1
INTRODUZIONE
La riservatezza si mostra quale diritto fondamentale della
persona umana, unitariamente intesa
1
.
Nel tempo si è passati dall’iniziale protezione del diritto alla
sfera intima e privata, al riconoscimento del diritto al trattamento
dei dati personali ed alla loro circolazione, compensato dal diritto a
«controllare» i propri dati, fino a giungere alla c.d.
patrimonializzazione della Privacy e alla sua negoziabilità
2
.
Nel contesto del commercio globale i dati personali sono esposti
a pericoli numerosi e non trascurabili. Eloquente, al riguardo, è la
soverchiante intrusione di svariate applicazioni (app) nelle nostre
azioni e nei movimenti quotidiani, l’uso delle quali consente di
1
Sul tema della persona unitariamente intesa insiste V. CUFFARO, IN AA.
VV., I dati personali nel diritto europeo, Torino, 2019, pp .14 e 16. Sulle prime
riflessioni in tema di negoziabilità dei dati personali (con un profilo critico), G.
ALPA, La “proprietà” dei dati personali, in Persona e mercato dei dati.
Riflessioni sul GDPR, N. ZORZI GALGANO (a cura di), Milano, 2019, pp. 11-34;
v. anche N. ZORZI GALGANO, Le due anime del GDPR e la tutela del diritto
alla Privacy, ivi, p. 35-94.
2
S. THOBANI, Diritti della personalità e contratto: dalle fattispecie più
tradizionali al trattamento in massa dei dati personali, (Opera pubblicata a
cura del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino),
Milano,2018. Le tesi esposte in questo pregevole studio, circa la
commercializzazione dei diritti della personalità, non appaiono convincenti (in
particolare v. conclusioni, p. 105), ma su ciò si argomenterà nel prosieguo.
2
fotografare ogni nostro gesto e di fissarlo in una «cronologia»,
consultabile anche a distanza di anni.
Preoccupante è la rassegnazione con la quale taluno afferma che
una sì fatta intrusione costituisca il conto da pagare ai vantaggi, a
basso costo, della tecnologia informatica e telematica.
La dottrina più recente ha giustamente richiamato l’attenzione
sulla persona umana, imprescindibile «centro del mercato» e del
futuro tecnologico
3
, sottolineando come senza la tutela della
persona
4
e della legittima riservatezza nessuna creatività e
progettualità siano immaginabili
5
.
Sulla scorta di queste premesse, la presente ricerca si propone di
vagliare l’impatto delle nuove tecnologie sulla la riservatezza –
comprensiva del diritto al trattamento dei dai personali – la quale si
3
Cfr. M. ZACCHEO, Valori e principi, in Persona e Mercato, 2019, 3,pp. 86-
90.
4
Quanto al concetto di persona, basterà qui ricordare la celebre
affermazione di Protagora (486 a.C.- 411 a.C.), secondo cui «l’uomo è la
misura di tutte le cose» e soprattutto, il significato che il termine ha assunto
nella nostra Costituzione, quale supremo valore morale, sociale, giuridico ed
economico, considerato in relazione all’uomo in quanto tale ancor prima di
essere riconosciuto quale cittadino.
5
«Il diritto non può, ancora una volta, limitarsi, negando se stesso, a
ratificare i rapporti di forza consumati nel mercato e deve farsi carico di una
gerarchia di valori intorno ai quali ruota l’equilibrio stesso della convivenza
civile»: così N. LIPARI, Per una revisione della disciplina sull’interpretazione e
sull’integrazione del contratto?, in Riv. Trim. dir. proc. civ., 2006, p. 725,
riportato da F. MACARIO in, Studi in onore di Nicolò Lipari, (AA. VV.), Milano,
2008, Vol. I, p. 1576.
3
colloca tra diritti fondamentali e pertanto irrinunciabili della
persona umana, avuto riguardo all’evoluzione dogmatica,
giurisprudenziale e normativa dell’intera disciplina.
In questa direzione, il primo capitolo del presente lavoro
ripercorre l’iter che ha condotto al riconoscimento della
riservatezza, con particolare attenzione al dibattito che ha animato
la dottrina a partire dai primi anni del Novecento e all’influenza che
tale dibattito ha esercitato sul versante giurisprudenziale.
