di palcoscenico, artisti scritturati, conservatore d’accademia ed
insegnanti della stessa.
Oltre ai carteggi sopra citati è stato possibile visionare una variegata
messe di documenti costituita da capitolati d’appalto, contratti di
scrittura, prospetti degli artisti ingaggiati di stagione in stagione,
programmi dei balli, esami censori condotti sui soggetti degli stessi,
manifesti degli spettacoli, verbali delle commissioni per i giudizi della
scuola di ballo, e regolamenti dell’accademia medesima.
Nell’appendice posta al termine del volume ho ritenuto opportuno
presentare una ricca selezione dei numerosi documenti da me letti e
studiati che, in maniera del tutto esclusiva, hanno permesso la
realizzazione di questo studio.
Oltre al materiale integralmente inedito conservato nell’Archivio
Storico-Civico di Milano, l’appendice presenta alcuni esemplari a
stampa di libretti dei balli, reperiti presso il Conservatorio Giuseppe
Verdi, ed un ricco apparato iconografico comprendente bozzetti di
scenografie e figurini di costumi custoditi presso la Biblioteca Livia
Simoni del Museo Teatrale alla Scala.
Le copiose informazioni tratte dall’analisi dei fondi esaminati
sono state organizzate secondo una struttura bipartita. La prima
sezione del presente lavoro espone, infatti, gli avvenimenti
verificatisi dal 1825 al 1829, la seconda prosegue trattando le
vicende intercorse dal 1830 al 1835.
Tale divisione è stata dettata dalla scansione stessa degli appalti
scaligeri ed ha permesso un’esposizione ordinata e scorrevole delle
notizie acquisite, dal punto di vista cronologico.
Qualora la seconda parte del lavoro dovesse risultare più corposa
della prima ciò è da imputarsi esclusivamente alla maggiore quantità
4
di documenti conservati, e quindi esaminati, sul lasso di tempo
corrispettivo.
Tale considerazione è valida soprattutto per quanto riguarda la
storia della scuola di ballo, molto meno documentabile per il
quinquennio 1825–1829.
La ricerca intrapresa permette di formulare alcune parziali
osservazioni sulla vita ballettistica degli I.R. Teatri, nella Milano della
dominazione austriaca.
Dal punto di vista organizzativo essa risulta integralmente
disciplinata dal dialogo intenso e continuo fra appalto e direzione
teatrale per la scelta di ballerini, compositori di balli e programmi
degli spettacoli, con la superiore vigilanza della censura
governativa.
Due sono i dati che appaiono maggiormente significativi a questo
proposito. Anzitutto la tendenza contraddittoria, da un lato, a
scegliere spesso per le prime parti i medesimi artisti di prestigio e
merito riconosciuto, dall’altro, l’attenzione ad evitare la monotonia
che l’impiego degli stessi interpreti e coreografi, in diverse stagioni
consecutive, potrebbe causare nel pubblico.
Il secondo dato riguarda invece l’impiego dei giovani allievi
d’accademia nel corpo di ballo scaligero. Esso è sempre
raccomandato, e in determinate circostanze perfino imposto dalla
direzione teatrale, costituendo il motivo principe del mantenimento
della scuola. Tuttavia risulta in più occasioni disertato dagli
appaltatori per via della mancanza di libertà nello stipulare gli
5
accordi di pagamento, vincolati dal regolamento dell’istituto, a
tutela degli alunni.
Dal punto di vista artistico la produzione coreutica esaminata è
profondamente contrassegnata dal mutamento in atto nell’ambito
del gusto estetico e della cultura visiva, in transizione tra
neoclassicismo e romanticismo.
Dalle atmosfere enfatiche e magniloquenti della poetica
viganoviana, proseguita da Gaetano Gioia, nascono le produzioni
epigonali dei compositori Francesco Clerico e Giovanni Galzerani.
Maggiormente segnata da aneliti di innovazione appare l’esperienza
di Antonio Cortesi, sebbene ancora lontana dagli afflati romantici
che sfiorano, invece, alcune opere di Louis Henry o Carlo Blasis.
Alla luce di queste considerazioni è possibile affermare che il
presente studio, mettendo a disposizione informazioni inedite sulla
vita artistica ed amministrativa degli I.R. Teatri, rende un importante
e originale contributo alla conoscenza della pratica spettacolistica
milanese, in uno dei periodi più travagliati della storia nazionale ed
europea.
