5
agente che gli imponeva drasticamente di consegnargli
una canzone prima di sera. Salvador Dalì ha detto:
“quando vedo un assegno mi viene subito l’ispirazione”.
Forse lo sceneggiatore, fatte le debite proporzioni, è un
po’ Alfieri, Porter, Dalì.
Ma in Viale del tramonto (Sunset Boulevard) di Billy
Wilder, John Gillis (William Holden) –uno dei rari
sceneggiatori che appaiono nel film- dice: “Che ne sa il
pubblico degli scrittori di cinema? Pensa che sia tutto
merito degli attori e dei registi…”
Nient’altro da aggiungere.
Le parole di Age, ammalianti, introducono alla prima parte di questo
nostro modesto contributo. La seconda parte entra nel particolare, arrivando
a trattare uno sceneggiatore, Guilermo Arriaga, figlio di quella straordinaria
terra teatro di paradossi, orrori e meraviglie che è l’America Latina. Arriaga
è professore, romanziere e soprattutto sceneggiatore tra i migliori in tutto il
mondo. La sua patria è il Messico, la città è il monstruo, Città del Messico,
l’opera che più delle altre lo ha distinto, Amores Perros, impietosa denuncia
dei mali del suo paese. Amores Perros, divenuto film di grande successo,
nasce dalla penna di Guillermo Arriaga denotando in modo chiaro tutte le
linee generali della letteratura del messicano e le influenze, tra tutti Rulfo e
Faulkner. La terza parte della tesi propone le immagini del film presentate
da una breve introduzione. Alle immagini segue un’intervista ad Arriaga.
Il seguente testo si prefigge l’obbiettivo di individuare le peculiarità
della sceneggiatura, intesa come genere letterario e di seguito di fornire una
completa analisi di Amores Perros di Guillermo Arriaga non mancando di
presentare l’autore e le sue opere, anche attraverso l’intervista che lo
stesso Arriaga mi ha concesso.
Nella speranza che il lavoro proposto sia interessante, buona lettura.
6
PARTE PRIMA
La sceneggiatura
7
I
LA SCENEGGIATURA
“La sceneggiatura è certamente una delle forme più
difficili ed incomprese di tutta la letteratura.”
D. Howard
1
“E’ importante la sceneggiatura, la scrittura del testo
cinematografico?”
2
si domanda Agenore Incrocci in arte Age, uno tra i più
noti sceneggiatori del panorama italiano, autore soprattutto in sodalizio con
Scarpelli di alcune tra le più belle e significative pagine del nostro cinema.
La domanda che Age si fa e ci fa è tesa a scoprire l’importanza della
sceneggiatura nella creazione di un film. Bisogna però considerare che in
una società come la nostra, dominata dalla cultura dell’immagine, la
sceneggiatura, quale matrice del film, dell’opera cinematografica che
attualmente ha un bacino d’utenza potenziale ed anche reale di gran lunga
superiore a quella delle opere letterarie, si trova a veder rivalutato anche il
1
D.Howard, E. Mabley, The tools of screenwriting, New York, St. Martin Press, 1993 (trad.
it. Gli strumenti dello sceneggiatore, Roma, Dino Audino editore, 2003 p.17)
2
Age, Scriviamo un film, Net, Milano 2004 p.8
8
valore e l’importanza che essa ricopre all’interno della società come
fornitrice di contenuti per uno tra i più ampi e diffusi veicoli di
intrattenimento, cultura e informazione: il cinema. In questo contesto la
sceneggiatura, al pari del cinema se non di più si costituisce quale
strumento di diffusione culturale, informazione storica o d’attualità; non solo
strumento per il cinema ma anche mezzo attraverso il quale lo
sceneggiatore, l’autore, spesso in accordo col regista (un altro autore),
utilizza la forza del cinema (che amplifica e materializza) per fornire una sua
visione del mondo, regalare una sua storia, denunciare una situazione o
ricordare.
La risposta al quesito iniziale Age la trova rinchiusa dentro un articolo di
Tullio Kezich apparso su “Repubblica” nel 1988, senza mancare di
sottolineare che ad esprimersi nell’articolo non è uno sceneggiatore
(sarebbe troppo scontata la risposta) ma un critico cinematografico e per
giunta tra i più autorevoli. Kezich in sede di recensione di un film italiano di
quel periodo, che tra l’altro incontrò un facile successo commerciale,
scrisse:
Ciò che manca è quella rete di sicurezza del film
sonoro, costituita da un copione scritto con tutti i
sacramenti. […..]A un certo punto si è detto, ripetuto
e scritto che tutto ciò non serviva più. [….]Ma si fa
presto a buttar via le regole, difficile è sostituirle con
qualcosa che le equivalga in meglio. Sicché la
maggior parte dei nostri film sono come tavoli senza
una gamba.
