III
popolare, le loro origini musicali, e lo stile (militaresco, di
protesta, o di semplice consumo).
Escono, così, alcune importanti raccolte: Canti della
resistenza Italiana
1
, a cura di Tito Romano e Giorgio
Solza, Canti politici italiani 1793-1945
2
, a cura di
Lamberto Mercuri e Giorgio Solza, Canti della Resistenza
Armata in Italia
3
di autori vari.
Saggi di notevole interesse sono pubblicati da Pasolini
4
e da Roberto Leydi
5
sul carattere di musica popolare del
repertorio partigiano, da Renzo Del Carria
6
sulle diverse
anime della Resistenza nelle canzoni di sinistra, da Diego
Carpitella
7
sull’esistenza di una caratterizzazione tipica
musicale nei movimenti resistenziali europei.
Altri contributi, in tempi recenti, sono stati dati dai vari
Istituti per la storia della Resistenza e della società
contemporanea, sorti in parecchie città dell’Italia centro-
settentrionale, attraverso ricerche e convegni sulla
Resistenza, come i lavori del Convegno Nazionale di studi
di Biella nell’ottobre del 1998
8
, che hann fatto il punto
IV
sulle ricerche svolte nell’ambito dei canti partigiani,
proponendo nuovi percorsi rivolti ai canti fascisti, in vista
di uno studio più generale e aperto del periodo bellico.
Importanti sono le raccolte sonore, come quella uscita
dal 1960 al 1965 di 10 dischi da 33 giri, I Canti della
Resistenza Italiana
9
all’interno della collana, Canti sociali
italiani, dei Dischi del Sole a cura di Roberto Leydi.
Per non parlare infine dei vari concerti e manifestazioni
culturali che permettono l’esecuzione, in piazza o in locali
pubblici, di brani legati al periodo resistenziale.
La stessa cosa non si può dire per quanto riguarda il
repertorio fascista delle canzoni di guerra che, per ovvie
ragioni culturali e politiche, non ha goduto della stessa
mole di ricerche e di studi; carenze dovute anche a lavori
spesso di scarso livello ad opera di centri studio di
associazioni neofasciste, compiuti più per nostalgia ed
esaltazione del tempo passato.
Non vi sono stati canzonieri di una qualche importanza,
a parte quello curato alla fine degli anni ’70 da Michele
V
Luciano Straniero e Virgilio Savona, Canti dell’Italia
Fascista
10
, dove per altro mancano le canzoni relative al
periodo della Repubblica di Salò.
Questi brani sono invece presenti in una recente raccolta
uscita nel 2002 a cura di Giovanni Curatola, Ritmi Littori
11
,
che riporta tutte le più famose canzoni fasciste dagli anni
’20 fino al 1945.
Per quanto riguarda le edizioni sonore, le principali sono
i Dischi Saar
12
di Sergio Balloni e le compact cassette
della Duck Record
13
di Bruno Barbone.
Non si ha ancora, tuttavia, una completa raccolta di
canzoni del regime con i relativi studi esplicativi, cosa che
non ha permesso una facile consultazione e ricerca in
questo campo.
VI
Note
1
TITO ROMANO – GIORGIO SOLZA, Canti della Resistenza italiana, Milano, Collana
del Gallo Grande, 1960.
2
LAMBERTO MERCURI – GIORGIO TUZZI, Canti politici Italiani. 1793-1945, Roma,
Editori Riuniti, 1962, 2 vol.
3
CESARE BERMANI – FRANCO COGGIOLA – EZIO CUPONE – GIOVANNI PIRELLI –
SILVIO UGGERI (a cura di), Canzoniere della protesta numero 2. Canti della
Resistenza Armata in Italia, Milano, Edizioni Bella Ciao, 1973.
4
PIER PAOLO PASOLINI (a cura di), La poesia popolare italiana, Milano, Garzanti,
1960.
5
Vedi ROBERTO LEYDI, Osservazioni sulle canzoni della Resistenza italiana nel
quadro della musica popolaresca, in TITO ROMANO – GIORGIO SOLZA, Op. cit.;
ROBERTO LEYDI, La canzone popolare, in AA. VV. Storia d'Italia, Documenti, vol.
