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Introduzione
Il presente lavoro ha come oggetto quella che può a pieno
diritto considerarsi la rivista culturale maggiormente
significativa degli anni Sessanta in Italia: si tratta di
“Quindici”, il mensile nel quale numerosi esponenti della
neoavanguardia, in particolare del Gruppo „63, lavorarono
insieme per condurre una revisione delle vecchie concezioni,
letteraria e politica allo stesso tempo. Vi furono certamente
anche altre pubblicazioni che si occuparono di cultura e
politica in quegli anni, ma nessuna riuscì a farlo con altrettanta
spregiudicatezza, capacità di cogliere ed interpretare i nuovi
fenomeni sociali e politici che stavano nascendo, nonché di
individuare chiaramente quali fossero i problemi che tali nuove
realtà ponevano agli operatori culturali, oltre che allo stesso
concetto di cultura. La rivista, attraverso il suo schietto e
vivace dibattito interno, si fece specchio dei molteplici punti di
vista dai quali era possibile affrontare il nodo cruciale del
rapporto tra letterati e impegno politico, quanto mai importante
e problematico in quegli anni Sessanta, tanto cruciali nella
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storia italiana ed internazionale, così segnati dall‟ondata di
proteste e dal desiderio di rinnovamento.
La caratteristica fondamentale di “Quindici”, il suo tratto
distintivo, fu la grande capacità di “apertura” verso l‟esterno,
intesa sia come attenzione agli avvenimenti e alle idee
provenienti dall‟estero, sia come capacità di mettere in
relazione i mutamenti intervenuti in ambito letterario, artistico,
estetico in genere, con quelli avvenuti in tutti gli altri campi,
quali la politica, la società o le scienze.
Nell‟analizzare questa rivista, con il duplice obiettivo di
metterne in evidenza la sua peculiarità come prodotto editoriale
e la sua importanza come laboratorio culturale, si è proceduto a
tratteggiare innanzitutto la storia del giornale, dalla nascita
all‟ultimo numero. Nel fare ciò ci si è avvalsi anche delle
testimonianze dei suoi redattori, tentando poi di individuare le
linee di pensiero che ne influenzarono maggiormente
l‟indirizzo, per altro non univoco.
Si è passati quindi a contestualizzare quest‟avventura
editoriale, soffermandosi maggiormente su quelle tendenze
sperimentaliste all‟interno delle quali si è formato il Gruppo
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„63, del quale la rivista costituisce l‟ultimo frutto prima dello
scioglimento.
Successivamente si è provveduto all‟analisi diretta degli
articoli della rivista, trattandone più estesamente alcuni,
considerati maggiormente esemplificativi dei principali nuclei
tematici affrontati dai redattori nel corso dei numeri, sia per
quanto riguarda il panorama culturale preesistente che per le
autonome elaborazioni teoriche degli esponenti della
neoavanguardia, ricostruendo per quanto possibile anche i
dibattiti che su tali temi si sono sviluppati.
Essendo stata programmaticamente una presenza scomoda
all‟interno della vita culturale del Paese, “Quindici” suscitò,
numero dopo numero, una considerevole serie di polemiche,
documentate soprattutto da articoli e saggi comparsi sulle altre
testate del periodo: anche di questo acceso dibattito si è cercato
di rendere un quadro esauriente, almeno nei suoi nodi
principali.
Infine ci si è soffermati a trattare in maniera più
particolareggiata l‟ultimo periodo di vita della rivista,
descrivendo i motivi dello scontro interno alla redazione che
condussero alla conclusione della sua significativa esperienza,
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potendo essi essere considerati paradigmatici di una situazione
di conflitto generale che caratterizzò quel particolare momento
culturale.
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1 . “Quindici”
1.1 Nascita di una rivista
“Quindici”, innovativa rivista di letteratura e attualità, vide la
luce a Roma nel giugno 1967. Con andamento non sempre
regolare venne pubblicata fino all‟agosto 1969, per un totale di
19 numeri, ottenendo un successo di vendite inusuale per una
rivista culturale: arrivò a vendere ben 25 mila copie in edicola,
riuscendo a trovare ampia udienza tra i giovani delle università
in agitazione.
Nata in quello che fu uno dei periodi di maggiore fermento
politico e culturale nella storia italiana, durante il quale
l‟incontro-scontro fra la crisi storica e quella culturale del
nostro paese arrivò ad un livello di inevitabile rottura, la rivista
si pose come collettore delle varie correnti di quella che venne
definita con il termine di “controcultura” e si fece scenario del
dibattito intorno al rapporto fra ruolo dell‟intellettuale e
impegno politico, che tanto cruciale era nel panorama culturale
e letterario di quegli anni.
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Emanazione diretta di quella particolare parte della
Neoavanguardia italiana che va sotto il nome di Gruppo ‟63,
“Quindici” nacque dal desiderio di una parte dei suoi
componenti di dotarsi di una rivista da poter utilizzare come
proprio laboratorio culturale. Le collaborazioni con altre testate
si erano infatti rivelate insoddisfacenti, come aveva dimostrato,
ad esempio, quella con il “Corriere Letterario”, “pagina” di
informazione letteraria del “Corriere della Sera” condotta da
Enrico Emanuelli. Questi aveva tentato un‟opera di mediazione
tra personaggi di fama consolidata, come Moravia e Bo, e
alcuni esponenti della nascente neoavanguardia, quali Eco,
Giuliani, Manganelli, Filippini, Guglielmi e Barilli, affiancati
da Balestrini, il quale aveva il compito di gestire e organizzare
il lavoro di questi ultimi. Ma ben presto questa convivenza,
iniziata con buone speranze da ambo le parti, finì col
naufragare a causa dei crescenti attriti tra le “grandi firme” e i
“giovani leoni”, dovuti alla inconciliabile differenza di
temperamento e di vedute.
