Abbreviazioni e definizioni
ACP
Agreement on
Community Patent
CAFC
Court of Appeal for the Federal
Circuit
CJEU
Court of Justice of the European
Union
CGUE
Corte di Giustizia
dell’Unione europea
CPC Community Patent Convention CBC
Convenzione sul brevetto
comunitario
ECHR
European Court of Human
Rights
CEDU
Corte europea dei diritti
dell’uomo
EPC European Patent Convention CBE
Convenzione sul brevetto
europeo
EPN European Patent Network
EPO European Patent Office UEB
Ufficio europeo dei
brevetti
EU European Union UE Unione europea
FRAND
terms
Fair, reasonable and non-
discriminatory terms
IP Intellectual property PI Proprietà intellettuale
JPO Japan Patent Office
NPO National Patent Office
OHIM
Office for Harmonization in the
Internal Market
UAMI
Ufficio per
l’armonizzazione del mer-
cato interno
PCT Patent Co-operation Treaty
PPH Patent Prosecution Highway
R&D Research & Development R&S Ricerca e sviluppo
SMEs Small and Medium Enterprises PMI Piccole e medie imprese
TRIPs
Agreement
Agreement on Trade-Related
Aspects of Intellectual Property
Rights
UPCt
Agreement
Unified Patent Court Agreement
Accordo
TUB
Accordo sul Tribunale
Unificato dei brevetti
UPP Utilisation Pilot Project
UPP Unitary Patent Protection
USPTO
United States Patent
and Trademark Office
WTO World Trade Organization OMC
Organizzazione mondiale
del commercio
I
Introduzione
Il brevetto è diffusamente noto come la forma piø espressiva della c.d. ‘lettera-
tura grigia’: è definita tale un’informazione poco nota al di fuori del ristretto
ambito industriale, di limitata circolazione e di bassissimo impatto sulla socie-
tà.
Nelle prossime pagine si cercherà di ribaltare questo assunto, dando dimostra-
zione delle innumerevoli sfaccettature che l’istituto brevettuale può assumere.
Questo lavoro è nato dalla convinzione che il progresso è un grande atto di de-
dizione verso l’umanità: è atto creativo, in grado di infondere nel prodotto
dell’attività inventiva gli ideali di libertà di pensiero e di tensione allo sviluppo
sociale.
Soprattutto si considera ‘progresso’ quello stato di «avanzamento in senso ver-
ticale, verso gradi o stadi superiori, con implicito quindi il concetto del perfe-
zionamento, dell’evoluzione, di una trasformazione graduale e continua dal be-
ne al meglio, sia in un ambito limitato sia in un senso piø ampio e totale»
1
.
La particolare contingenza storica a cui siamo stati destinati ci impone di pen-
sare al progresso come via d’uscita, come soluzione per tentare di ricostruire i
fondamenti del sistema sociale.
La Storia insegna che la crisi, alla quale noi siamo sensibili per contingenti e
soggettive ragioni, in realtà è immanente al sistema economico e riflette
null’altro che l’immanente crisi della vita.
Per lasciarsela alle spalle, l’Europa ha intrapreso la via della crescita intelligen-
te, sostenibile e solidale
2
. Il brevetto unitario avrebbe dovuto essere parte di
questa strategia. Usiamo il condizionale perchØ riteniamo che il risultato cui si
è pervenuti sia poco innovativo, scarsamente sostenibile e per nulla solidale.
Il 17 dicembre 2012 il Parlamento europeo approva i due regolamenti di im-
plementazione della cooperazione rafforzata in materia di protezione brevettua-
le unitaria. Poco dopo, essi saranno seguiti dall’Accordo TUB che istituisce il
Tribunale Unificato dei brevetti.
Tutto sembrerebbe rispondere ai piani dell’Unione, a dimostrazione del grande
acume e della smisurata lungimiranza politica contenuti nella strategia di con-
trasto alla crisi. Se non fosse per un particolare, un dettaglio sottaciuto,
un’impressione latente.
1
Voce «progresso» in Enciclopedia Treccani.
2
Strategia Europa 2020.
II
Quello che non è detto è che questa crisi non è come le altre.
¨ una crisi senza precedenti, per estensione e pervasività. ¨ nata nel sistema fi-
nanziario e si è estesa all’economia reale, dilaniandola. Gli Stati sono giunti
sull’orlo del default e i loro cittadini hanno conosciuto povertà e miseria.
