soprattutto italiane: ne sono un esempio le realtà di Bucarest, Cluj Napoca e Timişoara.
Negli ultimi anni l’Italia è stata registrata come il primo partner commerciale estero della
Romania. Questa influenza economica comporta anche una forte influenza e
un’integrazione culturale reciproca tra rumeni e italiani.
Durante la mia esperienza di studio con il programma Socrates a Cluj Napoca ho
constatato in prima persona l’esistenza di questo tipo di interazione tra gli investitori
stranieri e la realtà locale. Prima della partenza, grazie ai miei studi universitari, avevo
una base culturale adeguata per poter affrontare quelli che per persone impreparate,
sarebbero stati dei problemi: conoscevo ciò a cui andavo incontro. Ho rilevato
immediatamente i riflessi di questa forte presenza di imprenditori italiani nei settori della
produzione industriale e ho potuto constatare come tale presenza sia considerata un segno
positivo: per i rumeni gli italiani sono un punto di riferimento e non solo a livello
economico, ma anche per quello che riguarda gli usi, le tradizioni, lo stile e il modo di
fare. Gli italiani con il loro interessamento a quest’area nel corso degli anni si sono
guadagnati una stima notevole da parte della popolazione rumena.
E’ proprio osservando questo stato di cose che ho portato avanti il progetto di un
sondaggio da proporre ad un campionario di imprenditori italiani residenti a Cluj
Napoca, per fornire un esempio di quello che può essere il livello di integrazione, non
solo sul piano lavorativo, di un uomo d’affari straniero che si reca in Romania.
Nel distretto di Cluj Napoca sono presenti ben più di 900 imprese italiane e svolgere
un’indagine su tutte avrebbe richiesto molto più tempo rispetto a quello che avevo a mia
disposizione, ma mi riprometto di poter ampliare con una futura tesi di laurea
specialistica questa mia ricerca, in modo più approfondito e con un campione
scientificamente significativo di soggetti. Ho scelto come luogo dell’indagine la città di
Cluj Napoca, dato che la mia esperienza Socrates si stava svolgendo in questo distretto. Il
numero degli intervistati è stato ristretto ai rappresentanti di sette imprese, che certo non
costituiscono un vero e proprio campione, ma che per un primo sondaggio, mirato
specialmente a verificare la validità del questionario, sono stati sufficienti. La scelta delle
imprese i cui responsabili sarebbero stati intervistati, è stata una decisione ben ponderata:
3
come si dirà nel capitolo IV, si è stabilito di prendere in considerazione un campione di
imprese che comunque contassero un numero di anni di presenza in Romania diverso tra
di loro. Oltre a ciò gli intervistati sono esempi di imprenditori di età diverse e quindi
portano a testimonianza esperienze di vita e di approccio delle più disparate: la differenza
d’età si è rivelata un fattore rilevante nella mia indagine, perché spesso è ciò che ha
determinato una risposta piuttosto che un’altra e quindi è significativa di approcci diversi
alla realtà rumena. Tra le sette imprese coinvolte nell’indagine, dato che in Romania
l’imprenditoria italiana non conta ancora una presenza di grandi aziende, si trova un
campione misto di medie e piccole realtà.
Ho portato avanti l’indagine proponendo l’intervista ad ogni imprenditore
coinvolto, mirando soprattutto a scoprire quale potrebbe essere il ruolo della mediazione
culturale per chi come loro si reca all’estero per intraprendere un’attività stabile. Come si
vedrà in seguito, è emerso che una mediazione culturale, con una base di conoscenza
storico-culturale, che prepari i soggetti prima che essi arrivino in Romania (comunque, in
generale, ciò è valido per chi si sposti in un qualunque Paese straniero) è risultata
fondamentale affinché si sia meglio preparati ad interagire con la nuova realtà, dato che
essa fornisce gli strumenti per affrontare le situazioni che si possono presentare e davanti
alle quali, invece, una persona che non ha un minimo di preparazione si troverebbe a
disagio.
