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1. LE NUOVE TENDENZE DELLA PRATICA SPORTIVA IN ITALIA:
ASPETTI STATISTICI E PSICOLOGICO-CULTURALI
1.1 Premessa
Questo capitolo vuole offrire una panoramica sull’evoluzione del mondo sportivo
in Italia. Seguiremo il percorso tracciato dall’indagine compiuta dall’Istituto
Nazionale di Statistica (Istat), a partire dalla prima del 1959 fino all’ultima a
nostra disposizione, datata 2000, in attesa di osservare i risultati di quella
realizzata a dicembre dello scorso anno. Verranno toccati gli aspetti chiave del
sistema sportivo italiano, analizzate le diverse proposte di domanda e offerta di
sport, discussi i vari cambiamenti e le possibili cause alla base della profonda
trasformazione dello sport e del rapporto popolazione-sport in Italia.
Tutti i dati statistici che verranno citati sono tratti dall’Indagine multiscopo
“I cittadini e il tempo libero” realizzata dall’Istat alla fine del 2000 (AA. VV.,
2001) e dal volume “Lo sport che cambia”, anch’esso redatto dall’Istat,
nell’ottobre del 2005 (AA. VV., 2005). Riteniamo tali dati i più attendibili nel
panorama delle ricerche statistiche nazionali.
1.2 1959-2000: cambiano i protagonisti dello sport
Nella prima indagine Istat sul fenomeno sportivo, effettuata nel 1959, si nota che
solamente il 2.6 % della popolazione italiana praticava sport, a netta prevalenza
maschile (90.8 %). Tralasciando il trascurabile apporto della pratica femminile
(9.2 % sul totale), si nota che la maggioranza degli sportivi era dedita alla caccia e
agli sport di tiro (33.6 %) e il calcio era in seconda posizione, pronto a salire alla
ribalta, con il 24.2 % dei praticanti. Lo sport, inteso a quell’epoca dagli statistici
come “pratica continuativa e non professionistica di attività sportive”, era dunque
un fenomeno d’èlite, che lasciava pochissimo spazio a bambini, anziani e
soprattutto alle donne.
I successi sportivi e sociali delle Olimpiadi di Roma del 1960 nascondevano
in realtà enormi carenze istituzionali, soprattutto a livello scolastico: basti solo
pensare che nei programmi per le scuole elementari del 1945 scomparve il settore
didattico autonomo dell’educazione fisica, tanto caro al regime fascista, e venne
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istituita la materia “educazione morale, civile e fisica”, una sorta di corso
integrato che rispecchiava una certa diffidenza verso l’educazione fisica vera e
propria (Bellagamba, 2004).
Tuttavia, proprio quei successi olimpici avevano creato nei giovani che
assisterono all’evento da più o meno vicino un vivo interesse per il mondo
sportivo.
La successiva indagine Istat del 1982, a più di 20 anni di distanza, ha
confortato questa ipotesi affiancando quella ancora più credibile del cambiamento
socio-politico e culturale del Paese, una causa della nuova e notevole importanza
attribuita a tutto lo sport. I praticanti abituali diventano il 15.4 % dell’intera
popolazione (a partire dai 6 anni d’età); i maschi sono il doppio delle femmine.
Interessante notare come dal rapporto praticanti maschi/femmine di 9 a 1 del 1959
si passi al 2 a 1 del 1982, rapporto che sarà ulteriormente diminuito a partire dal
1995.
Inizia, dal 1982, l’escalation dei giovani nella pratica sportiva, quest’ultima
vista ora come bisogno essenziale nella crescita e per la crescita dei ragazzi. A tal
proposito è utile osservare che l’avviamento alla pratica sportiva, “in quanto teso
allo scopo di contribuire alla formazione della personalità degli alunni e a porre le
basi per una consuetudine di sport attivo inteso come acquisizione di equilibrio
psico-fisico nel quadro dell’educazione sanitaria” (D. M. 9 febbraio 1979), è uno
degli obiettivi della disciplina curriculare “educazione fisica” nei programmi per
la scuola media statale del 1979. Non secondaria, in riferimento a ciò, è anche
l’istituzione, a partire dal 1969, dei Giochi della Gioventù.
