CAPITOLO 1 elementi introduttivi
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patrimonio dell’imprenditore dissestato viene destinato a soddisfare la massa
dei creditori nella misura più alta possibile e secondo criteri di giustizia
distributiva.
Queste erano le premesse dalle quali muoveva il legislatore, nel pieno rispetto
di quella ben consolidata tradizione storica, nell’emanazione del R.D. 16
marzo 1942, meglio noto come Legge Fallimentare, che contiene le
disposizioni concernenti le cosiddette procedure concorsuali.
La Legge Fallimentare disciplina cinque tipi di intervento:
1. il Fallimento
2. il Concordato Preventivo
3. l’Amministrazione Controllata
4. la Liquidazione Coatta Amministrativa
5. l’Amministrazione Straordinaria delle Grandi Imprese in Crisi
Tali procedure concorsuali, pur essendo caratterizzate da alcune significative
diversità, che le rendono sostanzialmente differenti l’una dall’altra, sono
accomunate da alcune caratteristiche costanti e comuni. Esse sono procedure:
ξ generali: in quanto coinvolgono tutto il patrimonio
dell’imprenditore;
ξ collettive: in quanto coinvolgono tutti i creditori
dell’imprenditore che vantano crediti alla data in cui il
dissesto viene accertato e mirano ad assicurare il rispetto
della parità di trattamento tra di essi.
Tra i tipi di interventi ora citati, l’unico che analizzeremo specificatamente è
quello dell’Amministrazione Straordinaria delle Grandi Imprese in Crisi,
CAPITOLO 1 elementi introduttivi
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poiché elemento portante nella successiva trattazione del caso aziendale
analizzato nel prosieguo della ricerca.
Il D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito nella c.d. Legge Prodi del 3 aprile
1979, n. 95
2
, introdusse nel nostro ordinamento la procedura
dell’Amministrazione Straordinaria delle Grandi Imprese in Crisi.
L’introduzione di tale procedura, era stata determinata dalla preoccupazione
che dalla crisi delle grandi imprese, potesse derivare pregiudizio all’economia
nazionale. Infatti tale istituto era caratterizzato dal perseguimento della
continuazione dell’impresa,attraverso l’attuazione di un piano di risanamento.
Tale istituto si applicava nei confronti degli imprenditori commerciali
3
,
nonché nei confronti di quelle imprese soggette a liquidazione coatta
amministrativa, per le quali la legge non escludeva la procedura fallimentare.
Doveva trattarsi di:
ξ imprese qualificate dalla presenza, da almeno un anno, di un numero
di addetti non inferiore a trecento;
ξ imprese che avevano una esposizione debitoria, verso istituti,
aziende di credito, istituti di previdenza o assistenza sociale e
società a prevalente partecipazione pubblica.
Mentre requisito oggettivo dell’istituto era l’accentramento giudiziario,
d’ufficio o ad iniziativa dei soggetti indicati dall’Art. 6 della Legge n. 95/79,
costituito dallo stato di insolvenza.
La sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, doveva essere pronunciata
dal Tribunale del luogo dove l’impresa aveva la sua sede principale.
Costituivano organi dell’amministrazione straordinaria:
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La Legge 95/79 fu modificata ed integrata dalle L. 13/08/1980, n. 445; 02/10/1981, n. 544; 31/03/1982, n.
119; 08/06/1984, n. 212; 18/12/1985, n. 755; 06/02/1987, n. 19; 23/08/1988, n. 391 e 25/03/1993, n. 80.
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Art. 2195 c.c.
CAPITOLO 1 elementi introduttivi
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¾ il Commissario, organo individuale o collettivo, cui spettava il
fondamentale compito di redigere un “Programma” il quale poteva
contenere un “Piano di Risanamento”, illustrante:
ξ gli impianti da riattivare e completare;
ξ gli impianti da trasferire;
ξ gli eventuali nuovi assetti patrimoniali.
¾ Il Comitato di Sorveglianza, composto da tre o cinque membri, di cui
dovevano far parte uno o due creditori chirografi, svolgente funzioni
di: nomina e revoca Commissari; accertamento di tutte le operazioni in
senso stretto.
¾ L’Autorità Amministrativa di Vigilanza, costituita dal Ministro
dell’industria, commercio e artigianato, cui la Legge n. 95/79 recepiva
numerose disposizioni facenti riferimento alla liquidazione coatta
amministrativa.
¾ Il CIPI (Comitato Internazionale per il Coordinamento della Politica
Industriale).
Gli effetti derivanti dall’attuazione della procedura riguardavano:
¾ Il debitore:
ξ Che perdeva l’amministrazione e la disponibilità dei beni
esistenti, con conseguente inefficacia di ogni atto o pagamento
successivamente compiuto o ricevuto;
ξ Cui veniva meno la capacità processuale, per ogni controversia
relativa a rapporti di diritto patrimoniale dell’impresa;
ξ Che subiva la cessazione delle funzioni delle assemblee e degli
organi di amministrazione che controllavano la società.
CAPITOLO 1 elementi introduttivi
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¾ Il creditore, al quale era fatto divieto di dar vita ad esecuzioni
individuali;
¾ I rapporti preesistenti.