6
CAPITOLO I
DALL’APPALTO GLOSSOP AL CAPITOLATO DEL 1829
I.1 L’avvicendarsi degli appalti all’I.R. Teatro alla Scala nel
quinquennio 1825-1829
È il mese di giugno 1824 quando il governo austriaco decide di
affidare la gestione dell’Imperiale Regio Teatro alla Scala a Joseph
Glossop
1
, con un contratto che lo vede impegnato dal 1 luglio 1824
al 20 marzo 1830.
2
Si conclude così il provvisorio appalto di Giuseppe Crivelli
3
e si
inaugura uno fra i periodi più travagliati della storia amministrativa di
questo teatro.
In realtà, fin dalla sua nascita, nel 1778, il Teatro alla Scala
aveva richiesto agli appaltatori via via succedutisi, di sostenere
spese sempre più onerose, per garantire un funzionamento degno
del prestigio che andava acquisendo. Perciò diventava assai difficile
trovare appaltatori che oltre al desiderio (e quello non mancava) di
dirigere un'impresa di tale fama, avessero anche le risorse materiali
ed economiche per farsene effettivamente carico.
Il nome di Glossop giunge improvviso ed inaspettato,
trattandosi di persona completamente estranea all’ambiente
milanese.
1
Joseph Glossop, nato a Londra di nazionalità inglese; figlio di un ricco negoziante provvisto di
ragguardevoli beni, si arruola nelle Guardie d’onore di S.M. Britannica e viene addetto al
servizio di quella corte; accompagna il re nel suo viaggio in Scozia verso il 1820. Si sposa con
una celebre cantante di nome Elisabetta Ferron. Innata, in lui, la passione per il teatro. Cfr
Remo Giazotto, Le carte della Scala, Storie di impresari e appaltatori teatrali. (1778 – 1860),
Pisa, Akademos, 1990, p.71.
2
Cfr Remo Giazotto, Le carte della Scala, cit., pp.71-72.
3
Di Giuseppe Crivelli, appaltatore per l’I.R. Teatro alla Scala in più occasioni, non si hanno
notizie biografiche.
7
Egli assume l’appalto con la sicurtà dei banchieri fratelli Marietti,
mentre è delegato governativo per i teatri di Milano Giuseppe Maria
Franchetti. Si intuirà subito come per Glossop l’impegno assunto
con l’I.R. Teatro alla Scala sia più che altro funzionale a rafforzare la
propria posizione nei confronti di un altro teatro Italiano, il S. Carlo di
Napoli, suo prediletto, e soggetto agli interessi suoi e di un altro
appaltatore: Domenico Barbaja
4
.
Sarà proprio costui a subentrare all’inglese nell’impresa scaligera il
26 marzo 1826, quando Glossop, dopo aver perso ventisettemila lire
austriache, gli cederà un contratto valido per altri quattro anni.
Alla luce di tale singolare coincidenza lo studioso Remo
Giazotto è giunto ad ipotizzare che Glossop fosse, con buone
probabilità, un semplice prestanome di Barbaja.
Una volta assunto il contratto, valido fino al 30 marzo 1830, egli si
allontana da Milano “per poter soprintendere agli appalti in altra
città, nominando due procuratori nelle persone di Carlo Balocchino
5
e Giovanni Battista Villa
6
e sempre con la cauzione garantita dai
fratelli Marietti banchieri di Milano.”
7
4
Domenico Barbaja (Milano 1778 – Napoli 1841). Impresario rinomatissimo, ottiene l’appalto
del San Carlo di Napoli nel 1808 e dei Regi Teatri dal 1809 fino al 1824 a periodi alterni e
attraverso vari procuratori, torna a gestirli nel 1834 e poi ancora nel 1836 fino al 1840. Per via
del suo lavoro entra in contatto con molti grandi artisti dell’epoca. Cfr. Francesco Regli,
Dizionario Biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici, tragici e comici che fiorirono
in Italia dal 1800 al 1860, Torino, Dalmazzo, 1860, pp. 25 - 26 e Remo Giazotto, Le carte della
Scala ,cit., cap. III.
