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CAPITOLO I
LA VALUTAZIONE DELLE BANCHE :
ASPETTI GENERALI DEL PROBLEMA.
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1.1.CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE.
I problemi che si pongono a chi intenda valutare una banca sono senz’altro particolari e
meritano di essere analizzati nella loro individualità. Le difficoltà insite nella valutazione
delle aziende di credito sono da far risalire sia alla peculiarità delle operazioni di gestione da
esse svolte sia al fatto che la loro attività è regolamentata e sottoposta ad un notevole numero
di controlli e di vincoli che ne limitano fortemente le scelte strategiche.
Forse proprio per la maggiore difficoltà che si incontra nell’applicazione pratica alla banca
delle metodologie di valutazione raccomandate dalla dottrina per le aziende di altra specie, si
è consolidata, nella pratica italiana, l’abitudine ad utilizzare metodi empirici, non
correttamente basati sui presupposti teorici della dottrina, ma che ad essi possono essere
ricondotti solo con fatica.
In effetti il grado di sviluppo della pratica valutativa con riferimento alle banche è
piuttosto limitato; d’altro canto anche dal punto di vista teorico il problema è stato
ampiamente sottovalutato. Ciò è parecchio singolare se si tiene conto che proprio nel settore
bancario le cessioni, le fusioni, e le incorporazioni assumono importanza notevolissima.
La presenza in Italia di un regime di autorizzazione preventiva all’apertura di nuove
aziende di credito o di nuovi sportelli assieme alle enormi difficoltà che si dovrebbero
affrontare per sviluppare una nuova banca, fa sì che normalmente chiunque voglia entrare
nell’attività bancaria trovi conveniente o meglio obbligata la via di acquisire una banca già
operante sul mercato; d’altronde qualsiasi azienda di credito che desideri ampliare
sostanzialmente ed in breve tempo le proprie dimensioni, trova necessario ricorrere alla stessa
soluzione.
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I prezzi negoziati in corrispondenza di tali acquisizioni sono quindi in una certa misura
amministrati dalla Banca d’Italia che esercita un’azione calmieratrice attraverso il proprio
potere di autorizzare o meno l’acquisto di partecipazioni bancarie quando l’acquirente e’ un’
altra banca. Tale azione dà luogo nei fatti ad una normalizzazione dei valori di scambio delle
partecipazioni bancarie. Risultano così corretti all’ingiù prezzi eccessivi, che trovano
spiegazione nella volontà dell’acquirente di allargare la propria quota di mercato.
D’altra parte, anche banche caratterizzate da redditività insoddisfacente tendono ad essere
valutate in rapporto alle condizioni medie di esercizio del “business” bancario, ovvero in
rapporto alla redditività attesa per la nuova banca che viene a costituirsi in seguito
all’acquisizione.
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1.2. RAGIONI DELLA LIMITATA ATTENZIONE AL PROBLEMA
VALUTATIVO NEL CASO DELLE BANCHE.
Lo scarso sviluppo degli studi e della pratica riguardante la determinazione del valore da
attribuire all’azienda bancaria, è logicamente giustificabile solo se si ipotizza che il
trasferimento dei pacchetti delle azioni bancarie non ubbidisca solo a motivazioni
economiche, quali l’ampliamento o la massimizzazione della redditività.
Infatti, l’obiettivo dell’espansione e dello sviluppo delle imprese, del quale le acquisizioni
sono uno degli strumenti principali, non è necessariamente in armonia con l’obiettivo del
reddito almeno nel breve periodo, ma viene perseguito per il raggiungimento di altre finalità,
spesso difficili da definire e da misurare, quali ad esempio: ampliamento della quota di
mercato, eliminazione di un concorrente, aumento del potere personale dei detentori del
controllo
Tali argomentazioni valgono anche per il settore bancario nel quale solo di recente si è
avviata una politica di ristrutturazione con una serie di transazioni volte soprattutto a favorire
operazioni di concentrazione. Poiché però anche in queste ipotesi è pur sempre necessario
arrivare in qualche modo alla determinazione di un valore di scambio per l’istituto di credito
oggetto della negoziazione, sul mercato si sono sviluppati metodi valutativi più o meno
universalmente accettati e che soddisfano le necessità e gli interessi limitati delle parti
contrapposte.
