I Introduzione
INTRODUZIONE
«La storia è al tempo stesso conoscenza del passato e del presente, del dive-
nuto e del divenire». Con queste parole lo storico francese Fernand Braudel la-
sciava intendere che il passato continuamente condiziona il nostro presente, e per-
tanto cercare di conoscere il passato equivale a cercare di conoscere sé stessi. La
dimensione storica spesso fornisce la più valida chiave di lettura per gli avveni-
menti contemporanei e per l’attualità quotidiana. Di conseguenza la conoscenza
del passato, sia esso prossimo o remoto, è fondamentale per comprendere il pre-
sente, perché, nelle parole di un altro grande storico transalpino, Marc Bloch,
«l’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato».
Pertanto, un recupero della memoria storica è indispensabile per legare pas-
sato e presente, ma anche per creare una relazione più fitta tra cultura e territorio,
relazione che è ormai divenuta sempre più labile all’interno della società civile
messinese. «Messina sembra aver perso la sua memoria storica ed aver smarrito la
sua identità», scrive Michela D’Angelo in un suo saggio dal titolo più che mai si-
gnificativo, Per una città in cerca d’identità
1
.
Capire quello che la città è stata, o non è stata, nel recente passato, corri-
sponde a capire quello che la città è, o non è, e quello che potrebbe diventare, o
non diventare. Mentre molto ricca è la produzione storiografica sulle vicende della
storia cittadina prima e qualche decennio dopo il sisma del 1908, quasi inesistente
è quella riguardante gli eventi che hanno segnato Messina nel corso della seconda
metà del Novecento.
1
Michela D’Angelo, Per una città in cerca di identità, in AA. VV., Messina negli anni Quaranta e
Cinquanta, a cura di A. Baglio e S. Bottari, vol. I, Sicania, Messina, 1999, p. 5.
II Introduzione
In particolare sono gli anni Quaranta e Cinquanta a rappresentare un periodo
determinante per la storia a venire della città dello Stretto, perché è durante questa
fase storica che Messina assume la fisionomia che ancora oggi, in buona parte, la
caratterizza, e non solo dal punto di vista urbanistico e architettonico. È in questo
periodo così delicato e complesso che vanno ricercate, infatti, le motivazioni dei
futuri assetti politici, economici e sociali tutt’oggi evidenti in città.
E quale migliore mezzo del giornale più influente nella realtà peloritana di
quel periodo per comprendere qual’era la situazione politica, economica, urbani-
stica e socioculturale di una città in fermento, di una realtà che cercava di riappro-
priarsi di una solida identità, per costruire un futuro che potesse anche solo lonta-
namente somigliare al glorioso passato che aveva fatto di Messina uno dei fulcri
del Mediterraneo. Perché, da sempre, è attraverso i giornali che si orienta
l’opinione pubblica; è leggendo i giornali che ci possiamo rendere realmente con-
to della trama delle vicende legate al passato; ed è sempre nei giornali che si ri-
specchiano attese e speranze di intere popolazioni. Insomma questi antichi e fon-
damentali mezzi di comunicazione e, aggiungerei, di servizio, sono il contributo
imprescindibile all’opera di ricostruzione del recente passato; è grazie a essi che
riusciamo a dare un corpo alla memoria.
Sulla base di queste considerazioni nasce l’idea di elaborare una tesi dedica-
ta all’analisi e allo studio del foglio cittadino più importante in quei tumultuosi
anni di rinascita, il «Notiziario di Messina», che copre un arco di tempo che parte
dall’immediato dopoguerra e arriva al 1953, per poi attraversare per intero, sotto
altre spoglie, gli anni del miracolo economico italiano, spegnendosi infine alla so-
glia della fase più virulenta della storia dell’Italia contemporanea, quegli anni di
piombo che segnarono tragicamente tutto il decennio Settanta. In questo lavoro ci
limiteremo però a mettere in luce quale fu lo sviluppo del giornale nel periodo in
III Introduzione
cui la sua testata portava il nome di «Notiziario di Messina» e successivamente di
«Notiziario di Messina e della Calabria», ossia, come detto pocanzi, fino al 1953.