5
Carlo Balocco (? Vercelli - 1850 Milano) Famoso ed onesto impresario teatrale. Giovanissimo
entra come impiegato nella Società dei Giuochi d’Azzardo, rappresentata da Domenica Barbaja,
che lo apprezza molto. Da questi, dopo due anni, è associato alla società divenuta Azienda. Si
presta come amico a rappresentare Barbaja insieme a Villa nei due anni circa in cui questi
rileva l’appalto degli I.R. Teatri. È scelto dai parenti di un altro impresario scaligero, Giuseppe
Crivelli, per rappresentarlo in seguito all’avvenuta morte e ancora dopo la scomparsa del duca
Carlo Visconti di Modrone nel 1835, é socio di Merelli nell’appalto della Scala per sette stagioni.
Nel frattempo condivide con costui anche l’impresa del teatro di Vienna, fino al 1848. Cfr
Francesco Regli, Dizionario Biografico, cit., pp. 23 – 24.
6
Di Giò Batta Villa, procuratore dell’impresario Barbaja assieme a Carlo Balocco, non si hanno
notizie biografiche.
7
Remo Giazotto, Le carte della Scala, cit., p. 75.
8
Tuttavia anche Barbaja andrà presto incontro alla stessa sorte del
suo predecessore e dopo ripetuti tentativi di portare all’attivo bilanci
perennemente in rosso, dovrà rassegnarsi a recidere il suo
contratto, terminato virtualmente il 20 marzo 1830, ma in realtà
interrottosi quasi un anno prima
8
.
I.2 Struttura dell’I.R. Accademia di Ballo alla luce del
Regolamento 1820
Non è facile ricostruire l’attività e lo sviluppo dell’I.R.
Accademia del Teatro alla Scala in un periodo di così complessa
gestione economica. Il sovrapporsi di interessi e responsabilità
sempre nuove crea ovviamente più di una difficoltà nella prassi
amministrativa.
Volendo fornire un quadro completo delle figure professionali
che gravitano attorno all’impresa e più in particolare all’accademia
stessa, è indispensabile tenere in considerazione le indicazioni
fornite dal Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano,
ufficializzato per la prima volta il 29 agosto 1820,
9
allegato
all’articolo 39 del capitolato d’appalto per l’I.R. Teatro alla Scala del
medesimo anno e rimasto in vigore fino alla compilazione del nuovo
regolamento, il 5 gennaio 1829.
Al “Titolo I” esso recita:
Art.1 L’Imperiale Regia Accademia di ballo in Milano
dipende da un Conservatore nominato dal governo.
10
8
Cfr Remo Giazotto, Le carte della Scala, cit., p. 83.
9
Cfr Giampiero Tintori, I protagonisti e l’ambiente della Scala nell’età neoclassica, Milano, il
Polifilo, 1984, p. 115 e Carlo Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell’arte 1778 - 1958,
Milano, Ricordi, 1963, p. 67.
10
Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, documento a stampa del 29 agosto 1820, in
ASCM, fondo spettacoli pubblici, cartella 43, scuola di ballo 1817 – 1853.
9
A ricoprire tale ruolo, a partire almeno dal 1820
11
fino all’aprile
1832,
12
è il conte Ercole Silva al quale competono alcune mansioni
organizzative fra cui, ad esempio, la ricerca dei maestri di ballo e
degli eventuali supplenti che saranno poi riconosciuti idonei dal
governo, la nomina dell’Ispettore di sala e la partecipazione alla
Commissione per i giudizi, addetta a valutare l’ammissione in
accademia di nuovi allievi.
A questi si aggiungono poi compiti di carattere direttivo, come
autorizzare e garantire la presenza in accademia di tutti coloro che a
vario titolo la compongono e provvedere all’adempimento del
regolamento in tutti i suoi punti, tanto da parte degli insegnanti
quanto degli allievi.
13
Ad affiancare il conservatore negli incarichi di vigilanza
sull’ordine e la disciplina nei locali dell’accademia, o in occasione
dell’utilizzo del palcoscenico del teatro, interviene un Ispettore della
Sala, strettamente dipendente dal conservatore medesimo.
