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Orme romane indelebili
Questa è l'immagine verosimile che ci si forma dopo le lotte fra il papa e l'imperatore che,
con i loro interminabili intrighi, contribuiscono alla perdita della propria autorità.
Quest'opinione si rivela inconsistente, però, se solo si riflette all'interesse che tutti hanno
continuato a riservare per l'Italia anche in seguito. Le invasioni per il predominio della terra
del sole, sono avvenute differentemente da quelle barbariche soltanto per il fatto di averle
superate in preparativi più sofisticatamente organizzati e perciò con conseguimento di
maggior successo. Chiaramente l'insistenza nel puntare sull'Italia nelle campagne militari
deve definirsi ossessiva. Li affascina costatare quale alto livello di civiltà abbia raggiunto. Da
ciò traggono ispirazione imitativa ed entusiasmo al ritorno in patria. I saccheggi delle opere
d'arte e la deportazione, più o meno libera degli ingegni, costituiscono riserve da dove tirar
fuori modelli artistici e maestri per le loro scuole. Si dimostra così che, l'irradiazione benefica
di Roma e dell'Italia, continua ininterrotta nei secoli e lascia orme indelebili negli altri paesi.
L’Italia, conquistata politicamente, conquista, con la sua civiltà, i conquistatori. Si ripete il
caso di Roma e della Grecia.
Il dubbio sull'efficacia dell'influsso italiano sorge negli ultimi due o tre secoli. Sembra
evidente l'esistenza di nuovi punti focali e internazionali che attirano le attenzioni del mondo.
L'Italia pare emergere principalmente per l'ostracismo inappellabile cui è condannata.
L’esclusione dai consessi artistici di vertice è totale. Ha perso il diritto di parola e se osa
esercitarlo ne riceve scherno come compenso. Le altre nazioni sono salite a un livello di
benessere economico e autonomia intellettuale superiore - almeno nella reputazione - al suo
grado di progresso e logicamente in esse si organizzano centri culturali dove confluiscono le
menti più scelte e le energie più vigorose. Sono persone disparate alle quali vengono offerte
mille prospettive.
Ma neanche questa realtà riesce ad annullare l'apporto italiano allo sviluppo e
miglioramento delle genti. Anzi oltre a dovere ogni studio serio della propria civiltà ritrovare
le radici nell'Italia, essa continua a esercitare il suo ascendente specializzandosi in tante
occupazioni prestigiose. I ricchi stranieri gareggiano nello sfoggiare nei loro palazzi il
versatile e colto italiano. Gli italiani conferiscono una invidiabile patina esotica ai loro salotti.
Svolgono in questi ambienti le più svariate funzioni. Si prestano ad attendere i loro signori,
assumendo gli uffici di segretario e consigliere privato, o disimpegnando il compito di
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intrattenerli come cantanti o autori e attori di melodrammi. Tutte attività ritenute allora poco
dignitose dagli indigeni, pur essendone proprio essi gli avidi consumatori.
Emigrazione
Si potrebbe ancora minimizzare l'incisività culturale italiana, verificatasi sui popoli
europei durante il periodo delle invasioni militari e negli ultimi secoli. Molti, forse, dopo le
razzie e il ritorno a casa, non si millantano che della loro audacia e valore nel radere al suolo
un'antica potenza. Forse pochi studiano i tesori prodotti da quelle menti geniali. Per di più si
aggiungano i denigratori dell'arte che trafugano. Questa provocherebbe l'infiacchimento della
razza in quanto la sua raffinatezza ne corrompe i costumi morigerati. Ma, pur
ridimensionandone l'apporto preciso e confinandone il contributo agli aspetti spiegati
precedentemente, occorre ricordare l'incremento che ricevono altri due tipi di invasioni
pacifiche dell'Italia che risultano in veicoli potenti di esportazione di mentalità e gusto. I
pellegrini sono un fenomeno continuo. Vengono a Roma, specialmente per assorbire la pietà
cristiana, e per stupirsi di fronte alle meraviglie che sono sorte in nome di Cristo. L'altro tipo
di movimento è laico. Ricercatori e curiosi hanno sempre scavalcato le Alpi, spinti dallo
spirito avventuriero e scientifico. Anzi, queste due manifestazioni del comportamento umano
sono aumentate sempre di più fino ai nostri giorni. Forse il rapporto fra i due tipi di
spostamento di massa è inversamente proporzionale. In altre parole lo spirito turistico si
accresce, mentre cala quello devoto. O forse è più esatto dire che sono motivi complementari
quelli che trascinano gli stranieri a visitare l'Italia. Il fatto indiscutibile è il contatto con la
tradizione latina romana.