È lapalissiano come, del resto, non si possa parlare di un giornale, soprattut-
to se a diffusione locale, senza tener conto del contesto politico, economico, so-
ciale e culturale in cui esso si colloca. È per questo motivo che nelle pagine se-
guenti verranno affrontate problematiche di vario genere, inerenti la realtà cittadi-
na di allora (politica, economia, urbanistica, società, cultura, arte), problematiche
alle quali sarà dedicato l’intero primo capitolo. Solo con una metodologia interdi-
sciplinare, infatti, si può tentare di tracciare quella che Christopher Hibbert defini-
sce la «biografia di una città», una biografia al plurale, «perché le molte tessere
del mosaico possono essere lette solo in una visione d’insieme»
2
.
Inizieremo con un breve paragrafo dedicato ai bombardamenti incessanti cui
la città è stata oggetto durante la guerra, che ridussero Messina, per usare le parole
di Stefano D’Arrigo, a «un grande cimitero sotto la luna». Ma la grande voglia di
rinascere ancora una volta spinse i Messinesi a far si che venissero cancellate, die-
ci anni dopo il disastro, le ferite inferte dai bombardamenti, ricreando una città vi-
vibile, dalle ampie strade alberate, con ritrovi, decine di cinematografi, moderni
edifici, opera di prestigiosi architetti come Rovigo, Pantano, Samonà.
A rinascere, però, è solo il tessuto urbano e non l’anima della città
3
. Infatti,
Messina, chiamata per la seconda volta nel giro di mezzo secolo a darsi una nuova
identità in seguito alla doppia catastrofe, sismica prima e bellica poi (pochissime
altre città hanno conosciuto nel corso del XX secolo calamità naturali e umane che
ne hanno così tragicamente segnato la storia), non riesce a recuperare né
un’identità sociale definita, né un solido assetto economico.
2
Ivi, p. 6.
3
Ivi, p. 8.
IV Introduzione
Se prendiamo a esempio quest’ultimo aspetto, si può rilevare come, tra gli
anni Quaranta e Cinquanta, l’espansione demografica non sia stata accompagnata
da una reale e significativa trasformazione economica. Non mancano certo segni
di vivacità e numerose sono le iniziative di rilievo, anche se si tratta prevalente-
mente di episodi isolati di risveglio culturale in un ambiente per il resto poco di-
namico. Se guardiamo il contesto economico attuale, infatti, «Messina – scrive
Guido Signorino nel suo saggio dedicato alle attività imprenditoriali messinesi – è
città con scarso sviluppo industriale, con forte presenza di imprese piccole o pic-
colissime e di dimensione artigianale, con prevalenza del settore terziario e della
Pubblica Amministrazione sull’occupazione complessiva, […] senza una partico-
lare caratterizzazione produttiva locale»
4
. Nelle altre zone del Paese si sono svi-
luppate, negli ultimi anni, grazie al processo della distrettualizzazione industriale,
numerose piccole e medie imprese concentrate nella produzione di specifici beni
di consumo. Questo processo a Messina non si è concretizzato. La città, infatti,
ospita delle imprese di piccole dimensioni, dalle quali traspare, però, scarsa attitu-
dine innovativa unita a depressione produttiva e a incapacità di sviluppo nei vari
settori.
Ma per analizzare adeguatamente l’attività e l’evolversi della vita del più
autorevole foglio messinese, dobbiamo anche dare una rapida occhiata al contesto
giornalistico in cui esso si trova a operare, contesto al quale sarà dedicato il se-
condo capitolo.
A Messina, quando nasce il Notiziario, non vi sono altri giornali di informa-
zione, in quanto esso è il primo foglio autorizzato dalle autorità alleate. In seguito
alla liberalizzazione dell’attività politica e giornalistica, cominceranno a prolifera-
4
Guido Signorino, Le attività imprenditoriali, in AA.VV., Messina negli anni Quaranta e Cinquanta,
cit., vol. I., p. 208.
V Introduzione
re decine di testate, soprattutto di matrice politica, che tuttavia non riusciranno a
sopravvivere in una realtà nella quale, per dirla in breve, il foglio maggiormente
venduto è il palermitano «Giornale di Sicilia». Solo nel 1952, con la nascita della
«Gazzetta del Sud», la città peloritana avrà un quotidiano degno di competere allo
stesso livello, o quasi, delle più note testate regionali e interregionali.
