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consapevolezza che tali fenomeni portano inevitabilmente a costruire nuove reti sociali,
nuovi rapporti con il territorio ed una contaminaz ione fra modelli culturali 1.
I rapporti tra Italia e Romania sono sempre stati a livelli d eccellenza. L esperienza
delle imprese italiane in questo paese non Ł infatti casuale, gi da prima dell 89 erano
diffuse le collaborazioni e la loro moltiplicazione durante gli anni 90 ha trovato un
terreno fertile, incentivato da un impegno politico e diplomatico a favore
dell interscambio commerciale e dell integrazione e conomica. Il primo capitolo vuole
sottolineare questo legame economico e politico fra i due Paesi, inserendolo nella
allargata cornice europea. L allargamento dell UE a ll Europa centro-orientale ha seguito
un percorso prestabilito ormai collaudato dalle precedenti ondate di ingressi. Tuttavia, il
processo di integrazione non Ł stato nØ semplice, nØ scontato. L appartenenza alle
economie pianificate della Romania, come per gli altri Paesi dell est europeo, ha
costituito un vincolo di primaria importanza al percorso di transizione. La teoria
economica utilizzata nelle economie pianificate ha determinato l assenza di una cultura
economica e di istituzioni adatte al funzionamento di un economia di mercato. Inoltre,
quest ultimo allargamento si distingue dai precedenti perchØ determina un notevole
aumento del territorio e della popolazione dell Unione, ma una rilevante riduzione del PIL
pro capite. L accentuata eterogeneit dei paesi ade renti ha implicato, ed implica tuttora,
un attenzione maggiore da parte delle istituzioni europee e degli stati membri per
l attuazione di un processo di convergenza finalizzato alla riduzione delle disparit
socioeconomiche esistenti2.
L allargamento appena concluso si realizza all inte rno della rinnovata attenzione
verso il processo di globalizzazione che ha coinvolto, in modo piø evidente negli ultimi
decenni, ogni parte del mondo. Il contesto nel quale oggi viviamo e con il quale anche le
dinamiche di regionalizzazione si confrontano Ł quello di una forte integrazione ed
interdipendenza dei mercati dei beni, dei servizi, della conoscenza, del capitale e del
1
F. Turato, Il ruolo delle PMI nel Nord Est dei Balcani, Quaderni Fondazione Nord Est, Venezia 2002,
www.fondazionenordest.net, pp. 5-6
2
N. Boccella, Teorie economiche e disuguaglianze territoriali: il difficile cammino per l allargamento
dell Unione Europea, in F. Randazzo (a cura di) Romania Italia Europa Storia, politica, economia e
relazioni internazionali, Periferia, Cosenza 2003, pp. 231-232
5
lavoro a livello mondiale. I confini economici, culturali e sociali tendono ad essere meno
netti ed un ruolo essenziale in questo processo Ł segnato dalle economie di
agglomerazione , nel senso che le imprese, nelle sc elte del territorio sul quale insediarsi,
tendono a cercare una combinazione di fattori favorevoli tra i quali la disponibilit di
risorse umane e di infrastrutture3.
I fattori che hanno fatto della Romania la principale meta per i piccoli e medi
imprenditori italiani, ed in particolari veneti, sono un insieme di caratteristiche diverse.
Innanzitutto, il costo della manodopera nettamente inferiore a quello italiano, ma anche la
vicinanza geografica, una lingua appartenente allo stesso ceppo latino, usi e costumi
assimilabili a quelli italiani. Le profonde abitudini contadine richiamano all imprenditore
veneto le proprie origini mezzadre4 ed il ricordo di un modello perduto e non piø
riproponibile negli stessi termini nei nostri territori5. Ultimi due fattori da richiamare sono
i rapporti politici tra Romania e Italia, da sempre indirizzati ad aumentare l interscambio
commerciale, e l effetto imitazione che ha portato aziende dello stesso distretto a
rincorrersi al di l dei confini.
