INTRODUZIONE
Le continue trasformazioni culturali dell’uomo, e i cambiamenti delle sue forme
abitative, con le relative conseguenze sull’ambiente e sulla natura, richiedono a mio avviso
una riflessione filosofica sul rapporto tra uomo e natura.
Di fronte a un uomo “impoverito”, che ha perso la propria connaturalità con la
natura, fino a diventare quel che definirei un uomo “doppiamente dimezzato”, credo possa
essere utile riscoprire la relazione che lega l’uomo alla natura, e ripensare la concezione stessa
di “natura”. È possibile riconoscere che, alla classica opposizione di anima e corpo, si è
aggiunta una scissione fra uomo e resto degli esseri viventi, seguita dalla negazione di una
umanità condivisa
1
. L’uomo che non vive più l’Essere come indiviso e non si sente, dunque,
parte di una totalità, si pone al di sopra della natura come un padrone superiore, fino ad
istituire delle gerarchie nelle quali la natura viene considerata oggetto, e l’uomo soggetto; la
natura viene degradata a “macchina”, non più a “organismo”.
È evidente che questa concezione porta a gravi conseguenze: prima di tutto l’uomo,
invece di preservare la natura, la distrugge, sfruttandola in vista dei propri fini personali;
inoltre, non interessandosene, non ne sa più cogliere la bellezza
2
; di conseguenza non sarà più
in grado di apprezzare tutto ciò che ha origine da essa, e tutto ciò che è semplice e originario;
al contrario, valorizza solo ciò che è prodotto artificialmente, realizzato e modificato dalla
mente e dall’espressione umana. Altro grave effetto è la svalutazione della corporeità, che
viene pesantemente sminuita di fronte alla superiorità della ragione, dalla quale viene
nettamente separata e posta in antagonismo; vedremo che riscoprire la Natura significa anche
rivalutare il ruolo del corpo, come possibilità di apertura primigenia al mondo e agli altri.
Dimenticare la dimensione “inglobante” e l’essere comune dal quale “sorgiamo”, rende
1 A tal proposito possiamo ricordare la riflessione di Martha Nussbaum che descrive la negazione
della comune “dignità umana” nelle prigioni e nei campi di concentramento: persone ridotte in
condizioni subumane, «diventate animali, e quindi più facili da torturare e da uccidere»; Upheavals
of Thought. The Intelligence of Emotions, Cambridge, Cambridge University Press, 2001, trad. it.
di R. Scognamiglio, a cura di G. Giorgini, L’intelligenza delle emozioni, Bologna, il Mulino, 2004,
cit, p. 254. Della filosofa ho presentato brevemente, nel terzo capitolo, la questione sull’animalità
affrontata nell’opera sopra citata.
2 Non solo l’uomo, disinteressandosi della natura, e considerandola solo per scopi utilitaristici, non si
rivolge più al dispiegarsi dello “spettacolo naturalistico” del mondo; ma anche nel caso in cui
ammira la bellezza di un paesaggio, o di una creazione naturale, ne resta distaccato, considera la
natura come qualcosa di esteriore ed esterno da sé: resta un atteggiamento oggettivante.
3
difficile relazionarsi alle altre forme di vita, dal momento che l’uomo si chiude nella propria
umanità, imponendo gerarchie d’Essere che considerano l’“altro” inferiore, quasi oggetto, o
mezzo: non vivere più la Natura come “trama” dell’essere, può portare a negare perfino la
condivisione di una comune umanità, e a creare un’alienazione dell’uomo.
In tal senso mi pare opportuno rivolgersi al pensiero di Maurice Merleau-Ponty, con
particolare attenzione alle lezioni sulla Natura tenute al Collège de France fra il 1956-1960
3
.
Negli ultimi anni di vita, dopo aver pubblicato le principali opere come La structure du
comportement del 1941, La phénoménologie de la perception nel 1945, Les aventures de la
dialectique del 1955, Merleau-Ponty ha avvertito l’esigenza e la necessità di rimettere in
discussione il concetto di natura, dimenticato e svuotato di senso dalla tradizione filosofica
occidentale moderna; vedremo che scopo ha, all’interno del percorso merleau-pontiano,
rifondare il concetto di natura in relazione all’elaborazione di una nuova ontologia, destinata a
rimanere solo abbozzata a causa della morte prematura avvenuta nel 1961, mentre, da due
anni, stava lavorando all’opera che avrebbe dovuto intitolarsi L’origine de la vérité
4
.
