4
La crescente importanza di questo business e, in generale, la crescente domanda di tutela delle
risorse, in senso ampio, da parte dei visitatori, costituiscono un sintomo, di un cambiamento
culturale, che sta investendo il mercato turistico la cui analisi non è più trascurabile.
La dimensione multidimensionale del fenomeno, insieme alla natura locale di molti problemi socio-
economico-ambientali, fa emergere la natura relativa del concetto di sostenibilità e, di conseguenza,
la sua qualità di “fatto sociale”
3
. Tale qualità come vedremo non è scevra di implicazioni per il
governo manageriale di un impresa come si può metaforicamente intendere un territorio: essa
richiede una strategia più comprensiva e meno utilitaristica, un apprendimento più complesso della
presenza imprenditoriale nella società e delle sue interrelazioni con l’insieme degli attori, cioè una
prospettiva socialmente pertinente dell’interfaccia tra i clienti, l’impresa e l’insieme dei punti forti,
commerciali e non. Tutto ciò è ben espresso dal termine Societing
4
, proposto all’inizio degli anni
Novanta per sostituire la parola “marketing”. Logicamente, il principio di relatività, richiamato in
precedenza, si applica sia alla sfera concettuale che ai principi applicativi. Infatti, anche per quanto
riguarda questi ultimi, è facile intuire che non esiste un’unica via alla sostenibilità; una volta trovato
un accordo sugli obiettivi da perseguire, ogni sistema può seguire la propria via al raggiungimento.
Nell’ambito delle scelte di governo manageriali dello scambio, risulta quindi necessario interrogarsi
se i micromercati emergenti e in continua espansione, legati alle forme di turismo alternativo e che
appaiono assai lontani dai modelli sui quali si è consolidato il marketing di stampo anglosassone,
abbiano, o possano avere, necessità di differenti modi di gestire le relazioni di scambio.
In altri termini, il quesito di fondo che ci si deve porre, di fronte al fenomeno è il seguente: il
governo strategico dei sistemi di scambio dei mercati relativi alle forme emergenti di turismo
alternativo può seguire il medesimo disegno manageriale che guida gli altri business?
In primo luogo si propone di parlare di Heritage tourism in luogo di turismo alternativo, ciò è
dovuto alla eccessiva generalizzazione del termine “alternativo” e alla particolare connotazione e
importanza che assume il termine Heritage nei settori attuali più avanzati della sostenibilità nel
turismo (l’ecoturism e lo heritage tourism appunto). Il termine Heritage travalica i limiti di
sostenibilità ambientale proprie dell’ecoturismo per comprendervi anche l’attenzione per la
salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio territoriale più genericamente inteso. Tuttavia, è
bene sottolineare che ambedue le correnti compartecipano ad alcune credenze fortemente sentite,
quali il disprezzo per il falso o l’innaturale e la ricerca dell’autentico o dell’originale; in ogni caso
3
Un analisi in tal senso è presente nell’intervento di Salvatore Bimonte nella conferenza Turismo, sviluppo economico e
sostenibilità: teoria e pratica, che si è tenuta il 19 e 20 settembre del 2002 presso la sede del corso di laurea in
Economia dell’ambiente e del Turismo Sostenibile della Facoltà di Economia “R.M. Goodwin” a Grosseto.
4
Si veda O. Badot, A. Bucci, B. Cova, 1993
5
condividono eticamente una robusta svalutazione della modernità e non si stancano mai di sostenere
l’importanza del ritorno alla natura ed all’autenticità dell’esistenza umana.
Ciò si inserisce felicemente nel più ampio contesto delle esigenze emergenti nella società del
postmodernismo: autenticità, comunità , legame sociale, ricerca di senso eccetera sono i
corrispettivi di scambio di numerosissime “metatendenze”
5
socioculturali che lentamente hanno
fatto maturare le condizioni perché sorga e acquisti spessore la domanda di offerte sostenibili.
Da un punto di vista di marketing un’offerta sostenibile può significare rinunciare a delle entrate
che limitano la capacità di assicurare che ci sarà domanda per il turismo in futuro. Ma soprattutto
l’offerta per essere sostenibile deve essere compatibile con l’identità comunitaria locale, il
marketing dovrà adoperarsi in quest’ottica favorendo i meccanismi di integrazione tra gli aspetti
simbolici e cognitivi che un determinato territorio è in grado di evocare con quelli più propriamente
sociali ed economici.