Queste interviste, dunque, possono dirci già molto sul ruolo della mediazione
culturale nell’integrazione di un soggetto in una realtà straniera. Esse rivelano, inoltre,
qual è la considerazione che gli italiani hanno dell’ambiente rumeno, quali sono gli
aspetti positivi e negativi che hanno potuto trarre da questa loro esperienza, come si
svolga quotidianamente la loro interazione con la realtà locale, quali possono essere le
considerazioni, sia generali che specifiche, riguardo al luogo in cui sono venuti a vivere e
alle persone con cui vengono a contatto ogni giorno, ossia i rumeni del posto.
4
Per lo svolgimento delle mie interviste ho ricevuto un grande sostegno dai contatti
istituzionali che la cattedra di Lingua e Letteratura Rumena dell’Università degli Studi di
Udine ha con i referenti accademici clujeani. Dai miei “tutor” rumeni ho ricevuto tutto
l’aiuto necessario che mi ha consentito di godere di una serie di facilitazioni.
Ringraziamenti sentiti devo esprimere per tutte quelle persone che mi hanno
offerto il loro sostegno durante questa mia fase di indagine e che mi hanno guidata nello
svolgimento delle mie ricerche. In primo luogo un ringraziamento va alla mia
professoressa di rumeno dell’Università degli Studi di Udine, professoressa Ferro. Allo
stesso modo sento di dover ringraziare la professoressa Lungu della cattedra di Italiano
dell’Università di Cluj Napoca, che più di tutti mi ha aiutata sia nel prendere i contatti
con le varie aziende e i vari imprenditori, permettendomi di muovermi più facilmente
nell’ambiente dell’imprenditoria italiana a Cluj, sia nel portare avanti la mia indagine
passo dopo passo, rivedendo e ricontrollando ogni fase di svolgimento. Ringrazio il
professor Ştefan Damian e il figlio Alessandro, che mi hanno fornito vari nominativi di
imprenditori e che mi hanno reso il lavoro più facile presentando agli intervistandi, già
prima del mio intervento, l’intervista e le sue finalità. Ulteriori ringraziamenti vanno al
personale della Camera di Commercio di Cluj che è stato molto disponibile e che mi ha
fornito le principali informazioni sull’imprenditoria italiana nel distretto. Infine sono
grata a tutte le altre persone degli uffici pubblici a cui mi sono rivolta, che in ogni modo
possibile mi hanno agevolata, contribuendo ad ampliare i dati della mia ricerca.
5
CAPITOLO I
CLUJ E LA TRANSILVANIA- BREVE STORIA
La città di Cluj Napoca fa parte di quella meravigliosa regione montana situata
nella parte centro- settentrionale della Romania, denominata Transilvania. La regione si
congiunse nel 1918, dopo il primo conflitto mondiale, alle altre due regioni storiche della
Moldavia e della Valacchia, allora già Regno di Romania e, tutte insieme, costituiscono
l’attuale territorio nazionale del popolo rumeno. Oggi questa è una regione multiculturale
e multietnica, costituita per il 75% circa da abitanti di etnia rumena, per un buon 19,6%
da abitanti di origine ungherese, mentre la parte restante è rappresentata da consistenti
nuclei di tedeschi, serbi, ucraini, rrom e in misura minore di altre nazionalità
1
.
Il territorio transilvano gode di un passato storico molto ricco e complesso.
Quando fu occupato nel corso del primo millennio a. C. dai traci o daco- geti (due
denominazioni utilizzate, forse, per definire la stessa popolazione), il re Burebista (82- 44
a. C.)
2
pose i centri fortificati del suo stato proprio nella Transilvania, che era la
roccaforte del suo vasto regno. A questo periodo di dominazione tracica, seguì il dominio
romano: in seguito alle lunghe guerre daco- romane (101- 107 d. C.), infatti, il re
Decebalo fu sconfitto dall’imperatore romano Traiano, il quale promosse una forte
attività di colonizzazione per rimediare allo spopolamento del territorio, che era stato
causato proprio dagli ultimi avvenimenti bellici. La colonizzazione romana interessò
subito la Transilvania, mentre solo più tardi coinvolse anche la Moldavia e la Valacchia.
Conseguenza della colonizzazione fu una forte romanizzazione dei territori conquistati,
così che, con il tempo e grazie al suo prestigio, il latino si impose come la lingua più
usata anche dai locali e tra la popolazione si diffusero anche cultura e tradizioni romane.