Il secondo capitolo si concentra sull’evoluzione tecnologica e
sui riflessi che la stessa ha prodotto sul diritto alla riservatezza.
Sono focalizzate in particolare le istanze di protezione scaturite
dall’uso delle nuove tecnologie e le risposte che i legislatori hanno
inteso dare ad esse, nel confronto con le normative internazionali ed
europee.
Il terzo capitolo si sofferma sullo scambio dei dati personali
nella fornitura dei servizi digitali e sulla «nuova frontiera» in punto
di privacy, rappresentata dalla «contrattazione» degli stessi dati.
In sede di conclusioni si tenta di mettere in evidenza le luci e
le ombre che contraddistinguono l’ordito legale stratificatosi nel
tempo, nell’ottica di garantire ai soggetti una sempre maggiore
protezione.
4
CAPITOLO I.
LA PRIMA STAGIONE DEL DIRITTO ALLA RISERVATEZZA
SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Le origini del diritto alla
riservatezza tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del
Novecento: il diritto ad essere lasciati soli e il riserbo della vita
intima e privata - 3. Il dibattito sul diritto alla riservatezza nel
periodo post-bellico. La tesi che sostiene la sussistenza di un
diritto autonomo alla riservatezza contro l’opinione che nega la
configurabilità del medesimo. Il diritto alla riservatezza nel più
ampio dibattito sui diritti della personalità - 4. L’affermazione in
via giurisprudenziale del diritto alla riservatezza. In particolare:
Corte Costituzionale n. 38 del 1973; Cassazione n.2129 del 1975,
c.d. caso Soraya - 5. Conclusioni
1. Introduzione
La riservatezza risulta essere una dimensione della personalità,
strumentale allo sviluppo di questa, tesa a salvaguardare le relazioni
sociali e la realizzazione dei progetti di vita
6
.
6
Un particolare profilo nel dibattito sulla riservatezza è dato dagli studi
condotti in tema di diritti della persona nel diritto romano con rinvii al diritto
naturale: sul punto, v. M. L. BICCARI, Diritti fondamentali dell’uomo e diritto
romano, in Jus, 2017, 2, pp. 114-138.
5
Essa descrive il bisogno umano di custodire con maggiore cura
alcuni aspetti personali, avuto riguardo ad un preciso momento
dell’esistenza. Sì fatto bisogno si mostra influenzato dalle
condizioni esistenziali e dalle scelte personali dell’interessato. Può
accadere per esempio che un soggetto abbia interesse a mantenere
riserbo su alcuni aspetti che lo riguardano in un dato momento e che
questo interesse non sussista in un momento successivo della sua
esistenza.
La riservatezza può essere definita come quella parte della nostra
vita conosciuta solo a noi stessi, in vista della realizzazione di
interessi meritevoli di tutela. Essa si correla non soltanto all’
interesse negativo a non subire intrusioni, da parte di terzi o della
autorità pubblica, nella vita privata propria o altrui (quella dei figli,
ad esempio, o del partner), ma anche e soprattutto ad un fine
positivo, lecito, di tutela sociale: protezione della salute,
dell’intimità domestica, della propria immagine, dell’identità
digitale
7
(interesse, quest’ultimo,correlato al potere di governance
dei propri dati personali).
7
«Nell’ambito della comunicazione via Internet viene in rilievo la c.d.
“identità digitale” ovvero l’identità impiegata nelle attività informatiche ed in
particolare nelle numerose applicazioni di Internet. […] Si possono
individuare due tipi di “persona digitale” che si vengono a delineare: una
progettata ed una imposta. La prima creata dall’individuo stesso che la
trasmette ad altri per via dei dati che fornisce (creando blog personali, pagine
personali sui social); l’altra è data dalla proiezione sulla persona dei dati
detenuti da agenzie esterne come ad esempio società commerciali o agenzie
governative (grado di solvibilità per i mutui, stato di salute a fini assicurativi o
6
Della riservatezza non fa cenno direttamente il codice civile,
salvo l’obbligo del prestatore d’opera di non divulgare notizie
attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa,
anche dopo la conclusione del rapporto di lavoro (art. 2105 c.c.).