3
3
Ibid. p.8-9
9
E’ evidente che la risposta che Kezich propone nel suo articolo interessa
l’importanza della sceneggiatura nel cinema, tuttavia riflettendo su questo
stralcio tratto dalla recensione di Kezich appare evidente che un film non è
solo quello che noi vediamo proiettato sullo schermo, riprodotto in immagini
sensazionali ed effetti mirabolanti e non è solo fatto da attori straordinari e
star capricciose e non solo da registi geniali o pessimi, ma che c’è nel
cinema una componente tanto ignorata quanto fondamentale, perché un
tavolo senza una gamba non ha senso di esistere, che costituisce di un film
la parte narrativa di riferimento, la storia, quel qualcosa che nella maggior
parte dei casi ci fa amare un film o ci fa riflettere, quella componente
concettuale che a volte ci piace, a volte no, ma che costituisce comunque la
base ideologica, storica, letteraria sulla quale un opera cinematografica si
fonda e sulla quale si fonda il racconto cinematografico: la sceneggiatura o
per dirla con Kezich “un copione scritto con tutti i sacramenti”.
10
I.1. PER UNA DEFINIZIONE DI SCENEGGIATURA
Luca Aimeri nell’introdurre il “Manuale di sceneggiatura
cinematografica”
4
pone ai lettori, come punto di partenza, questa domanda:
“Che cos’ è una sceneggiatura?” La risposta che lo stesso Aimeri liquida in
partenza è “il film sulla carta”
5
. Tale risposta sulla quale come abbiamo
detto anche Aimeri punta l’indice è la più tipica quanto la più semplicistica
6
delle risposte ma, pur essendo sicuramente riduttiva, è capace di costituire
un buon punto di partenza, una base sulla quale costruire una completa
definizione di sceneggiatura. Partendo dal “film sulla carta” è necessario
interrogarsi su quali siano le sue caratteristiche fondamentali. Molte sono le
voci che si alternano nel tentativo di stabilire i tratti primari della
sceneggiatura e particolarmente interessante e utile al nostro tipo di
indagine è l’opera di Francis Vanoye
7
il quale precisa che la sceneggiatura
“si scrive” (scontato, ma fondamentale) prima, durante o in vista della
lavorazione del film e che la sua scrittura deve rispondere a regole precise
(alcune, poche, le vedremo, le altre le lasceremo ai manuali specifici). La
sceneggiatura è quindi un testo scritto la cui composizione, regolata da
“prescrizioni normative”, preesiste al film, insomma ne rappresenta il
progetto.
4
L. Aimeri , Manuale di sceneggiatura cinematografica, Roma, UTET libreria, 1998 p.7
5
D. Howard, E. Mabley, op.cit. p.10
6
Tipica perché presente nella maggior parte dei manuali di script americani i quali, come è
noto, anche in questo campo optano per una manualistica del tutto incentrata sull’ analisi
del “successo”, del film da box-office, tralasciando i grandi classici o i capolavori e
soffermandosi superficialmente, come è facile intuire, sugli aspetti teorici e culturali
caratterizzanti la sceneggiatura, la sua tecnica e la sua funzione. Da sottolineare come
questa specifica critica alla manualistica statunitense venga portata da più parti tra gli
studiosi Europei nonostante non si manchi di elogiare la praticità di tali studi al fine di
apprendere la specifica tecnica della sceneggiatura.
7
F. Vanoye, Scènarios modèles, modèles de scènarios, Paris, Editions Nathan, 1991 (trad.
it. La sceneggiatura. Forme, dispositivi, modelli, Lindau, Torino, 1998)
11
Ecco che grazie a questa semplicissima precisazione è possibile
identificare i due elementi caratteristici della sceneggiatura e che della
sceneggiatura rappresentano il tratto fondamentale: la scrittura e la
progettualità rispetto all’ opera cinematografica da farsi.
8
Sempre Vanoye tiene però a ricordare che uno script non sarebbe
tale se non presupponesse al suo interno la messa in scena, tanto da dire
che una sceneggiatura “è già messa in scena”
9
; per avallare questa sua tesi
del tutto condivisa tra gli sceneggiatori pur con differenze grandi o piccole
tra l’uno e l’altro, il teorico scomoda un importante sceneggiatore e poeta
italiano quale Tonino Guerra, che riprendendo a sua volta Pasolini aggiunge
che la sceneggiatura deve “contenere elementi della messa in scena” , cioè
ambienti, personaggi, scene, dialoghi e, ma sempre più raramente,
indicazioni tecniche. A questo punto bisogna far notare che gli elementi
appena citati sono tutto quello che c’è in una sceneggiatura, ergo la
sceneggiatura è “messa in scena”, si deve proiettare sulla scena e ne è
“schiava” ed ogni parte dello scritto deve descrivere quanto è
rappresentabile e verrà rappresentato in scena. La messa in scena (almeno
ipotetica) è pertanto la “condicio sine qua non” che caratterizza la
sceneggiatura e la sua esistenza.