In sostanza si tratta di adottare nella prassi gestionale il modello di scambio relazionale in un’ottica
mediterranea o latina
6
, ciò vuol dire che invece di gettarsi in una corsa sfrenata verso la
personalizzazione e l’innovazione (marketing one-to-one), come indurrebbero a fare la maggior
parte degli approcci di tipo anglosassone, si attribuisce una scala di importanza e un ordine di
criticità maggiore ad alcune componenti tipiche del fenomeno sociale conosciuto come “ri-
radicamento” postmoderno, come la ricerca di comunità e legami sociali (marketing tribale), oltre
che di radici (retro-marketing tribale). Ciò significa che se il marketing one-to-one usa la relazione
come mezzo per giungere allo scopo – cioè arrivare all’individuo – il marketing di tipo tribale,
invece, fa della relazione il vero scopo e dell’emozione condivisa il mezzo per giungere a tale
scopo.
Nel momento in cui le distanze si riducono e la stessa geografia, intesa come limitazione spaziale e
tradizionale criterio localizzativi di usi e costumi, sembra scomparire, il “locale” va ad acquisire un
rilievo tanto diverso rispetto a prima quanto importante. In quest’ottica i luoghi vanno visti da
naturalmente diversi in strategicamente diversi.
5
Si veda F. Morace, 2003
6
Il Manifesto della Latin School of Society recita così: i) Alle persone piace riunirsi insieme in occasione di eventi
“tribali”, in modo particolare nell’era dell’individualismo; ii) Si assiste alla ri-appropiazione del vivere quotidiano.
A livello di marketing, ciò si traduce in approcci di rottura con la corrente anglosassone dominante che entrano a far
parte di un movimento contestatario dalle varie definizioni: “corrente latina”, “scuola mediterranea”, “southern scool”
del marketing. Il movimento, sostenuto soprattutto da esperti di marketing francesi ed italiani, mette in rilievo una sorta
di paradigma individualista, determinista, razionale e utilitaristico che sottende la maggior parte delle rappresentazioni
del consumatore e del mercato tradizionalmente poste in gioco dal marketing. Le rappresentazioni che questi studiosi
offrono del consumatore e del mercato si basano sul lato comunitario, costruito, emozionale e non utilitaristico, senza
perciò negare il resto. Gli studiosi cercano di indicare una via di scambio e di relazione commerciale per migliorare la
comprensione dei consumatori e dei mercati, e di conseguenza le possibilità delle operazioni di marketing. Essi pensano
ci sia una forte connessione fra individualismo-razionalismo-utilitarismo-universalismo nella corrente di pensiero
anglosassone, mentre il “pensiero meridiano”(F. Cassano, 2001) è caratterizzato da comunità-affettività-ludicità-
semplicità.
6
In Italia, negli ultimi tempi si è assistito ad una riscoperta del sistema locale, nelle sue varie
componenti umane, culturali e paesaggistiche, quale fattore di vantaggio competitivo. Le più recenti
teorie economiche individuano nel “sistema territoriale locale” la variabile esplicativa dello
sviluppo, nonché il presupposto dal quale partire per definire corrette politiche economiche.
I due Case Histories riportati in questa ricerca, lasciano intendere che quanto detto è
particolarmente vero per i sistemi piccoli e marginali dove, tra l’altro, la tutela delle specificità oltre
che costituire una variabile strategica diventa “lo” strumento per uno sviluppo duraturo, perché
diffuso e diversificato, e compatibile. Infatti un processo economico fondato su risorse locali
garantisce un più elevato effetto moltiplicativo del reddito; ricchezza e benessere diffuso creano, a
loro volta, le condizioni per generare ulteriore crescita e tutela.
L’obiettivo, quindi, che ci si è posti con questo lavoro è di impostare un ragionamento strutturato su
una classe particolare di strategie di business: le strategie di sviluppo locale nella chiave
interpretativa della disciplina scientifica che studia il governo delle relazioni di scambio
dell’impresa territoriale nel mercato turistico.