1
I.A. Pop- M.Porumb, La Transilvania Patrimoniul cultural al României, ICR, Cluj Napoca 2004, p.59
2
I.A. Pop, I Romeni e la Romania, ICR, Cluj Napoca 2004, pp.38-39
6
Considerando questi primi dati storici si può affermare, dunque, che la
formazione del popolo rumeno sia avvenuta tramite la romanizzazione dei daco-geti e
poi, all’avvento dei primi popoli slavi, con l’assimilazione di questi da parte dei
cosiddetti “protoromeni”, cioè gli eredi delle popolazioni romanizzate
3
. La Transilvania è
la regione in cui ebbe inizio la genesi e la formazione del popolo rumeno. Nonostante
l’occupazione militare romana fosse cessata nel 271 d. C. , la latinità continuò a produrre
i suoi effetti per i contatti frequenti. Fu ancora più influente quando nel 313 d. C., con
l’Editto di Costantino, fu ufficializzato il Cristianesimo. I primi predicatori si mossero
dal Sud del Danubio verso il Nord, cioè dall’Impero romano verso quelle zone che un
tempo erano state romane e che mantenevano la lingua latina, quindi si può dire che la
cristianizzazione dei rumeni sia avvenuta spontaneamente come per tutti gli altri popoli
latini, come evento che ha seguito semplicemente l’evolversi dei fatti storici.
Nel 271 d. C. i romani si erano ritirati a sud del Danubio per l’arrivo dei popoli
migratori, che in questa fase erano specialmente popolazioni germaniche. Nel VI secolo
arrivarono gli slavi che furono i soli ad insediarsi in maniera stabile su questo territorio e
cambiarono le sorti e gli aspetti culturali che fino a quel momento avevano segnato la
storia dei territori carpatici.
Attorno al 900 d.C. i rumeni e gli slavi avevano proprie formazioni statali
4
.
Proprio in questo periodo si segnala l’arrivo delle popolazioni che avrebbero dato vita al
popolo ungherese. Essi, provenienti dall’Asia, dopo le prime incursioni, rimasero
stanziati in piccoli gruppi nel territorio circostante. Dopo l’anno 1000 d. C. sul territorio
della Transilvania si registrarono nuovi attacchi da parte degli ungheresi, ormai passati al
3
A.Rosetti, Istoria limbii române, Bucureşti, 1984, pp.322-325
4
I.A.Pop- M.Porumb, La Transilvania, cit., p60
7
cristianesimo, che fino al 1200 c.a. avrebbero installato numerosi contingenti armati nel
territorio della Transilvania, facendola diventare un voivodato del loro regno.
Dopo l’occupazione, gli ungheresi favorirono il ripopolamento del territorio
transilvano e, tra il XII e il XIII secolo, chiamarono nella regione, perché vi si
stabilissero, molti gruppi di coloni occidentali ( soprattutto tedeschi), i quali nelle fonti
storiche vengono denominati sassoni
5
. Essi ebbero il merito di far conoscere un periodo
di grande prosperità al regno ungherese che ormai inglobava la Transilvania: i sassoni
mantennero forti legami con i luoghi di origine e furono per lo più commercianti e
imprenditori. Essi hanno rappresentato fino in epoca recente la borghesia attiva e ricca
del Regno di Romania
6
. Con la dominazione degli ungheresi e con l’arrivo di genti
dall’Occidente si diffuse il cattolicesimo con le proprie relative istituzioni specifiche
come vescovadi, parrocchie e monasteri
7
.
In sintesi, si può osservare che all’inizio del XV secolo, la struttura etnico-
religiosa della Transilvania era costituita da un lato dai romeni ortodossi, che seguivano
la confessione tradizionale ereditata dagli antenati (lo Scisma del 1054 vide la divisione
del Cristianesimo che dura ancora oggi
8
) e, dall’altro lato, da ungheresi, sassoni, siculi o
sekleri, di tradizione religiosa cattolica. Considerate le circostanze storiche, già allora si
svilupparono tra i rumeni e le varie etnie che occupavano lo stesso territorio, alcuni
problemi ancora presenti nella realtà transilvana. Le difficoltà maggiori sorsero
soprattutto nei rapporti con gli ungheresi, in quanto questi, essendo la Transilvania un
voivodato del loro regno, godevano di privilegi che non venivano concessi anche ai
rumeni. I conflitti sociali erano spesso mascherati con pretesti confessionali: gli
ungheresi, infatti, volevano costringere i rumeni a convertirsi al cattolicesimo, ma,
tramite questo espediente, miravano ad integrarli, pena la perdita di tutti i diritti.