Tale circostanza non ha impedito all’autonomia negoziale di
sopperire a particolari esigenze di riservatezza, addivenendo alla
conclusione di appositi contratti atipici, assai diffusi nella prassi e
noti come «accordi di riservatezza». Mediante tali negozi le parti si
obbligano a tenere confidenziali le notizie apprese durante la
formazione del negozio, tenuto conto che le stesse potrebbero poi
non addivenire alla conclusione del contratto (si pensi alle
informazioni riguardante un’impresa)
8
.
creditizi, preferenze commerciali». L’autorevole studio dell’Ufficio del
Massimario della Corte di Cassazione pone in rilievo i delicati aspetti della
nuova identità digitale, in particolare l’esigenza che essa non venga sottratta al
controllo dell’interessato, il quale si deve potere opporre alla costruzione e alla
diffusione di profili che lo riguardano (il testo si trova su
https://www.portaledelmassimario.ipzs.it/frontoffice/rassegneAnnuali.do).
8
La riservatezza è correlata al diritto industriale ed al diritto commerciale,
ogni qualvolta vengono comunicati profili aziendali riservati, ad esempio nel
corso di trattative commerciali. Gli «accordi di riservatezza» tendono a
scongiurare la divulgazione di contenuti industriali, tecnologici ed
organizzativi che costituiscono gli assets dell’impresa e di cui si viene a
conoscenza in occasione di trattative per la formazione e conclusione di un
contratto, che potrebbe anche non andare a buon fine. Ovviamente anche i
dipendenti sono tenuti a mantenere riservate le conoscenze caratteristiche della
propria impresa (know how) salvo che di dominio pubblico (art. 2105 c.c.). Si
tratta – pare evidente – di aree di riservatezza che non coinvolgono persone ma
7
Diverse leggi e decreti si sono occupati, invece, della riservatezza
in ambiti specifici; oltre alla l. n. 300 del 1970, ad esempio, la l. 8
aprile 1974, n. 98, Tutela della riservatezza e della libertà e
segretezza delle comunicazioni, il d.lgs. 30 luglio 1999, n. 282,
Disposizioni per garantire la riservatezza dei dati personali in
ambito sanitario, il d. m. 12 dicembre 2006, n. 306, Regolamento
recante Disciplina del trattamento dei dati sensibili e giudiziari da
parte del Ministero della Giustizia.
Sul piano costituzionale la riservatezza trova fondamento
giuridico negli articoli 2 e 3 Cost., secondo un concetto di Privacy
(vita privata) non più collegata ai «property rights» (nella
prospettiva di una tutela limitata ai diritti di proprietà) ma
strumentale alla personalità umana ed alla sua inviolabilità.
Va subito precisato che il diritto di riservatezza, come qualsiasi
altro diritto, anche di rango costituzionale, non si sottrae a un
bilanciamento, potendo talvolta cedere davanti ad esigenze di salute
pubblica, giustizia, e potendo altresì incontrare il limite di interessi
altrui protetti mediante l’attribuzione di situazioni soggettive, nella
continua ricerca di un equilibrio che permane tuttora incerto.
Esso ad ogni modo si caratterizza in quanto suscettibile di
espandere i suoi effetti nel tempo: si pensi al c.d. diritto all’oblio,
sul quale si tornerà oltre, e alla tutela post mortem.
beni e diritti economici, i cui profili possono essere più facilmente definiti e
circoscritti.
8
2. Le origini del diritto alla riservatezza tra la seconda metà
dell’Ottocento e la prima metà del Novecento: il diritto ad
essere lasciati soli e il riserbo della vita intima e privata
Il diritto alla riservatezza trova spazio tra i diritti umani, sul finire
degli anni ottanta dell’Ottocento, negli Stati Uniti d’America. Le
notizie apparse sul Saturday Evening Gazette, circa le feste
mondane della borghesia di Boston, riguardavano sovente la moglie
del giovane avvocato Samuel D. Warren, il quale decide di
pubblicare, insieme al collega Louis Brandeis, un saggio intitolato
«The Right to Privacy», sull’Harvard Law Review
9
. Era il 15
dicembre 1890.