In conclusione, il presente lavoro costituisce un tentativo di elaborazione di un marketing business
specific, ed anche country specific in relazione alle specifiche suscettività regionali in termini di
heritage e non di semplice adattamento di formule di successo prese a prestito da realtà “altre”
come sembrano suggerire ad esempio le applicazioni di benchmarketing territoriale.
7
Le motivazioni della ricerca
Il fenomeno turistico rappresenta un’industria in continua crescita nonché una porzione consistente
del commercio mondiale. La spinta portata dalla globalizzazione
7
e l’attenzione sempre maggiore
negli ultimi anni in tema di sviluppo sostenibile hanno offerto nuove opportunità strategiche a
luoghi che fino a pochi anni fa assumevano un ruolo marginale se non inesistente nel mercato
turistico. Ciò ha naturalmente attirato l’attenzione degli studiosi e degli operatori economici sul
rapporto che lega le scelte di governance territoriale ai meccanismi e gli stati di competizione
vigenti nel contesto di scambio di riferimento. La domanda fondamentale è sostanzialmente questa:
secondo quale schema mezzi/fini deve governarsi un soggetto economico complesso come l’impresa
turistica territoriale, affinché la risorsa oggetto di attrazione turistica si possa perpetuare nel
tempo garantendo adeguati ritorni in termini economici, ambientali e sociali per la popolazione
locale?
Nella mondializzazione degli scambi quindi il settore del turismo presenta delle singolarità: sapere
che la società destinata alla funzione turistica non è chiamata solamente ad aprire le sue frontiere e
le sue dimore ai visitatori stranieri ma anche ad avviare un commercio molto particolare, poiché si
tratta di far entrare nei corrispettivi di scambio mercantile la cultura, il patrimonio, le tradizioni,
l’identità stessa, perfino alcune categorie della popolazione (i contadini ad esempio, gli artigiani, gli
operai). Il passato, la storia, la memoria sono presi come “giacimenti di autenticità” da mettere a
frutto, l’aspetto etnico una risorsa da sfruttare e tutelare. Il metodo da utilizzare è quello di una
strategia competitiva territoriale che assuma le risorse, le competenze e le capacità interne come
fonte di vantaggi competitivi: vantaggi scarsamente imitabili e immediatamente utilizzabili. Tale
ricerca di vantaggi competitivi locali nelle risorse territoriali locali e la competizione globale,
delineano le attuali dinamiche ipercompetitive in bilico fra localismo e globalizzazione.
7
Non è oggetto di questo lavoro parlare delle cause della globalizzazione, delle aperture storiche precedenti, degli
effetti che sono contemporaneamente positivi o negativi all’estremo, mi riferirò solo a qualche aspetto delle aperture
globali che mi sembrano essenziali per il turismo: I) l’apertura geopolitica porta a delle frontiere sempre più permeabili,
a un assetto globale multiculturale e multipolare e alla fine progressiva dello stato centralizzato, quello dei piani rigidi e
dei controlli dall’alto, con più ampi spazi di libertà, individuali, locali e regionali; II) l’apertura tecnologica, soprattutto
nel campo delle tecnologie della comunicazione e dei trasporti, fa sì che l’informazione possa penetrare fino agli spazi
più reconditi del mondo e dell’uomo, creando sistemi basati sull’iterazione, la mobilità , la migrazione, il movimento, il
virtuale, l’immaginario, ovvero le condizione stesse del turismo; III) L’apertura economica con decisioni, capitali,
sistemi di gestione veicolati ovunque in tempo reale per via elettronica, produce uno straordinario aumento degli
scambi, ma obbliga anche a valutare i propri prodotti, la qualità del servizio, i propri vantaggi, le proprie potenzialità.
Obbliga anche a reagire con tempestività ai cambiamenti , ad anticiparli; IV) dal punto di vista culturale, oltre alla
possibilità di raggiungere quasi tutta l’umanità con una informazione culturale emessa anche da un solo punto, la grande
novità è che lo sviluppo acquista una base culturale, certo più che nazionale, in base a modelli differenziati e specifici.
E’ il culturally-driven development, lo sviluppo economico trainato dalla cultura.