Sicuramente il primo passo da compiere per una rivalutazione della natura, è
rivolgersi alla tradizione filosofica per esaminare come sia stato considerato il concetto stesso
di natura dalla cultura occidentale: è ciò che fa Merleau-Ponty nel primo corso del 1956-57
partendo, brevemente, da Aristotele, criticando Descartes, analizzando la concezione
“umanistica”, per proseguire con quella “romantica”, e terminare con il pensiero di Husserl
5
.
In realtà, questa storia filosofica del concetto di natura, si concentra principalmente su due
blocchi contrapposti: da una parte la critica del pensiero cartesiano, dall’altra la presentazione
di alcune concezioni che si distaccano da Cartesio, e fanno emergere l’idea merleau-pontiana
di Natura.
3 L’opera che contiene i tre corsi di Merleau-Ponty dedicati alla natura, è La nature, Paris, Édition du
Seuil, 1995; testo stabilito e annotato da D. Séglard, trad. it. di M. Mazzocut-Mis e F. Sossi, a cura
di M. Carbone, La natura, lezioni al Collège de France 1956-1960, Milano, Raffaello Cortina
Editore, 1996 (I ed.).
4 Come vedremo più approfonditamente in seguito, il manoscritto de L’origine de la vérité è stato
lungamente elaborato da Merleau-Ponty, e non costituiva la versione definitiva, come dimostrano le
numerose correzione, cancellature e note dell’autore; il testo sarà pubblicato postumo col titolo di
Le visible et l’invisible (Paris, Éditions Gallimard, 1964), con l’aggiunta di alcune note di lavoro.
5 Questo primo corso, intitolato semplicemente Il concetto di natura, si divide in due parti; la prima,
intitolata Studio delle variazioni del concetto di Natura, comprende quattro capitolo dedicati
rispettivamente a L’elemento finalistico del concetto di Natura negli stoici e in Aristotele, a La
Natura come idea di un essere tutto esteriore (in cui presenta la concezione cartesiana), a La
concezione umanistica (nella quale include Le idee di Kant), per finire con il capitolo su La
concezione romantica (nella quale presenta Le idee di Schelling, di Bergson e Husserl). Mentre la
seconda è su La scienza moderna e l’idea di Natura.
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Nelle Lezioni dedicate alla Natura è possibile ritrovare il costante atteggiamento
d’interesse per la scienza che ha sempre accompagnato Merleau-Ponty, a partire dai primi
scritti come La structure du comportement del 1941; come vedremo, sebbene le scienze
costituiscano spesso un riferimento critico, in queste lezioni sono presenti dei confronti con la
fisica moderna e la meccanica quantistica che esortano a instaurare una relazione di reciproca
collaborazione fra filosofia e sapere scientifico. Merleau-Ponty, infatti, nei suoi scritti come
nelle sue lezioni, ricorda spesso che la filosofia non si deve chiudere in se stessa, ma aprirsi al
confronto con altri ambiti del sapere, quali la psicologia, l’arte, la letteratura. In questo caso,
la scienza può aiutare la filosofia, mostrandole l’esistenza di una dimensione primordiale,
intersoggettiva, e d’indivisone, che rende possibili le sperimentazioni e i risultati delle teorie
scientifiche, svolte da un soggetto che, prima di essere scienziato, è un corpo “incarnato” nel
mondo. Vedremo che l’unico filosofo e scienziato con cui Merleau-Ponty si confronta
direttamente in questa seconda parte, sarà Alfred North Whitehead, grazie al quale emerge
l’idea di Natura come “concresenza”, cioè come “presenza operante” permanente, ma in
costante divenire e mutamento.
Ho ritenuto importante sottolineare la particolarità metodologica e linguistica di
queste lezioni, nelle quali la concezione merleau-pontiana di Natura non viene esposta
sistematicamente, ma emerge attraverso l’incontro, o lo scontro, con il pensiero altrui,
mediante l’utilizzo di termini inusuali e di un linguaggio metaforico; dal momento che non è
possibile racchiudere in unica parola il significato della Natura, Merleau-Ponty ripercorre la
storia del concetto, considerato che ogni termine ha una sua “vita spirituale”, e subisce
trasformazioni nel tempo. Tuttavia, già il primo corso ci permette di cogliere l’idea merleau-
pontiana di Natura, come “suolo” che ci sostiene, l’originario non-costruito, dimensione
inglobante nella quale siamo immersi: uomo-Natura non sono da pensare in opposizione, ma
avvolti in un Essere comune, grazie al quale l’uomo vive in relazione chiasmatica con il
mondo.