Fino al 1995 la situazione globale si mantiene pressoché stabile, con un
picco del 22.9 % di praticanti in modo continuativo nel 1988. Proprio nel 1995
invece si registra un decremento nella pratica continuativa di sport di quasi il 5 %,
valore che si attesterà definitivamente (per i dati a nostra disposizione), cinque
anni più tardi, al 20.4 % della popolazione. Si tratta comunque di un calo rispetto
a 12 anni prima, e il motivo molto probabilmente è da ricercare nel cambiamento
dei protagonisti e delle modalità della pratica sportiva.
Nel 2000, pertanto, si registra qualche significativa variazione, sia per
l’aumentare della pratica sportiva continuativa in rapporto alla pratica di qualche
attività fisica (come ad esempio utilizzare la bicicletta, fare passeggiate di più di
due chilometri) da parte di tutte le classi d’età, sia per il deciso incremento della
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pratica femminile continuativa. Quest’ultima è cresciuta sia in valore assoluto
(15.4 %) sia rispetto alla pratica maschile (i maschi praticanti sono il 25.4 %,
contro il 31.9 % del 1988). Dal 1982 al 2000 le donne che praticano sport in modo
continuativo sono aumentate del 68%.
È molto interessante rilevare inoltre come dal 1995 al 2000 raddoppino i
praticanti sport in modo continuativo tra i bambini dai 3 ai 5 anni e tra gli anziani
con più di 75 anni, che insieme alle donne sono ad oggi i nuovi soggetti sociali
dello sport.
Tabella 1.1 – “Persone di 6 anni e più che praticano sport con continuità, per sesso
e classe d’età”
SESSO Anni
CLASSI DI ETÀ 1959 1982 1985 1988 1995 2000
Valori Percentuali
Maschi 2.4 21.5 30.4 31.9 23.7 25.6
Femmine 0.2 9.5 14.4 14.4 12.7 15.4
Maschi e femmine 2.6 15.4 22.2 22.9 18.0 20.4
6-10 anni 26.5 37.8 41.2 44.7 48.3
11-14 anni 43.6 55.1 57.9 50.0 53.2
15-19 anni 36.9 45.4 44.3 34.3 40.7
20-29 anni 22.0 32.3 32.2 28.1 32.0
30-39 anni 13.1 20.8 21.6 18.4 21.1
40-49 anni 8.2 14.2 15.8 12.4 16.1
50-59 anni 4.5 8.1 9.4 8.2 11.1
60 anni e più 1.5 2.3 4.4 3.3 4.7
Totale 2.6 15.4 22.2 22.9 18.0 20.4
Fonte: rielaborazione da dati Istat (AA. VV., 2005, pp. 19, 116).
1.3 Variazioni nella tipologia della scelta sportiva: una distinzione per genere
Nel corso del secolo scorso e in questo inizio di millennio sono cambiate le
modalità e le finalità di praticare sport, tant’è che allo stesso termine “sport” sono
state date infinite definizioni, dal campo giuridico a quello didattico, e così via.
Riteniamo che la più corretta ed universale possa essere quella espressa
nella Carta Europea dello Sport (art. 2, Consiglio d’Europa, 1992), in cui “si
intende per sport qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una
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partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il
miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni
sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”.
Pur tenendo presente questa definizione di base, per poter indagare nel
variegato mondo dello sport in modo serio e preciso una ricerca scientifica deve
opportunamente fare dei sottogruppi, assumendo come variabili la tipologia di
attività, la modalità della pratica (regolarità, intensità), la tipologia delle strutture.
Relativamente al tipo di attività, i dati Istat ci permettono di notare come
nell’ultimo mezzo secolo gli italiani abbiano scelto e praticato in modi e quantità
diverse le discipline sportive e come a sua volte queste ultime abbiano riscosso
l’interesse di più o meno individui. Dobbiamo innanzitutto dire che tra maschi e
femmine vi sono sempre state ovvie differenze nella scelta della pratica sportiva,
quindi ci sembra inopportuno citare medie per numero assoluto di praticanti/sport.
È preferibile intanto analizzare le tendenze per genere, per poi fare preciso
riferimento alle nuove discipline che coinvolgono in linea di massima entrambi i
generi.
