Si sono venute così delineando novità normative importanti ed, in
particolare, un riguardo sempre maggiore alle procedure concorsuali
minori, e specialmente alla disciplina dell’amministrazione
straordinaria, che è la procedura di cui ci occupiamo in questa sede.
Nella precedente Legge Prodi, intitolata “Provvedimenti urgenti
per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi”
la procedura prevista, che si poneva come alterativa al fallimento,
era di carattere prettamente amministrativo.
Le aziende oggetto della legge erano, infatti, le grandi imprese
che vantavano all’interno del loro organico, addetti in misura pari o
superiore a 300, un eccessivo indebitamento ed un basso livello di
liquidità
1
che peggiorava ulteriormente la situazione debitoria,
rendendo difficile un recupero dell’azienda senza aiuti esterni.
In questo caso, si andavano definendo necessità sempre più
stringenti di aiuto, e l’idea prevalente era quella che vedeva lo Stato
in onere di salvaguardare la stabilità sociale e perciò di intervenire
economicamente sostenendo l’impresa in crisi.
Con le legge n. 95, è stato compiuto un passo fondamentale, che
nel contesto della grave crisi economica degli anni settanta ha avuto
il merito di colmare le lacune e sicuramente sostituire la cosiddetta
“legislazione di salvataggio”
2
, che proponeva misure incerte ed
inaffidabili perché incongruenti.
D’altronde una profonda innovazione era d’uopo; scorrendo a
ritroso il percorso storico della legge fallimentare, si approda al
regio decreto n. 267, risalente al 1942 che, ovviamente, traducendo
il contesto storico in cui nasce, ovvero in una fase di
industrializzazione e capitalismo ancora acerbi, non prende ancora
in considerazione le grandissime imprese.
L’Italia è infatti reduce dal grande conflitto mondiale, l’economia
stenta a decollare e la realtà economica è costellata da piccole e
1
Infatti la Legge di conversione n. 95/79, art. 1, includeva tra i soggetti previsti nella procedure
di amministrazione straordinaria, le imprese che esponevano debiti verso istituti di credito, di
previdenza ed assistenza sociale, per un ammontare almeno superiore ai 35 miliardi delle vecchie
lire, per un ammontare superiore a cinque volte il capitale versato, prendendo come riferimento i
valori dell’ultimo bilancio approvato.
2
GIORDANO, Prime considerazioni sul c.d. Decreto Marzano, p. 2, in http://judicium/fonti.it
4
medie imprese che cominciano a nascere e svilupparsi, e che
caratterizzeranno il panorama italiano fino ai nostri giorni.
Durante il boom economico, è proprio sulle piccole imprese che
cominciano ad ergersi quelle realtà macroscopiche che nel corso
degli anni vengono delineandosi come grandissime imprese, oggi
oggetto dei provvedimenti in discussione.
Tali imprese hanno varcato limiti dimensionali considerevoli,
andando a volte anche oltre la singola unità, articolandosi in
complessi e gruppi, o addirittura in grandi holding caratterizzate da
fitti meccanismi di controllo e collegamento.
Il concepimento della legge Prodi è un chiaro segnale
dell’esigenza d’innovazione dell’apparato giuridico, proprio in
considerazione del presentarsi di tali mutamenti.
Nonostante il merito riformista della legge, essa non è stata
tuttavia esente da critiche ed ha riscontrato alcuni problemi tecnici
di applicazione
3
.
In primo luogo è stato contestato il carattere arbitrario
dell’ammissione alla procedura
4
.
L’unico elemento preso in considerazione era infatti quello
dimensionale, mentre mancava qualsiasi riferimento riguardante
elementi qualitativi, con conseguente esclusione di un’analisi
accurata delle possibilità di risanamento presentate dall’impresa in
crisi.
Ciò rischiava di comportare l’ammissione alla procedura anche di
aziende ormai irrimediabilmente compromesse, le quali, sfruttando
gli aiuti governativi previsti dalla stessa legge (all’art. 2
5
), erano
forzatamente mantenute in vita, nonostante non esistesse alcun
presupposto di ripresa.
Il punto focale, come appare evidente dal testo della Legge,
3
Per ulteriori chiarimenti si rimanda al capitolo 1.
4
A sostegno di questa tesi si prenda visione di quanto sostenuto da MACIOCE, La tutela dei
creditori tra vecchia e nuova amministrazione straordinaria,in Fall.,2004, p. 12.