All’interno del mio percorso, risulta centrale il ruolo del corpo, sede della percezione
e dell’esperienza precategoriale, indispensabili per svelare il legame primordiale che unisce
uomo e Natura; in particolare vedremo come la questione del corpo umano viene approfondita
da Merleau-Ponty nel terzo corso, tenuto nel 1959-1960 e intitolato Natura e logos: il corpo
umano. Piega della «carne», simbolico ed enigmatico, espressivo, il corpo nel quale è radicato
il pensiero vive un rapporto di indivisione col mondo. Rivalutare il corpo in quanto possibilità
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originaria di apertura al mondo, significa riconoscere l’importanza della percezione e
dell’esperienza precategoriale, attraverso le quali possiamo “vivere” il legame con la Natura,
prima di spiegarlo o analizzarlo razionalmente mediante le categorie filosofiche o i concetti
della scienza; un tale ritorno alla dimensione pre-riflessiva, non coincide con l’atteggiamento
naturale-ingenuo, ma con una sorta d’intuizione intellettuale che permette di recuperare la
dimensione d’indivisione, e l’essere pre-oggettivo, che le idealizzazione del pensiero
concettuale hanno dimenticato.
In particolare, la visione e l’esperienza artistica del pittore e del fruitore, rivestono un
ruolo importante nel mostrare il legame chiasmatico che unisce l’uomo al mondo; il pittore, in
grado di avere un’esperienza percettiva privilegiata della Natura grezza, racchiude nella sua
creazione artistica l’enigma della visione, e mostra il passaggio dall’invisibile al visibile. Le
nette distinzioni fra attività-passività, soggetto-oggetto, vengono meno, di fronte
all’esperienza artistica, poiché pittore e fruitore sono “fatti della stessa stoffa” del mondo,
cioè condividono la medesima connaturalità: la visione, e il pensiero, nascono dal corpo, il
quale è fatto della stessa carne del mondo sensibile che “tocca” l’occhio del pittore.
Le riflessioni sul corpo, sulla percezione e sull’esperienza artistica, fanno emergere
una dimensione di connaturalità tra uomo e mondo, che conduce necessariamente all’idea
dell’Essere grezzo, selvaggio, non ancora “trasformato” dalle categorie della conoscenza
concettuale-razionale. Questo senso d’Essere sarà alla base di una nuova ontologia che
Merleau-Ponty stava elaborando proprio in quegli anni, e che possiamo intravedere nelle
lezioni, ne Le visible et l’invisible, e in alcuni scritti rimasti inediti. Vedremo come lo studio
del concetto di Natura costituisca una via privilegiata per elaborare questa ontologia, che
definirei “primordiale” e “dell’unità”, radicata nel mondo vissuto, e strettamente legata al
concetto di chair, termine che Merleau-Ponty introduce per indicare uno strato profondo e
comune della sensibilità dell’uomo e del mondo. Dobbiamo ricordare, infatti, che secondo il
pensiero merleau-pontiano è possibile fare ontologia solo mediante una via indiretta, quindi
attraverso lo studio di quegli enti che manifestano l’essere, in particolare modo tramite la
Natura, «foglio ontologico»
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. La filosofia della Natura si configura quindi come uno studio
6 Nell’ultimo corso ritorna spesso l’immagine della Natura come “foglio ontologico”, cioè
dimensione in cui sono presenti (come in un foglio) due lati inscindibili: ad esempio materia-vita,
uomo-animale, invisibile-visibile; la natura è “trama”, “suolo”, che non pone divisioni o scissioni:
«nostro argomento: per quanto concerne la Natura, si trattava di studiarla come foglio ontologico e,
in particolare, per quanto concerne la vita, si trattava di studiare lo sdoppiamento del foglio della
Natura. Per quanto concerne l’uomo, si tratta di coglierlo nel suo punto d’insorgenza nella Natura.
Così come c’è Ineinander della vita e della fisicochimica, nello stesso modo l’uomo deve essere
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