2 
sul tema salute senza fornire un’analisi di questi argomenti fondamentali, i 
quali, anche se come detto ormai assodati, costituiscono base 
imprescindibile per una analisi della odierna concezione di salute e delle 
sue implicazioni e sviluppi contemporanei.  
Nei paragrafi che seguono si tenterà quindi di dare un quadro teorico 
riassuntivo degli indirizzi ormai consolidati di dottrina e giurisprudenza 
sull’argomento trattato seguendone, in breve, l’evoluzione storica; ciò sarà 
utile per chiarire il significato attuale che riveste la salute come valore 
primario. Soprattutto oggi alle soglie del terzo millennio, il bene salute ha 
subito un’espansione tale da toccare campi di intervento e temi sconosciuti 
ai Costituenti del 1947. Infatti l’art. 32, e in particolare l’incipit del suo 
primo comma “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto 
dell’individuo e interesse della collettività…”, è veste di contenuti che 
rispecchiano i nuovi valori sorti con il progresso tecnico, scientifico, della 
medicina e soprattutto sociale che sposta la sua attenzione e il suo sguardo 
preoccupato sempre di più sull’uomo e sulla dignità umana strettamente 
collegata al tema trattato in questa sede. 
 
 
1.2  Collocazione del diritto alla salute tra i diritti sociali e 
implicazioni 
 
Sin dalla sua formulazione originaria, l’art. 32 Cost. fu posto dai 
Costituenti nella schiera dei cd. diritti sociali; infatti, nel progetto 
 3 
presentato dall’Assemblea costituente2, tale articolo era collocato nel titolo 
primo sotto la voce “rapporti-etico sociali”, precisamente all’art. 26. 
La formulazione originaria era la seguente: “La repubblica tutela la salute, 
promuove l’igiene e garantisce cure gratuite agli indigenti.  
Nessun trattamento sanitario può essere reso obbligatorio se non per 
legge. Sono vietate pratiche sanitarie lesive della dignità umana”. 
In questa prima formulazione manca del tutto l’affermazione forte  della 
salute come diritto fondamentale. Si può quindi osservare che mancando 
questo inciso, frutto di un emendamento successivo3, la collocazione tra i 
diritti sociali tout court -intesi nella interpretazione classica di principi 
programmatici e “condizionati”4 soggetti, cioè, ad essere attuati dai 
pubblici poteri- appariva di chiara evidenza e scevra da particolari 
problematiche. Dall’ analisi del testo dell’art. 26 balza all’occhio la veste 
sociale data alla salute: il sintagma “La Repubblica tutela la salute” 
sottolinea il compito che lo Stato si assume nei confronti del bene salute. 
Tuttavia la prospettiva è solo verticale, presupponendo un collegamento tra 
l’individuo (il quale deve essere preservato da una serie di situazioni che 
mettono in pericolo il bene in questione) e l’apparato statale che si assume 
il compito di predisporre i mezzi giuridici e materiali per rendere concreto 
“l’interesse” del singolo. 
                                                   