L analisi del ruolo delle imprese venete nel processo evolutivo romeno non pu
prescindere da una considerazione generale sull internazionalizzazione della piccola
media impresa italiana, su questo tema si Ł voluto incentrare il secondo capitolo.
L Italia, infatti, si inserisce nel contesto internazionale a partire da una struttura
diversa da quella dei maggiori stati industrializzati. Il sistema dei distretti industriali Ł
composto prevalentemente da piccole e medie imprese, strettamente legate al territorio in
cui sono localizzate, dove generalmente usufruiscono di una rete fatta di collegamenti,
anche personali, con altre aziende che ne costituiscono l indotto, che appartengono alla
stessa filiera produttiva o, che ne sono il principale cliente. La partecipazione delle
imprese di minori dimensioni ai processi di divisione internazionale del lavoro, presenta
3
F. Reganati, L allargamento della UE ai Paesi PECO: alcune problematiche per l Italia e il Mezzogiorno,
in F. Randazzo, op. cit., pp. 213-214
4
Intervista ad Aldo Durante, Montebelluna 23 luglio 2007
5
P. Messina, Alla ricerca di un modello perduto? Delocalizzazione e internazionalizzazione in Romania nel
contesto dell Europa allargata. Il caso del Veneto, in AGFOL, Distretti produttivi e conoscenza, Marsilio
Editori, Venezia 2006
6
ovviamente delle difficolt di ordine strutturale. Per molto tempo solo alcune grandi
imprese hanno affiancato le operazioni di vendita all estero con iniziative di apertura di
filiali o la creazione di unit produttive, mentre le piccole imprese avevano come unica
opzione strategica la commercializzazione mediante esportazione6.
A caratterizzare l azione di una grande impresa multinazionale sono, proprio gli
investimenti esteri diretti, il cui scopo Ł quello di conquistare un controllo parziale o totale
sulla commercializzazione, la produzione o altre strutture di un altra economia. Gli
investimenti esteri diretti possono comportare sia l acquisto di imprese esistenti sia la
costruzione di nuovi impianti (greenfield investment), ma sono solitamente parte di una
strategia d impresa finalizzata a stabilire una posizione permanente in un altra economia7.
Per una piccola impresa, al contrario, Ł molto piø difficile intraprendere strategie di
penetrazione complessa in mercati nuovi. Tuttavia, paradossalmente, la vocazione
all internazionalizzazione costituisce uno degli elementi caratterizzanti del sistema dei
distretti produttivi. In questo senso, la variabile dimensionale Ł sicuramente importante,
ma non decisiva, come dimostra l esperienza delle cosiddette multinazionali tascabili 8.
L attenzione si Ł posta sul fatto che non Ł la singola dimensione aziendale a
rappresentare l elemento decisivo nella competizione, ma l ancoraggio al territorio pu
rappresentare un forte aspetto di innovazione e di competizione. Esistono forme di
gestione della complessit che tramite reti di rapp orti consentono di affrontare sfide molto
impegnative. La globalizzazione, nella sua essenza positiva, non Ł un processo che
distrugge le specificit , ma implica una forte meta bolizzazione delle competenze locali,
legata alle capacit e flessibilit dei singoli att ori imprenditoriali e istituzionali9. Una
continua interazione locale-globale arricchisce in maniera continuativa il proprio
patrimonio cognitivo, dando un decisivo impulso al processo di innovazione, e anche
fornendo un contributo ai processi locali di sviluppo. Si pu in tal modo ridare una
6
M. Mistri, Elementi di economia internazionale, Edizioni Libreria Cortina, Padova 1996, p. 254
7
R. Gilpin, Economia Politica Globale, Universit B occoni Editore, Milano 2003, pp. 287-288
8
D. Marini (a cura di), Un fenomeno di normalit : l e piccole e piccolissime imprese del manifatturiero,
Marsilio Editori, 2006, Venezia, p. 9
9
G. F. Esposito, La globalizzazione dei piccoli, fattori di competizione e promozione
dell internazionalizzazione per le PMI, Franco Angeli, Milano 2003, pp. 9-22
7
dimensione concreta al dibattito sulle capacit del le imprese locali di utilizzare le
opportunit offerte dal contesto globale.