Il sesso maschile ha sempre (ad eccezione dei dati dell’indagine 1959)
preferito il calcio, che ha continuamente raccolto un numero via via maggiore di
praticanti (dal 24.2 % del 1959, al 30.7 % del 1982, al 41.4 % dei maschi
praticanti del 2000: in totale circa 4 milioni di persone); a ciò ha sicuramente
contribuito la diffusione del calcio a 5, o calcetto, che grazie alle sue
caratteristiche di semplicità organizzativa ha fatto aumentare l’attività non
agonistica. Andamento inverso hanno avuto la caccia e gli sport di tiro, frutto
della tradizione popolare da Garibaldi a Mussolini, che dal 1959 al 2000 hanno
subito un decremento nei praticanti continuativi pari circa al 90 %. L’incremento
deciso di coloro che hanno scelto di giocare a calcio e calcetto tuttavia non ha
impedito alle altre discipline di veder crescere il relativo numero di praticanti: in
primo luogo gli sport di squadra, soprattutto pallacanestro e pallavolo, in secondo
luogo sport individuali come nuoto, ginnastica, attrezzistica e danza (voce che non
compare nell’indagine 1959), tennis (con un declino considerevole negli ultimi 10
anni) e ciclismo.
Nel 2000 (vedi anche Tab. 1.2), al secondo posto per numero di praticanti
maschi con più di 3 anni d’età, si trova il nuoto (15.7 % dei praticanti), seguito
dalle attività di palestra (ginnastica, aerobica e cultura fisica) con il 13.8 %, dallo
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sci alpino e dal ciclismo. Si noti che, se si eccettuano calcio (aumento di praticanti
troppo marcato), caccia (decremento troppo marcato) e attività di palestra (“nuova
disciplina”), le proporzioni dei praticanti tra i rimanenti sport non differiscono di
molto da quelle dell’indagine del 1959.
Passiamo ora ad approfondire l’evoluzione della pratica sportiva femminile,
sempre in relazione alla tipologia di attività. Nel 1959 il 33.9 % delle praticanti si
dedicava a sport invernali e alpinismo, seguito dal 27 % che praticava sport
natatori e dal 25.4 % che praticava tennis (dati non sommabili perché ogni
individuo può aver praticato più di uno sport). Ricordiamo che le donne praticanti
erano solo 121000, appena lo 0.5 % delle donne residenti in Italia. Già con
l’indagine del 1982 si nota che lo scenario è completamente diverso: le donne che
praticano sport con continuità sono quasi 20 volte in più rispetto a 23 anni prima e
gli sport a primeggiare sono quelli natatori (20.0 % delle praticanti), seguiti dal
gruppo della ginnastica, attrezzistica e danza (19.6 %), da pallacanestro, pallavolo,
pallamano (14.3 %) e da atletica leggera e podismo (13.7 %), cui va aggiunto un
5.1 % relativo a footing e jogging. La situazione si presenta ancora radicalmente
modificata nel 1988, sia per il valore assoluto delle praticanti che sale fino al 14.4
%, sia per le diversificazioni nel tipo di attività, prevalentemente per due motivi
complementari tra loro: raddoppiano le praticanti di ginnastica, attrezzistica e
danza (42.0 %) e contemporaneamente si riducono del 60% le praticanti atletica
leggera, podismo, footing e jogging e del 30% le praticanti tennis.
L’indagine del 2000 (vedi Tab. 1.2) ci offre i dati i più recenti, che riflettono
ed amplificano il cambiamento già in atto a partire dal 1982. Alla relativa
invariabilità del numero delle praticanti (aumento di un punto percentuale rispetto
al 1988), aumentano ancora le femmine di 3 anni e più che praticano in modo
continuativo ginnastica, attrezzistica e danza, fino al 46.4 %, e soprattutto passano
dal 19.0 % del 1988 al 27.4 % le praticanti nuoto. Si mantengono stabili le altre
discipline, con una leggera flessione tra le praticanti pallacanestro, pallamano e
pallavolo e un più marcato decremento delle tenniste. Un’altra suddivisione
statistica del 2000 sempre a cura dell’Istat, che riassume in un’unica voce le
attività di ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica, riporta che le donne che
praticano questo tipo di sport sono più di 44 su 100 praticanti, un valore che
diventa del 51 % se sommiamo le praticanti danza e ballo.