2
 La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, a cura del 
Segretariato generale della Camera dei deputati, Roma, 1970. 
3
 Per l’emendamento relativo alla qualificazione come fondamentale del diritto alla salute si veda 
Intervento dell’On. CARONIA, riunione del 4 aprile 1947, in La Costituzione della Repubblica nei 
lavori preparatori dell’Assemblea costituente, a cura del Segretariato generale della Camera dei 
deputati, Roma, 1970, 1215. 
4
 Cfr. CRISAFULLI, V., Le norme “programmatiche” della Costituzione, in Studi di diritto 
costituzionale in memoria di L. Rossi, Milano, 1952; inquadrano il diritto alla salute tra le disposizioni 
programmatiche anche: PERGOLESI, F., Tutela costituzionale della salute, in Corr. amm. 1961, 342; 
GIANNINI, La tutela della salute come principio costituzionale, in Inadel, 1960, 816; LESSONA, S., 
La tutela della salute pubblica, in Comm. Calamandrei-Levi, I, Firenze, 1950, 333 ss. 
 4 
Gli stessi Costituenti, in sede di lavori preparatori, si resero subito conto 
della portata troppo limitata della formulazione iniziale dell’art 26, il quale 
dava alla salute un significato riduttivo, trascurando che la “conservazione 
del miglior stato di salute possibile”, prima che principio costituzionale, è 
“tra le aspirazioni più tenacemente e diffusamente radicate nell’uomo”, 
dunque è espressione di “un istinto presente in natura ed insieme la 
coscienza di come la salute si ponga come condizione preliminare per lo 
svolgersi della personalità”5; in una parola è un valore primario 
dell’individuo e, pertanto, fondamentale. 
Gli emendamenti successivi della Costituente6 portarono, poi, alla 
formulazione attuale e alla collocazione del nuovo art. 32 Cost. nel titolo 
secondo della parte prima della Costituzione sotto la dicitura “rapporti 
etico-sociali”. Sebbene ci siano state molte remore e contrasti riguardo 
l’opportunità di immettere in Costituzione un articolo sul tema della salute7, 
come ben dimostra il dibattito sull’art. 26 agli atti della seduta del 24 aprile 
19478, una volta concordi sulla sua necessità, non ci sono state troppe 
opposizioni sull’emendamento proposto per primo dall’On. Caronia, il cui 
intento era di considerare la salute come diritto fondamentale dell’individuo 
                                                   
5
 Cfr. PEZZINI, B., Il diritto alla salute: profili costituzionali, in  Dir. Soc. 1983, 21. 
6
 Si veda in particolare la seduta del 24 aprile 1947 in Atti della Assemblea Costituente, ove l’On. 
Caronia definisce la tutela della salute come “una delle più alte funzioni dello stato e uno dei diritti più 
sacrosanti dei cittadini”. 
7
 Si veda la seduta del 24 aprile 1947 ove l’On. Sullo si era espresso a favore della soppressione 
dell’intero articolo dedicato alla salute perché giudicato superfluo; afferma infatti: “la proposta di 
soppressione (dell’art. 26) è costituita dal desiderio di venire in concreto incontro a quelle critiche che 
sono state fatte più volte in quest’aula da molti oratori circa la superfluità di taluni articoli o di talune 
affermazioni che non debbono trovare posto in una Carta costituzionale. (…). Noi abbiamo interesse 
che la Carta costituzionale sia formata di articoli che veramente dicano qualche cosa e non che 
rappresentino dei riempitivi , in  Atti A.C. cit., Contra intervento On. Meringhi nella stessa seduta per 
il quale “la pubblica salute deve essere veramente la suprema legge della repubblica; suprema legge 
per la tutela di quel patrimonio fondamentale della Repubblica che è la salute dei cittadini”, ivi,1219. 
8
 Cfr. interventi che apportano proposte di soppressione,in Atti A.C. cit., 3296 ss.  
 5 
in modo da “rafforzare ed elevare la garanzia data dalla Costituzione alla 
salute”9. 
La stessa Costituente non si rese ben conto della portata innovativa 
dell’inclusione del diritto alla salute nella schiera dei diritti fondamentali 
che elevava la salute sullo stesso piano dei diritti di libertà, e delle 
problematiche che tale nuova definizione andava a sollevare; il “nuovo” 
primo comma recita infatti: “La Repubblica tutela la salute come 
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e 
garantisce cure gratuite agli indigenti”. 
Un primo problema è rappresentato dal fatto che, seppure elevato al rango 
di diritto fondamentale con ciò che ne deriva -cioè  inviolabilità, 
intrasmissibilità, inalienabilità, irrinunciabilità e indisponibilità,  aspetti che 
verranno ripresi più diffusamente in seguito10- l’art. 32 Cost., come più 
volte affermato, resta collocato nel titolo secondo parte prima della 
Costituzione dedicata ai rapporti sociali. 
La dicotomia presente nell’art. 32 Cost., l’essere cioè un diritto sociale, ma, 
al tempo stesso fondamentale-inviolabile11, non venne inizialmente risolta, 
ma portò semplicemente a trascurare la portata della salute quale diritto 
fondamentale. L’attenzione rimase incentrata sul suo contenuto sociale12 e 
                                                   