Il periodo in cui regnò Ludovico I (1342- 1382) fu caratterizzato da un’ampia
campagna per la propaganda del cattolicesimo da parte degli ungheresi, così che si arrivò
5
Autori vari, Una storia dei rumeni studi critici, CST, Cluj Napoca 2003, pp.102-103
6
I.A.Pop, Românii şi maghiarii în secolele IX- XIV, Cluj, 1996, pp. 152- 158 e pp.166- 172
7
I. A. Pop-M.Porumb, La Transilvania, cit., p61
8
Autori vari, Una storia dei rumeni, cit., p.225
8
all’esclusione della popolazione rumena dal godimento di diritti politici solo perché essa
era in prevalenza ortodossa. In realtà, nel corso della prima metà del secolo XIV, gli altri
due stati vassalli dell’Ungheria, la regione di Valacchia e quella di Moldavia, si erano
resi indipendenti. Questa sconfitta politica aveva costretto Ludovico a prendere
provvedimenti contro i rumeni della Transilvania per evitare che, per affinità di lingua, di
cultura e di confessione religiosa, essi seguissero l’esempio dei loro fratelli orientali. Fu
così che la differenza di confessione religiosa divenne un pretesto per applicare a chi non
avesse abiurato, sanzioni che comprendevano anche la perdita del diritto di proprietà e
dei diritti politici. Per altro verso, aderire al cattolicesimo significava perdere la più forte
connotazione del popolo rumeno: il legame dell’antica “legge”, l’ortodossia. I rumeni
che, nella stragrande maggioranza, non accettarono l’imposizione dei re ungheresi, si
ritrovarono sempre più marginalizzati rispetto alle altre etnie e la loro situazione continuò
a peggiorare. Nonostante questa situazione di disagio, il popolo rumeno si dimostrò abile
a mantenere saldi i propri stili di vita, le proprie organizzazioni e le proprie istituzioni.
Questo tipo di emarginazione, però, creò una “ forma mentis” di sottomissione e umiltà,
di mancanza di fiducia nel rinnovamento, che spesso sfociò in atteggiamenti di rivolta
9
.
Una tregua al secolare scontro tra cattolici e ortodossi in Transilvania fu concessa
dalla lotta comune che ungheresi e rumeni si trovarono a dover sostenere contro gli
ottomani. Insieme, ungheresi e rumeni, scrissero gloriose pagine di storia della lotta
contro i turchi. Il periodo di sottomissione della Transilvania agli ungheresi, però, stava
per volgere alla fine grazie ad una serie di eventi che si realizzarono nel corso del XV
secolo. Il primo e forse più importante personaggio storico, rappresentativo a questo
riguardo, fu il re Mattia Corvino, nella seconda metà del 1400. Proveniente da una
famiglia rumena che era passata al cattolicesimo, riuscì ad elevarsi alla più alta carica in
Ungheria e questo gettò speranze tra i rumeni, divenendo sicuramente anche motivo di
riflessione per gli ungheresi
10
.
9
I.A.Pop-M.Porum, La Transilvania, cit., p.62
10
I.A.Pop-M.Porumb, La Transivania, cit., p.63
9
Nel 1541, infine, l’Ungheria si ritrovò divisa a causa di una serie di guerre perse,
in seguito alle quali una parte del territorio ungherese andò agli Asburgo e un’altra parte
fu consegnata agli ottomani. In questa situazione la Transilvania era per lo più in uno
stato di indipendenza, dato che comunque era sempre stata una realtà a sé stante anche
quando, come voivodato, aveva fatto parte del regno ungherese.
