Davanti all’urgenza di arginare il pericolo sovietico e di vedere nell’Europa un fedele alleato, gli
U.S.A. approntarono una serie d’interventi che nell’immediato permisero la rinascita europea,
ma il cui scopo politico fu di portare gli stati del Vecchio Continente a condividere con gli
Americani programmi, idee ed obiettivi.
Il lungo percorso dell’unificazione europea, ancora non concluso, trae le proprie origini negli
accordi militari ed economici stipulati inizialmente tra le nazioni europee e successivamente
estesi all’alleato americano con la realizzazione del Patto Atlantico.
Attraverso l’analisi delle conseguenze della Risoluzione n° 10 e delle successive iniziative
politiche di Fulbright, è emerso, a mio parere, il ruolo fondamentale svolto dal senatore,
nell’accettazione da parte dell’opinione pubblica americana degli interventi U.S.A. in Europa,
consenso fondamentale per la loro attuazione.
Per la trattazione dell'argomento di questa tesi sono state consultate le principali monografie
americane ed italiane che fanno riferimento alla risoluzione Fulbright e la inquadrano nel più
generale contesto dell'evoluzione dei rapporti fra Stati Uniti ed Europa occidentale nel
secondo dopoguerra.
Capitolo I
U.S.A. ED EUROPA FINO ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE
1.1 L’isolazionismo americano e l’Europa in guerra
Gli Stati Uniti nacquero dalla ribellione delle colonie americane nei confronti della madrepatria
britannica. Una volta raggiunta la completa indipendenza politica ed economica, espressero
chiaramente la volontà di mantenere nei confronti del vecchio continente un netto distacco,
pur permanendo le medesime radici politico-culturali.
George Washington, primo Presidente e padre fondatore degli U.S.A., dettò i fondamenti della
politica del “non coinvolgimento” nel “Farewell address” (indirizzo di commiato) del 17
dicembre 1796, ove auspicava che la politica americana fosse di collaborazione ed armonia nei
confronti degli altri stati, pur rimanendo a debita distanza dai contrasti fra gli europei:
4
occorreva intensificare i rapporti commerciali, non interferendo nelle vicende politiche delle
singole nazioni, per non essere coinvolti in controversie estranee agli interessi americani
1
,
e
nello stesso modo evitare che gli europei potessero trovare occasioni o pretesti per ingerire
nei loro affari interni.
Tale impostazione fu ribadita dal Presidente Thomas Jefferson all’inizio dell’800, quando, nel
discorso di insediamento alla Casa Bianca, dichiarò di non volere “entangling alliances”
(alleanze vincolanti) con nessuno
2
.
In seguito, la politica estera statunitense rimase ferma sui principi isolazionistici espressi nella
cosiddetta “dottrina Monroe”
3
fino all'ingresso nel primo conflitto mondiale nel 1917, quando
gli U.S.A. intervennero direttamente con un consistente contingente militare, facendo volgere
le sorti della guerra a favore di inglesi e francesi. Entrando nel conflitto sostituirono inoltre
l’alleato russo, il quale, dopo la rivoluzione bolscevica, aveva deciso di ritirare le truppe dal
fronte orientale (contro Germania e Austria).
Per la prima volta venivano meno al consolidato principio di evitare il coinvolgimento con
l’Europa: pur entrando in guerra come “associati” di Francia e Gran Bretagna, per ribadire una
loro estraneità alle motivazioni delle guerra, avevano deciso di impegnarsi in prima persona in
uno sforzo bellico al di fuori dei loro confini, influenzando attivamente il destino dell’Europa.
Al termine della Prima Guerra Mondiale, il presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, in un
messaggio al Congresso, indicava in 14 punti i pilastri su cui, dopo la composizione dei conflitti
scoppiati negli anni precedenti, avrebbe dovuto basarsi una pace duratura e sicura per tutto il
mondo.
1
Bertella-Farnetti, P., Gli Stati uniti e l’unità europea 1940-1950. Percorsi di un’idea, Franco Angeli editore, 2005, p.26
2
Aa.vv.. atti del V° congresso ass.Fulbright Italia, Firenze, 1964, p. 28
3
Attribuita al presidente James Monroe, ma in realtà elaborata dal suo ministro degli esteri John Quincy Adams, la
dottrina Monroe (1823) esprimeva l’intenzione di mantenere rapporti privilegiati con i paesi dell’America Latina,
liberatisi dalla colonizzazione europea, e di mantenersi distanti dalle cose europee, non tollerando ingerenze delle
potenze del vecchio continente negli affari interni americani. Lo slogan che la riassumeva era “L’America agli
americani”.
5
Tra questi, l’ultimo prevedeva la creazione di una Società delle Nazioni.
