Abstract__________________________________________________________________________________________________________________________________
5
finanziaria dell’azienda è la creazione del valore attraverso la capacità differenziale di
generare flussi di cassa. In particolare, nella metodologia EVA
®
, acronimo di Economic
Value Added, molte imprese hanno trovato la risposta ad un tema su cui si sta sempre
più concentrando l’attenzione dei manager: la creazione di valore per gli azionisti. Tale
misura, però, non può prescindere dagli altri indicatori di performance ma deve essere
vista come il trade-union tra misure di performance reddituali e misure di performance
patrimoniali. Se è vero che i rappresentanti dei fondi d’investimento richiedono al
management una sola cosa, creare valore, è anche vero che altrettante imprese di
piccole e medie dimensioni riconoscono nella creazione di valore la formalizzazione e
concettualizzazione di un’idea e un impegno a cui hanno ascritto la finalità della loro
attività imprenditoriale. Nelle aziende italiane, tuttavia, il passaggio a sistemi di
pianificazione e controllo orientati al valore non rappresenta una prassi diffusa. Gli
attuali sistemi di pianificazione e controllo sono legati al modello contabile e al
principio del mantenimento di equilibri economico-finanziari basati sulla definizione
preventiva e sul controllo a consuntivo degli indici di bilancio; una visione tecnico–
specialistica ormai inadeguata ad affrontare l’evoluzione della finanza d’impresa e del
ruolo che va assumendo nel nuovo contesto operativo. Il nodo sempre più critico è la
mancata convergenza degli obiettivi degli azionisti e di quelli del management; questo
implica l’assenza di una logica unitaria alla base del governo dei diversi processi
aziendali. La pianificazione orientata al valore può risolvere il problema.
Il passaggio alla teoria della creazione di valore è inoltre un cambiamento di cultura
aziendale: si devono prendere in considerazione anche le questioni legate al
coinvolgimento del management e alla comunicazione finanziaria rivolta ai mercati dei
capitali.
Abstract__________________________________________________________________________________________________________________________________
6
Lo scopo del lavoro è principalmente evidenziare le caratteristiche del modello EVA
®
sia come misura di performance delle imprese sia come strumento di valutazione delle
stesse. Il lavoro è diviso come segue: dopo una breve rassegna dei principali contributi
sulla creazione di valore e delle tradizionali misure di performance generalmente
utilizzate dalle imprese (capitolo 1), si introduce il modello EVA
®
e le sue modalità di
calcolo; si discute sulle debolezze implicite del modello e sulla sua correlazione con il
valore di mercato (capitolo 2). Nel capitolo 3 si affronta in modo specifico il tema delle
rettifiche contabili proposte dall’autore del modello alla luce, anche, dei Principi
contabili internazionali, mentre il capitolo successivo discute sull’applicabilità
dell’EVA
®
alle Strategic Business Unit di una impresa. Il capitolo 5 propone
l’applicazione del modello EVA
®
in ottica valutativa. In particolare, il modello in
parola viene utilizzato per scomporre il valore di mercato del gruppo TIM nelle sue
determinanti principali, evidenziando il peso che quest’ultime hanno sul valore della
società. Le conclusioni chiudono il lavoro.
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
7
CAPITOLO 1.
CREARE VALORE: UNA NUOVA METRICA E UNA NUOVA
FILOSOFIA D’IMPRESA
1.1 LA TEORIA DI CREAZIONE DEL VALORE
Negli ultimi anni si è avuta una convergenza accademica ed aziendale sempre maggiore
intorno al principio che l’obiettivo fondamentale di chi guida le imprese, nonché
condizione e ragione stessa d’esistenza nel lungo periodo, è la massimizzazione del
valore creato per gli azionisti. La razionalità microeconomica dell’approccio si basa
sull’assunto che massimizzare la ricchezza degli azionisti coincide con il massimizzare
la loro utilità, indipendentemente dalle preferenze intertemporali fra consumo e
risparmio, e porta ad un’efficiente allocazione della risorsa capitale. L’individuazione
di un obiettivo – guida chiaro ed univoco per il management è particolarmente sentito
in quei contesti istituzionali dove la separazione fra proprietà e controllo è la regola ed
è quindi cruciale esplicitare il mandato generale conferito dagli azionisti ai propri
manager. A determinare l’affermarsi di questo approccio sono state, in particolare, la
sempre maggiore pressione dei mercati finanziari per adeguate remunerazioni del
fattore capitale ed una crescente sfiducia nella significatività delle tradizionali misure
contabili, che non incorporano fattori quali il costo del capitale proprio, un orizzonte di
lungo periodo, il valore finanziario del tempo ed il rischio.