Infine, il Tribunale che aveva dichiarato lo stato di insolvenza, doveva
ritenersi competente delle azioni che derivavano dalla procedura, nonché
della cognizione delle azioni di revocatoria fallimentare proposte dal
Commissario.
La procedura poteva concludersi:
Mediante la liquidazione totale o parziale dei rami aziendali ritenuti
“secchi”;
Con la ripartizione ai creditori delle somme ricavate, anche attraverso
la cessione a terzi dei complessi aziendali risanati;
Con un concordato, proposto dagli amministratori e deliberato
dall’assemblea della società
4
.
1.2 L’INCOMPATIBILITA’ TRA LA PROCEDURA DELLA
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA (L. 95/79) E LA DISCIPLINA
COMUNITARIA:
Venti anni dopo l’emanazione della legge sulla Amministrazione
Straordinaria delle Grandi Imprese in Crisi (L. 95/79), veniva introdotta nel
nostro ordinamento una nuova disciplina, avente ad oggetto la
regolamentazione della medesima normativa: il D. Lgs. 8 luglio 1999, n. 279,
che evidenziava il mutato clima in cui si muoveva il legislatore italiano.
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strutturato secondo lo schema dell’Art. 214 L.F.
CAPITOLO 1 elementi introduttivi
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Nel 1982 la Commissione CE che veniva a conoscenza della legge, non
adottava al riguardo nessuna decisione formale ai sensi dell’ Art. 88 (ex Art.
93) del Trattato CE.
Nel 1983, in seguito a discussioni svoltesi con le Autorità italiane, la
Commissione si accontentava dell’assicurazione espressa verbalmente, che la
Legge n. 95/79 non sarebbe più stata applicata.
Nel 1988 la Commissione inviava una richiesta di informazioni alle Autorità
italiane, considerata l’incidenza delle misure previste dalla suddetta legge sul
livello di occupazione. Con lettera del 30 luglio 1992, la Commissione
informava il Governo italiano della propria decisione di sottoporre la legge n.
95/79 all’esame dell’Art. 93 Trattato CE
5
, allo scopo di determinare le
misure utili allo sviluppo progressivo del mercato comune. La Commissione,
ottenute le notizie volute, contestava:
ξ L’ampiezza del ricorso alla procedura, in quanto era stata applicata a
più di trecento imprese;
ξ Il rilevante ammontare degli aiuti di Stato, in quanto l’Erario aveva
sborsato oltre 600 miliardi di lire a titolo di garanzia.
La Commissione, tenuto conto della situazione, riteneva applicabile l’Art. 93
n. 3 del Trattato CE, in cui si impone agli Stati membri di comunicare
previamente i progetti diretti a istituire o modificare aiuti alle grandi imprese,
attendendosi al vaglio delle Istituzioni Comunitarie prima di darvi
applicazione. La risposta del Governo italiano fu nel senso che la previa
notifica, sarebbe stata effettuata non in forma generalizzata, bensì
unicamente per i casi di cessione della garanzia dello Stato, ai sensi dell’Art.
2 bis della Legge Prodi.
5
Successivamente modificato nell’Art. 88.
CAPITOLO 1 elementi introduttivi
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Giudicando la risposta insoddisfacente, la Commissione avviava il
procedimento di infrazione in base all’Art. 93 n. 2, del Trattato CE.
Quindi la Commissione con data 28 luglio 1999, anche a seguito della
sentenza della Corte di Giustizia del 17 giugno 1999, comunicava alle
Autorità italiane la revoca delle decisioni del 13 dicembre 1994 e del 22
gennaio 1997, interrompendo il procedimento previsto dall’Art. 93 del
Trattato CE. Contemporaneamente, mediante applicazione del medesimo
articolo nei confronti della Legge n. 95/79, la Commissione avviava un
ulteriore procedimento di infrazione, essendo ormai tale legge iscritta nel
registro degli aiuti non notificati.
Le Autorità italiane trasmettevano la loro risposta in data 14 settembre 1999,
evidenziando che la Legge n. 95/79 era già stata abrogata in data 30 giugno
1999. Dopo l’abrogazione della Legge Prodi le autorità italiane delegarono il
Governo italiano ad emanare un decreto legislativo disciplinante ex novo
l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi; è
così che si arriva al D. Lgs. 8 luglio 1999, n. 270.
La problematica della Legge Prodi, con le norme del Trattato CE, affonda le
sue radici nel principio del primato delle regole comunitarie su quelle interne
e nelle conseguenze che provoca il contrasto delle seconde sulle prime.
Un’ulteriore incertezza era inoltre quella legata alla gestione delle procedure
di amministrazione straordinaria ancora in corso. Infatti nell’Art. 106,
relativo al nuovo istituto dell’amministrazione straordinaria (D.Lgs. 8 luglio
1999, n. 270), è stato espressamente previsto dal legislatore italiano, che tutte
le procedure di amministrazione straordinaria ancora pendenti, dovevano
essere regolamentate dalle disposizioni anteriormente vigenti (cioè dalla
vecchia procedura di amministrazione straordinaria), quando le imprese