Qualcuno potrebbe fare ancora riserve, su quanto si afferma dell'influsso notevole
dell'Italia sulle altre culture. Può addurre come prova la dolorosa realtà delle emigrazioni, che
è tutt'altro che propaganda della civiltà italiana. La miseria, che strappa la gente dalla sua terra
e la sprona a cercare altrove un pezzo di pane, oscura irrimediabilmente la fama costruitasi nel
passato. Come apprezzare, amare la sapienza che produce straccioni? Certo il primo impatto
delle popolazioni locali con tali mendicanti è negativo. Ma sappiamo che li anima tenacia e
volontà di affermazione. E anche queste doti sono effetto dell'educazione e allenamento
secolare ad industriarsi e li porta presto a crearsi posizioni e situazioni che rovesciano
l'atteggiamento nei loro riguardi da parte straniera. Riconquistata la propria dignità umana,
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con il lavoro e l'impegno, si sentono realizzati e pertanto autorizzati ad esprimersi con tutta la
carica personale. Organizzano centri di cultura nazionali nei paesi dove si riformano famiglie
stabili.
Osmosi culturale
Brevemente ho presentato l'ambiente culturale sviluppatosi in Italia nei due millenni
passati. Da esso emerge un sostrato di tradizioni che devono necessariamente aver influenzato
indirettamente anche Th. Merton, figlio europeo sia pure peculiarmente.
Prima di scendere nei particolari contatti che Merton ha con l'Italia, conviene riflettere se
la sua origine familiare costituisca un ostacolo alla ricezione di una civiltà che gli è
abbastanza estranea. Inizialmente può interessarlo solo l'atmosfera tutta latina nelle
caratteristiche di costume e pensiero. Ma la forza specifica della storia italiana potrebbe
intaccarne la natura cosmopolita? Può sembrare ovvio che la vicinanza e i rapporti secolari fra
i paesi europei alteri le sue idee e usanze. Pare comunque verosimile anche la sua
invulnerabilità. I suoi genitori vengono dagli “estremi confini della terra a Prades” (1).
Gli abitanti europei ereditano naturalmente tradizioni ‘misturate’ nel loro passato di
coinquilini. "Merton assomma in sé le stratificazioni culturali ed etiche di due civiltà, per così
dire. E' latino per derivazione paterna e americano per derivazione materna". Ma l'aspetto
popolare che emerge in una regione consiste in un provincialismo con tutto il particolarismo
che l'estraneo avverte subito e ne vede i lati deboli e ridicoli. Perciò Merton, che fin dal
l'infanzia si trova “spalancate davanti le porte del mondo”(2), non può non rilevare questi
limiti. E' costitutivo in lui il distacco da ogni terra determinata. Fra lui e la cultura mondiale si
stabilisce una permanente osmosi. Libero, in quanto psicologicamente sradicato, riesce a
captare anche voci lontane. Per lui è normale evitare di rimanere intrappolato nelle maglie dei
rituali, che l'abitudine fa accettare acriticamente, da chi nasce e vive sempre nello stesso
luogo. Conserva l'elasticità mentale di chi osserva dall'esterno senza esserne coinvolto, e
logicamente è più disposto a cambiare opinione sulla realtà circostante. La sua sensibilità è in
grado di rimodellare, molto liberamente, la visione delle cose che gli si presentano davanti
ogni giorno. La sua apertura si trova in situazione meno condizionata da prevenzioni
campanilistiche.
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Il futuro
Si dirà giustamente che l'influsso che l'Italia e l'Europa esercitano su Merton è
imponderabile. È difficile analizzarne la portata e determinare esattamente di quale sintesi
intellettuale è il risultato. È compito arduo voler scoprire chi lo condiziona. Possono
formularsi solo delle ipotesi anche se con fondamento. Quello che si afferma qui può dirsi di
qualsiasi entri in contatto con un altro. E' un problema voler definire l'azione e il grado di
condizionamento reciproco. La decisione su chi incide di più sull'altro, non si può azzardare.
La stessa considerazione vale per decidere in che cosa Merton già famoso condiziona i suoi
lettori. “Nel regno della sociologia le linee di demarcazione fra causa ed effetto non sono mai
chiare”(3). “Nel trattare di stabilire le influenze verificatesi fra scrittori la prudenza è sempre
poca!”(4).