Il valore di mercato dell’impresa è dato dall’attualizzazione dei flussi di risultati futuri,
flussi di cassa operativi nell’impostazione anglosassone o reddituali nelle impostazioni
europee più tradizionali, legate al concetto di «capitale economico». La dinamica di
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
8
creazione del valore è legata alla capacità dell’impresa di conseguire un rendimento sul
capitale investito, presente e/o prospettico, che ecceda il costo del capitale, ovvero la
remunerazione minima «pretesa» dal mercato; se ciò avviene, il valore di mercato sarà
superiore al valore corrente (di sostituzione) complessivo dei suoi cespiti, o a quello
contabile, se si fa riferimento ai costi storici e quindi a quanto effettivamente conferito
all’impresa, e si sarà creato valore; in caso contrario, lo si sarà distrutto. L’approccio
valutativo più diffuso e coerente con questa impostazione è quello del valore attuale
netto (VAN)
1
; al fine di massimizzare il valore creato, l’impresa deve implementare
solo progetti che offrano un valore attuale netto positivo ed in seguito alla scelta di
attuare un progetto o una strategia il valore creato dall’impresa aumenta o diminuisce in
misura pari al VAN della decisione presa. Questa impostazione riserva alla Funzione
Finanza interna alle imprese un ruolo chiave, in quanto qualsiasi scelta d’investimento
o di finanziamento deve essere sottoposta ad un esame di razionalità e congruenza
economica effettuato con regole e categorie interpretative derivate dalla Teoria della
Finanza e dalla disciplina dei mercati finanziari, rispetto ai quali essa rappresenta la
naturale interfaccia.
Anche in Italia l’obiettivo in parola è sempre più citato dal top management, perlomeno
delle imprese di maggiori dimensioni e/o quotate e/o più innovative, come proprio
credo fondamentale ed esigenza imprescindibile; in alcuni casi questo si è tradotto in
profondi cambiamenti gestionali e culturali, oltre che di risultati, mentre in altri ci si è
limitati a fare propri slogan di successo e perpetrare vecchie pratiche.
Particolarmente complessa risulta la comprensione dell’approccio considerato da parte
del mondo delle piccole e medie imprese più tradizionali, nelle quali spesso si registra
un significativo gap di cultura finanziaria unito ad una notevole diffidenza verso
1
Il VAN, valore attuale netto (o NPV, Net Present Value), di un investimento è pari al valore attuale dei
flussi di cassa futuri meno l’ammontare dell’investimento iniziale. Un progetto presenta un VAN
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
9
«intrusioni» esterne, quali possono essere avvertite la disciplina dei mercati finanziari e
le loro esigenze informative. Il rischio di una simile chiusura ed incomprensione è
l’esclusione del grande processo globale di allocazione del capitale, il che
implicherebbe la rinuncia a risorse potenzialmente cruciali per lo sviluppo.