14
È
molto probabile che anche durante gli appalti Glossop e Barbaja tale
incarico sia ricoperto da Ercole Astolfi
15
, il cui nome compare con
certezza nei documenti del periodo immediatamente successivo.
16
11
Cfr Tesi di Laurea di Cristina Spagnulo, La Regia Accademia e il Corpo di Ballo del Teatro
alla Scala (1813-1824), Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a.2001-2002, p. 58.
12
Cfr Lettera di dimissioni di Ercole Silva, 25 marzo 1832, in ASCM, fondo spettacoli pubblici,
cartella 59 dipendenti Scuola di Ballo 1812-1840 e Lettera di Ercole Silva al delegato
governativo, 17 aprile 1832, ibidem.
13
Cfr art. 6, 8,10,11,19-25,32-34,36 del Regolamento per L’Accademia di Ballo in Milano, 29
agosto 1820, in ASCM, fondo spettacoli pubblici, cartella 43, scuola di ballo 1817 – 1853.
14
Cfr art. 5, ibidem.
15
Secondo Ulderico Tegani, cronista teatrale nella prima metà del XX secolo, Astolfi è nominato
ispettore dell’accademia fin dal febbraio del 1821. Cfr Ulderico Tegani, La Scala nella sua storia
e nella sua grandezza, Milano, Valsecchi, 1946, p.34.
16
Cfr Documenti relativi ad Ercole Astolfi, in ASCM, fondo spettacoli pubblici, cartella 59
dipendenti scuola di ballo 1812-1840.
10
Il corpo docenti dell’accademia si presenta invece articolato
in questo modo:
4. Vi ha un Maestro di ballo, un Maestro di arte mimica,
un Maestro di perfezione nel ballo ed un Aggiunto, il cui
dovere è di intervenire a tutte le scuole in sussidio dei
Maestri, e di farne le veci in caso di loro mancanza.
17
Insegnante di ballo fin dal 1813, anno di nascita dell’istituto, è il
francese Carlo Villeneuve,
18
maestri di perfezione sono invece i
coniugi Claudio e Anna Guillet
19
, intervenuti ad occupare il posto
reso vacante nel 1827 dai precedenti insegnanti: Virginia e Arnaldo
Leon
20
. Maestra di arte mimica fin dalla nascita dell’Accademia
21
é
Teresa Monticini
22
sostituita dopo il suo decesso, avvenuto nel
1830, da Giuseppe Bocci
23
e dalle sue rispettive consorti, Maria
17
Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, 29 agosto 1820, in ASCM, fondo spettacoli
pubblici, cartella 43, scuola di ballo 1817 – 1853.
18
Charles o Carlo Villeneuve, ballerino ed insegnante, discepolo di Noverre. Villeneuve viene
assunto come maestro presso l’I.R. Accademia di Ballo scaligera dallo stesso impresario che ne
cura la fondazione, Francesco Benedetto Ricci. Suoi primi colleghi sono Louis La Chapelle ed
Urbano Garzia. Cfr Tesi di Laurea di Cristina Spagnulo, cit., p. 12. La nomina di Villeneuve
come insegnante scaligero viene ribadita anche nel periodo di diretta gestione governativa
dell’accademia. Cfr contratto d’assunzione di Carlo Villeneuve firmato dal conservatore Silva, 10
settembre 1821, in ASCM, fondo spettacoli pubblici, cartella 1, atti della direzione teatrale 1824-
1826.
Cfr Tesi di Laurea di Cristina Spagnulo, cit., p. 12.
19
Dei coniugi Guillet, maestri di ballo presso l’I.R. Accademia del Teatro alla Scala dal 1827,
non si hanno notizie biografiche.
20
Virginia e Arnaldo Leon, danzatori francesi, si esibiscono in Francia e in Inghilterra prima di
approdare alla Scala, dove interpretano soprattutto i balli del coreografo Salvatore Viganò. Cfr
Tesi di Laurea di Cristina Spagnulo, cit., p. 95 e Contratto d’assunzione dei coniugi Leon firmato
dal conservatore Silva, 10 settembre 1821, in ASCM, fondo spettacoli pubblici, cartella 1 Atti
della direzione teatrale 1824-1826.
21
Cfr ibidem.