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Anche quando vengono usati per determinare il valore di scambio metodi più corretti, è
singolare notare che si sente in genere il bisogno di giustificare il valore ottenuto per mezzo
dei metodi empirici più utilizzati, forse nella convinzione che ciò renda il prezzo negoziato
più accettabile o meno discutibile per le forze esterne in qualsiasi modo interessate alla
compravendita.
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1.3.IL CAPITALE ECONOMICO D’IMPRESA QUALE CONCETTO
FONDAMENTALE DI RIFERIMENTO.
La valutazione economica di un’azienda in generale e di una banca in particolare equivale
a quantificare il suo capitale economico. E’ anche vero che la configurazione del capitale
d’impresa assume una portata diversa in funzione dell’obiettivo che attraverso il processo
valutativo si intende conseguire. Infatti le ipotesi in cui può rendersi necessaria la valutazione
di un sistema aziendale sono diverse e possono comprendere i casi di :
-- trasferimento dell’azienda o di un suo ramo (capitale di cessione)
-- trasformazione di società (capitale di trasformazione)
-- formazione del bilancio di esercizio (capitale di funzionamento).
Tuttavia la determinazione dello scopo per cui la valutazione aziendale viene effettuata
non è di per sè, un elemento sufficiente per l’individuazione del concetto di valore economico
ad esso occorre affiancare la considerazione della posizione (ottica) del soggetto che compie
la valutazione
1
. Infatti anche a parità di scopo (ad esempio trasferimento d’azienda), il
problema si atteggierà diversamente a seconda se la stima sia condotta dal venditore,
dall’acquirente o da un terzo estraneo agli interessi delle parti.
1
Cfr.G. Zanda, M. Lacchini, T. Onesti, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 1992, p.4.
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In tal senso, il capitale economico viene definito come il capitale di trasferimento
(obiettivo) di un impresa nell’ottica di un perito indipendente (posizione) comprensivo anche
delle “sinergie e delle opportunità generali medie di settore”
1
purché anch’esse valutate
nell’ottica del perito indipendente. Pertanto per l’individuazione del valore del capitale
economico si esige il concorso di due requisiti: un requisito oggettivo (trasferimento
d’azienda) ed un requisito soggettivo (posizione del perito indipendente)
1
: ove l’azienda,
invece, sia valutata sempre ai fini del trasferimento ma nella posizione, ad esempio del
venditore o dell’acquirente, non si avrà individuazione del capitale economico, ma di un mero
valore di cessione per i diversi soggetti.
Va aggiunto inoltre che il requisito del trasferimento non comporta che la nozione di
capitale economico sia definita solo in rapporto alla presenza di una contrattazione di
compravendita dell’azienda, perchè ci si può riferire al capitale economico, non solo nel caso
di un trasferimento reale, ma anche quando tale trasferimento è solo supposto, e quindi, si
prescinde del tutto da operazioni di cessione dell’azienda.
Il capitale d’impresa dunque nella sua configurazione economica “non è” come afferma
Gino Zappa “un fondo di valori diversi sebbene coordinati, ma è un valore unico risultante
dalla capitalizzazione dei redditi futuri”
2
ed in questa accezione si differenzia sia dal capitale
di funzionamento, concepito come un fondo di valori riferito ad un dato istante scindibile in
componenti elementari ed analitiche, sia dal capitale di liquidazione in cui tutti gli elementi
attivi e passivi vengono stimati autonomamente e non come complesso sistemico, sulla base
del valore di effettivo realizzo.
1
Anche con questa espressione si sottolinea la rilevanza della posizione di fronte alla valutazione d’azienda. Se
infatti le sinergie sono stimate da persona diversa dal perito indipendente non si puo’ certamente parlare di capitale
economico, ma piu’ opportunamente di capitale di cessione.
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D’altro canto il capitale economico non si confonde con il prezzo negoziato dalle parti
contraenti, ma esprime un valore teorico di riferimento per poter giudicare della congruità dei
prezzi negoziabili o del prezzo negoziato in una data transazione e per darsi ragione degli
scostamenti di tali prezzi rispetto ad esso.
Le ragioni del divario sono da individuarsi essenzialmente nelle condizioni soggettive di
negoziazione che presentano le parti interessate alla transazione.
Tra tali condizioni possono annoverarsi:
--le asimmetrie informative tra cedente e cessionario
--le sinergie conseguibili dal cessionario inserendo l’azienda nella sua struttura
imprenditoriale. In questo caso l’azienda può essere acquistata ad un prezzo anche
notevolmente superiore al suo valore economico.