8
Si tratta di una visione che possiamo definire “glocale”
8
, termine oramai di moda, utilizzato per
designare le due dimensioni dello sviluppo postfordista: da un lato l’integrazione internazionale,
dall’altro la competizione fra sistemi e collettività territoriali.
Per il turismo la competizione coinvolge la creazione di immagine. L’immagine delle località
turistiche è fortemente influenzata dall’esistenza di un’identità territoriale e di quella dei suoi
singoli soggetti che si identificano con essa. Essa è la risultante di una specifica combinazione di
capitale sociale, culturale, umano, ambientale e istituzioni che da valore ad un territorio. Tale
combinazione da origine ad un circuito di influenza che possiamo definire come attrattività
percepita dell’identità locale
9
: l’identificazione con un dato gruppo è motivata dal bisogno di
rafforzare la propria autostima attraverso il feedback positivo che l’appartenenza ad un gruppo è in
grado di riflettere sul concetto di sé dell’individuo. Pertanto i simboli rappresentativi dell’identità,
le sue fondamenta, i suoi emblemi (patrimonio, storia, memoria, ecc.), vanno definiti e condizionati
secondo procedure di marketing che sappiano ristabilire e mantenere un legame sociale arcaico e
comunitario nel rapporto Host-Guest che pongano l’accento proprio sull’arcaismo o l’autenticità
dell’offerta. Si tratta in sostanza, di sviluppare una prassi di retro-marketig tribale
10
.
Con questo approccio si tende ad enfatizzare più che il rapporto biunivoco fra impresa e cliente: che
tanto interessa il marketing relazionale e la sua variante one-to-one; il legame fra due o più
individui valorizzando qui prodotti o servizi che siano sì utili ai soggetti consumatori, ma
soprattutto che siano in grado di mettere in relazione più individui, più consumatori, in una sola
comunità dove ciascuno può dare i propri contributi personali ed investire le proprie energie in vari
gradi, cercando non tanto di produrre innovazioni “di rottura”, quanto di perfezionare prodotti e
servizi mantenendo il legame con il passato e con il territorio, cioè conservando la capacità di
costruire, sviluppare e mantenere il legame con persone o situazione del passato.
L’importanza di tali approcci la si può cogliere soltanto collocandoli nel più vasto ambito
dell’ipotesi postmoderna della società e del turismo postfordista.
Noi stiamo vivendo dentro una grossa frattura, con riferimento al turismo di ieri e di domani. La tesi
che si sente molto spesso avanzare è che sussiste oggi una domanda di tempo libero assolutamente
nuova e che dietro ad essa va delineandosi un soggetto fruitore completamente nuovo.
Sociologi ed antropologi sono unanimi nel sostenere che le trasformazioni che intervengono
all’interno del settore turistico sono il segno, ancor prima che di una società che cambia, di un uomo
che cambia. Sarebbe infatti assurdo oggi pensare di rilanciare e di riproporre dimensioni turistiche
8
Si veda Boccia-Artieri 1999
9
Si veda in proposito Abrams e Hogg, 1998
10
V. Cova, B. Cova, 2001, S.Brown, 2001
9
fondate sulla valorizzazione del gruppo, delle strutture locali, dei valori localistici, se non ci fosse
dietro a questa ipotesi il convincimento che esiste, parallelamente, un uomo profondamente
coinvolto o coinvolgibile in questo discorso.
In conclusione l’attenzione che oramai il marketing rivolge al consumatore richiede di non
trascurare il fatto che oggi , sempre di più, si va sviluppando un tipo di immagine del proprio tempo
libero, del turismo, della propria vita in generale se vogliamo, che è assolutamente diversa rispetto
al passato. Si potrebbe sostenere quindi, che oggi esistono già tutti i presupposti individuali,
culturali, e di gruppo, che in modo o nell’altro porteranno alla ricerca di un nuovo modo di fare
turismo
11
. Questo tipo di analisi verrà sviluppata tentandone l’applicazione al caso Salento. La
scelta di questo territorio è dovuto al fatto che si tratta di una delle ultime regioni italiane che ha una
spiccata caratterizzazione culturale, e dove lo sviluppo turistico non ha raggiunto ancora quel
carattere intensivo che ne rende difficile il riorientamento strategico. Tentativi in questo senso sono
in atto anche se con i limiti che derivano dalla persistenza di proposte di sviluppo a carattere
tradizionale.