5
Il Tesoro dello Stato, si faceva infatti garante dei debiti maturati verso gli istituti di credito che
gravavano il bilancio. La copertura offerta poteva riguardare solo una parte od essere estesa alla
totalità di essi e poteva essere rivolta alla gestione corrente, ma non solo. Poteva finanziare,
all’occorrenza, anche l’acquisto di impianti e attrezzature.
5
voleva essere la tutela del lavoratore attraverso la salvaguardia
dell’occupazione e del reddito
6
.
Questo atteggiamento socialmente apprezzabile, portava però con
sé il rischio di non tutelare sufficientemente i creditori pregressi
all’insolvenza.
Essi infatti, conformemente a quanto previsto dalla disciplina,
non potevano soddisfarsi fino al termine della procedura e
rimanevano fortemente pregiudicati dal pagamento pre-deduttivo dei
creditori sorti per effetto della continuazione dell’attività
d’impresa
7
.
Nonostante le aspre critiche mosse a condanna di questo
atteggiamento, ciò che ha realmente costretto il legislatore a
rivedere la legge è stata l’ostilità pervenuta dall’ambiente
comunitario
8
.
Un primo atteggiamento critico da parte della Comunità Europea
aveva già avuto luogo nel 1995, attraverso una delibera
9
, elaborata
dalla Commissione, che faceva riferimento al nostro sistema di
trattamento delle grandi imprese in stato di insolvenza.
Si sottolineava in particolare che tale trattamento comportava un
esborso di aiuti di Stato ex art. 92 (oggi art. 87) del trattato CEE,
vietati dalla normativa comunitaria.
Tali aiuti, come accennato, erano elargiti ai sensi dell’art. 2 della
legge n. 95/79 per garantire i debiti dell’insolvente, permettendole
appunto di continuare a svolgere la propria attività.
6
Il reddito è un elemento meritevole di particolare attenzione da parte del legislatore poiché, in
osservanza dell’art. 36 della Costituzione italiana, costituisce un presupposto fondamentale a
garanzia di una vita “libera e dignitosa”, così come sancito nel nostro testo costituzionale.
7
In argomento; BONFATTI eFALCONE, La riforma dell’amministrazione straordinaria, 12-13
novembre 1999, ABI-Diritto e Fisco, in Bancaria Editrice, Roma, 2000, p. 199; CORSI, Spunti per
una disciplina dell’insolvenza tratti dalle procedure speciali, in Fall., 1998, p. 880; SATTA,
Diritto Fallimentare, Cedam, Padova, 1996, p. 782; PAOLUCCI, Imprese in crisi
(amministrazione straordinaria),in Dig. disc. priv., Sez. civ. comm., VII, Torino, 1992, p. 210;
SANDULLI, Rilievi critici nell’amministrazione straordinaria, in Dir. fall., 1986, I, p. 120 e ss;
RICCI, La tutela dei creditori dell’imprenditore nella amministrazione straordinaria: problemi di
legittimità costituzionale, in Fall., 1984, p. 100 e ss.
8
Cfr. CIRENEI, La riforma dell’amministrazione straordinaria alla luce della disciplina degli
aiuti: fine di un contenzioso?, in Riv. dir. comm., 1999, p. 96.
9
A tale proposito si rimanda al n. SG (95) D/351 del 13 gennaio 1995 ove la Commissione
informa il Governo italiano della propria decisione di avviare la procedura di cui all’attuale art.
88 del Trattato CE.
6
Gli aiuti di Stato, condannati dalla Commissione, potevano infatti
essere erogati solo alle condizioni previste dal Trattato CEE (così
come poi ribadito anche dalla Corte di Giustizia delle Comunità
Europee), in quanto considerati distorsivi del meccanismo della
concorrenza
10
.
La Commissione sostenne che nel caso si venissero a delineare
situazioni di una gravità tale da far sì che l’ordinamento italiano
potesse ritenere di applicare le garanzie di cui all’art. 2, questi
avrebbe dovuto richiedere preventivamente l’autorizzazione alle
istituzioni comunitarie.
Nonostante l’ammonizione, il governo non avviò le procedure
indicate, pertanto nel 1997 fu aperto un processo di infrazione ai
danni del nostro paese.