9
 LUCIANI, M., Salute (ad vocem), in Enciclopedia Giuridica,XXVII, Roma, 1991, 4. 
10
 LUCIANI,M., Salute (ad vocem), in Enciclopedia Giuridica,XXVII, , Roma, 1991, 4. In particolare 
si osserva fin d’ora la peculiarità dei caratteri della indisponibilità e irrinunciabilità nel diritto alla 
salute. Riguardo il carattere della indisponibilità “non deve essere inteso come assoluto divieto della 
facoltà di disporre ma come presenza della necessariamente costante volontà”. Per comprendere 
l’esatta portata del secondo carattere: l’irrinunciabilità, bisogna affrontare il tema sulla inesistenza del 
dovere di curarsi trattato nel capitolo successivo. 
11
 La definizione è di BALDASSARRE, A., Diritti Sociali, (ad vocem), in Enciclopedia Giuridica, 
XI, Roma, 1989, 32. 
12
 Cfr. COCCONI, M., Il diritto alla tutela della salute, Padova,1998, 59; ove afferma che la 
discussione della Costituente riguardo l’art. 32 Cost.“non riguardò se non indirettamente, la 
riqualificazione della situazione giuridica soggettiva relativa alla tutela della salute, ma piuttosto le 
caratteristiche che avrebbe dovuto assumere un’azione pubblica diretta alla sua tutela, in modo 
particolare: a) le sue dimensioni e i suoi destinatari b) l’opportunità di inserire nella Costituzione la 
sua configurazione organizzativa e istituzionale (in particolare l’istituzione di un organo centrale e 
 6 
sul fatto di esplicarsi, quindi, come mera norma programmatica13, cioè 
rinviata all’intervento del legislatore per poter avere concreta attuazione. 
Dalla norma costituzionale si faceva derivare, cioè, il riconoscimento di un 
rapporto esplicantesi in modo esclusivo tra cittadino e pubblici poteri, 
qualificato quale “diritto soggettivo pubblico, la cui attuazione era 
circoscritta essenzialmente all’ambito degli interventi assistenziali e 
previdenziali”14 . 
 
 
1.3 Riconoscimento del diritto alla salute come diritto soggettivo 
assoluto: l’apporto della dottrina e della giurisprudenza 
 
Come detto il carattere di diritto fondamentale attribuito dalla 
Costituzione alla salute restò a lungo privo di contenuto sostanziale 
restando un attributo formale di scarsa o nulla applicazione pratica. 
Nel silenzio dei Costituenti15, la dottrina cominciò ben presto a interrogarsi 
sul significato da attribuire alla qualificazione della salute come 
fondamentale diritto della persona16. In particolare fu posto l’accento sulla 
                                                                                                                                                