22
Teresa Monticini, ballerina della fine del Settecento, figlia del coreografo Giovanni
compositore di balli a partire dal 1792, è prima ballerina nelle creazioni del padre e di altri
coreografi, fra cui Pietro Angiolini. Terminata la carriera di danzatrice, insegna presso la scuola
di ballo della Scala. Cfr Tesi di Laurea di Cristina Spagnulo, cit., pp. 9 e 97.
23
Giuseppe Bocci (Firenze 1782 - ?). Impara l’arte della danza a quattordici anni, balla nei
principali teatri d’Italia prima in qualità di secondo ballerino e poi come primo ballerino con
compagne assai distinte e rinomate. Costretto ad abbandonare la carriera a causa di un
incidente al piede sinistro, viene istruito nell’arte mimica dal celebre coreografo Gaetano Gioja.
Dal 1814 è quindi impiegato quale primo mimo al Regio Teatro alla Scala, e quale maestro di
mimica nell’Accademia omonima. Cfr Francesco Regli, Dizionario Biografico, cit., pp. 79 - 80 e
lettera di Spadarini, consigliere amministrativo, a Silva per notificargli la nomina dei Bocci come
maestri di mimica,18 aprile 1830, in ASCM, fondo spettacoli pubblici, cartella 59, dipendenti
scuola di ballo 1812-1840.
11
Bocci
24
ed Elisabetta Steffanini
25
, sposata all’incirca nel 1834, in
seguito alla morte della prima moglie.
26
I maestri Bocci, Guillet e Villeneuve, continuano a prestare servizio
presso la scuola di ballo per tutto il periodo considerato nel presente
studio; le loro firme si trovano, infatti, apposte in calce anche
all’ultimo verbale della commissione per i giudizi esaminato, quello
relativo al mese di luglio dell’anno 1835.
27
Un peso notevole nella vita dell’accademia l’assume anche la
commissione testé citata:
8. Ogni anno nel mese di ottobre si compie il numero degli
allievi mancanti mediante pubblico concorso, cui
intervengono come giudici il Direttore dell’I.R. Teatro della
Scala, il Conservatore dell’Accademia di ballo ed i Maestri
della scuola. Il Governo destina la persona che dovrà
presedere la Commissione pej giudizj.
10. Gli aspiranti vengono sottoposti ad un esame
preliminare del Medico e del Chirurgo del Teatro, e di un
Maestro dell’Accademia destinato dal Conservatore. In
seguito la Commissione radunata regolarmente determina
sulla loro ammissione.
28
I rapporti che intercorrono fra l’impresa, il personale della
scuola e gli allievi della medesima, sono disciplinati dal regolamento
e si configurano soprattutto come vincoli di carattere economico.
24
Su Maria Bocci, prima moglie di Giuseppe Bocci, non si hanno notizie biografiche.
25
Su Elisabetta Steffanini, seconda moglie di Giuseppe Bocci, non si hanno notizie biografiche.
26
Cfr lettera dell’I.R. direzione teatrale all’I.R. presidenza di governo, 19 luglio 1834, in ASCM,
fondo spettacoli pubblici, cartella 9, atti della direzione teatrale 1834.
27
Cfr Verbale della Commissione per i giudizi, 17 luglio 1835, in ASCM, fondo spettacoli
pubblici, cartella 43, scuola di ballo 1817 – 1853. Specialmente esteso é il periodo di
insegnamento del maestro Villeneuve che presterà servizio presso la scuola di ballo scaligera
fino al 1850.
28
Articoli 8 e 10 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, 29 agosto 1820, in ASCM,
fondo spettacoli pubblici, cartella 43, scuola di ballo 1817 – 1853.
12
2. L’impresa dell’I.R. Teatro della Scala sostiene, a norma
del patto espresso nel relativo contratto d’appalto, le
spese per lo stipendio dei Maestri e delle persone addette
ai diversi rami d’istruzione che formano lo scopo
dell’Accademia.
[…] L’impresa non ha altri diritti sopra gli allievi
dell’Accademia, fuori di quelli che vengono determinati nel
presente regolamento.
29
In particolare, l’appaltatore dell’I.R. Teatro alla Scala non ha alcuna
voce in capitolo per quanto riguarda la scelta del conservatore -
nominato direttamente dal governo - dei maestri, anch’essi di
nomina governativa su proposizione del conservatore,
e
dell’ispettore, designato dal conservatore stesso, salva
l’approvazione del governo.