Pare dunque probabile che la causa principale di riforma della
legge Prodi, attraverso il D. lgs. 270/99, sia da attribuire
prevalentemente al suddetto procedimento comunitario di
infrazione
11
.
Il nuovo decreto legislativo si sarebbe poi in realtà rivelato un
provvedimento di estrema importanza, grazie all’introduzione di
elementi innovativi di grande interesse.
In particolare, ha introdotto un metro di carattere qualitativo in
sede di ammissione dell’impresa in crisi alla procedura di
amministrazione straordinaria ed ha previsto una maggiore
incidenza dell’autorità giudiziaria durante l’intera procedura.
Viene infatti posto l’accento su un elemento fondamentale;
l’esistenza di “concrete prospettive di recupero dell’equilibrio
economico delle attività imprenditoriali”, che da questo momento in
avanti, diverrà uno dei presupposti fondamentali ai fini del
procedimento di ammissione alla procedura di amministrazione
10
Cfr. TESAURO, Diritto comunitario, Padova, 1999, p. 136 e ss.
11
Si veda a proposito GAGGERO, La disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria
già soggette alla c.d. legge Prodi, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2003, II, p. 337; CALAVAGLIO,
Un primo commento all’art. 106 del d. lgs. 270 del 1999, in Riv. dir. proc., 2000, p. 111 e ss;
TARZIA, Disapplicazione della “legge Prodi” per contrasto con la disciplina comunitaria, in
Fall., 2000, p. 503; MAFFEI e ALBERTI, Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in stato di insolvenza, in Commentario breve alla legge fallimentare,
Padova, 2000, XXIV, p. 1087.
7
straordinaria.
Proprio al fine di verificare tale requisito, successivamente alla
dichiarazione dello stato d’insolvenza da parte del tribunale, è stato
disposto un periodo di osservazione (il limite è di trenta giorni) nel
corso del quale la gestione può rimanere in capo all’imprenditore, o
alternativamente, essere affidata ad un commissario giudiziale
nominato dal Ministro delle attività produttive.
La procedura assume dunque come punto focale la possibilità del
recupero dell’azienda e dei suoi equilibri, posto che, qualora le cose
non vadano nella direzione sperata, seguirà la conversione in
fallimento, e che ciò non può essere in alcun caso evitato grazie
all’intervanto dello Stato
12
.
Una volta conclusa la sopraccitata fase di osservazione, viene
deciso se aprire o meno il procedimento di amministrazione
straordinaria sulla base della relazione del commissario
13
.
Tale relazione, come previsto dal D. Lgs. 270/99, consiste in una
spiegazione il più possibile esauriente delle cause che hanno portato
12
Viene a mancare come precedentemente specificato, la possibilità di prevedere aiuti statali, che
invece potevano essere posti a garanzia dell’azienda nella previgente legge Prodi. Per ulteriori
approfondimenti sull’argomento si veda TARZIA, Disapplicazione della “Legge Prodi” per
contrasto con la disciplina comunitaria”, in Fall., 2000, p. 503 che tratta approfonditamente il
tema della erogazione degli aiuti da parte dello Stato.
13
ALESSI, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, in Commento
sistematico al D. Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, Giuffrè, p. 7; ove si legge che “Proprio
dall’introduzione del criterio di accesso di carattere qualitativo parte della dottrina ha inferito che
la finalità dell’amministrazione straordinaria di cui al d. lgs. n. 270/1999 non può che essere il
risanamento dell’impresa. Invero il riferimento alle “finalità conservative del patrimonio
Produttivo” ex art. 1 dovrebbe essere letto in coordinato con l’art. 27 in base al quale, appunto,
sono assoggettabili al procedimento solo le società risanabili sul piano economico. Sicché
secondo una tale ricostruzione la conservazione del patrimonio deve essere intesa quale mero
strumento per raggiungere l’obiettivo di risanamento. Nello stesso senso, FRASCAROLI e SANTI,
Dichiarazione dello stato di insolvenza. La disciplina del procedimento, in La riforma
dell’amministrazione straordinaria, a cura di BONFATTI-FALCONE, in Fall., p. 40, che intende
l’insolvenza delle imprese assoggettabili ad amministrazione straordinaria piuttosto come
un’incapacità temporanea di adempiere £le obbligazioni, secondo lo schema proprio
dell’amministrazione controllata; ROSSI, Insolvenza, crisi di impresa e risanamento, Milano,
2003. GAMBINO, Le procedure concorsuali minori: prospettive di riforma e la rinnovata
amministrazione straordinaria, in Fall., 2000, p. 5 e ss.; ID, Le procedure concorsuali minori in
una prospettiva di riforma e la rinnovata amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
crisi, in Giur. Comm., 1999, p. 401 ; MAFFEI e ALBERTI, Risanamento dell’impresa in crisi ed
evoluzione normativa ed interpretazione del sistema concorsuale, in Fall.,2000,p. 42. Secondo
GIORDANO, Prime considerazioni sul c.d. decreto “Marzano”,
http://www.judicium.it/news/ins_12_01_04/considerazioni.html., il decreto Marzano sembra
aderire a questa seconda ricostruzione poiché individua la finalità della procedura nella
ristrutturazione aziendale, ponendo in rilievo l’inadeguatezza della normativa precedente sul
punto”.