autonomo che coordinasse e disciplinasse la materia ); c) il problema della ammissibilità e dei limiti 
dei trattamenti sanitari obbligatori, quindi il secondo comma di tale artico. Non furono invece 
affrontate in modo specifico alcune questioni la cui definizione avrebbe invece contribuito a una più 
precisa collocazione concettuale della figura, quali: a) la possibile identificazione del diritto alla salute 
con i diritti inviolabili della persona umana di cui  all’art. 2 Cost.; b) il rango costituzionale o 
puramente legislativo di tale diritto”. 
13
 Cfr. CRISAFULLI V., La Costituzione e le sue disposizioni di principi, Milano, 1952, 19, nel quale 
si evidenzia il carattere programmatico dell’ art. 32 in quanto “norma che invece di regolare fin dal 
primo momento in modo diretto e immediato determinati ordini di situazioni e rapporti, regola 
comportamenti pubblici destinati a loro volta a incidere su dette materie”. 
14
 PASQUINI, La tutela della salute in Problemi sic. Soc. 1966, 59. 
15
 vedi nota 8.  
16
 Sul punto cfr. BARBERA, A., La libertà tra diritti e istituzioni, in Studi in onore di C. Mortati, 
Milano, 1977, 18 per il quale tale difficoltà deriva da una “contraddizione (…) fra l’ispirazione 
ideologica dei costituenti e la loro cultura giuridica, fra un’ispirazione ideologica che superava (…) la 
vecchia concezione dello stato e una cultura giuridica ancora pienamente liberale…” 
 7 
difficoltà di inserire una situazione soggettiva, tradizionalmente concepita 
come diritto sociale, nella categoria dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 
della Costituzione. 
I problemi inerenti all’interpretazione, del primo comma dell’art. 32 Cost. 
si intrecciano strettamente, poi, con il mutamento della concezione dei 
diritti sociali, a sua volta causato dal passaggio dallo Stato di diritto allo 
Stato sociale di diritto, che vede garantiti accanto ai tradizionali diritti di 
libertà individuale anche i diritti sociali, che si differenziano dalle libertà 
fondamentali per la loro diversa natura. Infatti, mentre le libertà 
fondamentali comportano dei limiti all’intervento dello Stato, i diritti 
sociali impongono allo Stato stesso di intervenire, nei modi e con i mezzi 
ritenuti più opportuni, per soddisfare le esigenze sia della collettività che 
dei singoli componenti la collettività medesima17. 
Sulle riflessioni dottrinali sui diritti sociali in generale e sul diritto alla 
salute in particolare, si è aggiunta, poi, a partire dagli anni settanta, tutta 
una copiosa giurisprudenza costituzionale, profondamente innovativa, la 
quale ha dato un contributo essenziale per una ridefinizione dell’art. 32 
Cost. in particolare chiarendo le portata e le implicazioni del definitivo 
riconoscimento del diritto alla salute come diritto fondamentale. 
Scopo dei successivi paragrafi sarà dare un quadro generale della 
problematica relativa ai diritti sociali inserita nel contesto storico-politico 
dello stato sociale di diritto e dare conto sia delle riflessioni dottrinali che, 
soprattutto, del fondamentale apporto della giurisprudenza. 
 
                                                                                                                                                
In generale tutta la manualistica degli anni cinquanta e sessanta e, in alcuni casi, anche successiva è 
testimone del ritardo e delle difficoltà di lettura dell’art. 32 Cost. come sottolinea MORANA, D., in 
La salute nella Costituzione italiana, Milano 2002, 9. 
17
 BOTTARI, C., Principi costituzionali e assistenza sanitaria, Milano, 1991, 6. 
 8 
1.3.1  Diritti sociali: evoluzione e influenza sulla moderna concezione 
del diritto alla salute 
 
I diritti sociali nascono come diritti relativi a prestazioni positive 
dunque inattuabili in mancanza dell’intervento del legislatore il quale deve 
apprestare gli strumenti normativi necessari per permettere la loro 
realizzazione18. La dottrina tradizionale più risalente pone i diritti sociali in 
paragone-opposizione con i classici diritti di libertà (per i quali si intendono 
sostanzialmente tutte le libertà fondamentali elencate nel titolo primo della 
Costituzione art. 13, 14, 15 e seguenti); affermava infatti la diversa natura 
giuridica delle due schiere di diritti e da questa faceva discendere la 
subordinazione dei diritti sociali rispetto alle libertà fondamentali. 
Riguardo la natura giuridica, la dottrina sottolineava l’indubbio legame dei 
diritti sociali con il principio di uguaglianza sostanziale sancito all’art. 3, 
comma secondo, della Costituzione. Ciò portava alla conclusione che le 
norme sui diritti sociali non fossero altro che norme “programmatiche”19, 
                                                   