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Tabella 1.2 – Persone di 3 anni più che praticano sport con continuità, per sesso e
tipo di sport praticato (Anni 1985 - 2000)
Per 100 praticanti*
1982 2000 TIPI DI SPORT
Maschi Femmine Maschi Femmine
Calcio, calcetto 30.7 4.6 41.4 1.7
Ginnastica, attrezzistica, danza 4.9 19.6 13.5 46.4
Nuoto, pallanuoto, tuffi 9.4 20.0 17.2 28.0
Nuoto 16.0 27.4
Sport invernali, alpinismo 10.0 12.7 11.9 9.7
Ciclismo 4.1 0.9 6.6 2.8
Atletica leggera 6.0 13.7 6.8 5.1
Footing, Jogging 4.4 5.1 3.1 2.2
Tennis 12.7 12.7 9.6 4.4
Pallacanestro, pallavolo,
pallamano
7.3 14.3 9.4 12.9
Pallavolo 3.8 11.1
Pallacanestro 6.0 2.2
Arti marziali e sport di
combattimento
… … 6.3 2.4
Caccia 9.9 0.3 3.2 …
Pesca 5.6 0.3 2.6 0.1
Altri sport 10.9 7.9 16.9 19.0
* = i dati non sono sommabili per colonna perché ogni individuo può aver praticato più di uno sport
Fonte: rielaborazione da dati Istat (AA. VV., 2005, pp. 121, 127).
1.4 Differenze quantitative e qualitative nella pratica sportiva
Per ciò che riguarda la modalità della pratica, cioè riferendosi al modo
continuativo o saltuario di fare sport, intenso o meno intenso, regolare o
irregolare, ma anche alla “non pratica” o “sedentarietà”, utilizziamo come
riferimento principale le indagini Istat del 1995 e del 2000, poiché nelle
precedenti questo aspetto non è stato indagato. È ovvio quindi che i dati in nostro
possesso non permettono di tracciare un’evoluzione storica, ma consentono di
analizzare il rapporto degli italiani con la pratica sportiva in generale negli ultimi
10-15 anni.
Per poter approfondire questo tema è necessario preventivamente fare
un’osservazione sulle modifiche strutturali della popolazione, in particolar modo
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al suo progressivo invecchiamento; come si è detto infatti nuovi soggetti sociali
sono entrati nel mondo sportivo e tra questi bambini ed anziani giocano un ruolo
chiave. Così, pur essendo salita la percentuale di pratica sportiva relativa agli over
60, l’aumento della quota di anziani sulla popolazione totale tende ugualmente ad
abbassare il valore dei praticanti in modo continuativo. Ci limitiamo a questa
osservazione per capire come anche l’età (oltre naturalmente al sesso) determini
importanti variazioni intra ed inter-gruppi nella distinzione tra praticanti uno sport
(in modo continuativo, saltuario), praticanti solo qualche attività fisica e non
praticanti. La situazione alla fine del secondo millennio (vedi Tab. 1.3) è molto
chiara e ben definita: il 38.4 % della popolazione di 3 anni e più non pratica né
sport né attività fisica, con un incremento dello 0.6 % rispetto al 1995. I valori più
alti di inattività si registrano tra i bambini da 3 a 5 anni e tra le persone con più di
60 anni. È necessario notare però che proprio in queste classi d’età, tra il 1995 e il
2000, vi sia stato un notevole incremento della pratica, prevalentemente di quella
continua tra i bambini e più in generale tra gli anziani. Dai 20 ai 54 anni invece, vi
è stato un incremento sul versante della “non pratica”, favorito dalla grande
diminuzione dei praticanti di qualche attività fisica, a fronte di un leggero
aumento dei praticanti sport.
Protagonisti del calo della pratica complessiva sono i maschi, che a causa
della base superiore di praticanti, subiscono maggiormente il processo di
invecchiamento della popolazione. Al contrario la quota di donne praticanti sport
o qualche attività fisica è salita dello 0.7 % negli ultimi 5 anni del secolo scorso,
sia perché esse sono ancora nella fase potenziale di incremento della
partecipazione, sia perché sono sempre più le giovanissime e le signore anziane
praticanti.
Le indagini dimostrano che complessivamente sono i giovani fino 19 anni a
tenere alta la quota di praticanti e in particolar modo i ragazzi tra i 15 e i 17 anni.
Dai 20 anni in poi la quota di coloro che praticano sport inizia a decrescere
inesorabilmente, e il massimo decremento percentuale (ben 13 punti) si ha dai 35
ai 44 anni. I motivi di questo calo nella pratica sportiva sono essenzialmente due:
l’abbandono giovanile per ciò che riguarda il drastico calo nella pratica appena
dopo i 20 anni (interrompe il 7 % dai 25 ai 34 anni), e ragioni lavorative e
familiari per ciò che riguarda la fascia 35-44 anni, di cui si è parlato.