Nel Medioevo si può già intravedere quella che è anche ora la “ forma mentis” del
popolo rumeno, che ne indica le origini romano- bizantine e l’influenza, subita nel corso
della storia, di natura bizantino-slava
11
. Le chiese rumene edificate nei secoli XV-XVI
sono di tradizione romano- bizantina, prima costruite in legno, e poi rinnovate con pietra
e muratura. Tutte le tipiche chiese lignee, che si possono vedere ancora oggi nei musei
etnografici, per esempio a Cluj o anche a Sibiu, sono state costruite dai rumeni in periodo
medievale e l’utilizzo del legno è dovuto non solo al fatto che il suolo della Romania
offre abbondanza di questo materiale, ma anche, e soprattutto, al fatto che ai credenti
ortodossi fu a lungo vietato di utilizzare la pietra per loro edificazioni religiose. Le
costruzioni romano-cattoliche che si possono ammirare in Transilvania, invece, sono
state edificate dai coloni tedeschi nei secoli XII e XIII.
L’aspetto religioso ebbe un importante risvolto di carattere linguistico: la lingua
di cultura per i rumeni e per la loro chiesa orientale era l’antico slavo ecclesiastico, che
era anche la lingua degli atti pubblici. Una parte dell’élite conosceva sia lo slavo che il
magiaro e capitava che, per rapporti occasionali che si avevano con l’Occidente, si usasse
anche il latino. Nei rapporti familiari non vi è dubbio che tutti usassero quotidianamente
il rumeno come lingua per la comunicazione orale.
L’alfabeto utilizzato fino al Medioevo fu il cirillico, poi anche in Romania si
introdusse l’alfabeto latino, che cominciò ad essere diffuso dalle prime tipografie a Sibiu,
Cluj Napoca e Braşov, importanti per l’utilizzo anche delle lingue ungherese e tedesca.
11
I.A.Pop-M.Porumb, La Transilvania, cit., p63
10
Cambiamenti confessionali in Transilvania si ebbero nella seconda metà del XVI
secolo, quando ci fu la “vittoria” totale della Riforma. Da questo momento, fino al XIX
secolo, il sistema politico- religioso della Transilvania rimase intatto: alla base c’erano le
tre nazionalità di pieni diritti, ossia ungheresi, sassoni e rumeni, e quattro tipi di religioni,
cioè calvinista, cattolica, luterana ed unitariana. I rumeni, pur costituendo la metà della
popolazione, videro negarsi il riconoscimento ufficiale della loro confessione ortodossa.
Essi erano considerati “cittadini di seconda mano”, tollerati o accettati nel Paese, fin
quando lo avrebbero voluto i “privilegiati”, coloro che detenevano il potere. In alcuni
periodi si era anche cercato di attirare i rumeni verso la Riforma, soprattutto verso il
calvinismo, garantendo, in cambio, ai convertiti la concessione dei diritti politici, ma i
rumeni rimasero saldi e coesi nella loro fede orientale. Nonostante ciò, si può comunque
affermare che la Chiesa rumena ha trovato fino alla fine un quadro legale di
funzionamento, anche se il multiculturalismo attuale per cui oggi è tanto lodata la
Transilvania, non corrisponde a quello che era in passato il trattamento riservato alla
popolazione rumena, esclusa da questa tolleranza multietnica, che ha causato lunghe
sofferenze ai discendenti dei romani in quest’area
12
.
La prima unificazione delle tre regioni rumene fu realizzata tra 1600 e 1601 da
Michele il Bravo ( in rumeno: Mihai Viteazul). Nel suo breve dominio questi introdusse
delle misure a favore dei rumeni di Transilvania e della loro Chiesa ortodossa, ponendola
sotto la giurisdizione del metropolita della Valacchia. Dalla corte imperiale di Vienna
ottenne l’assenso a che la confessione ortodossa fosse accettata tra quelle ammesse nel
principato, perché fosse tolto l’obbligo ai preti rumeni al lavoro servile, perché le leggi e
i documenti ufficiali fossero prodotti anche in lingua rumena e perché tra i dignitari
fossero nominati anche romeni
13
. Proprio tutta questa serie di cambiamenti fece sì che
Michele il Bravo fosse “eliminato” in breve tempo con l’accusa di voler distruggere le
leggi del Paese: ma sarebbe diventato il simbolo dell’unità nazionale della Romania.
12
Lo dimostra il fatto che nel XVI secolo alcune Diete presero dei provvedimenti esplicitamente
discriminatori nei confronti dei rumeni
13
I.A.Pop, I Romeni e la Romania, cit., pp.141-143
11