18
 Sul punto si veda BALDASSARRE, A., Diritti sociali (ad vocem), in  Enc. Giur. cit. 3. ove sono 
riportate due teorie sue diritti sociali, le quali sono concordi nel negare che “tali diritti possano avere 
una immediata tutela e una diretta azionabilità”. Secondo l’autore “l’una e l’altra (delle teorie che 
espone) esigono il necessario intervento del legislatore, in base al quale, soltanto quei diritti possono 
prender forma e tradursi in determinate pretese giuridiche. Infine perché, non esistendo alcuno 
strumento giuridico in grado di costringere il legislatore ad adottare determinati provvedimenti, 
ambedue le teorie finiscono in sostanza per riconoscere alle dichiarazioni sui  diritti sociali un valore 
essenzialmente politico-costituzionale. Si comprende così l’unanime consenso con cui i giuristi di 
Weimar negavano che i “diritti sociali”potessero in qualche modo porsi sullo stesso piano dei classici 
“diritti di libertà”: rispetto a questi essi si ponevano su un livello sicuramente inferiore, sia sotto il 
profilo della tutela e delle garanzie, sia (e ciò è particolarmente importante), sotto il profilo del loro 
rango(che era per i “diritti sociali” sostanzialmente legislativo, non già costituzionale)”.  
19
 Cfr. CRISAFULLI V., Le norme “programmatiche” della Costituzione, in La Costituzione e le sue 
disposizioni di principio., Milano 1952, 75, nel quale l’autore non abbraccia in toto la dottrina tedesca 
che depotenzia completamente i diritti sociali, ma riconosce a questi una peculiare precettività. 
Infatti afferma che le norme sui diritti sociali, sebbene non regolano “direttamente le materie cui pure 
si riferivano” si reputano dirette a disciplinare “propriamente l’attività statale in ordine a dette 
materie” per soddisfare determinati interessi. Da ciò ne scaturisce il riconoscimento di posizioni 
costituzionali di vantaggio, anche se attenuate: i cd. interessi costituzionalmente protetti. Tali 
situazioni sarebbero analoghe a quelle dell’interesse legittimo nel diritto amministrativo a causa della 
loro efficacia solo strumentale. Questa ricostruzione, se da una parte ha il pregio di attribuire un rango 
 9 
cioè programmi di azione per il legislatore il quale deve  eliminare  gli 
ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando l’uguaglianza tra i 
cittadini, impediscono il godimento di alcuni diritti fondamentali. 
Quindi i diritti sociali erano considerati come funzionali al miglior 
godimento delle liberà fondamentali il cui fondamento si rinviene, invece, 
nell’art. 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti 
inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si 
svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili 
di solidarietà politica economica e sociale” e quindi nel principio di libertà 
(negativa20).  
Conseguenze di questa impostazione sono la subordinazione dei diritti 
sociali ai diritti di libertà e il fatto che solo le libertà fondamentali potevano 
avere una tutela immediata e una diretta azionabilità. 
Questa impostazione teorica è propria della concezione di stato mutuata 
dalle riflessioni ottocentesche sullo stato di diritto21, ove fulcro era l’uomo 
e la difesa dei suoi spazi di liberà nei confronti dell’ingerenza dei pubblici 
poteri. 
                                                                                                                                                