8
L. Aimeri, op. cit. p.7
9
F. Vanoye, op. cit. p. 16
12
I.1.1. la scena
sceneggiatura: suddivisione in scene di un opera teatrale,
cinematografica, radiotelevisiva. Copione di un film […]
contiene la suddivisione delle opere in scene,
sequenze, inquadrature e l’indicazione della colonna
sonora, degli ambienti e dei movimenti di macchina.
10
La definizione che il De Mauro propone per il termine “sceneggiatura”
non è completa, sicuramente non soddisfa interamente la complessità della
sceneggiatura e manca di coglierne alcuni elementi piuttosto evidenti ma,
soffermandosi sul suo carattere strumentale ne sottolinea comunque un
tratto caratteristico: pone in evidenza la divisione in scene che la
sceneggiatura opera sul materiale narrativo, rimarcando indirettamente
l’importanza della scena o meglio delle scene nella sceneggiatura stessa.
La scena, legata alla messa in scena ed alla sua concezione dello spazio, è
l’unità narrativa minima adottata nella sceneggiatura e rappresenta, di
solito, un azione che si svolge in un unità di spazio e di tempo. Può far parte
di un unità narrativa maggiore che è la sequenza e può incorporare una o
più inquadrature. I tre elementi principali contenuti all’interno della scena
sono l’azione, lo spazio (inteso come luogo) e il tempo, tra questi lo spazio
viene considerato un elemento particolarmente rilevante perché il passaggio
da un luogo all’altro implica un cambiamento di scena. In realtà però la
scena viene spezzata anche in presenza di altri cambiamenti all’interno
della narrazione, per esempio è necessario iniziare una nuova scena in
presenza di un cambio di luce soprattutto se si registra un passaggio dal
10
T. De Mauro, Il Dizionario della Lingua Italiana, Paravia
13
diurno al notturno, o in presenza di un ellissi temporale (molto utilizzate per
non appesantire la narrazione) o quando si cambia la posizione dalla
macchina da presa da interno a esterno: riassumendo, la scena cambia
quando cambia un elemento tra spazio, luce e posizione (interno/esterno).
Ogni scena ha anche un titolo che rappresenta le indicazioni di location,
posizione di macchina da presa, e luce (giorno/notte).
Dal punto di vista strettamente teorico l’elemento scena è
perfettamente definito da J. P. Torok che rapporta la scena al “segmento
autonomo” di cui parla Christian Metz, offrendo questa suggestiva
definizione:
(la scena) On définira le segment autonome comme
l’unité d’espace-temps d’etenue et de durée
variables qui est l’élément constitutif du récit
filmique.
11
I.1.2. la sceneggiatura come modello
Come già si è detto sono tre i tratti caratterizzanti della
sceneggiatura: progettualità, scrittura e messa in scena. Ci soffermeremo
su quel che riguarda la progettualità nella sceneggiatura, poiché questa
caratteristica, senza la quale (lo ricorda anche Pasolini) non avrebbe senso
chiamare un testo scritto “sceneggiatura”, è la principale; alla obbligatoria
funzione di progetto alla quale uno script deve assurgere è legata la
presenza al suo interno di elementi di messa in scena, e persino la scrittura
deriva dall’intenzione di essere progetto poiché anche agli albori della storia
11
J. P. Torok, Le scènario, Paris, Veyrier, 1986. p.142 “Si definirà il segmento autonomo
come l’unità di spazio-tempo d’estensione e durata variabile che è l’elemento costitutivo
della narrazione filmica” trad. it. Gianni Tetti
14
del cinema c’è sempre stato qualcosa che facesse da progetto, che fosse
stabilito a parole o più spesso disegnato, ed è stata questa necessità di
progettualità che ha portato in breve a riconoscere la necessità sempre
maggiore di una fase scritta che stesse dietro e guidasse le immagini da
sogno del cinematografo.