Inoltre, gli attori di questa crisi, per la prima volta nella Storia, non sono piø gli
Stati, dove il senso di disfacimento è diventato ormai una costante. Il controllo
della situazione è ora nelle mani delle piazze transnazionali, dagli attori privati,
non statuali e non governativi
3
.
Infine, questa crisi ha rappresentato anche un grave passo falso per l’Unione.
Le istituzioni europee hanno rivelato tutta la loro inadeguatezza dinanzi alle
nuove sfide originate dalla crisi.
«Non è un mistero per nessuno, del resto, che il male piø grave dell’Europa,
oggi, sia a livello di singoli Stati, sia a livello di Unione, sia proprio l’assenza
di una visione politica, si tratti della politica estera, si tratti della politica eco-
nomica interna, si tratti dei problemi dell’immigrazione o di qualsiasi altro
problema»
4
.
PoichØ la crisi ha seriamente minato le fondamenta economiche dell’Unione,
dalle quali dipende anche l’integrazione politica e sociale, l’attuale situazione
presenta i caratteri dell’insostenibilità e l’intervento delle autorità sovranazio-
nali risulta improcrastinabile.
Che fare, dunque? Se l’innovazione ha salvato l’umanità dall’ancien rØgime al-
lora è possibile che la storia si ripeta.
Già oggi la disciplina della proprietà industriale costituisce il modello ideale su
cui poter, in certa misura, ricostruire l’intero diritto della concorrenza. Eppure,
qualcosa suggerisce che anche in questo campo la situazione è cambiata.
«Il "progresso", un tempo la manifestazione piø estrema dell'ottimismo radicale
e promessa di felicità universalmente condivisa e duratura, si è spostato all'altra
estremità dell'asse delle aspettative, connotata da distopia e fatalismo: adesso
"progresso" sta ad indicare la minaccia di un cambiamento inesorabile e inelu-
dibile che invece di promettere pace e sollievo non preannuncia altro che crisi e
affanni continui, senza un attimo di tregua»
5
.
Tra le imprese aleggia il fantasma del fallimento e l’innovazione non costitui-
sce piø lo strumento concorrenziale per eccellenza, ma la minaccia di un male
3
M. AVBELJ, Differentiated integration. Farewell to the EU-27?, German Law Journal, 14,
2013, pp. 202-203.
4
V. DI CATALDO, Concorrenza (o confusione?) di modelli e concorrenza di discipline di fon-
te diversa nel brevetto europeo ad effetto unitario. Esiste un’alternativa ragionevole?, in Riv.
Dir. Ind., Parte I, 2013, p. 316.
5
ZYGMUNT BAUMAN, Modus vivendi, Laterza, 2008.
III
incombente e irresistibile. In occasione di uno shock tecnologico, le imprese
concorrenti diventano prigioniere dell’innovazione altrui, la subiscono, venen-
do progressivamente ridimensionate fino a scomparire del tutto dal mercato.
«Il progresso è diventato una sorta di "gioco delle sedie" senza fine e senza so-
sta, in cui un momento di distrazione si traduce in sconfitta irreversibile ed
esclusione irrevocabile. Invece di grandi aspettative di sogni d'oro, il "progres-
so" evoca un'insonnia piena di incubi di "essere lasciati indietro", di perdere il
treno, o di cadere dal finestrino di un veicolo che accelera in fretta»
6
.
Il nuovo brevetto europeo poteva costituire l’occasione migliore per regolare e
limitare le ‘esternalità’ del sistema fondato sull’innovazione, attraverso una sa-
piente modulazione dello strumento dei countervailing rights (i diritti contrap-
posti).
E, invece, il sistema introdotto dal Pacchetto sulla protezione brevettuale unita-
ria è chiaramente sbilanciato a favore dei titolari dei brevetti, con tutti i pro-
blemi che ne conseguono, soprattutto in riferimento alle garanzie costituzionali
degli Stati membri.
La crisi richiedeva anche una forte presa di posizione del legislatore in punto di
biodiritto: è necessario, in ultima istanza, assicurare che la crisi di risorse non
si tramuti in crisi di valori.
Ad aver accelerato l’introduzione del Tribunale Unificato è stata proprio
l’esigenza di tenere la Corte di Giustizia lontana da questioni che presentano
importanti risvolti etici, come quelli relativi alle invenzioni biotecnologiche.