8
al formarsi dello stato di insolvenza, ed in una valutazione
obbiettiva della possibilità di ripristino dell’equilibrio economico.
Sta poi all’autorità giudiziaria, qualora lo ritenga opportuno,
prendere in considerazione anche altri elementi, come i pareri resi
dal Ministro delle Attività produttive, dal debitore, dai creditori o
da chiunque altro interessato.
Infatti, mentre nella Legge Prodi, era il Ministro a prendere la
decisione, nel Decreto legislativo 270, è l’autorità giudiziaria che
dispone in merito all’apertura del procedimento, senza dover
sottostare a vincolo di sorta
14
, salvo l’obbligo della motivazione in
ordine al provvedimento assunto.
Il Ministro, tuttavia, non perde il proprio ruolo di primo piano
all’interno della procedura, in quanto esso è l’organo designato alla
nomina del commissario straordinario.
Questi rappresenta infatti una figura chiave, dal momento che è
l’incaricato dell’elaborazione del piano di gestione della crisi, e del
programma.
La prima scelta fondamentale, una volta emesso il decreto di
ammissione alla procedura, è quella tra la cessione a terzi del
complesso aziendale o la ristrutturazione economico finanziaria
15
.
I due diversi modelli di risanamento possibili, se posti a
14
E’ necessario soffermarsi e notare che tale passaggio è di fondamentale importanza. Questo
nuovo provvedimento, infatti, si propone di tutelare il più possibile quei diritti soggettivi, con
particolare riguardo ai creditori pregressi, che tante volte erano invece stati lesi in precedenza,
con la Legge Prodi.
Con il fondamentale intervento del tribunale, che viene ad assumere un ruolo fondamentale in
quanto deputato ad emettere la sentenza di accoglimento, infatti, diviene possibile per i creditori,
e per chiunque sia interessato, agire presentando reclamo alla Corte d’Appello. E’ questo uno
strumento potente a garanzia della tutela a disposizione delle parti coinvolte. In tal senso si veda
MAFFEI e ALBERTI, Risanamento dell’impresa in crisi ed evoluzione normativa ed
interpretazione del sistema concorsuale,in Fall., 2000, p. 123.
15
VISCONTI, CIG straordinaria in favore dei dipendenti di imprese sottoposte ad amministrazione
straordinaria ai sensi del decreto legislativo 270/99, in Ministero dell’industria del commercio e
dell’artigianato direzione generale per lo sviluppo Produttivo e la competitività divisione III,
Roma, 2000, p. 2, ove si legge che “ La procedura di amministrazione straordinaria si svolge
sotto la direzione di un commissario straordinario che provvede alla redazione di un programma,
che può essere alternativamente indirizzato alla cessione dei complessi aziendali ovvero al
risanamento economico e finanziario del gruppo, con una durata di un anno, nel primo caso, e di
due anni, nel secondo. Alla scadenza del programma, ove attuato, nel primo caso viene dichiarata
la cessazione dell'esercizio d'impresa e la procedura concorsuale prosegue nella fase liquidatoria.
Nel caso di programma di risanamento, l'impresa ritorna in bonis e viene dichiarata la chiusura
della procedura. Ove il programma non sia invece attuato, la procedura di amministrazione
straordinaria viene convertita in fallimento con provvedimento del Tribunale”.
9
confronto, denotano infatti procedure e tempi spiccatamente diversi
tra loro, differendo profondamente anche per obbiettivi e modalità
di attuazione.