Il progetto di ricerca
La tesi di fondo della ricerca è così enunciabile: il turismo “alternativo”, in particolare l’heritage,
costituisce un’area speciale di business che andrà assumendo una rilevanza quantitativa sempre
crescente nei mercati consumer dei paesi ricchi e che – per le proprie peculiarità – richiede si
adotti un’impostazione particolare dell’impianto concettuale- normativo del marketing.
Come già accennato in precedenza i fattori rilevanti della suddetta crescita appaiono essere:
l’apertura globale, l’innovazione tecnologica, una maggiore disponibilità di denaro e tempo libero
delle popolazioni ricche del pianeta e l’attenzione sempre maggiore che queste popolazioni hanno
in tema di sviluppo sostenibile e per ultimo ma non per questo meno importante la nuova esigenza
di valori “arcaici” (particolarismi locali, accentramento spaziale, religiosità, sincretismo, narcisismo
di gruppo) della attuale dinamica sociale, caratteristica della nostra era postmoderna e il cui
denominatore comune è la dimensione comunitaria in seno a raggruppamenti che hanno l’aspetto di
11
In merito, interessante, in quanto ricche di spunti, sono le affermazioni del prof. Paolo Guidicini del dipartimento di
sociologia dell’ Università di Bologna e membro dell’Associazione Mediterranea di Sociologia del Turismo, che così
recita:<< Ecco perché noi crediamo che sia veramente giunta l’ora di dare un senso agli studi sul fenomeno turistico,
che non possono essere più solo mera valutazione quantitativa di flussi, né possono essere solo analisi degli
orientamenti e dei gusti. Dobbiamo incominciare ad inventare offerte turistiche legate a specifici contesti turistici dietro
i quali sta una storia. Ma non una storia di grandi cose, bensì una storia fatte di cose semplici, di sensazioni semplici, di
elementi semplici, che pensiamo portatori di grosse sollecitazioni di senso. Che soddisfino il nostro bisogno di radici in
quanto espressione di un valore genuino, sostanziale, pregnante di significati>>.
10
“tribù”
12
e che rimandano a forme di scambio di natura pre-capitalistica
13
(reciprocità e
redistribuzione ad esempio) in quanto il microgruppo viene vissuto come spazio non utilitaristico in
cui vengono scambiate emozioni e passioni.
Pertanto questo lavoro si propone l’obiettivo primario: di inquadrare e comprendere in contesti
turistici localizzati, la fattispecie strategica del retro-marketing tribale nei suoi aspetti teoricamente
rilevanti, e cioè descrittivo, normativo e strumentale; limitatamente ai business emergenti dal
turismo alternativo, ed ad alcuni tipi di prodotti e luoghi: culturali e legati al tempo libero. Ciò è
dovuto al fatto che in altri settori dove lo scambio assume una natura più profondamente
utilitaristica, come nel caso di prodotti e luoghi di lavoro, rende questi settori poco pertinenti alla
nostra ricerca, collocandoli, di fatto, al di fuori della stessa.
Lo spirito della ricerca è di natura esplorativa, ciò è dovuto alle limitate fonti e alla complessità del
fenomeno in esame. Conseguentemente, il metodo seguito è teso: 1) a raccogliere, selezionare,
interpretare i contributi prodotti sul tema della letteratura specifica e non; 2) a identificare e
raccogliere alcuni case histories di successo, 3) a individuare ulteriori spazi di ricerca.
Precisazioni e definizioni
A questo punto del discorso è necessario procedere, innanzitutto, ad alcune precisazioni concettuali
e terminologiche inerenti un argomento, che ci appare da subito complesso e ricco di novità e che
pertanto necessita di alcuni chiarimenti intorno al bagaglio terminologico che si utilizzerà
addentrandosi nello specifico oggetto di studio:
● il turismo “alternativo”;
● le forme che si sono affermate e quelle che potrebbero assumere in futuro;
● le attività deputate a gestirle.