Infine, il terzo e ultimo capitolo tratterà in maniera specifica l’evoluzione e i
contenuti del giornale oggetto di questo studio. Verranno analizzate dapprima la
genesi e la storia del «Notiziario di Messina», dalla nascita, per volere degli Al-
leati e per opera dell’ingegnere Natale Tricomi e del direttore Silvio Longo, al
primo, contestatissimo cambio di proprietà, fino al mutamento di testata in «Noti-
ziario di Messina e della Calabria», e alla sua definitiva, ma allo stesso tempo
momentanea, scomparsa, il 13 dicembre 1953. Verranno infine trattate le principa-
li tematiche affrontate dal giornale messinese (ci si soffermerà soprattutto
sull’impronta politica datagli dai vari proprietari e direttori), nonché
l’organizzazione dei contenuti, grazie a un attento lavoro di analisi degli articoli e
dei vari numeri di pubblicazione, lavoro reso possibile dalla generosa disponibilità
della Biblioteca Regionale Universitaria di Messina, Sezione Periodici, alla quale
va la mia più sentita gratitudine. Infine, un ringraziamento particolare va al mio
relatore, prof. Antonino Baglio, senza la cui disponibilità, di tempo e di opere,
questo lavoro non sarebbe stato possibile.
1 Capitolo 1: La città dello Stretto dai bombardamenti angloamericani alla Conferenza di Messina
Figura 1.1. Da questa foto del 16/08/1943, l’ultimo giorno di
bombardamenti, si può apprezzare come dall’alto le abitazioni
messinesi appaiano perfettamente integre. Fonte: Massimo Mastronar-
do, La guerra sullo Stretto, in “ Gran Mirci Messina”, 2000,
http://www.granmirci.it/guerra.htm.
Capitolo primo
La città dello Stretto dai bombardamenti
angloamericani alla Conferenza di Messina:
le condizioni politiche, economiche e sociali
I.1. Messina sotto il fuoco alleato: una città nuovamente piegata dal
destino
Dal 9 gennaio del 1941
(giorno di inizio degli attacchi
angloamericani) al 16 agosto
1943 (vigilia dell’ingresso delle
truppe alleate in città) Messina
subì quattro bombardamenti na-
vali e 2805 bombardamenti aerei
angloamericani, che uccisero 805
persone e ne ferirono più di mille
1
. Oltre 20 mila ordigni causarono la completa
distruzione di 4623 vani di abitazione e il grave danneggiamento di altre 5976
2
. I
bombardamenti si fecero più intensi e massicci a partire dal 1943. L’offensiva al-
leata divenne rabbiosa a causa della particolare costruzione degli abitati cittadini;
1
Per un quadro più ampio sulla vita cittadina all’indomani della fine dei bombardamenti, risulta
preziosa la consultazione delle seguenti pubblicazioni: E. Verzera, Messina ’43, Messina, 1976; D.
Pompejano‐ G. Raffaele, Nel vento del Sud. La Federazione messinese del PCI nelle crisi del dibatti‐
to del 1943‐45. Storia e documenti, Savelli, Milano, 1981; Giuseppe Salemi, Messina intorno al “D
Day”. Dall’apogeo fascista alla Repubblica, Rubbettino ed., Soveria Mannelli, 1988; Maria Teresa
Di Paola, La democrazia dei galantuomini. Le carte Fabiano e l’esperienza del Comitato di Libera‐
zione Nazionale di Messina 1943‐1945, EDAS, Messina, 1998; Gabriella Fiorentino, La stampa pe‐
riodica e le correnti politiche in Messina dalla caduta del fascismo al referendum 1943‐1946, Edi‐
zioni della Libreria Bonanzinga, Messina, 1978; A. Stancanelli, L’occupazione alleata a Messina e
l’attività ricostruttiva degli Americani negli anni 1943 e 1944, in “Archivio Storico Siciliano”, 1979.
2
E. Verzera (a cura di), Bombardamenti aerei nella seconda guerra mondiale, Messina, 1979.
2 La ripresa della stampa libera nella città dello Stretto. Il «Notiziario di Messina» (1943-1953)
Figura 1.2. Bombardamento del 30 gennaio
1943. Fonte: M. Mastronardo, op. cit.
infatti, in seguito al disastroso sisma del 1908, le nuove case erano state costruite
secondo la moderna metodologia del cemento armato (Messina fu la prima città in
Italia ad avvalersi di tale tipologia costruttiva)
3
. In tal modo, quando i piloti sorvo-
lavano il centro abitato vedevano le abitazioni come se fossero totalmente integre,
dal momento che i muri perimetrali rimanevano in piedi, e avevano l’impressione
che le bombe non procurassero l’effetto desiderato. Messina, vista dall’alto, sem-
brava così intatta da essere definita dai piloti inglesi e americani “città fantasma”;
così ogni qualvolta altri velivoli alleati attraversavano l’area dello Stretto lancia-
vano una quantità considerevole di ordigni riducendo sempre più la città a un cu-
mulo di macerie
4
.