Urgeva - e urge tuttora, purtroppo - un intervento del legislatore che definisse
la portata della piø che decennale direttiva 98/44/CE: ma nulla è stato fatto in
tal senso e il Tribunale Unificato non sarà certo in grado di risolvere un pro-
blema così complicato.
Il ricorso alla cooperazione rafforzata (o, come qualcuno l’ha definita, ‘forza-
ta’) e l’estromissione di Spagna e Italia dal progetto unitario sono la dimostra-
zione piø evidente del progressivo abbandono del principio di solidarietà
nell’operato dell’Unione. Quello a cui abbiamo assistito è la nascita di una
forma nuova di dibattito politico, che si allontana dal concetto di integrazione
per abbracciare quello di frammentazione. Si dovrebbe tornare, se non al prin-
cipio di fiducia reciproca, almeno alla riconfigurazione di una responsabilità
collettiva in capo ai singoli Stati membri.
L’Europa ha bisogno di un risveglio morale, di interventi riformatori seri,
orientati ai valori condivisi degli Stati membri. Solo in tal modo sarà possibile
affrontare questa crisi e, con essa, il destino dell’integrazione europea.
6
ZYGMUNT BAUMAN, ibidem.
IV
Per concludere, vogliamo ricordare che un’analisi, come quella compiuta nel
presente contributo, non può mai avere la pretesa di costituire la verità. Anche
la piø brillante tra le intuizioni suggerisce soltanto una tra le tante spiegazioni
che possono darsi a un fenomeno giuridico.
Queste spiegazioni non verranno mai rivelate chiaramente; per essere chiarite,
richiederanno una costante rilettura, effettuata da una angolazione sempre nuo-
va.
Il nostro tentativo è stato quello di non cessare mai di provocare e interrogare il
lettore, continuando ad ispirarlo e incoraggiandolo a riflettere. Il presente lavo-
ro non fornisce soluzioni ai problemi prospettati, ma ne suggerisce soltanto al-
cune interpretazioni.
D’altronde, «la lotta verso le vette basta a riempire il cuore di un uomo»
7
.
Ringraziamenti
Desidero ringraziare il prof. Roberto Rosapepe, relatore di questa tesi, per la
grande disponibilità e cortesia dimostratemi, per tutta la fiducia accordata du-
rante la stesura e per avermi ricordato che ‘ciascuno vale almeno tanto quanto
valgono le cose cui ha rivolto la propria ricerca’
8
.
7
A. Camus, Il mito di Sisifo, Milano, 2001.
8
Marco Aurelio, Pensieri, VII, 3.
1
1. La funzione autentica del paradigma brevettuale
Il brevetto nasce al fine di incentivare, attraverso l’attribuzione di un monopo-
lio legale pro tempore e indipendentemente dal settore tecnologico di riferi-
mento, le attività suscettibili di applicazione industriale e, quindi, di traduzione
in beni socialmente utili.
Tradizionalmente, il brevetto è annoverato tra gli istituti che introducono un
regime di monopolio. E in effetti, nel momento in cui protegge, con un diritto
esclusivo, una specifica ideazione – che per sua natura è connotata dei caratteri
di non rivalità
9
e non escludibilità
10
–, il brevetto non fa altro che dar vita ad
una situazione anticoncorrenziale.
Il paradigma brevettuale è costruito in modo tale da garantire al suo titolare
un’esclusiva sull’invenzione limitata nel tempo e, nel fare ciò, provoca inevita-
bilmente «una distorsione rispetto all’allocazione ottimale delle risorse che si
produrrebbe in condizioni competitive»
11
. Ciò è sicuramente vero, ma solo fin-
tantochØ ci si limita ad una prospettiva statica e di breve periodo.
Non appena si assume, invece, una prospettiva piø lungimirante, il diritto bre-
vettuale acquista fattezze nuove: non risulta piø antitetico rispetto al regime
concorrenziale, ma, anzi, si pone in termini di ‘continuità sistematica’ rispetto
alla libertà di concorrenza.
E allora, il brevetto, accordato per un periodo certo ma limitato, deve essere
percepito come il corrispettivo, il sacrificio che la società è disposta a pagare al
fine di incoraggiare l’attività inventiva. Un costo che, a conti fatti, è ampia-
mente trascurabile se paragonato ai benefici che la collettività ne ricava in ter-
mini di creazione e diffusione di nuovi trovati tecnologici.