V, Milano, Einaudi, 1973; ROBERTO LEYDI, I canti popolari italiani, Verona, Arnoldo
Mondadori Editore, 1973.
6
RENZO DEL CARRIA, Proletari senza rivoluzione. Storia delle classi subalterne
italiane dal 1860 al 1950, Milano, Edizioni, Oriente, 1970, vol. II, pp. 347-353.
7
DIEGO CARPITELLA, I canti della Resistenza e la musica popolare, in La musica
popolare, Milano, Edizioni di cultura popolare, a. II, n. 1, 1977, pp. 47-49.
8
ALBERTO LOVATTO (a cura di), Canzoni e Resistenza. Atti del convegno
nazionale di studi Biella, 16 – 17 ottobre 1998, Torino, Consiglio regionale del
Piemonte; Borgosesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società
contemporanea nelle province di Biella e Vercelli, 2001.
9
ROBERTO LEYDI – CESARE BERMANI – MICHELE L. STRANIERO – DANTE BELLARMINO
(a cura di), Canti della Resistenza italiana, Milano, I Dischi del Sole (DS 2, 8, 17,
31, 34, 44, 45, 53, 54, 55), 1960-1965.
10
Virgilio A. Savona – Michele L. Straniero, Canti dell’Italia fascista (1919-1945),
Milano, Garzanti, 1979.
11
GIOVANNI CURATOLA, Ritmi Littori. Rivisitazione del fenomeno fascista attraverso
la sua produzione canora, Varzi (Pavia), Aurora Edizioni, 2002.
12
Dischi Saar, Documenti del nostro tempo. Testimonianze sonore originali:
LPUP 5265, Le marce del ventennio, LPUP 5266, I canti del ventennio, LPUP
5248, Inni e canti del fascismo, vol. I, LPUP 5249, Inni e canti del fascismo, vol. II.
13
Inni del fascismo, Duck Record, 8 compact cassette, Dkc, 216, 284, 285, 286,
287, 288, 289.
1
Introduzione
Analizzando il panorama musicale canoro del Novecento
è possibile risalire alle sensazioni più profonde di una
collettività ed agli intimi sentimenti di coloro che vivono in
prima persona determinati avvenimenti.
Infatti, proprio a partire dal Novecento, il genere
musicale della canzone, attraverso soprattutto
quell'importantissimo mezzo di comunicazione che è la
radio, diventa un fenomeno di massa e la Seconda
Guerra Mondiale è il primo conflitto in cui, per la prima
volta, la propaganda ha un impiego larghissimo sia
cartaceo che sonoro.
In Italia la Guerra è stata raccontata e studiata
prevalentemente attraverso i suoi documenti scritti:
monografie, saggi, opere complete, memorie dei
protagonisti, e video-documenti: documentari dell’epoca,
filmati di guerra ecc…
2
Raramente si sono utilizzate testimonianze indirette
come le canzoni che, al contrario, sono state, il più delle
volte, trascurate dalla storiografia ufficiale.
Si tratta di un aspetto della ricerca storica per certi versi
originale, ma piuttosto complesso, infatti la canzone,
durante la Guerra, ebbe un impiego massiccio per scopi
prevalentemente propagandistici.
Non si ha, dunque, un fedele resoconto di fatti e
avvenimenti, ma un itinerario che, attraverso la
produzione canora, ci permette di seguire lo svolgimento
delle fasi storiche da una prospettiva del tutto nuova di
matrice psicologica e sociologica.
Il canto, per la funzione che ha acquisito di scansione di
momenti storici e culturali, può essere considerato un
fedele termometro dei sentimenti pubblici e privati che si
sono trasformati con l'evolversi del conflitto.
Nei capitoli successivi verrà proposto un percorso del
secondo conflitto dal 1940, anno della dichiarazione di
guerra per l’Italia, al 1945 attraverso le canzoni
3
dell’epoca, cercando di dare una sufficiente panoramica
dei vari fronti fino al settembre del 1943, per poi trattare il
periodo partigiano e la Repubblica di Salò.