I bombardamenti divennero ancora più intensi a partire dallo sbarco in Sici-
lia (10 luglio 1943), causando danni incalcolabili
5
. Furono ripetutamente bombar-
date le zattere in navigazione sullo Stretto e i punti di attracco lungo la zona Nord
della città, furono distrutte in gran parte la fabbrica della birra, saponifici, molte
industrie agrumarie, e seri danneggiamenti aveva riportato la rete elettrica. Così
scriveranno gli storici della Royal Air Force: «Quell’infelice città, dopo
l’incursione dell’8 agosto 1943, appariva ridotta in condizioni quasi simili a quella
3
Massimo Mastronardo, La guerra sullo Stretto, in “Gran Mirci Messina”, 2000,
http://www.granmirci.it/guerra.htm.
4
Ibidem.
5
Sui danni bellici risulta utile, oltre ai volumi già citati, anche la consultazione di M.T. Di Paola,
Messina all’indomani dello sbarco alleato, in «Historica», nn. 1 e 2, Reggio Calabria, 1974.
3 Capitolo 1: La città dello Stretto dai bombardamenti angloamericani alla Conferenza di Messina
Figura 1.3. Il 17 agosto 1943 l’arrivo delle truppe americane a Messina
viene festeggiato per le strade dalla popolazione (foto riprodotta dalla
«Gazzetta del Sud», Messina, 12 gennaio 1969). Fonte: M. T. Di Paola, La demo-
crazia dei galantuomini. Le carte Fabiano e l’esperienza del Comitato di Liberazione nazionale di Messina
1943-1945), EDAS, Messina, 1998.
in cui fu ridotta dal terremoto del 1908»
6
. I gravi danni, materiali e morali, che la
guerra aveva inflitto alla città potrebbero far pensare a una situazione non dissimi-
le da quella degli altri centri siciliani, ma la peculiarità di Messina era costituita
dalla notevole distanza rispetto ai principali centri di produzione e alla necessità di
importare da altre zone della Sicilia e dalla Calabria cereali e legumi. Tutto ciò
contribuiva in maniera notevole ad aggravare le già pessime condizioni di vita de-
gli abitanti rimasti in città. Questi ultimi, fino all’arrivo delle truppe angloameri-
cane, pensarono unicamente a garantirsi quelle condizioni minime necessarie alla
sopravvivenza, trascurando qualsiasi altra questione. Non stupisce pertanto la ge-
nerale indifferenza con cui venne accolta la caduta del fascismo, anche perché il
25 luglio 1943 Messina subì il bombardamento probabilmente più massiccio
dall’inizio del conflitto.
In quegli stessi giorni, soldati tedeschi in ritirata cercarono di scacciare la
popolazione dal ricovero Santa Marta, per ripararsi dai massicci attacchi aerei de-
gli alleati; la situazione non degenerò per le reazioni di parecchi soldati italiani,
rimasti, come or-
mai accadeva o-
vunque in Italia
dopo il 25 luglio,
senza ordini preci-
si nei pressi del ri-
covero. Finalmente
il 17 agosto, dopo
6
Marina Grasso, Alberto Pagano (a cura di), Bombardamenti aerei a Messina durante la seconda
guerra mondiale, in “Messina ieri e oggi. Viaggio attraverso le città perdute”,
http://ospitiweb.indire.it/~memm0002/Messinastoria/guerra.html.
4 La ripresa della stampa libera nella città dello Stretto. Il «Notiziario di Messina» (1943-1953)
Figura 1.4. Il Ricovero Santa Marta in via Protonotaro. Fonte:
M. Mastronardo, op. cit.
una notte di incessanti bombardamenti e scontri con le truppe dell’Asse, il primo
plotone delle avanguardie della III divisione della VII armata americana entra in
Messina; alle ore 13 dello stesso giorno il governo militare alleato prese possesso
dell’amministrazione cittadina
7
. Al loro arrivo, dopo quasi tre anni di incessanti
bombardamenti, gli angloamericani si trovarono di fronte uno scenario quasi apo-
calittico, testimoniato dalle varie foto scattate dagli stessi e dai racconti dei so-
pravvissuti.