costituzionale alle posizioni soggettive di vantaggio previste nelle norme programmatiche, si traduce 
tuttavia, attraverso l’analogia con l’interesse legittimo, in una degradazione di efficacia dei diritti 
sociali.  
La teoria appena esposta non è supportata dalla dottrina più recente si veda per tutti LUCIANI M., 
Salute ( ad vocem), op. cit., 4. (Il quale interpreta anche il pensiero di BALDASSARRE). Per l’autore, 
più che distinguere tre diritti sociali e di libertà, bisognerebbe operare una distinzione tra: diritti di 
difesa, diritti a prestazione, diritti di partecipazione, e diritti di avere (nel senso di percepire un utile 
sociale). 
Tale distinzione influenza anche la struttura delle situazioni giuridiche (diritto soggettivo- interesse 
legittimo) riconducibili a ciascun diritto fondamentale dunque “dire che un diritto fondamentale si 
caratterizza come diritto soggettivo o come interesse legittimo è possibile solo esaminando -in 
relazione a ciascun caso concreto- il diritto positivo, anche di rango subcostituzionale: tutti i diritti 
fondamentali (sia diritti sociali che diritti di libertà), infatti, hanno una struttura variegata che oscilla 
dalla pienezza del diritto soggettivo alle più tenui forme dell’ interesse legittimo”.  
20
 Nel senso di astensione da parte degli altri consociati e del potere statale dal ledere le libertà 
costituzionalmente garantite. 
21
 In particolare l’idea di subordinazione dei diritti sociali ai diritti di libertà deriva dalle riflessioni 
della dottrina tedesca  in relazione alla costituzione di Weimer (1919).  
 10 
Tra la fine del milleottocento e i primi anni trenta del novecento, gli Stati 
liberali hanno gettato le premesse per un mutamento verso lo Stato sociale, 
attuando le principali modificazioni legislative e sociali. 
Con l’avvento dello Stato sociale muta proprio il rapporto tra cittadino e 
Stato, che, da astensionista e garante della libertà individuale, diventa 
interventista e garante delle libertà collettive.22 
Sarebbe troppo complesso e poco utile ai nostri fini -cioè quelli di delineare 
l’evoluzione del pensiero sui diritti sociali in cui rientra il diritto alla salute- 
dare conto dei molteplici mutamenti storici e sociali che hanno segnato il 
passaggio dallo stato liberale di diritto al moderno stato sociale. 
Riportiamo a riguardo, senza alcuna pretesa di esaustività, una definizione 
riassuntiva del Prof. Baldassarre volta a definire lo stato sociale: "detto in 
breve, lo Stato sociale è la risposta politico-costituzionale alla crescente e 
obiettiva insicurezza sociale che costituisce il sottoprodotto (…) sia degli 
squilibri di potere comportati dal libero gioco delle forze sociali e 
dall’incertezza insita nei meccanismi spontanei del mercato, sia 
dell’instabilità dei valori insita nelle accelerate dinamiche culturali proprie 
di società come quelle rette da regimi politici democratici e da sistemi 
economici capitalistici, che sono caratterizzate da un crescente apertura 
reciproca e da ritmi di sviluppo delle condizioni di vita straordinariamente 
veloci”23. 
Con l’avvento dello Stato sociale, viene a mutare innanzi tutto l’idea di 
uomo non più visto solamente come singolo individuo impegnato nella 
difesa delle proprie libertà costituzionali, ma come persona che non ha 
valore solo in quanto singolo, ma in quanto relazione sociale, come parte di 
                                                   
22
 BOTTARI, C.,  Principi…, op. cit., 7. 
23
 BALDASSARRE, A., Diritti Sociali,( ad vocem), in Enc. Giur., XI, Roma, 1989, 3. 
 11 
una società che riconosce come fondamento primo il rispetto effettivo della 
dignità umana24 e si preoccupa dei bisogni dell’uomo per permettere il suo 
pieno sviluppo. A Tale riconoscimento consegue il primato dell’individuo 
sullo Stato e la consapevolezza che la base di ogni diritto umano si trova 
nella dignità umana (art. 2 Cost.), la quale è fondamento sia dei diritti di 
libertà (intesi in senso classico di divieto di ingerenza dello Stato e degli 
altri consociati nella sfera privata del soggetto), sia di tutti i diritti sociali 
volti a tutelare l’uomo nei confronti delle privazioni materiali25. 
Si può essere, allora, concordi nell’osservare che, essendo la dignità umana 
alla base della nuova concezione dello Stato sociale, non ha più senso la 
distinzione fatta dalle dottrine precedenti tra libertà fondamentali e diritti 
sociali, basata sul fatto che i due tipi di diritti si fondano su differenti 
principi: libertà (art. 2 Cost) e uguaglianza (art 3 Cost.); infatti nessun 
diritto è davvero tale se non può contare su un intervento sociale che ne 
abbia “istituzionalizzato” la protezione 26. 
Quindi “tutti i diritti sociali condividono lo statuto tipico dei diritti 
fondamentali tanto sotto il profilo dell’efficacia quanto sotto quello del 
valore giuridico”27. 
La dottrina ha giustamente osservato che il fatto che un diritto sociale sia 
considerato come fondamentale o inviolabile non esclude che il diritto 
                                                   