Si inizierà dai primi momenti della Guerra, in cui le
canzoni esprimono ed alimentano un clima di euforia
collettiva e di false speranze, passando poi, con il
prolungarsi degli eventi bellici, a sentimenti di dubbio e
incertezza, dove la retorica dei brani si accentua
sensibilmente, per nascondere o far passare in secondo
piano le sconfitte militari.
Gli sforzi che il regime fascista compie, facendo ricorso a
immagini patriottiche ed eroiche, per sostenere il morale
delle truppe in battaglia e per assicurarsi l'appoggio della
popolazione nella produzione bellica, la diffusione di
canzonette leggere e di svago, che servono a distogliere
la mente degli Italiani dalla Guerra in corso, sono il chiaro
sintomo di una Nazione che comincia a provare le prime
dure difficoltà, che alimentano dubbi e disillusioni.
4
Il repertorio dei brani dopo l’8 settembre cambia
notevolmente: l’Italia è divisa da una spietata guerra
civile, testimoniata anche questa volta dalle canzoni.
Per la prima volta dopo vent’anni di regime, le canzoni
non sono più un'espressione esclusivamente fascista ma,
grazie al movimento partigiano, valori e ideologie diverse
ritrovano una grande popolarità, anche se clandestina.
Soprattutto gli ideali comunisti trovano un grande spazio
all’interno del canzoniere di guerra, perché comunisti
sono la maggior parte dei partigiani.
Si avverte il clima di guerra civile attraverso i ripetuti
scambi di accuse di tradimento e vigliaccheria,
l’incitamento all’odio verso il nemico italiano di parte
avversa e il cruccio di dover riscattare in tutti i modi
l’onore della Nazione.
A dimostrazione del livello di spietatezza raggiunto si
nota la tonalità più truce e aspra assunta dalle canzoni,
che utilizzano concetti funebri come la morte, il martirio
per la Patria e il culto dei caduti.
5
Per spiegare in modo concreto come le canzoni possano
essere la chiave di lettura degli eventi e dei sentimenti,
consideriamo tre canzoni: le prime due composte in
ambiente fascista nel 1940 e poi nel 1944, Vincere e Le
donne non ci vogliono più bene, e la terza, Fischia il vento
della fine del ‘43 di origine partigiana.
I testi fascisti fanno intuire la parabola discendente del
regime, dal momento di massima popolarità, a tre mesi
dall’entrata in guerra dell’Italia, con uno slogan che la
diceva lunga sulle convinzioni di un conflitto breve e
vittorioso, fino al 1944 in cui ormai la sua presa sulla
popolazione è finita per sempre. Il secondo brano fa
intravedere, di riflesso, l’odio suscitato per le molte
distruzioni e lutti causati da un conflitto voluto dal regime.
Le donne adesso, come dice il titolo di questa canzone
repubblichina, si rifiutano a chi porta una camicia nera.
Nel terzo canto invece, non siamo più di fronte a una
canzonetta del regime, ma al simbolo di quella profonda
spaccatura presente in Italia, avvenuta dopo l’Armistizio,
6
che provoca la scoperta di nuovi valori (in realtà non
nuovi, ma fino ad allora rimasti sconosciuti alla maggior
parte dei giovani perché quasi totalmente soffocati
durante il Ventennio) e la speranza di ricostruire,
rinnovandolo profondamente, un mondo che sta andando
in pezzi.
Dunque la canzone, sia come testo retorico in Vincere
che come testo frutto di sinceri sentimenti (dal nero
pessimismo e frustrazione in Le donne non ci vogliono più
bene, alla speranza e voglia di riscatto in Fischia il vento)
dà un valido contributo alla comprensione dell’evoluzione
storica e al modo in cui essa viene vissuta e percepita
dalla gente comune.
L’intenzione del presente lavoro non è quella di ricreare
una sorta di completo canzoniere dell’epoca, ma ha lo
scopo di osservare gli avvenimenti storici da questa
nuova prospettiva di tipo sociologico.