La distinzione che bisogna premettere Ł ovviamente quella tra la delocalizzazione,
intesa come uno spostamento delle attivit produtti ve interessato principalmente ad
ottenere un vantaggio di costo, ed il concetto di l internazionalizzazione che si prefigge un
investimento piø strutturato generalmente finalizzato all introduzione nei mercati locali.
Il distretto di Montebelluna dello sportsystem Ł un importante esempio di
integrazione tra imprese capofila di grandi dimensioni e piccole e medie imprese che
rappresentano comunque realt di valenza internazio nale. Il distretto della calzatura
sportiva di Montebelluna rappresenta uno dei primi distretti italiani ad intraprendere la
strada della delocalizzazione ed in modo particolare verso la Romania, Ł uno dei primi ad
aggregarsi sotto il concetto di distretto cos come stabilito dalla L.R. 8/2003, Ł infine un
distretto dinamico che sta vivendo un momento di passaggio dalla delocalizzazione
produttiva al piø ampio e comprensivo concetto di internazionalizzazione. Rappresenta in
modo esemplare in concetto di distretto veneto nei suoi valori e nelle sue problematiche
principali. Come verr analizzato nel terzo capitol o, sono due gli elementi che
caratterizzano il distretto: i processi innovativi che hanno portato nel tempo ad una
sempre maggiore differenziazione dei prodotti, e le strategie di internazionalizzazione,
alla ricerca prima di una competitivit a livello d i costo richiesta dalla concorrenza estera,
ora di un approccio ai mercati internazionali piø diffuso e strutturato.
Il caso riportato permette di capire come uno degli elementi di successo
dell impresa minore in contesti competitivi sempre piø forti, sia la possibilit di integrare
la dimensione imprenditoriale con una organizzazione dei mezzi della produzione
coerente con gli assetti di rete che si vanno affermando nei moderni processi di divisione
internazionale del lavoro. Imprese che si sono negli anni organizzate valorizzando
innovazione e riproduzione di conoscenze nella logica dei distretti imprenditoriali,
rappresentano un opportunit da sfruttare nelle eco nomie in transizione per poter essere in
grado di gestire le dinamiche della globalizzazione e porre l attenzione alle istanze di
democrazia economica e di partecipazione locale.
Finora l internazionalizzazione Ł stata vista come un male necessario , come
8
l unica opportunit per sopravvivere a costi produt tivi sempre piø alti e margini di
guadagno sempre piø bassi. I timori all apertura internazionale sono sempre stati molti,
dalla progressiva perdita dei lavoratori, alla riduzione delle commesse per molte aziende
distrettuali10. Dai risultati delle interviste, riportati nel quarto capitolo, risulta che le PMI
affrontano questo percorso come una necessit , in m odo generalmente autonomo senza
avvalersi di supporti istituzionali o finanziari, perchØ spesso le richieste di velocit e di
efficienza non trovano risposte sufficientemente adatte dalle istituzioni di riferimento,
oppure perchØ l imprenditoria Ł ancora molto legata a sistemi individualistici poco
disposti all associazionismo. Tuttavia, le prospettive date dalla scesa in campo di
concorrenti a prezzi sempre piø bassi dovrebbero fornire gli elementi necessari per
sviluppare un passo avanti nelle strategie individuali che hanno caratterizzato la prima
delocalizzazione.
Questo lavoro cerca di esprimere una possibile lettura delle possibilit di sviluppo
aperte in territorio romeno alla luce dell entrata nell Unione Europea e degli sviluppi tra
le imprese venete, focalizzandosi su un distretto simbolo della capacit di
internazionalizzare produzione e processi di gestione. Il filo conduttore tra le varie analisi
rimane chiaro, tuttavia, come dimostreranno le interviste riportate, le modalit in cui le
relazioni tra contesti diversi si sviluppano rimangono aperte a molteplici e divergenti
spunti di riflessione.
10
D. Marini (a cura di), op. cit., p. 9