I due giuristi sostengono il «right to be let alone», ossia «il
diritto ad essere lasciati soli ed a vivere felici», nei confronti di una
stampa che entra nella vita familiare altrui, non per informare ma
per scandalizzare. Essi invocano un generale diritto alla Privacy,
distinto dal diritto di proprietà, esercitabile tramite un’azione di
responsabilità civile, tort for damages, per l’accertamento della
lesione del right to Privacy, anche laddove i fatti o gli eventi
fossero stati caratterizzati da verità. Aggiungono, poi, che sarebbe
stato necessario apprestare anche una tutela penale del diritto di
riservatezza, nei casi di estrema gravità della lesione, che si
realizza, ad esempio, quando una pubblicazione raggiunga
un’ampia diffusione.
9
SAMUEL D. WARREN e LOUIS D. BRANDEIS, The Right to Privacy, in
Harvard Law Review, 1890, IV, 5, pp. 193-220.
9
In realtà già nel 1879 il giudice T.C. Cooley aveva usato
l’espressione «the right to be let alone»
10
nella prefazione ad una
sua opera in materia di danni extracontrattuali
11
.
Il contributo di Warren e Brandeis appare tuttavia innovativo, in
quanto i due giuristi hanno portato l’attenzione sulla persona in sé,
andando oltre i «property rights», riconosciuti dal IV Emendamento
della Costituzione degli Stati Uniti d’America
12
.
10
T.C. COOLEY, A Treatise on the Law of Torts or the Wrongs which Arise
Independent of Contract, Callaghan & Company, Chicago, IL, 1888, p. 29. «La
citazione “the right to be let alone" è tratta dalla prefazione alla seconda
edizione dell’opera del giudice Cooley, che fu scritta in realtà nel 1879»: cfr.
M. SURACE, Sorveglianza e diritto alla riservatezza nell’era di Internet, in
http://www.adir.unifi.it/rivista/2005/surace/cap2.htm.
11
Come riferisce T. E. FROSINI, Il diritto all’oblio e la libertà informatica,
in F. PIZZETTI (a cura di), Il caso del diritto all’oblio, Torino, 2013, p. 85 ss.,
«il right to Privacy non trovò, però, immediata tutela presso le Corti
americane; anche la Corte suprema non lo volle accogliere in un famoso caso
Olmstead del 1928, dove però nella sentenza comparve un importante
dissenting opiniondel giudice Brandeis [lo stesso che aveva scritto, insieme a
Warren, il saggio sopra citato]. Fu nel 1965, con il caso Griswold, che la Corte
Suprema riconobbe ed elaborò il diritto costituzionale alla Privacy, quale
fondamento dei diritti di libertà dell’individuo (libertà personale, di
manifestazione del pensiero, di comunicazione e così via)».
12
Il quale segnatamente afferma: «Non potrà essere violato il diritto dei
cittadini di godere della sicurezza personale, della loro casa, delle loro carte e
dei loro beni, di fronte a perquisizioni e sequestri ingiustificati; e non si
rilasceranno mandati di perquisizione se non su fondati motivi sostenuti da
giuramento o da dichiarazione solenne e con descrizione precisa del luogo da
perquisire e delle persone da arrestare o delle cose da sequestrare».
10
La diffusione di nuovi mezzi di comunicazione di massa, quale la
stampa, si trova dunque alle origini della riservatezza
nell’esperienza giuridica statunitense. Ciò può essere osservato
altresì per gli ordinamenti giuridici europei. In Francia, per
esempio, ancor prima che negli Stati Uniti, con la Loi relative à la
presse (legge sulla stampa) viene proibita la pubblicazione di fatti
relativi alla vita privata degli individui, a meno che i fatti stessi non
fossero già pubblici o pubblicati con il consenso dell’individuo.