4
Gli obiettivi di
Wilson erano la fine dei contrasti interimperialistici e la loro sostituzione con intese
internazionali, volte alla realizzazione di una pace duratura, che avrebbe assicurato stabilità
politica e crescita economica globali. Il vecchio concetto europeo dell'equilibrio di potenza
sarebbe stato sostituito da quello, inedito, della sicurezza collettiva. La piena libertà di
commercio e la conciliazione attraverso pacifiche mediazioni dei contrasti avrebbero
permesso, con il minor costo, il massimo sviluppo delle economie mondiali, in particolare di
quella statunitense.
Con la partecipazione alla Società delle Nazioni, gli U.S.A. avrebbero dato il buon esempio
confermando la fine dell’isolazionismo nella propria politica estera, accettando l’assunzione di
responsabilità dirette nelle questioni internazionali. La Società delle Nazioni venne costituita il
28 aprile 1919, prevedendo un’Assemblea di tutti i paesi membri, che eleggeva 4 dei 9 membri
del Consiglio di Sicurezza, i quali sarebbero andati ad aggiungersi ai 5 membri permanenti,
rappresentanti delle grandi potenze, ossia U.S.A., Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone.
In caso di contrasti, nessun paese membro avrebbe dovuto ricorrere alla guerra, se non dopo
tre mesi di tentativi di mediazione da parte della Società, la quale avrebbe messo al bando il
membro colpevole di aver dato il via alle ostilità. In realtà, la Società delle Nazioni non era
dotata di alcun mezzo concreto per impedire lo sviluppo di un conflitto; anche la limitazione
degli armamenti era soltanto un auspicio.
Tuttavia a causa del voto contrario del Congresso gli U.S.A. non aderirono alla Società delle
Nazioni, che si trovò priva del suo membro più importante ed influente, finendo per
dimostrare negli anni successivi tutta la propria inefficacia. Essa veniva dunque ad essere sotto
il controllo di Francia ed Inghilterra e ad essere una guardiana dello status quo e del Trattato di
Versailles
5
, ovvero l'atto col quale i paesi vincitori della Grande Guerra avevano imposto
4
Nel preambolo ai 14 punti, Wilson affermava: “noi siamo entrati in guerra a causa delle violazioni del diritto che ci
riguardano direttamente e rendono impossibile la vita del nostro popolo a meno che non siano riparate e il mondo sia
assicurato per sempre che non si ripeteranno.” In questo modo, oltre a chiarire che l’intervento in guerra aveva precisi
motivi ideali, cui si era disposti a sacrificare se stessi, il Presidente sanciva il nuovo ruolo dell'America quale potenza
economica, politica e militare, ma anche custode dei valori irrinunciabili di democrazia e libertà. Nessuno avrebbe più
potuto ignorare una presenza così determinante. M.L.Salvadori, L’età contemporanea, Loescher, Torino, 1998, p. 321.
5
Aa.vv., atti del V°congresso ass. Fulbright Italia, Firenze, 1964, p.32
6
durissime condizioni alla Germania sconfitta, acuendo così antiche forme di rancore e rivalità
nazionalistica.
La Germania avrebbe dovuto ridurre le sue forze armate fino a diventare del tutto inoffensiva;
inoltre avrebbe dovuto cedere territori, tra cui il bacino minerario della Ruhr, e pagare debiti di
guerra fissati in cifre spropositate. Di conseguenza la nazione tedesca indebitata, inflazionata,
piena di disoccupati, non fece che coltivare un sogno di rivincita, cavalcando il quale seppe
affermarsi l’ideologia nazista.
In questo clima di reciproco sospetto e rancore proliferavano ripetute recriminazioni incrociate
su questioni territoriali ed economiche. Ad esempio, oltre all’occupazione della Ruhr tedesca
da parte dei francesi, vi furono l’espansione greca in territorio turco, la contesa dell'Istria tra
Italia e Yugoslavia, o ancora la creazione del corridoio di Danzica e della Prussia Orientale tra
Germania e Polonia.
6
Si ponevano in questo modo le basi per giungere rapidamente ad una nuova, ancora più
sanguinosa guerra, dove ideologie fra loro inconciliabili, quali nazifascismo, comunismo e
liberalismo, e forti interessi economici si scontravano duramente.
Di fronte all’atteggiamento passivo ed accomodante delle potenze europee e della Società
delle Nazioni, la Germania di Hitler attuò una inarrestabile politica di riarmo, violò più volte il
trattato di Versailles sui confini tra le nazioni europee e condusse a grandi passi l’Europa verso
un nuovo, più sanguinoso conflitto, ufficializzato il 1° settembre 1939 con l’invasione della
Polonia.
1.2 Proposte per un’Europa unita
In questo clima di contrasto e litigiosità, tuttavia, non mancarono le personalità nel mondo
politico e intellettuale che tentarono di scongiurare tali rischi indicando una via alternativa,
verso forme di unificazione, collaborazione, federazione tra i paesi europei.
6
Di Nolfo, E., Storia delle relazioni internazionali del 1918 ai giorni nostri, Laterza, Bari, 2008, p. 60
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