Prima di affrontare i contatti diretti che Merton ha con l'Italia, si deve almeno accennare a
un fenomeno di fine secolo che si accentua nei primi decenni del ventesimo: il ritorno dei
pensatori e dei letterati alla tradizione, come unica alternativa ai miraggi del presente.
Il caso è paradossale. Se esiste un periodo nella storia dove si guarda al 'futuro', al
'moderno', l’inizio secolo svetta su tutti. Difatti sono gli anni in cui si sviluppa il modernismo,
il futurismo. 'Avanti' diviene il grido dell'epoca. Il progresso implica per essi la rottura
definitiva e netta col passato. Tutti accettano come postulato che è indispensabile inventare un
avvenire fabbricato senza vincoli col tempo andato. Si aspira a un'era totalmente nuova e che
si proietti in un'età d'oro ritenuta possibile anche se in seguito si rivela un'utopia per essi
stessi. La creatività diventa l'esercitazione principale degli intellettuali. Sono coscienti e
giustamente dell'improrogabilità dell'apertura di nuove frontiere oltre le quali l'uomo
cambierà radicalmente. La società si trasformerà in sistema di convivenza dove giustizia e
pace si baceranno. Perciò si generalizza lo sforzo di sradicare il vittorianesimo puritano già
decrepito alcuni anni prima della scomparsa della regina Vittoria. Si tenta di soppiantare la
religione e rimpiazzarla con altre teorie e ideologie. Si propongono surrogati per gettare le
fondamenta della nuova società. Per esempio costituisce uno degli ideali l'arte per l'arte di un
Pater che istituisce il culto della bellezza. Il piacere, l'edonismo estetico gli sostiene la base
del pensiero. Altri idealizzano l'utilitarismo, l'imperialismo come la religione capace di
produrre una società duratura. Molti nella loro disperazione sognano una società livellata o
immaginano il nichilismo, la demolizione totale come premessa necessaria alla riedificazione
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ex novo. Ci sono i fedelissimi seguaci del liberalismo economico e intellettuale, che credono
ciecamente al progresso incontrollato e concorrenziale.
Qualcosa di veramente razionale
Dopo una simile inquadratura della situazione di quegli anni, è veramente contraddittorio
pensare che potesse esistere una tendenza a scandagliare il passato per vedere di cogliere
suggerimenti utili alla soluzione dei problemi presenti, quando proprio alla tradizione si
addebitano le responsabilità di questa società piena di ingiustizie e in decomposizione. Tutto
si disintegra perché la spinta ricevuta dagli antenati risulta inadeguata a uno sviluppo
armonico.
Si accorgono che tali considerazioni hanno il loro fondamento. Ma notano che la furia
iconoclasta indiscriminata contro quanto c’è stato trasmesso e la vulcanica e non decantata
elaborazione di nuovi tipi di umanità distruggono i valori precedenti e innalzano castelli
effimeri che crollano l'uno appresso all'altro prima di riuscire a completarli anche idealmente.
Questo fatto insinua nelle menti una specie di svuotamento spirituale, una sensazione di
impotenza perché incapaci di trovare qualcosa in cui credere. L'illusione diviene delusione
irreversibile.
Dunque, la precocità dell'invecchiamento delle teorie, e delle idee supposte definitive,
frustra gli intelletti più impegnati e onesti. Gli orientamenti rivoluzionari, nel senso di
sconvolgimento totale delle istituzioni, non soddisfano più le aspirazioni di tanti. Perciò si
sentono spronati alla ricerca di valori più stabili su cui basare l'avvenire. Una parte dirotta la
propria attenzione verso la religione cattolica, in quanto unica depositaria di una tradizione
quasi bimillenaria. Essa sola, malgrado le carenze e le calunnie, splende per vitalità e
creatività mentre si ancora e collega fermamente e organicamente al passato. Ritiene una linea
che corre lungo la storia restando la stessa e diventa sempre diversa. Perciò a fine secolo ci
sono poeti che cercano lì un nuovo significato alla vita(5). Frequentemente si rivolgono alla
civiltà tradizionale, per carpirle suggerimenti per una più adeguata impostazione dei problemi
della società attuale. Perfino Galsworthy, che scrive il suo The Forsyte Saga per criticare il
mondo sulla via del tramonto, finisce con l'accettare gli stessi principi che attacca(6). Fra tutti
gli esploratori di nuovi filoni di verità e giustizia, di cui saziarsi, sono gli americani che più
spiccano. La loro avidità pare inestinguibile e pertanto bramano qualcosa di veramente
razionale a cui credere. Costatando la mancata realizzazione di tanti sogni e nauseati del
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puritanesimo e materialismo, tornano in Europa, per approfondirne l'evoluzione culturale, in
particolare come si manifesta nei paesi latini. H.James (7) è precursore e esempio tipico di chi
cerca il suo focolare in Europa. Egli anticipa T.S.Eliot un classicista e dantista.