Innanzitutto precisiamo cosa si intenderà per “turismo alternativo”. Storicamente la definizione
viene fatta risalire negli anni ’80 ed uno dei primi ad averla teorizzato, H. Ceballos-Lascurain, ha
focalizzato l’attenzione soprattutto sui fattori educazionali ed esperenziali, definendolo quale
“attività di viaggio in aree naturali relativamente indisturbate o incontaminate al fine specifico di
studiare, ammirare e fruire il paesaggio le sue piante ed animali, ma anche ogni manifestazione
culturale (del passato e del presente) propria di una determinata area
14
.
12
Per la nozione di “tribù” si veda M. Maffessoli, 1988
13
Si veda Polany K. (1980).
14
“The future of ecoturism”, Cebellanos-Lascurin, Mexico Journal, 1987.
11
Tali caratteristiche le troviamo anche nei settori attuali più avanzati del suddetto turismo alternativo,
l’ecotourism e lo heritage tourism.
Oltre per la dimensione che sta assumendo il fenomeno, il tema è interessante perché sebbene il
concetto di ecoturismo ad esempio, si sia evoluto molto nel corso del tempo, la discussione su cosa
debba intendersi con tale termine è ancora aperta. La definizione più nota a livello internazionale
individua l’ecoturismo come una forma di viaggio responsabile che minimizza l’impatto
sull’ambiente. L’oggetto del viaggio è costituito dalla visita ad aree naturali relativamente
indisturbate al fine di godere, studiare ed apprezzare la natura ed ogni caratteristica culturale ad
essa associata; lo scopo è di promuovere la tutela fornendo, al contempo, sostanziali benefici
socioeconomici alle popolazioni locali.
E’ bene osservare, tuttavia, che l’ecoturismo costituisce un sottoinsieme del turismo naturistico, che
include aspetti del turismo rurale e culturale (Epler Wood, 2002). In base alla definizione usata dal
WTO, per turismo naturistico (o di natura) si intendono le forme di turismo in cui la motivazione
principale del viaggio è rappresentata dall’osservazione e dal godimento delle risorse naturali. Per
ecoturismo, invece, si intendono tutte quelle forme di turismo basate su risorse naturali la cui
motivazione principale è costituita dall’osservazione e dal godimento della natura e delle tradizioni
culturali presenti nell’area. Allo stesso tempo però, per potersi definire tale è necessario che siano
presenti i seguenti requisiti (S.Bimonte, 2003):
● deve trattarsi di un viaggio in cui sia prevalente l’aspetto educativo ed interpretativo;
● deve essere organizzato, anche se in forma non esclusiva, da piccoli operatori e per piccoli
gruppi;
● deve cercare di minimizzare l’impatto sull’ambiente naturale e socioculturale;
● deve contribuire alla protezione ed al mantenimento delle aree naturali su cui si fonda generando
benefici economici per le comunità locali e per le organizzazioni preposte alla loro salvaguardia,
creando nuove opportunità di lavoro e di reddito per le comunità locali e sensibilizzando i turisti e
le comunità locali ai temi della conservazione.
Dalla definizione si evince che il turismo di natura si caratterizza per il tipo di risorse che
costituiscono l’oggetto del viaggio, laddove l’ecoturismo tende a caratterizzarsi maggiormente per
gli aspetti motivazionali e comportamentali del viaggio. La forte componente motivazionale e la
dimensione su scala medio-piccola del fenomeno fanno sì che l’ecoturismo, se correttamente
gestito, possa rappresentare un sistema di sviluppo per molti sistemi territoriali locali; come ad
esempio quello leccese. L’ecoturismo, infatti, rappresenta una forma di fare turismo che tende ad
12
integrarsi con i sistemi naturali, le comunità ed i sistemi locali su cui viene in contatto. E’ da questo
punto di vista che nel corso del presente lavoro verrà generalmente contrapposto (al tradizionale
turismo salentino) tipicamente balneare. Questo, a sua volta, fa si, che a parità di altre condizioni,
nello heritage (o ecoturismo) la forza moltiplicativa di unità monetaria spesa sia più elevata
garantendo così una maggiore sostenibilità economica.