La sfida del mercato globale esalta la competizione e mette l’impresa sotto una
straordinaria pressione competitiva. Ogni impresa è sotto costante esame e deve
dimostrare di valere, sia nel rispondere ai bisogni dei clienti, sia nel remunerare gli
stakeholder. La creazione di valore è la punta dell’iceberg della competitività, ed è la
prova che il mercato cerca per concedere ad un’impresa il proprio sostegno e il proprio
apprezzamento
2
. E’ facile dimenticare le ragioni per le quali l’obiettivo primario per il
management deve essere quello della massimizzazione del valore di mercato
dell’impresa. La ricerca del valore, conduce all’allocazione di risorse scarse verso gli
usi più produttivi. Più efficacemente tali risorse vengono impiegate e gestite, maggiore
sarà la solidità dello sviluppo economico.
positivo quando il suo tasso interno di rendimento è maggiore del costo medio ponderato del capitale.
2
G.Donna, D.Borsic; La sfida del valore. Guerini e Associati. Milano, 2000.
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
10
In molte aziende, l’insostituibile ricerca del valore, viene vanificata da inadeguati e
obsoleti sistemi di controllo finanziario, cosicché errati obiettivi finanziari e criteri di
valutazione e controllo dei risultati vengono enfatizzati. Perché la creazione di valore
diventi il motivo guida dei comportamenti e delle scelte aziendali occorre agire su tre
fronti interdipendenti:
¾ le misure di performance;
¾ i sistemi di gestione: ridisegno o ritaratura dei principali meccanismi
direzionali;
¾ la cultura: perché la creazione di valore si possa radicare con profondità fino a
diventare un vero e proprio valore d’impresa condiviso, occorre un’estesa
attività di formazione e sensibilizzazione destinata ai dirigenti, quadri e
dipendenti, per comunicare con chiarezza i principi fondamentali e i supporti
tecnici del nuovo approccio.
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
11
1.2 IL CONCETTO DI VALORE
Il concetto di valore è forse uno dei meno chiari espressi dagli studi di economia.
Tuttavia, pur di fronte a tale indeterminatezza, il valore, in economia aziendale, non è
solo una delle tante definizioni, ma è il perno intorno a cui ruotano le imprese e la sua
creazione è motivo stesso della loro esistenza. Alcuni economisti in passato
sostenevano che il valore è un concetto metafisico e come tale, quando si cerca di
definirlo, diventa un puro nome, privo di operatività.
In realtà negli studi di economia il concetto di valore è stato definito in modi differenti.
Negli studi di finanza si è definito un concetto di valore forse meno metafisico, ma
certamente più utile: il valore è stato inteso come misura della ricchezza. In questa
visione esso non esiste in quanto tale, non vi è niente che possa essere definito come
valore, ma tutto ciò che è definibile in termini di ricchezza è certamente misurabile in
termini di valore. Questo permette di comparare tra loro grandezze differenti. Infatti il
valore può essere misurato ancorandolo ad una entità che non è più astratta, ma
definibile, esistente, tangibile: la ricchezza, il capitale. Il valore è definito dunque come
misura del capitale e lo strumento che è stato introdotto per renderlo operativo è quello
di tasso d’interesse inteso come sacrificio dei consumi attuali in vista di consumi futuri
che un soggetto è disposto a sopportare. Questa utilità differita nel tempo legata al
concetto di valore esprime la potenzialità collegata ad un certo bene.
In economia aziendale, invece, il valore è stato utilizzato con riferimento all’impresa
nel suo complesso coniando, al riguardo, il termine di capitale economico per
distinguere la nozione di valore d’impresa da quella di capitale contabile, che è invece
riferito al patrimonio risultante dallo Stato Patrimoniale. L’economia aziendale rimette
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
12
in discussione l’idea centrale nel concetto usato in finanza, secondo cui il valore non
esiste in sé, dando sostanza al concetto stesso. Il valore non è più una semplice misura
che si definisce unicamente rispetto ad un termine, ma è un oggetto che può, a sua volta
essere misurato e valutato, un bene, un patrimonio, è anzi il patrimonio di quel
particolare istituto sociale che è l’impresa. In quest’ottica il valore dell’impresa deve
rispondere a precisi requisiti: deve essere un obiettivo razionale in quanto coerente con
le esigenze di sopravvivenza e di sviluppo dell’impresa, accettato, in quanto pone in
primo piano gli interessi di lungo periodo dell’impresa, stimolante, perché introduce
una mentalità aggressiva e proattiva nella ricerca di continue opportunità di
miglioramento e misurabile attraverso le tecniche di stima del capitale economico e le
misurazioni degli effetti di singole iniziative sul valore complessivo dell’impresa.