Adesso bisognava ricominciare, dopo quella del terremoto del 1908, una
nuova opera di ricostruzione; perché Messina, ridotta per la seconda volta in meno
di mezzo secolo a cemento barcollante, nuovamente risorgesse, come l’araba feni-
ce, dalle sue stesse ceneri
8
.
I.2. La ripresa dell’attività politica
Nell’autunno del 1943 la città ritrovata dai Messinesi riproponeva la stessa
situazione che la generazio-
ne precedente aveva già vis-
suto in seguito al terribile
sisma del 1908. Fino ai pri-
mi giorni di novembre le
condizioni di vita della po-
polazione, soprattutto per
quanto riguarda le provviste
alimentari, rimasero presso-
7
G. Fiorentino, op. cit., pp. 13‐15.
8
Per avere una visione d’insieme su tutta la vita messinese negli anni Quaranta e Cinquanta con‐
sigliamo il già citato saggio, in due volumi, Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, a cura di A.
Baglio e S. Bottari, Sicania, Messina, 1999.
5 Capitolo 1: La città dello Stretto dai bombardamenti angloamericani alla Conferenza di Messina
ché immutate, soprattutto per l’impossibilità di stabilire contatti con i centri della
provincia. Gran parte dei cittadini viveva ancora nei ricoveri antiaerei, in condi-
zioni al limite della sopravvivenza. Secondo un rapporto inviato al presidente del-
la provincia dall’ingegnere capo del genio civile di Messina il 25 luglio 1944, solo
le bombe di grosso calibro avrebbero arrecato alla città danni per 13 miliardi e
600 milioni di vecchie lire
9
.
La prima fase riorganizzativa venne avviata dall’Amministrazione Militare
Alleata per i Territori Occupati (AMGOT, Allied Military Government for Occu-
pied Territories); essa dovette impegnarsi immediatamente nella risoluzione dei
problemi più gravi e urgenti, come l’approvvigionamento alimentare, il ripristino
della rete idrica, lo sgombero delle strade dalle macerie e il ripristino delle princi-
pali vie di comunicazione
10
, ma ancora ai primi di aprile del 1944 poco era stato
fatto.
Nonostante il desolante scenario che caratterizzava la città dello Stretto
all’arrivo degli Angloamericani, la vita politica aveva già cominciato a riprendere
vigore sin dal marzo del 1943, quando Spartaco e Libero Millimaggi, figli
dell’avvocato antifascista ed ex confinato Giovanni Millimaggi, fondarono il mo-
vimento antifascista di “Sicilia Libera”, avente come scopo la costituzione di una
repubblica sociale siciliana, che fosse democratica e antifascista. Gli aderenti era-
no tutti giovani di belle speranze, che nonostante non riuscirono a dar vita a un
programma unitario, anche per l’eterogeneità delle idee politiche di cui si faceva-
no propugnatori, ebbero comunque il merito di perseguire un costante indirizzo di
contrasto al regime e di risultare l’unico organo politico riconosciuto ufficialmen-
te dell’AMGOT. Ma già in seguito alla notizia dell’armistizio con gli Alleati, le
diverse tendenze politiche presenti all’interno del movimento fecero sentire il loro
9
G. Fiorentino, op. cit., p. 20.
10
Salvatore Bottari, Il Separatismo, in AA.VV., Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, cit.
6 La ripresa della stampa libera nella città dello Stretto. Il «Notiziario di Messina» (1943-1953)
peso e, nell’impossibilità di trovare un accordo sui nomi da presentare al comando
alleato per la designazione delle cariche pubbliche, causarono la fine del movi-
mento. L’armistizio indebolirà in maniera irrimediabile Sicilia Libera perché, se-
condo G. Fiorentino, «diede a molti la sensazione che la frattura precedente esi-
stente fra l’isola e il governo centrale italiano, non fosse ormai così profonda e in-
colmabile come prima si supponeva»
11
. La stragrande maggioranza dei suoi affi-
liati finirà poi nelle varie formazioni politiche che di lì a poco andranno a costi-
tuirsi. Ma i sentimenti indipendentisti rimarranno vivi nell’animo di tutti coloro i
quali nutrivano forti riserve nei confronti del governo di Roma, considerato poco
attento ai bisogni dell’isola, e torneranno prepotentemente a galla, dopo il passag-
gio della Sicilia all’amministrazione italiana, con la nascita del MIS (Movimento
per l’Indipendenza Siciliana), di cui ci occuperemo in un secondo momento.