La tempistica varia a seconda della procedura scelta in quanto per
il programma di “cessione a terzi dei complessi aziendali”, è stato
previsto un anno di tempo, mentre per lo sviluppo e l’applicazione
del programma di “ristrutturazione economico finanziaria”, il limite
temporale è di due anni.
Il programma prescelto, dovrà essere compiuto rigorosamente
entro il termine previsto.
Detti limiti temporali sono infatti estremamente rigidi, perciò
rimarranno tali anche in caso di sostituzione dei programmi, pena la
conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento.
La competenza, in ordine all’attuazione del programma, spetta
unicamente al Ministro, dal quale dipende, pertanto, l’esecuzione
del piano medesimo
16
.
Il decreto legislativo 270/99 si è rivelato sicuramente il
provvedimento più importante ed innovativo nella storia
dell’amministrazione straordinaria, garantendo la massima tutela a
tutte le parti coinvolte, ed essendo uniforme alla disciplina dettata
anche a livello comunitario.
Proprio per tale ragione, anche il decreto Marzano rinvia
continuamente a tale disciplina, che lo completa e lo integra,
permettendo di porre in essere procedure che altrimenti all’interno
del medesimo Decreto non sarebbero descritte.
Il decreto Marzano, essendo un provvedimento d’urgenza
17
,
infatti, è estremamente sintetico, e si esaurisce in soli nove articoli
che non sarebbero sufficienti per disciplinare in modo soddisfacente
la materia, se non fosse per i continui rinvii alla disciplina dettata
dal D. lgs. 270/99.
16
Cfr. RE, La nuova normativa sull’amministrazione straordinaria, in http://www.consrag.it.
17
Si desume facilmente che un provvedimento di questa portata sia sorto per abbracciare casi di
particolare gravità, che proprio per la loro importanza potrebbero arrecare enormi danni
all’economia del paese. Cfr. MARTINO, Conversione dell’amministrazione straordinaria in
fallimento, Giuffrè, 2004, ove ampia trattazione sui caratteri di straordinarietà ed urgenza del
Decreto Marzano.
10
Il carattere di straordinarietà ed eccezionalità alla base del
provvedimento, infatti, spinge l’intera disciplina a focalizzarsi ed
ad orientarsi alla realizzazione dell’obbiettivo preponderante; il
risanamento più celere possibile.
Vengono dunque favoriti tutti quei meccanismi che permettono di
gestire l’insolvenza in modo diretto ed immediato, in modo da
limitare il più possibile un dispendio di energia e di tempo.
L’individuazione dell’impresa oggetto del provvedimento citato,
con finalità risanatoria, si basa sull’esistenza di alcuni presupposti
di carattere qualitativo e quantitativo.
Per quanto riguarda l’esigenza di celerità, un primo ma
importante scostamento del decreto Marzano dalla disciplina della
Prodi bis, è la totale assenza del periodo di osservazione e degli
organi sovrintendenti a tale fase, in particolare della figura del
commissario giudiziale
18
.
Una volta considerata questa prima macrodifferenza
immediatamente intuibile ad una prima lettura del decreto, ci sono
altri elementi altrettanto rilevanti da prendere in considerazione.
L’iniziativa di apertura del procedimento parte dal soggetto
passivo, ovvero dall’azienda stessa, e questo costituisce un ulteriore
fattore di fortissima innovazione.
L’azienda è, infatti, l’unica legittimata a richiedere l’applicabilità
del procedimento in questione, e perciò la volontà del soggetto
assume un ruolo di primo piano, portandola ad intraprendere un
percorso che la porterà, agli effetti pratici, ad autodichiararsi
insolvente
19
.
E’ il Ministro ad emanare il provvedimento di ammissione, nel
quale menzionerà anche il nome del commissario incaricato di
seguire la procedura, definendone i poteri.
18
BONFATTI, L’amministrazione straordinaria delle imprese di rilevanti dimensioni in stato di
insolvenza, in http://www.judicium.it/news.html.
19
L’iter previsto dal Ministero è quello secondo cui l’azienda stessa deve presentare istanza
motivata al Ministro delle attività Produttive se vuole essere sottoposta al regime di
amministrazione straordinaria per le grandissime imprese in crisi. Il ruolo centrale dell’impresa
come primo soggetto in grado si cogliere il proprio stato di crisi non è in sé un concetto nuovo
alla dottrina. In argomento GALIOTO e PALUCHOWSKI, L’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in crisi, Cedam, 1991.