30
Nei confronti degli allievi, invece, l’impresa assume
competenze diverse a seconda della classe di appartenenza dei
medesimi, designata di anno in anno dalla commissione per i
giudizi.
31
Ogni eventuale rapporto da intrattenersi con gli allievi gratuiti, definiti
tali per i primi tre anni dalla data di ammissione all’accademia, deve
essere strettamente mediato dal conservatore:
16. Gli allievi non potranno essere adoprati negli spettacoli
teatrali se non dietro il permesso in iscritto del
Conservatore, il quale prima di accordarlo si accerta che
essi siano in grado di agire in Teatro senza pregiudizio
della loro salute e del loro incremento nell’arte della
danza.
29
Articolo 2 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, ibidem.
30
Cfr articoli 1, 4 e 6 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, ibidem.
31
Cfr articoli 19, 22, 23, 24 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, ibidem.
13
17. È vietato di far ballare gli allievi in più di un ballo per
sera, e di farli servire da comparse o figuranti, come pure
di chiamarli alle prove nelle ore destinate alla scuola.
32
Sebbene agli allievi gratuiti non sia dovuta alcuna remunerazione
giornaliera, essi vengono comunque pagati dall’impresa nel caso in
cui intervengano alle rappresentazioni serali presso il Teatro alla
Scala.
14. Nei primi tre anni dell’ammissione nell’Accademia gli
allievi sono in tirocinio e non hanno stipendio. Questi
formano la classe degli allievi gratuiti.
15. Essi percepiscono però una lira italiana per ogni sera
nella quale agiscano in Teatro.
33
Relativamente agli allievi salariati, suddivisi dalla commissione in
quattro classi di appartenenza, l’impresa è tenuta a corrispondere a
ciascuno il rispettivo emolumento, sia per la presenza in accademia
che per le serate cui agiranno nelle rappresentazioni.
Il regolamento precisa comunque che, nei casi di legittimo
impedimento ad adempiere quest’obbligo, è sempre il conservatore
a garantire per loro, costituendosi primo interlocutore dell’impresa.
34
Le cose cambiano per quegli allievi definiti emeriti che,
compiuti i sei anni di studi regolari, cessano di appartenere
all’accademia e sono dunque sciolti da qualsiasi obbligo nei
confronti della stessa.
I rapporti fra l’impresa e questa categoria di allievi sono quindi gestiti
fra le due parti, in maniera diretta; basta osservare gli articoli del
32
Articoli 16 e 17 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, ibidem.
33
Articoli 14 e 15 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, ibidem.
34
Cfr articolo 25 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, ibidem.
14
Regolamento della Scuola di Ballo a loro dedicati, per rendersene
immediatamente conto:
26. Dopo sei anni dall’ammissione dell’Accademia gli
allievi cessano d’appartenervi, e si chiamano allievi
emeriti.
27. È però in arbitrio dell’Impresa il ritenerli addetti al
servizio teatrale per altri tre anni, previa diffidazione da
farsi ai medesimi sei mesi prima della scadenza dei sei
anni di alunnato.
28. Gli allievi emeriti non possono rifiutarsi, sopra richiesta
dell’Impresa, dall’agire negli spettacoli pel tempo indicato
nell’articolo precedente, mediante corresponsione di uno
stipendio, nel primo anno 200 lire al mese, nel secondo
300, nel terzo 400. […]
29. Gli allievi emeriti possono frequentare la Scuola
dell’Accademia, ma non hanno alcun obbligo, fuori di
quello di osservare il Regolamento della disciplina interna,
quando vi intervengano.
35
È bene a questo punto soffermarci sui criteri che l’accademia
adotta per decidere l’ammissione dei futuri allievi. Il regolamento vi
indugia con particolare insistenza, specificando anzitutto il numero
massimo di membri consentiti, distinti per sesso, i parametri di età
richiesti ed i requisiti fisici ed attitudinali che dovranno essere in
possesso degli aspiranti danzatori.
Questi gli articoli corrispondenti:
7. Gli allievi dell’Accademia non possono oltrepassare il
numero di trentadue, nella proporzione all’incirca di venti
femmine e dodici maschi.