Di recente al concetto di valore è stata assegnata l’ulteriore responsabilità di essere
l’obiettivo primario dell’azione del management il quale dovrebbe essere orientato alla
sua creazione e massimizzazione.
La creazione di valore è la misura della soddisfazione degli azionisti, in primis, e di
tutti gli stakeholder
3
; è il parametro che permette di valutare se e quanto un’azienda sia
un investimento realmente conveniente in rapporto ad investimenti alternativi di pari
rischio, ossia «se l’impresa è in grado di far rendere il capitale investito più di quanto
potrebbe far ottenere se venisse impiegato altrove»
4
.
Quando si parla di valore è sempre bene definire quale concetto si vuole utilizzare in
quanto per valore si può intendere un’attività che apprezza o stima un oggetto o un
concetto, sia in termini etici (come conseguenza dei suoi attributi morali) sia in termini
economici (sotto forma di scelte, preferenze o predisposizione al sacrificio).
3
Gli stakeholder sono i portatori di interessi nell’impresa (fornitori, clienti, lavoratori, banche, ecc..)
4
Damien Clermont, Chief Financial Officer, FIAT SPA.
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
13
Diverse sono dunque le definizioni di valore, ciascuna delle quali tende a soddisfare le
specifiche esigenze conoscitive che si presentano in relazione alle differenti finalità per
le quali può essere realizzata una valutazione aziendale:
Valore di acquisizione: corrisponde al concetto di valore lordo creato da qualsiasi tipo
di investimento realizzato da un’impresa; infatti, un’acquisizione può essere sempre
trattata come un investimento. Il valore netto creato da un’acquisizione è quindi pari
alla differenza tra il valore attuale dei flussi di risultato attesi dall’acquirente in seguito
all’operazione e il prezzo pagato per il capitale dall’impresa target. Il valore di
acquisizione individua il limite di prezzo oltre il quale l’acquirente non deve mai
andare.
Il “più probabile prezzo di mercato”: è il valore che può essere attribuito ad
un’impresa in considerazione delle valutazioni che mediamente potrebbero essere
formulate dai potenziali acquirenti interessati all’operazione sulla base delle
informazioni da essi possedute. Solitamente, quando un’impresa, o un ramo di essa,
viene posta in vendita, il venditore si pone il problema di individuare un ragionevole
livello di prezzo al quale la transazione potrebbe avere luogo.
Il valore di cessione: tale valore rappresenta il prezzo in corrispondenza del quale
l’operazione assume un VAN nullo per il venditore. Esso è pari al valore attuale di tutti
i flussi di risultato che l’impresa produce a favore di chi la controlla. Il valore di
cessione individua pertanto il prezzo minimo al quale la transazione potrebbe avere
luogo.
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
14
Il valore “stand alone”: Questo concetto di valore differisce dai precedenti, che
rappresentano nozioni concrete di valore, in quanto rappresenta un’astrazione; esso si
definisce infatti come quel valore che potrebbe essere attribuito ad un’impresa nelle sue
attuali condizioni di gestione. Tale concetto di valore, prescindendo da possibili effetti
derivanti da potenziali acquirenti e dalla valorizzazione dei «benefici privati» quali per
esempio l’utilizzo di beni di proprietà dell’azienda da parte di soggetti che detengono il
controllo, rappresenta una sorta di nozione-base di valore.