-- la forza contrattuale e l’abilità negoziale delle parti.
Nel processo di stima del capitale economico invece occorre prescindere dalle condizioni
soggettive per incentrarsi sulle sole condizioni obiettive di negoziazione.
1
Intendendo per trasferimento il mutamento del soggetto economico dell’azienda.
2
Cfr. G. Zappa, Il reddito d’impresa, Giuffrè, Milano, 1950, p. 81.
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1.4.LE OTTICHE VALUTATIVE DIVERSE DA QUELLE DEL PERITO
INDIPENDENTE.
Si ritiene che qualora il soggetto valutatore si attesti su una “posizione” diversa da quella
del perito indipendente prendendo in esame caratteristiche e interessi delle parti interessate
all’accordo, più opportunamente la valutazione dovrà essere considerata come finalizzata alla
stima del cosiddetto capitale di trasferimento.
La determinazione del capitale d’impresa di norma soggiace all’ottica valutativa propria
dell’investitore- risparmiatore, il quale cerca nell’impresa, una forma d’impiego del suo
patrimonio in alternativa ad altre forme d’investimento redditizio. In questo caso l’impresa è
valutata nella sua consistenza patrimoniale e nella sua capacità di produrre ricchezza in
quanto fonte di reddito per il futuro.
In altri casi la valutazione dell’impresa risponde ad una differente ottica valutativa e
precisamente a quella dell’acquirente - impresa, il quale è indotto all’acquisto non solo e non
tanto per disporre di una fonte di reddito, quanto piuttosto per realizzare potenzialità
strategiche derivanti dall’inserimento dell’impresa acquisenda nella sua economia. Quindi
mentre nel primo caso (quello dell’ottica dell’investitore -risparmiatore), nel decidere
l’investimento si pone attenzione alla sua consistenza patrimoniale analiticamente valutata e
ai redditi futuri che essa può generare, nel secondo invece accanto alla consistenza
patrimoniale vengono considerati i benefici addizionali ottenibili dal compratore grazie ad
una gestione sinergica dell’impresa acquistata rispetto alla situazione in cui si troverebbe ove
non procedesse all’acquisizione.
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1.5.LA VALUTAZIONE DEL CAPITALE DI UNA AZIENDA DI CREDITO
NELL’OTTICA DI UNA BANCA ACQUIRENTE RAPPORTI TRA
VALUTAZIONE E PREZZO NEGOZIATO.
La determinazione del valore di acquisizione di una banca è uno dei tipici casi in cui
prevale l’ottica dell’acquirente-impresa bancaria. Infatti le banche presentano sempre dei
fattori scarsi e non riproducibili, se non a costi e in tempi non convenienti. La valorizzazione
di tali fattori può essere massimizzata solo da altre banche che, grazie ad essi, riescono ad
accrescere la loro operatività, o la propria dimensione, e ad impedire il conseguimento di
analoghi vantaggi ad eventuali concorrenti.
Del resto la presenza di una banca su un dato territorio e in certe fasce di clientela
rappresenta il fattore non riproducibile per eccellenza, che solo un acquirente banca è in
condizione di valorizzare nel massimo grado, conseguendo una maggiore stabilità economica
e finanziaria.
Una corretta identificazione e valutazione delle determinanti del valore di una banca non
può prescindere dalla conoscenza della “formula imprenditoriale” sottostante alla banca
considerata. Per “formula imprenditoriale” si deve intendere il profilo aziendale in termini di
prodotti, clienti, tecnologie, strutture, e risorse produttive
1
. La formula imprenditoriale è un
elemento di giudizio insostituibile nel valutare la redditività prospettica della banca,
evidenziando i fattori di aleatorietà-stabilità del flusso di reddito futuro in rapporto a possibili
cambiamenti dello scenario ambientale.
1
Cfr. V.Coda, P. Mottura, Le determinanti del valore economico di un'azienda di credito: la formula
imprenditoriale, la redditività, gli aspetti strategici, in AA.VV., La valutazione delle banche, ICEB, Milano, 1985.
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I potenziali acquirenti-banca sono motivati a competere nell’acquisto dalla considerazione
di poter realizzare un vantaggio netto incrementale mediante l’integrazione totale o parziale
della “ formula imprenditoriale” della banca acquisenda nella propria.