8. Ogni anno nel mese di ottobre si compie il numero degli
allievi mancanti mediante pubblico concorso […]
35
Articoli 26 - 29 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, ibidem.
15
9. Niuno è ammesso all’Accademia che abbia un’età
minore di otto anni compiuti, e maggiore di 12 pure
compiuti per le fanciulle, e di 14 pei maschi, e che non
provi con regolari attestati, 1° di aver superato il vajuolo;
2° di essere di sana e robusta costituzione; 3° Che i
genitori dell’allievo siano di buoni costumi e provveduti di
un onorato mezzo di sussistenza.
Oltre di ciò si richiede che gli aspiranti siano ben
conformati di corpo e di aggradevole aspetto.
36
Notiamo immediatamente come il numero degli alunni presenti
in accademia sia piuttosto ristretto e come debba mantenersi
costante di anno in anno, senza subire ampliamenti o diminuzioni. Si
deduce quindi che solo all’uscita di un qualche allievo dalla scuola
per conclusione degli studi, espulsione, decesso, o altre vicende, si
possa verificare l’ingresso di un nuovo iscritto.
Si vedrà successivamente come questo vincolo creerà non pochi
problemi al buon andamento della vita d’accademia, a causa
soprattutto dei numerosi aspiranti che arriveranno ad affollare la
classe di prova per periodi davvero estesi, superiori anche ad un
anno, nell’attesa di un posto vacante
37
.
Tale dato conferma pure come, a oltre dieci anni dalla sua nascita,
l’accademia sia ancora esclusivamente finalizzata a formare giovani
che si inseriscano nelle file del corpo di ballo del Teatro alla Scala,
senza la pretesa di costituire un vivaio di artisti anche per altri teatri
o circuiti di danza
38
.
36
Articoli 7 - 9 del Regolamento per l’Accademia di Ballo in Milano, ibidem.
37
Cfr, anche se di periodo successivo, la relazione che il consigliere Oldofredi invia al governo
circa il numero eccessivo di allievi presenti in accademia, nella quale fa menzione delle
lamentele del padre dell’allieva Acate. L’uomo si dimostra infastidito dal fatto che la scarsa
abilità della figlia nell’arte coreutica sia stata scoperta solo dopo due anni di frequenza alle
lezioni, naturalmente senza alcun introito economico, 7 ottobre 1831, in ASCM, fondo spettacoli
pubblici, cartella 76, alunni scuola di ballo 1815-1840 A-L .
38
Cfr Tesi di Laurea di Cristina Spagnulo, cit., pp. 54 - 55
16
Non è invece necessario commentare i parametri relativi
all’età anagrafica od alla costituzione fisica degli eventuali candidati,
si intuisce abbastanza spontaneamente come canoni di giovinezza,
salute e bellezza siano importanti per ragazzi che si accingono ad
imparare un mestiere caratterizzato, in buona parte,
dall’acquisizione di perizia ed eleganza nel movimento e
nell’esibizione del corpo.
Risulta sicuramente più interessante considerare le indicazioni
che il regolamento esplicita a proposito della provenienza sociale e
morale degli aspiranti allievi.
Proprio per il fatto di essere professionisti che utilizzano il corpo
come strumento principe della loro espressione artistica i ballerini,
così come gli attori, sono spesso giudicati persone di dubbia o nulla
moralità.
Questo avviene senz’altro alla luce di falsi pudori e di una certa
dose di ipocrisia sociale.
Si rende comunque indispensabile al teatro scaligero, tutelare il
proprio prestigio da qualsiasi sospetto relativo al buon costume degli
artisti scritturati e garantire un’immagine pienamente dignitosa degli
stessi.
Per chiarire quale tipo di osservazioni la commissione effettui
sulle famiglie di origine degli aspiranti allievi, può essere utile
prendere a mo’ d’esempio le informazioni trascritte sul verbale del
29 maggio 1832 a proposito di alcuni futuri alunni. Si tratta di un
documento posteriore al periodo qui esaminato e dunque soggetto
alla normativa del regolamento 1829, anziché 1820, ma non vi è
motivo di credere che le indagini sulle famiglie, e gli ambienti sociali
di provenienza, vengano ora condotte secondo un altro ordine di
fattori.
17