La nozione del valore in parola è frequentemente associata a due altre definizioni di
valore:
¾ valore dell’impresa nell’ottica dell’investitore finanziario
¾ valore del capitale economico
Mentre i concetti di valore “stand alone” e di valore per l’investitore finanziario sono
simili, dal momento che si assume che un investitore che si limita ad acquistare
partecipazioni azionarie irrilevanti ai fini del controllo non sia coinvolto nelle scelte di
gestione, ben più difficile è invece la definizione di valore del capitale economico.
Quest’ultimo concetto è stato sviluppato in contrapposizione a quello di capitale di
bilancio o capitale contabile, tipico delle discipline economico-aziendali, con l’intento
di evidenziare come il capitale contabile non misura il valore di un’azienda che invece
deve essere esclusivamente correlato alle capacità della stessa di produrre reddito. Da
questa esigenza di chiarezza è nata la definizione di «capitale economico», la quale
risulta equivalente alla definizione di valore «stand alone». Infatti, la capacità di
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
15
produrre reddito non può che riferirsi all’impresa oggetto dell’analisi: eventuali
interventi di terzi risultano non necessari alla definizione di valore.
Nonostante che tale valore, a seguito del mutare dei tempi e con lo sviluppo del
mercato delle acquisizioni e fusioni, si sia rivelato insufficiente e talvolta equivoco,
essendo utilizzato in modo improprio, in tempi più recenti l’attenzione si è spostata
sulla capacità dell’impresa di massimizzare il valore del capitale economico
5
.
L’obiettivo dell’impresa deve essere rivolto a generare «nuovo valore
6
» per tenere
conto delle aspettative dei potenziali destinatari del valore in oggetto, ossia degli
stakeholder aziendali. Il «nuovo valore» prodotto deve poi essere misurato, diffuso sui
mercati finanziari e attribuito agli azionisti in base ai diritti loro spettanti.
Il fenomeno della globalizzazione dei mercati dei capitali esalta la necessità per ogni
impresa di tenere in massima considerazione l’interesse degli investitori di capitale; a
riguardo si può citare una frase di un autorevole accademico:
“[....] il compito dei dirigenti d’impresa è di servire gli interessi di tutti gli azionisti,
essenzialmente attraverso la massimizzazione del valore dell’impresa. Al momento è
probabile che questo non sia il principio che motiva tutti i manager italiani, ma è da
pensare che nei prossimi anni, con l’apertura verso l’Europa e il mondo, questo
approccio tenderà a diffondersi sempre più anche in Italia”
7
.
5
M. Cattaneo, Principi di valutazione del capitale d’impresa, Il Mulino, 1998, pag.14.
6
L’espressione è stata utilizzata da L. Guatri sostenendo che «Da qualche anno è maturata in me la
convinzione che la valutazione del capitale economico dell’impresa debba essere considerata un tema, se
non il tema, centrale dell’Economia aziendale». L. Guatri, Nuovi orizzonti per le stime del capitale
economico d’impresa, in Finanza, Marketing e produzione, 1993.
7
Franco Modigliani, 1990.
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
16
1.3 GLI ELEMENTI DELLA CREAZIONE DI VALORE
Vista l’importanza che riveste la creazione di valore, si possono individuare quattro
elementi fondamentali che un’azienda non dovrebbe mai perdere di vista:
¾ accettare la creazione di valore come metrica d’impresa; diverse nuove
misure di performance si stanno diffondendo nelle imprese come EP
(economic profit), EVA (economic value added), REIR (reddito economico
integrato residuale), MVA (market value added), TSR (total shareholder
return), ecc.. Esse esprimono, spesso in modo sostanzialmente coincidente,
modalità tecniche di calcolo della creazione di valore. Comune a tutti questi
tentativi è l’inserimento dei conti del costo del capitale, il vero anello
mancante dei metodi tradizionali. Infatti, un autorevole accademico
giapponese, il Prof. Wakasugi dell’università di Tokio, afferma:
“[...] nel perseguire la crescita a qualunque costo, nessuna considerazione veniva data
al costo del capitale. Implicita in questa strategia era la considerazione che il capitale
fosse risorsa illimitata e gratuita”
8
¾ ridisegnare le logiche e i meccanismi di pianificazione, controllo e
incentivazione;
¾ sensibilizzare e formare il management;
¾ la comunicazione al mercato.