Saranno utilizzate strofe o singoli versi che serviranno
come spunto per i temi affrontati.
7
I Canti del fronte interno
L’entrata in guerra
La Seconda Guerra mondiale inizia ufficialmente per
l’Italia il 10 giugno del 1940. Mussolini lo annuncia
trionfalmente dal balcone di Palazzo Venezia a Roma.
Già da qualche mese, però, si fanno le prime prove
d'oscuramento nelle città, si distribuiscono le tessere
annonarie per il razionamento del cibo, il traffico di treni e
d'auto si riduce, la chiusura dei locali si anticipa alle 23.
L’entrata in guerra viene vista tutto sommato con
ottimismo e si ha la convinzione che sarà molto breve, i
tedeschi sono vincitori su tutti i fronti in cui sono
impegnati: la Polonia e già nelle loro mani, così come la
Norvegia; il 14 giugno entrano a Parigi e la Francia è
messa in ginocchio. L’Inghilterra rimasta l’unica a
combattere non sembra in grado di continuare da sola.
8
Le truppe italiane muovono all’attacco, sull’arco alpino
occidentale contro la Francia, in Africa Settentrionale e
nell’A.O.I. (Africa Orientale Italiana) contro le colonie
britanniche. Tuttavia queste operazioni belliche non sono
paragonabili a quelle tedesche, e ovunque si registrano
inefficienze, lente avanzate o, in alcuni casi, ripiegamenti.
L’entusiasmo e la fiducia verso il Duce, nei giorni che
seguono la dichiarazione, è altissima.
La propaganda di regime svolge un enorme lavoro per
guadagnare l’appoggio entusiastico delle masse e un
ruolo determinante lo ricopre la radio, attraverso l’uso
della canzone. Il Fascismo attribuì sempre a quest’ultima
un efficacissimo potere di persuasione delle masse e, a
partire dall’impresa etiopica, si rivelò un efficacissimo
strumento per veicolare slogan e messaggi guerreschi.
Proprio per questa sua grande importanza, essa era al
centro di una guerra combattuta in chiave di violino, prima
che scoppiasse il Conflitto.
9
La censura, in nome dell’autarchia nazionale imperante
(come orgogliosa risposta alle sanzioni economiche
imposte dalla Società delle Nazioni, per condannare
l’aggressione all’Etiopia), iniziò una vera e propria
campagna di epurazione della canzone da qualunque
genere melodico di provenienza straniera, in particolare
americana. Si deve ritornare alle care vecchie melodie
italiche
1
.
Dagli apparecchi radiofonici
2
l’E.I.A.R., (Ente Italiano
Audizioni Radiofoniche), passata sotto il diretto controllo
del ministero per la stampa e la propaganda (il famoso
Minculpop: Ministero per la Cultura Popolare), comincia a
trasmettere ogni sera alle venti, assieme ai primi bollettini
di guerra, motivetti inneggianti all’eroismo, alla lotta e alla
vittoria, di autori e cantanti messi, già da tempo, sotto
strettissimo controllo
3
.
Si canta di marce travolgenti al fragore della mitraglia e
di fughe precipitose del nemico.
10
L'idea della morte è sempre rappresentata o come un
evento remoto difficilmente realizzabile, in modo da
sottolineare l’alone di invincibilità che accompagna il
soldato italiano, o come l’estremo e glorioso sacrificio
richiesto dalla Patria per il trionfo finale.
I compositori italiani fanno a gara per comporre motivi
sempre più esaltanti con lo scopo di galvanizzare gli animi
sia dei militari, sia della popolazione civile.
La canzone più famosa ed ascoltata durante i primi anni
di guerra è Vincere, (M. Zambrelli–G.Arconi
4
, la prima
della guerra, datata 10 Giugno 1940) la quale fa
comprendere, con che stato d’animo gli Italiani, trascinati
dalla propaganda del regime, si tuffarono nell’avventura
bellica.
I primi versi evidenziano, con pomposa retorica dal ritmo
marziale e solenne, i temi della Roma Imperiale simboli di
riscossa e rivincita dell’Italia in ambito internazionale.