di natura dolosa e/o colposa che possano
danneggiare le risorse materiali, immateriali, organizzative ed umane di cui
l’azienda dispone o di cui necessita per garantirsi un’adeguata capacità
concorrenziale nel breve, nel medio e nel lungo termine”. - Norma Italiana UNI
10459/1995 relativa alla Security Aziendale