8
T. Wakasugi, 1997
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
17
1.4 LE TRADIZIONALI MISURE DI PERFORMANCE
Al fine di orientare le scelte gestionali d’impresa verso la creazione di valore per i
propri azionisti risulta di cruciale importanza individuare con chiarezza ed univocità
obiettivi e misure di performance coerenti con questa impostazione, da utilizzare
congiuntamente in sede di pianificazione, valutazione e incentivazione.
Misurare la performance di un’impresa significa valutarne i risultati. Esistono, però,
molti modi per misurarli. Fondamentalmente si possono distinguere due metodologie:
il modello contabile; è il più utilizzato e diffuso per la misurazione del valore. Esso si
basa su un sistema di indici attraverso i quali il management valuta a preventivo e a
consuntivo il rispetto di determinati equilibri reddituali, finanziari e patrimoniali.
Molte sono le misure utilizzabili: è infatti possibile misurare i risultati economico-
finanziari, tecnico-quantitativi, nella gestione delle risorse e della soddisfazione dei
consumatori. Tuttavia, le misure tradizionalmente utilizzate sono: ROE (return on
equity), ROI (return on investment), l’utile netto, EPS (utile per azione), i dividendi, i
risultati contabili come il reddito o il fatturato.
il modello economico; rappresenta il nuovo modello di riferimento. Esso misura la
creazione di valore attraverso la capacità dell’impresa di generare flussi finanziari. La
tecnica utilizzata è quella dei flussi di cassa attualizzati dove l’obiettivo della strategia
è quello di creare valore per l’azionista e il periodo di valutazione fa riferimento a tutta
la vita aziendale prendendo in considerazione sia il periodo di piano che il valore
residuo alla fine del piano stesso. In questo modo, la performance dell’impresa non
Capitolo 1 Creare valore: una nuova metrica e una nuova filosofia d’impresa
18
viene più necessariamente misurata per il tramite dei tradizionali indici bensì
attraverso continue stime, a determinati intervalli di tempo, del valore del capitale
economico dell’azienda.
Le principali differenze tra i due modelli, in termini di ipotesi che li contraddistinguono
e di risultati a cui pervengono, devono essere ricondotti al diverso modo di intendere i
risultati economici prodotti dall’impresa; nel modello contabile la misurazione della
ricchezza creata in un periodo avviene mediante la misurazione del reddito prodotto;
nel modello economico, invece, si dà rilievo agli incrementi del capitale economico che
si associano alle varie possibilità oggetto di valutazione.
L’approccio contabile alla creazione di valore nasce dalla necessità di apprezzare la
gestione aziendale da parte non solo dell’imprenditore ma anche di soggetti «terzi»
rispetto all’impresa. Queste analisi si basano sull’assunto che il bilancio d’esercizio
delle imprese possa essere considerato un «messaggio» che gli amministratori inviano
al pubblico per consentire a quest’ultimo di desumere informazioni sulle quali fondare i
propri giudizi e apprezzamenti. L’analisi dei risultati economico-finanziari viene
effettuata attraverso la costruzione di quozienti, che prendono il nome di “ratios” o
indici di bilancio. Tra le diverse forme di sviluppo delle analisi per indici due sono
fondamentali: le analisi dinamiche e le analisi di posizione.
Le prime, definite «dinamiche» perché vengono effettuate sui bilanci di una stessa
impresa per periodi temporali successivi, permettono di confrontare ed esaminare
l’evoluzione della performance aziendale nel tempo (confrontabilità nel tempo). Le
seconde, invece, sono guidate dalla logica delle analisi di posizione la cui finalità è
quella di confrontare gli indici, calcolati sul bilancio di un’impresa, con gli indici medi
di settore nel quale l’impresa si trova ad operare; in questo modo è possibile valutare la