La sceneggiatura è dunque la prima fase del processo di realizzazione
del film e in quanto tale sta all’origine delle immagini del film le quali, ed
ecco la scrittura, devono essere descritte da parole che faranno da
riferimento principale, direi unico, per il passaggio dalla fase immateriale
alla fase materiale, e cioè fotografica ed in pellicola facendo della
sceneggiatura un modello, perché essa è un modello inteso nella funzione
strumentale, cioè da considerarsi come uno strumento, lo strumento per
l’equipe del film, come specifica Vanoye:
In qualche modo la sceneggiatura è il modello del
film che deve essere realizzato. E’ la base, il
referente, il termine medio tra il progetto (il
fantasma?) e la sua realizzazione. Raffigura
astrattamente il film e lo determina concretamente.
12
Ma non solo, in quanto la sceneggiatura è, più del romanzo e del dramma,
luogo d’interazione di modelli crocevia di esperienze artistiche letterarie e
plastiche, psicologiche, socio-politiche, figurative dove al concetto che si
progetta si deve accompagnare l’idea per la sua rappresentazione, lo
schema esplicativo di come un progetto scritto possa diventare un
immagine reale, realizzabile.
12
F. Vanoye, op. cit. p.16
15
In tal senso, si potrebbe affermare, che la sceneggiatura rappresenta un
“ponteggio di lavoro sospeso tra parole e immagini”
13
, il cui compito è quello
di favorire una comunicazione, la migliore possibile tra questi due elementi
e, poiché è collocata nel mezzo tra immagine e parola, spesso viene
descritta come sospesa tra letteratura e cinema, e perciò considerata come
“letteratura di confine,(al) limite della letteratura”
14
in una sorta di terra di
nessuno: “Non più parola, non ancora immagine, ma al contempo sia parola
che immagine”
15
; è la parola a farsi immagine e la sua corrispondenza con
le immagini, oltre che precisa deve essere chiarissima. Ci riferiamo al modo
in cui le immagini debbano essere (de)scritte, ci riferiamo alla scrittura.
I.1.3. scrivere la sceneggiatura
Tramite questa considerazione si giunge a trattare il secondo tratto
fondamentale della sceneggiatura, appunto, la scrittura. Dopo quanto è
stato detto ci si deve interrogare su ciò che questo significa, sul modo in cui
la parola scritta rientri all’interno della sceneggiatura e su quale valore essa
assuma all’interno di uno sceno-testo e, in quanto “termine medio”, nel suo
travagliato passaggio dal testo alla scena. Insomma che cos’è la scrittura
nella sceneggiatura?
La sceneggiatura o sceno-testo (definizione che in questo caso sembra più
appropriata) riproduce certe proprietà del film ma in un altro linguaggio,
come dicevamo, quello della parola scritta, della proposizione, ed in virtù di
questo è stata considerata il “film a parole scritte”
16
dove le parole sono
utilizzate come mezzo di definizione delle immagini ( segno distintivo per
13
L. Aimeri, op. cit. p.10
14
Ibid.
15
Ibid.
16
Ibid. p. 9
16
eccellenza della pellicola) ed i costrutti grammaticali, le proposizioni, stanno
per immagini in movimento ed interagiscono con le operazioni di ripresa e
montaggio, esplicitando la propria funzione
al livello dei contenuti, dei dispositivi narrativi, delle
strutture drammatiche, della dinamica, del profilo
sequenziale ed infine dei dialoghi.
17
La storia è dunque raccontata per immagini, un film è costituito da immagini,
forse dialoghi, forse suoni, forse musiche, e tutto questo deve essere
definito, paradossalmente, dalla parola che dietro ogni cosa attua la sua
regia invisibile. Maillot sintetizza tale concetto, lo inquadra meglio dal punto
di vista tecnico definendo la sceneggiatura come “una strutturazione
generale del racconto”
18
che utilizza e organizza i suoi significanti narrativi
in funzione ed in previsione della forma cinematografica, la scrittura nello
sceno-testo è quindi un mezzo utile solo per definirne un altro, con un
obbiettivo che non è quello di raggiungere un punto stabile, ma è al
contrario (lei, prima forma di un film) quello di perdersi in una forma che non
le appartiene e malinconicamente sparire, arte di passaggio, instabile e
fluttuante ma genitrice, “scritta per” .
Lo sceneggiatore scrive per il cinema, riempie di contenuto le sue immagini,
decreta successi ed insuccessi dei suoi eroi di celluloide ed allo stesso
modo si defila sommerso dalla forza dei colori, dalla semplicità dei corpi in
movimento. Ne consegue un ulteriore definizione della sceneggiatura la
quale si configura come “letteratura di servizio”, “in funzione di”, che utilizza
17
F. Vanoye, op. cit. p. 16
18
P.Maillot, L’ecriture cinématographique, Paris, Meridiens Klincksieck Masson, 1997 .
Citato in L. Aimeri, op. cit. p. 10