24
 BALDASSARRE, A., op. cit., 3. 
25
 Cfr. BALDASSARRE, A., Diritti inviolabili (ad vocem), in Enc. giur XI, Roma 1989, 5. Ove 
afferma: “l’idea di persona nella sua semplice dimensione di essere individuale e di essere sociale vi si 
staglia nettamente, infatti, come concetto unificatore dei diritti di libertà con quelli sociali”. 
26
 Così LUCIANI, M.., Salute (ad Vocem)., cit.,3, che continua affermando: “(…) non va dimenticato 
che la principale garanzia dei diritti di libertà, e cioè la possibilità di agire per la loro difesa davanti a 
un giudice è -a considerarlo realisticamente- proprio un “ diritto a prestazione” come gran parte dei 
diritti sociali. In questo quadro, l’espressione “diritti sociali” finisce per connotare semplicemente una 
classe di diritti che si distingue dagli altri solo per la sua origine storica -e cioè per il suo “venire 
dopo”i diritti “classici”- e per il suo peculiare legame con il principio di eguaglianza sostanziale 
fissato dall’art. 3, secondo comma Costituzione”. 
27
 BALDASSARRE, A., op. cit., 32. 
 12 
sociale in questione possa essere “condizionato”. La dottrina ha infatti 
classificato i diritti sociali in diritti cd. originari o incondizionati e diritti 
cd. derivati o condizionati. Mentre i primi accedono a rapporti che si 
istaurano su iniziativa delle parti per determinare il tipo o la quantità di 
determinate prestazioni, gli altri presuppongono una organizzazione 
necessaria e idonea alla erogazione delle prestazioni. Mentre i primi sono 
direttamente azionabili nei confronti della controparte pubblica o privata 
(quindi possono farsi direttamente valere davanti al giudice che ha 
l’autorità di stabilire il quantum delle prestazioni allorché non sia 
legislativamente determinato), i diritti condizionati necessitano della 
organizzazione erogatrice delle prestazioni e quindi dell’intervento del 
legislatore. Una volta, però, che sussistano le condizioni di fatto prestabilite 
per il loro godimento, anche quest’ultime pretese sono direttamente 
azionabili28. 
E’ importante pertanto evidenziare che i diritti sociali, al pari di tutti i diritti 
di libertà, sono innanzitutto valori supremi e come tali sono riconosciuti 
dalla Costituzione29: la forma giuridica che poi assumono in concreto 
dipende per lo più della origine storica e non scalfisce questo contenuto di 
valore. 
Dal discorso emergono due punti conclusivi importanti: il primo è che si 
afferma una parità di rango tra le due categorie di diritti30 e una comunanza 
di fondamento e di funzione, in modo che, in caso di conflitti tra diritti 
                                                   