Va rilevato che la valutazione di appetibilità strategica è subordinata ad una condizione
d’integrabilità della “formula imprenditoriale” e il suo apprezzamento deve essere effettuato
mediante la rilevazione di sintomi particolarmente significativi come, per esempio l’evidenza
del risultato economico, il cash flow, la quota di mercato, la posizione competitiva, la
composizione patrimoniale.
Valutata dunque l’appetibilità strategica della banca acquisenda, i potenziali candidati
all’acquisto le attribuiranno un valore limite che tiene conto oltre che dei valori odierni e
potenziali del capitale economico, anche dei vantaggi che essi possono o immaginano di poter
ottenere dall’acquisizione, vantaggi che i singoli candidati valutano unilateralmente e che
perciò conducono caso per caso a risultati diversi.
Se si vuole ricondurre questo concetto di valore potenziale del capitale a quello di
riferimento cioè, di capitale economico occorrerà considerare le sole sinergie e opportunità
generali medie di settore stimate nell’ottica del perito-valutatore escludendo quindi, le
sinergie e le opportunità di carattere peculiare riferibili a specifici acquirenti.
Il prezzo negoziato o che si è disposti a pagare per l’acquisizione di un azienda di credito è
dunque il punto finale d’approdo di un complesso processo strategico posto in atto dagli
acquirenti-banche.
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Non è da ritenere tuttavia che il prezzo negoziato sia definito in modo del tutto
indipendente dal valore del capitale economico della banca, ottenuto mediante la valutazione
di un perito indipendente. Infatti come afferma il Preda “ ...è difficile ipotizzare che le
sinergie che possono essere originate dall’acquisizione siano così imponenti da permettere di
elevare in modo significativo il prezzo negoziato”
1
.
1
Cfr. S. Preda, La valutazione delle banche in funzione della capacità di reddito, in AA.VV., bilancio e valutazione
delle banche, AIAF ed., Milano, Febbraio 1981, p. 72.
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1.6. L’INFLUENZA DELLA FORMA TECNICA DI ACQUISIZIONE SUL
PREZZO NEGOZIATO.
La forma tecnica con cui si attua l’operazione di acquisizione di una banca ha una notevole
importanza sul prezzo pagato.
Le modalità alternative sono:
a) acquisto dai vecchi soci di azioni già in circolazione
b) sottoscrizione di un aumento di capitale
c) fusione
d) incorporazione
Nel primo caso i fondi pagati non vanno a migliorare la situazione patrimoniale della
banca acquisita, come avviene nel caso sub b) , ma vengono liquidati ai vecchi soci; si tratta
di una strada obbligata se si desidera estromettere la precedente proprietà ed assumere il
controllo completo della banca. Se invece si è disposti a mantenere la partecipazione dei
vecchi soci può accadere che il prezzo pagato per le azioni sia più basso in quanto il venditore
può attendersi una quota dei vantaggi derivanti dall’entrare a far parte di un gruppo bancario
più vasto.
I casi sub c) e sub d) sono invece profondamente differenti dai primi due principalmente
perchè non comportano un esborso di cassa da parte dell’acquirente. E’ proprio la mancanza
di un impiego di cassa nei casi in esame che spinge a volte ad offrire per la banca
incorporanda un numero di azioni dell’incorporante assolutamente ingiustificato dal reciproco
rapporto di valori e che non sarebbe possibile se si dovesse procedere ad un acquisto per
cassa.
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Infatti nella definizione di un prezzo nel caso di fusione o di incorporazione è necessario
valutare entrambe le aziende coinvolte, e, affinché la negoziazione vada a buon fine occorre
che i soci di tutte e due le parti siano convinti di trarre vantaggi.
In questo caso in presenza di notevoli sinergie potenzialmente ottenibili si può pensare ad
un rapporto di concambio non perfettamente in linea con le valutazioni fatte, purché la
variazione sia percentualmente inferiore all’effetto sinergico atteso.
Se a queste considerazioni si aggiungono quelle relative alle strategie difensive per la
difesa della propria quota di mercato da gruppi bancari concorrenti, si comprende allora come
a volte sia necessario cedere sul prezzo pagato o sul rapporto di concambio per evitare
l’entrata sul mercato di un concorrente che potrebbe deprimere comunque la redditività a
lungo termine.