Il progetto editoriale di “Quindici” rispondeva inoltre al
bisogno di un‟iniziativa di più ampio respiro, capace di
rimediare al declino del discorso avviato dalla neoavanguardia
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all‟inizio degli anni sessanta, dovuto principalmente dalla
difficoltà di produrre un materiale letterario sempre
efficacemente eversivo, poiché
“ a un certo punto le riunioni rivoluzionarie del gruppo erano pronte
a diventare accademia: perché oltre un certo limite il discorso
sperimentale, proprio perché è riuscito, non è più sperimentale [..]
“Quindici”, sia ben chiaro non nasce come soluzione a questo
problema: nasce per intanto come riconoscimento di una nuova fase.
E nasce mentre gli eventi fanno maturare anche all‟esterno una
nuova fase del discorso politico internazionale”
1
.
Si avvertiva la necessità di sfuggire al pericolo di un
assorbimento nei meccanismi di commercializzazione propri
dell‟industria e del mercato culturali, di rilanciare la funzione
rivoluzionaria dello scrittore, riscoprendo la possibilità di
un‟opposizione anche politica. Bisognava, quindi, creare una
piattaforma di lavoro comune capace di bloccare le spinte
disgregative che stavano nascendo all‟interno del Gruppo, le
quali avevano portato alla formazione di sottogruppi che
cercavano di far pesare la propria influenza e di imporre la
propria linea di pensiero sulle altre. Serviva infine uno
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U.Eco, Pesci rossi e tigri di carta, in “Quindici”, n. 16, 1969
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strumento rapido e snello con il quale poter intervenire con
tempestività nel dibattito culturale, nazionale ed internazionale,
e più in generale su tutti i fenomeni sociali che suscitavano
l‟attenzione dei membri del gruppo.
Ecco quindi la novità strutturale: gli scrittori, accanto alla
polemica letteraria, si espongono in prima persona, esprimendo
la propria opinione anche su avvenimenti politici dell‟attualità.
Decidono quindi di superare l‟ambito specialistico del proprio
ruolo e di allargare la propria sfera di influenza, sia cercando di
raggiungere un pubblico più vasto si ampliando il proprio
spettro di argomenti.
Nelle intenzioni originali avrebbe dovuto trattarsi di un
quindicinale, da qui la scelta del nome “Quindici” (ispirato alla
francese “La Quinzaine”), che fa inoltre riferimento al numero
dei componenti del gruppo. In realtà uscì mensilmente fino al
numero 15, successivamente ebbe cadenza bimensile.
L‟idea della rivista cominciò a formarsi tra i membri più attivi
del Gruppo negli anni ‟65-‟66, ma la gestazione fu lunga,
diversi furono i tentativi e molti i punti organizzativi da
chiarire.
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Inizialmente si discusse su un‟ipotesi di un finanziamento da
parte di più editori riuniti in una società, ossia quelli con cui i
componenti del Gruppo avevano un rapporto interno:
Feltrinelli, Einaudi, Bompiani e Caracciolo. Sarà poi
quest‟ultimo a pubblicare realmente la rivista con la sua casa
editrice, la Etas Kompass.
Su questo progetto ci si arenò per un paio d‟anni, finché non
venne presa la decisione di gestire autonomamente l‟aspetto
editoriale, di essere quindi proprietari della testata, chiedendo
ai quattro editori soltanto un impegno pubblicitario tale da
coprire le spese tipografiche, il che comportò la necessità che
queste ultime fossero il più possibile ridotte.
Dopo un primo numero zero molto colorato, vivace, con
vignette, si decise dunque di affidare la creazione di un nuovo
menabò al grafico Giuseppe Trevisani, che aveva disegnato
periodici quali il “Politecnico” e il “Giorno”.
Venne così alla luce il caratteristico aspetto della rivista:
essenziale, in bianco e nero, privo di illustrazioni, ad eccezione
della grande “Q” del titolo. Un grande foglio-base di 1 m. per
70 cm. che piegato in due formava quattro pagine nelle quali
titoli e testi degli articoli si snodavano senza soluzione di
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continuità, per sei colonne per pagina. Questa particolare veste
tipografica si giustifica in quanto “oltre che un omaggio
all‟intelligenza dei lettori, è anche un prezzo che si paga
volentieri per comprarsi una vera indipendenza”
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.
Come sede della redazione del giornale venne utilizzato un
appartamento a Roma, in via dei Banchi Vecchi 58, di
proprietà di Nanni Balestrini, il quale si sarebbe occupato degli
aspetti editoriali; la direzione del giornale venne invece affidata
ad Alfredo Giuliani.
Della redazione fecero parte Giulia Niccolai, Adriano Spatola e
Letizia Paolozzi, della segreteria si occupò Cesare Milanese,
dell‟amministrazione Fabio Bonzi.
Del gruppo fondatore facevano parte nomi provenienti dai più
svariati ambiti della cultura, come si evince dall‟elenco che si
legge sul n. 1 della rivista stessa: Arbasino, Balestrini, Barbato,
Barilli, Buttitta, Celli, Colombo, Costa, Curi, Davico Bonino,
Eco, Filippini, Giuliani, Gregotti, Guglielmi, Lombardi,
Manganelli, Mauri, Pagliarani, Ponente, Porta, Ripellino, Riva,
Sanguineti, Zorzoli.
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[Editoriale], in “Quindici”, n. 1, 1967