28
 Cfr. MODUGNO M., I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, Torino 1995,71.  
29
 MODUGNO, F., op. cit., 68. 
30
 Per quanto riguarda il tema del diritto alla salute, che interessa in questa sede, e la parità di rango 
con le libertà fondamentali si veda anche una delle prime pronunce della Corte Costituzionale in tale 
senso: la sent. n. 31 del 1969, in Giur. cost.,1969, 2011, la quale afferma che il diritto alla salute si 
pone come un limite ad altri diritti e libertà garantiti dalla costituzione in quanto la salvaguardia della 
salute costituisce la prima e essenziale ragion d’essere dello Stato. Ad esempio la Corte ha 
ripetutamente affermato che il diritto alla salute si pone come elemento limitativo del diritto alla 
iniziativa economica privata (garantita dall’art 41 Cost.). 
 13 
sociali e diritti di libertà, il legislatore e il giudice devono operare un 
bilanciamento che tenga conto, in modo equilibrato, delle due categorie. 
In secondo luogo, i diritti sociali godranno della inviolabilità31 (in base 
all’art. 2 Cost.) propria dei diritti fondamentali. Quindi appare dimostrata la 
totale compatibilità del concetto di diritto inviolabile con quella di diritto 
sociale32. 
 
 
 
 
                                                   
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 La Corte costituzionale nella sent. n. 366 del 1991, in Giur. Cost., 1991, 2543, ha specificato il 
significato con cui l’inviolabilità è intesa in Costituzione. In base all’art. 2 Cost. un diritto è 
inviolabile, nel senso generale che il suo contenuto essenziale non può essere oggetto di revisione 
costituzionale, in quanto incorpora un valore di fondo della personalità avente un carattere fondante 
rispetto al sistema democratico voluto dal costituente; (…) in base all’art. 15 della Costituzione lo 
stesso diritto è inviolabile nel senso che il suo contenuto di valore non può subire restrizioni o 
limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un 
interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante, sempre che l’intervento limitativo sia 
strettamente necessario alla tutela di quell’interesse e sia rispettata la duplice garanzia: che la 
disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva di legge e la misura limitativa sia disposta 
con atto motivato dalla autorità giudiziaria”. 
Per una trattazione più ampia sul tema della inviolabilità vedi paragrafo 2.4.  
32
 Cfr. MODUGNO, M., Nuovi diritti e principi supremi della Costituzione, in Relazione al V 
Convegno nazionale della Associazione Italiana dei Costituzionalisti, 30 novembre- 1 dicembre 1990, 
60 ss. Il quale afferma: “La garanzia predisposta dalla Costituzione per i diritti sociali, ivi enumerati o 
in essa impliciti o trasversalmente ricostruibili, non è garanzia di tipo semplicemente legale o 
legislativo, ma è garanzia propria dei diritti costituzionali (spesso dei valori primari o supremi). In 
altri termini il fondamento della pretesa non sta nella legge che la rende eventualmente e 
gradualmente possibile in concreto, ma nella Costituzione. La legge funge da mera condicio sine qua 
non e non da condicio per quam che è invece già nella Costituzione. I diritti sociali non possono 
insomma costituirsi secondo il vecchio schema generico del diritto del cittadino ad una prestazione 
positiva rivolta allo stesso legislatore. L’obbiezione che sorge tuttavia simultanea, e tante volte 
ripetuta (a partire da Schmitt), è che la pretesa nei confronti di un soggetto libero di determinarsi 
(come il legislatore) rappresenterebbe una contraddizione logica, prima ancora che giuridica. In realtà, 
nella mutata concezione dello Stato costituzionale, non è più possibile contrapporre i diritti sociali 
come meri diritti a prestazione ai diritti di libertà che non richiederebbero prestazioni positive (ma un 
semplice dovere di astensione). Per un verso anche questi ultimi dipendono, nella realtà concreta, 
dalla organizzazione dello Stato. Per altro verso, vi sono certamente diritti sociali che, anche per 
struttura, sono assimilabili ai diritti di libertà e si realizzano, pertanto, ex se, indipendentemente da 
qualsiasi mediazione (legislativa)”. Tra questi vi rientra sicuramente il diritto alla salute quale diritto 
fondamentale del cittadino.