11
Il ruolo di primo piano dato alla autorità ministeriale, finisce
però con l’arginare i poteri di quella giudiziaria, che assume in
questa fattispecie una rilevanza di secondo piano, come peraltro già
si riscontrava nella legge Prodi
20
.
L’autorità giudiziaria è incaricata, come indicato dall’art. 2, della
notifica di ammissione al procedimento (in caso di esito positivo
della richiesta) e della comunicazione del decreto.
Essa non può pertanto procedere all’analisi dello stato
dell’azienda e delle eventuali prospettive future di ripresa, torna
perciò in essere “lo spettro della mancanza di una valutazione
qualitativa affianco a quella meramente quantitativa”
21
.
E’ interessante notare come questo sia in netto contrasto con
quanto sostenuto dalla Relazione Illustrativa e con gli stessi
obbiettivi che dovrebbero animare la disciplina.
Si riscontra, infatti, un generale orientamento alla finalità
conservativa del valore economico del complesso produttivo.
Questo presuppone la necessità dell’esistenza e dell’implemento
di “forze”
22
, interne all’impresa, tali da permettere il
raggiungimento del riequilibrio economico.
Tutto ciò, comporta una compressione della tutela dei creditori
anteriori all’accertamento dello stato di insolvenza.
Essi rischiano, infatti, di vedere compressi i loro interessi, che
vengono sacrificati in nome della continuazione dell’attività
d’impresa, così come già accadeva nell’abrogata Legge Prodi.
In tal modo, tenendo conto dell’elevato livello di indebitamento
richiesto dalla procedura, due tra le categorie maggiormente
20
Questa sorta di ruolo “passivo” affidato al tribunale all’interno della procedura non si limita
alla fase iniziale del procedimento, ma anche all’accertamento dello stato di insolvenza che viene
rimandato ad un momento successivo, ovvero dopo la stesura della relazione da parte del
commissario.
21
SANTANGELI, Il d.l. Marzano, ovvero, le mani della politica sui procedimenti di
ristrutturazione (rectius: o mantenimento in vita purchessia) delle “grandissime” imprese in
crisi, in judicium, 2004, p. 33. In argomento anche POSCA, Cambia il decreto Marzano
sull'amministrazione straordinaria : il Ministro velocizza la procedura, Datconsulting network,
Milano, 2005, p. 4.
22
Cfr. PAOLONI, Il problema del risanamento delle piccole imprese in crisi, in Fall., 2003, p.
1020.
12
bisognose di tutela, ovvero i creditori pregressi ed i dipendenti
23
,
subiscono conseguenze molto penalizzanti, soprattutto qualora non
esistano prospettive di ripresa
24
.
La situazione risulta ulteriormente aggravata dal fatto che, come
si è detto, debba essere il Ministro delle attività produttive ad aprire
il procedimento, e non il tribunale fallimentare
25
.
Ancora, tra le differenze emergenti dal confronto decreto
Marzano - Prodi bis, si sottolinea il ruolo del commissario
straordinario.
Egli, nel termine di 180 giorni dalla nomina, deve redigere e
presentare al Ministro delle attività produttive, il programma di
gestione della crisi
26
.
Solo in via residuale, nel caso in cui il Ministro stesso non
autorizzi il piano di risanamento, potrà essere presa in
considerazione un’idea alternativa alla ristrutturazione e prevista
un’ipotesi di cessione.
La filosofia vuole dunque essere quella del mantenimento
dell’impresa sul mercato, onde evitare il danno occupazionale ed
economico che deriverebbe dalla sua estinzione.
Tale logica, porta a decisioni di carattere tecnico aziendale che
comportano l’alienazione delle attività non redditizie, non
strategiche o non strettamente correlate alle attività tipiche
dell’impresa, anche in caso di cessione.
L’idea è quella di tagliare i “rami secchi”
27
nella prospettiva di un
risanamento il più efficiente e veloce possibile che salvaguardi in
via prioritaria l’azienda stessa o il gruppo, in accordo con la
23
In argomento CAIAFA, I rapporti di lavoro nella crisi d’impresa, Cedam, 2004, p. 443 e ss.