In linea con questa posizione, Werstern
15
definisce l’heritage e/o ecotourism come “viaggio
responsabile in aree naturali che conservano l’ambiente e rafforzano il benessere della popolazione
locale”, e, similmente, si esprimono l’Ecotorism Society e tutti i progetti di sviluppo di comunità
etnologiche attuate tramite finalità ecoturistiche.
Le definizioni sono molteplici, e non esiste a tutt’oggi una definizione standard di ecoturismo, e non
v’è dubbio che ciò deriva dal fatto che la sua origine e la sua valenza stia, ambiguamente, a cavallo
fra il designare un’attività, rimandare ad una filosofia, prospettare un modello di sviluppo.
Tuttavia possiamo individuarne almeno tre tratti distintivi che fanno da riferimento al contenuto
semantico del termine: la componente della motivazione naturalistica, la componente educazionale,
la componente della sostenibilità (sostenibilità economica-sociale-ambientale). Tale operazione,
purtroppo, non risulta sufficiente a rendere chiaro il termine, perché tali contenuti sfuggono a criteri
di specificità e di univocità. Ad esempio, circa la componente naturalistica, resta indeciso se il
termine debba riferirsi più ampiamente alle zone rurali oppure più limitatamente alle zone
“protette” (parchi o altro); noi adotteremo la prima ipotesi.
Circa la componente educazionale, rimane incerto se debba trattarsi di programmi di azione
didattica consapevole e mirata ovvero si abbia a che fare, più genericamente, ma ciò non è certo di
minore importanza, con esperienze di interpretazione; alle due dimensioni verranno attribuite nel
presente lavoro uguale importanza per la gestione strategica nel processo tramite cui avviene la
trasformazione di uno “spazio umano” in “località” turistica.
Circa la componente della sostenibilità, è incerto si tratti di motivazione primaria oppure di
motivazione dipendente da far esperienze più attive nell’ambiente (motivazione secondaria), oppure
(situazione ancora più complessa) agire per il miglioramento economico-sociale di un ambiente; noi
presteremo fede a quest’ultima situazione.
Lo heritage e/o ecotourism si distingue in definitiva, dal più generico “turismo di natura”: pur
partecipando con quest’ultimo dell’interesse verso l’ambiente, si pone in ideale collegamento con il
turismo rurale per quanto riguarda le modalità attive dell’uso del tempo libero, con il turismo
15
“Defining ecoturism”, D.Wesrstern, Lindberg-Hawkins, 1993.
13
culturale per l’interesse per la storia umana, con il turismo etnico per l’interesse rivolto alle
comunità implicate. E sono proprio queste due ultime caratteristiche (l’interesse per la produzione
della cultura umana e l’interesse per le comunità) a marcare seriamente la difficoltà a definire
l’ecoturismo a partire dall’attività dei singoli viaggiatori che in maniera più o meno esplicita sono
definiti ecoturisti.
A questo proposito occorre insistere sul fatto che è molto difficile utilizzare i concetti di “ecoturisti”
e “ecoturismo” per stabilire nuove segmentazioni tramite la classificazione degli utenti in gruppi
con differenti bisogni, caratteristiche o comportamenti, quali consumatori che rispondono in
maniera simile ad un dato insieme di stimoli di mercato.
E’ interessante a questo punto considerare i motivi che ci hanno spesso portati a utilizzare il
concetto di tribù e l’uso di questo termine nella ricerca.
La nozione di “tribù” rimanda, secondo chi l’ha introdotta nel discorso della sociologia
16
, alla
“comune” esigenza di trovare parole per definire e comprendere il nostro tempo. Maffessoli
prendendo in considerazione sia il tribalismo ambientale sia i raggruppamenti sociali che egli
qualifica come tribù, stabilisce un legame fra il tribalismo e l’immaginario di ri-radicamento sia
attraverso il ritorno di valori che si suppongono arcaici, sia attraverso la rinascità della comunità. In
primo piano non viene posto quindi l’individuo, ma la partecipazione a qualcosa di collettivo. Tutto
ciò restituisce significato alla dimensione comunitaria e premoderna dell’esistenza che induce ad
una concezione organica e non razionale della società, che ricorda i legami arcaici delle affinità di
sangue e dell’attaccamento ad un suolo condiviso, tenendo sempre presente che, nel nostro caso, si
tratta di un tribalismo del tutto effimero, che prende forma occasionalmente per determinati eventi e
in particolari circostanze, con l’intensità propria dell’essenza effimera della ciclicità.