Civiltà latina e germanica
Gli americani si sentono incivili, inesperti, giovani mentre l'Europa appare
tremendamente veneranda, saggia e bella (8). E pensare che l'America sta facendo passi da
gigante nella via del progresso! La civiltà europea li colpisce moltissimo. Stupiscono
soprattutto di fronte al fatto del medioevo, che sa amalgamare in nuova vitalità la feccia che
proviene da due mondi. Da una parte i barbari, che alluvionano l'impero romano, e dall'altra il
disfacimento politico e morale di questo, che subisce le invasioni. Razze di due fronti note per
ferocia, faide, stupidità, perfidia, lussuria e brutalità, si fondono in una unità eccezionalmente
feconda. Da simile combinazione si sviluppa l'incanto e la delicatezza del canto gregoriano, i
monasteri, le cattedrali e i Moralia di Gregorio Magno, la Città di Dio di Agostino, la Summa
di S. Tommaso, la Divina Commedia di Dante. Indubbiamente simile realtà non può non
esercitare un fascino straordinario sugli americani, giovane nazione senza radici profonde.
Considerano pertanto il vecchio continente come la madre e la mente dello spirito del mondo
(9).
Da quanto precede, si possono fare delle riserve nell'attribuire all'Italia una parte rilevante
nella costruzione della civiltà postimperiale. Certo inizialmente emerge la potente iniziativa
benedettina che riorganizza il lavoro e la cultura. Ma un ruolo importante lo svolge la
carismatica figura di Carlo Magno che opera fuori della penisola. Anche Cluny imprime una
spinta rinnovatrice all'Europa intera ed è francese. Le precisazioni nel delineare l'apporto di
questo o quel nucleo nazionale è sempre doveroso. Nessuno deve minimizzare i grandi meriti
avuti da altri popoli nel creare la civiltà medioevale. Ma a uno scrutinio anche sommario delle
antichità europee e della loro concatenata evoluzione fino ai nostri giorni, risalta
evidentissimo ed è pacificamente accettato il posto privilegiato occupato dall'Italia. Essa
rappresenta la culla indiscussa della cultura occidentale. Non si può intraprendere nessuna
ricerca soprattutto del millennio medioevale dell'Europa latina e germanica, senza rifarsi
continuamente al centro propulsore di ogni realizzazione notevole, cioè all'Italia e a Roma.
Pertanto, anche il cristianesimo, che compie la stupenda metamorfosi delle genti, conserva
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un'indelebile impronta italiana. Lo studio della religione e dell'arte, fino al nostro tempo, deve
attingere alle sue fonti ed esportarne il messaggio con venature chiarissime di questo paese.
Una guida
Si è già detto, che ci si espone sempre a dei grandi rischi, se si vuol nominare chi esercita
un influsso predominante sulla formazione intellettuale e sentimentale di qualsiasi
personaggio, tanto più di Merton. Affermo insistentemente questa difficoltà anche perché
sono pochi gli scrittori attraverso i quali Merton conosce la letteratura e l'arte italiana. Anzi
sono irrilevanti tali letture se poste a confronto di quelle continue di altro genere e origine.
Eppure esaminata da vicino, la portata di quel contatto dimostra di possedere in sé il seme
destinato a germogliare e svilupparsi enormemente a scapito delle altre derivazioni culturali.
In fatti tutti accettano che sebbene “Eliot rimane solo un grande poeta minore, è anche una
figura di primo piano per l'influsso che esercita nelle vicende letterarie del nostro secolo”(10).
Sappiamo esplicitamente che Merton ammira e imita questo poeta e per quato riguarda il
rapporto che Eliot ha con l’Italia è notissima la Sua ispirazione classica e dantesca. Perciò
Dante resta una componente indiretta importante che incide sulla personalità di Merton
specialmente se si associa con W.Blake su cui Merton fa la tesi. Certamente l'eccentrico Blake
è stato un'occasione di grande informazione su Dante, che è la sua guida spirituale. Crashaw,
anche se in proporzioni minime, determina con Donne e Marvell lo stile metafisico di Merton.
Occorre ricordare che Crashaw si converte in Italia, e che Merton deve investigare
sull'ambiente sociale, che riesce ad imprimere una nuova rotta alla vita del poeta secentesco.