In Germania le origini del diritto alla riservatezza risalgono al
dibattito sui diritti della personalità, sviluppatosi a partire dalla
seconda metà dell’Ottocento. In questo contesto, taluni studiosi
individuano fin dall’inizio diversi diritti della personalità, tutti
dotati di autonoma rilevanza, altri configurano un singolo e
generico diritto della personalità, del quale tutti gli altri diritti
richiamati sono emanazione o indiretta espressione. Tra questi
ultimi studiosi, taluno considera un «diritto alla segretezza», a
protezione dell’individuo dalla pubblicazione non desiderata di
rapporti epistolari e anche dalla rivelazione di fatti della vita
privata
13
.
In Italia l’attenzione intorno al tema si sviluppa molto dopo, a
partire dagli anni Trenta del Novecento, periodo in cui, sempre
nell’ambito della riflessione sui diritti della personalità, sulla scorta
dell’esperienza giuridica tedesca, taluno ritiene configurabile un
13
Il riferimento è a G. KOHLER, Das Autorrecht, in Iherings Jahrbucher, XVIII,
nuova serie VI, stampata a parte nel 1880.
11
generale diritto alla riservatezza
14
.Il «riserbo della vita intima
privata nel turbinio della curiosità e della pubblicità della vita
moderna» viene definito come diritto alla «privatezza» o
«riservatezza» ed «individualizzato» tra i diritti della personalità già
previsti dal legislatore, quali la protezione contro alcuni delitti
15
e i
quasi delitti nonché in leggi speciali, quale la legge sui diritti di
autore (l. 7 novembre 1925, n. 1950) avente ad oggetto la
protezione del diritto sulla propria immagine o ritratto (art.11), la
protezione del diritto d’inedito sulle lettere (art.12) o sulle opere
non pubblicate (artt. 55-57).
14
Fondamentale è stato il lavoro di A. RAVÀ, I diritti sulla propria persona
nella scienza e nella filosofia del diritto, Torino, 1901; ID., Istituzioni di diritto
privato, Padova, 1938, p. 211. Sul punto cfr. M. FERRARA SANTAMARIA, Il
diritto alla illesa intimità privata, in Riv. dir. priv., 1937, I, p. 168 ss.
15
In particolare i delitti di violazione di domicilio, di violazione di segreto
epistolare e del contenuto di documenti segreti, di violazione del segreto
professionale, di segreti scientifici ed industriali, d’ingiuria, di diffamazione, di
violenza privata.
12
3. Il dibattito sul diritto alla riservatezza nel periodo post-bellico.
La tesi che sostiene la sussistenza di un diritto autonomo alla
riservatezza contro l’opinione che nega la configurabilità del
medesimo. Il diritto alla riservatezza nel più ampio dibattito sui
diritti della personalità
Nel dopoguerra il dibattito si fa più acceso, anche sulla scia di
alcuni casi giudiziari che investono l’opinione pubblica, nel clima
di ripresa generale, dopo lo sforzo bellico.
Nel periodo evocato, parte della dottrina fa rientrare il diritto alla
riservatezza nel «minimum» necessario ed imprescindibile per
qualificare ed affermare i diritti soggettivi della personalità. Più nel
dettaglio, secondo questi studiosi i diritti della personalità, anche se
innati, si sono ormai legati allo ius positum. In tale visuale tutti i
diritti soggettivi derivano dall’ordinamento positivo; tuttavia,
mentre per il sorgere di taluni di essi – i c.d. diritti derivati od
acquisiti – oltre al presupposto della personalità giuridica (intesa
qui come capacità giuridica) si richiederebbe il verificarsi di
determinate fattispecie, per l’acquisto di altri diritti – ossia quelli
innati – sarebbe sufficiente il presupposto della personalità, coevo
alla nascita dell’individuo ex art. 1, comma 1, c.c.
16
. Di tale ultima
categoria di diritti farebbe parte anche quello alla riservatezza, il
quale sarebbe quindi configurabile, sebbene non espressamente
contemplato da una precisa fattispecie.
16
A. DE CUPIS, I diritti della personalità, in Trattato di dir. civ. comm. A.
CICU e F. MESSINEO, Milano, IV, t. I, 1959.