Del resto, non ha piø alcun senso proclamare una radicale avversione nei con-
fronti di qualsiasi tipo di riserva monopolistica, se poi l’ordinamento concede
diritto di cittadinanza alle privative industriali, ritenendole meritevoli di tutela.
Tullio Ascarelli, in un suo noto saggio
12
, ha magistralmente sottolineato questi
aspetti, rilevando come «il diritto assoluto sui beni immateriali si traduce in
una disciplina della concorrenza e non in una concessione di monopolio», per-
chØ «l’esclusiva non preclude uno o altro genere di attività, ma preclude,
9
L’invenzione è fruibile e utilizzabile da parte di piø individui, senza che l’uso da parte
dell’uno privi l’altro della medesima possibilità o che la condivisione ne riduca il valore intrin-
seco.
10
L’invenzione, non appena viene rivelata, è acquisita al patrimonio comune, liberamente ac-
cessibile e disponibile.
11
M. RICOLFI, Tutela della proprietà intellettuale: fra incentivo all’innovazione e scambio
ineguale, Riv. Dir. Ind., 2002, p. 512.
12
T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza e interesse del consumatore, Riv. Trim. Dir. Proc.
Civ., 1954, pp. 873 e 893.
2
nell’esercizio di qualunque genere di attività (nei confronti dei terzi), la ripro-
duzione o l’impiego […] della creazione intellettuale tutelata».
A questo punto, però, occorre una precisazione.
L’istituto brevettuale ricomprende, al suo interno, una frattura apparentemente
insanabile: da un lato, si connota come un beneficium privato, perchØ costitui-
sce il premio riservato a coloro che sviluppano l’invenzione; dall’altro lato, se
si sposta lo sguardo sui destinatari della conoscenza che l’invenzione reca con
sØ, il brevetto mostra una natura eminentemente sociale.
Le teorie economiche, anche quelle piø all’avanguardia
13
, si pongono nel solco
del diritto di privativa inteso come premio-incentivo all’inventore. L’errore
concettuale di base è quello di considerare il brevetto come una creatura giuri-
dica monolitica: di esso considerano prevalentemente - se non esclusivamente -
l’aspetto privatistico (lo ius excludendi alios).
¨ chiaro che sotto questa luce il brevetto equivale sostanzialmente a un mono-
polio. E creare modelli economici partendo da questo assunto non fa altro che
evidenziare ulteriormente la matrice privatistica dell’istituto.
L’invenzione nasce, al contrario, come bene comune. Il termine inglese patents
– derivante dall’anglo-francese lettre patent - significa ‘lettera aperta’: il bre-
vetto è concesso al fine precipuo della disclosure, della rivelazione a beneficio
della collettività. Il vantaggio concorrenziale che deriva all’inventore non è
l’elemento decisivo dell’intera costruzione, ma solo un aspetto ancillare: è lo
scopo-mezzo, funzionale alla promozione di piø profondi obiettivi di benessere
sociale.
L’invenzione brevettata deve fungere da base per il progresso tecnologico, in-
sinuandosi all’interno di un processo innovativo continuo e inarrestabile, ten-
denzialmente senza fine: la brevettazione dell’invenzione mira ad arricchire
non il depositante, ma lo stato della tecnica, dando contemporaneamente im-
pulso alla follow-on innovation.
Concentrandosi su questo aspetto pubblicistico, si capisce come il prezzo
dell’informazione rivelata sia in realtà pari a zero, fondamentale rimanendo il
profilo della giusta scelta della durata e dell’estensione del brevetto.
L’adesione a siffatte considerazioni mostra, poi, la forte inattualità di quella
nota affermazione di Machlup - che ha fatto scuola tra le classi di diritto indu-
striale - secondo cui «nessun economista può dire con sicurezza, sulla base del-
le conoscenze attuali, se il sistema brevettuale nella sua forma odierna arreca
13
K. J. ARROW, Economic welfare and the allocation of resources for invention, in The rate
and direction of inventive activity: economic and social factors, Princeton University press,
1962, p. 609 ss.; J. E . STIGLITZ, Knowledge as a public global good, in Global public goods,
Oxford University press, 1999, p. 312 ss.