E’ evidente, all’opposto, che l’essenza effimera di tali raggruppamenti è contraddittoria rispetto al
significato che abitualmente il termine “tribù” veicola. La nozione postmoderna di tribù, o di
neotribù, è molto diversa dal concetto di tribù primitiva, anche perché i suoi membri possono
entrarvi e uscirvi in piena libertà, e soprattutto possono far parte di innumerevoli neotribù diverse.
Una tribù postmoderna (o neotribù) è un insieme di individui non necessariamente omogeneo (in
termini di caratteristiche sociali obiettive), ma interrelato da un’unica soggettività, una pulsione
affettiva o un ethos in comune. Si tratta dunque di qualcosa in più rispetto a una semplice
aggregazione di individui: in sostanza, un gruppo fondato sull’interdipendenza dei suoi membri
uniti da emozioni e passioni condivise. Ci si pone così a un livello di osservazione che si può
definire microsociale (Fig.1).
16
“Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società di massa”, M.Maffesoli, Armando, Roma, 1988.
14
Questa dimensione giustifica, nel presente lavoro, il ricorso metaforico alla nozione premoderna di
tribù e di tribalismo per definire rispettivamente sia l’insieme dei microgruppi ecoturistici, sia la
filosofia di fondo che li accomuna. Ciò ci permette di per poter inscrivere la costellazione dei
microgruppi sociali, che possono più o meno formarsi, all’interno del più vasto campo dello
heritage o ecotourism, e in cui viene condiviso all’incirca lo stesso modello di riferimento e di
inquadrarne la fattispecie del modello all’interno della dicotomia turismo di massa-alternativo
attraverso i concetti interconnessi con il periodo definito postfordista (e che illustreremo, più in
dettaglio, nel primo capitolo).
Figura n. 1: La scala di osservazione è a livello microsociale
Fonte: adattamento da D.Desjeux ,1996.
Qui possiamo anticipare che ogni gruppo neotribale anche se fonda il fulcro della propria esistenza
al di fuori di uno spazio utilitaristico in cui vengono scambiate emozioni e passioni, come è tipico di
un immaginario arcaico, di fatto, ha bisogno di prodotti, luoghi di scambio e servizi per svolgere i
“rituali” che rafforzano l’identità collettiva dei suoi membri. Tutto ciò ci induce a ritenere che anche
una pratica culturale, non basata preminentemente sul commercio, come quelle che sottendono i due
casi di studio, può essere all’origine di una tribù che potrà manifestare un certo comportamento
collettivo di consumo turistico. La parola “tribù” servirà quindi a denominare sia le neotribù di
15
appassionati di musica e teatro che si ritrovano in occasione di eventi come “La Notte della
Taranta” e “Il Teatro dei Luoghi” sia l’insieme delle neotribù analoghe della “costellazione”
ecoturistica. Usiamo il termine costellazione neotribale per sottolineare il basso grado di
strutturazione proprio dell’insieme.
In merito al “Consumo” è bene sottolineare che, secondo alcuni, uno dei maggiori pericoli per i siti,
deriverebbe dal nesso fra il consumo, appunto, e la commercializzazione e falsificazione della
cultura e che porterebbe inesorabilmente alla saturazione, sovraffollamento e perdita di autenticità
dei luoghi. Ora, senza volere entrare maggiormente nel contenzioso teorico che tale nesso ha
sollevato, si può affermare che l’ideologia della commercializzazione rimanda ad una concezione
“fordista” dello sviluppo economico, che intende ancora il rapporto fra produzione economica e
cultura in termini oppositivi e negativistici. Lo sforzo attuale è, invece, proprio quello di andare
oltre tale concezione per comprendere il ruolo che svolge – ed è destinata a svolgere - la cultura.
“La vera novità è che la cultura locale è divenuta parte della produzione economica; è divenuta
risorsa oltre che linfa che plasma e riproduce un luogo
17
”.
Figura n. 2: Tre concetti che illustrano la transizione dalla concezione fordista a quella
postfordista
Fonte: adattamento da Cova B., 2003
17
A.Simmonica,cit.