24
Cfr. FIMMANÒ, Le prospettive di riforma del diritto delle imprese in crisi tra informazione,
mercato e riallocazione dei valori aziendali, in Fall., III, 2004, p. 131.
25
L’immediata conseguenza si esplica dunque nell’impossibilità, per i creditori, di opporsi
facendo reclamo alla Corte d’Appello, (come già era successo per la Legge Prodi), privandoli di
un’arma di tutela fondamentale e indispensabile, che invece era stata riconosciuta e sancita
precedentemente. Cfr. BONGIORNO, Atti del convegno SISCO del 28 novembre 1987 ripresi in
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: esperienze, riflessioni e
prospettive, Giuffrè, 1989, p. 28.
26
Ai sensi dall’art. 4, comma secondo, d. l. 347/03.
27
Cfr. NIGRO, La crisi della piccola impresa tra liquidazione e risanamento, in judicium, 2003,
p. 1010.
13
filosofia alla base del procedimento disciplinato dal decreto.
La focalizzazione della normativa sull’impresa, vista quale
soggetto da salvare, appare evidente anche con riferimento
all’esercizio dell’azione revocatoria.
A differenza di quanto accadeva nella Prodi bis, infatti, essa non
è vincolata all’esecuzione di un programma di cessione dei
complessi aziendali
28
, ma può essere esercitata anche in presenza di
un programma di ristrutturazione, purché il suo esercizio risulti
funzionale alla realizzazione del programma stesso.
Specularmente alla maggiore attribuzione dei poteri al
Ministero
29
, è osservabile una notevole diminuzione dei poteri in
capo al Tribunale.
Questi, infatti, col decreto Marzano, ha facoltà di intervenire
significativamente sulla procedura, modificandola ed eventualmente
convertendola in fallimento (anche se in un’ipotesi residuale e
difficilmente realizzabile).
Tale ipotesi, regolata dall’art. 4 del decreto, in particolare, si
realizza quando si manifestano contemporaneamente due
circostanze, ovvero che il Ministero non approvi il programma il
programma di ristrutturazione, e che risulti impossibile attuare il
piano di cessione del complesso aziendale
30
.
In realtà, all’autorità giudiziaria, residua solamente l’onere di
adottare un provvedimento che non è frutto di una scelta, ma l’unica
soluzione possibile
31
.
Per un’insieme di ragioni, di cui la degiurisdizionalizzazione
costituisce un momento chiave, parte della dottrina
32
ha sostenuto
28
Si veda l’art. 6, primo comma del decreto Marzano, così come compare nella versione 2004, in
seguito alle modifiche apportate dalla legge di conversione n. 39/2004, n. 166/04 e dal d. l.
119/04.
29
Si sarebbe detto “Ministro” prima della modifica apportata dalla legge di conversione n.
166/04 al decreto Marzano e, nello specifico, al d. l. 119/04. Si veda in argomento l’art. 4 ter del
d. l.
30
Il piano di cessione è ancora regolato dall’art. 27 del d. lgs. 270/99; l’unica differenza è che
può essere attuato nell’arco di due anni invece che di uno (si veda, in merito l’art. 4, comma 4 bis
del decreto Marzano) .
31
ROSSI, Insolvenza, crisi di impresa e risanamento. Caratteri sistematici e funzionali del
presupposto oggettivo dell’amministrazione straordinaria, Giuffrè, Milano, 2004, p. 55..
32
Per tutti, FABIANI e FERRO, Dai tribunali ai ministeri: prove generali di
14
che il decreto in oggetto costituisce un “passo indietro rispetto al
potenziamento delle garanzie individuali (e soprattutto dei
creditori) realizzato invece con la riforma della legge Prodi
33
”.
degiurisdizionalizzazione della gestione delle crisi d’impresa, in Fall, Milano, 2004, p. 140.
33
LASCARO, La nuova amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: prime
riflessioni, in Giur.Comm., 2000, II, p. 60. Infatti l’art. 69 del d. lgs. n. 270/1999 consente al
Tribunale, seppur in forza di un’istanza del commissario straordinario, di convertire
l’amministrazione straordinaria in fallimento qualora, in corso di procedura, non risulti possibile
un risanamento economico dell’impresa. Nella disciplina generale l’autorità giudiziaria ha quindi
ampi poteri valutativi in ordine alla sussistenza in concreto delle condizioni per la ristrutturazione
dell’azienda in crisi.
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