Come detto, i vari membri del movimento di Sicilia Libera entreranno a far
parte dei diversi partiti, che dopo un ventennio di soppressione delle libertà politi-
che, vedranno la luce anche in riva allo Stretto. Il 10 gennaio del 1944, infatti,
un’ordinanza del governo militare alleato consentiva la libera ripresa dell’attività
politica
12
.
A dieci giorni dal decreto alleato veniva ricostituito ufficialmente il Partito
del Lavoro, grazie all’opera del medico Paolo Lombardo Pellegrino, che si era
sempre rifiutato di partecipare alle riunioni di Sicilia Libera, e del nipote,
l’avvocato Salvatore Lombardo. Poco conosciute sono invece le vicende di altri
due raggruppamenti, che pure avevano avuto da sempre un certo rilievo nelle vi-
cende politiche non solo della città, ma dell’intera penisola: il partito Democratico
Sociale e il Partito Liberale. Queste formazioni, così come il Partito del Lavoro, si
11
G. Fiorentino, op. cit., p.36.
12
Il testo integrale dell’ordinanza con cui Charles Poletti, tenente colonnello, capo degli affari ci‐
vili della Sicilia, permetteva il libero esercizio dell’attività politica è riproposto integralmente in G.
Fiorentino, op. cit., pp. 37‐38; lo stesso è poi riportato nel par 3.4.1. di questo lavoro.
7 Capitolo 1: La città dello Stretto dai bombardamenti angloamericani alla Conferenza di Messina
ricostituirono attorno a delle vecchie personalità della politica messinese, che si
distinsero tuttavia per un diverso atteggiamento nei confronti degli altri gruppi po-
litici che si erano riattivati in città: mentre, infatti, i demosociali assunsero un at-
teggiamento di collaborazione con gli altri raggruppamenti antifascisti, i liberali
se ne distaccarono sin da subito, a causa dell’atteggiamento assunto dal comando
alleato, teso ad appoggiare l’iniziativa di alcuni esponenti repubblicani, mentre fra
loro ve ne erano molti che, sebbene non entusiasti del comportamento del sovra-
no, preferivano comunque la monarchia. Alcuni esponenti liberali riuscirono tut-
tavia a riacquistare un ruolo di prestigio nell’ambito della politica messinese, viste
le importanti cariche che ricoprivano; è questo il caso del prof. Gaetano Martino,
preside della Facoltà di Medicina, chiamato dagli alleati ad assumere la carica di
Rettore
13
. Questi tre raggruppamenti politici riuscirono a concentrare nelle loro
mani praticamente i posti più importanti della pubblica amministrazione della cit-
tà, anche perché ex aderenti alla massoneria messinese, che già prima del fasci-
smo controllava la gran parte delle cariche pubbliche e godeva di un immenso
prestigio all’interno della politica locale; prestigio che spinse il Duce stesso a in-
tervenire personalmente, decretandone l’abolizione. Ma, ancora prima che i partiti
politici tornassero allo scoperto, i massoni messinesi erano già riusciti a riorganiz-
zarsi, dominando con la loro presenza la vita pubblica della città. Basti pensare
che quando Badoglio giunse in visita a Messina, l’1 aprile del 1944, gli affiliati
alla massoneria, guidati dal professor Sebastiano Fulci, poterono incontrarlo in
forma privata nel gabinetto del Prefetto
14
. Riferendosi all’attività e al ruolo svolto
da questi partiti nella gestione delle cariche pubbliche, Edoardo Milio Cangemi,
futuro esponente del MIS, attaccò in maniera veemente, in una lettera all’allora
13
M. T. Di Paola, La democrazia dei galantuomini. Le carte Fabiano e l’esperienza del Comitato di
Liberazione Nazionale di Messina 1943‐1945, EDAS, Messina, 1998.
14
A. Stancanelli, L’occupazione alleata a Messina e l’attività ricostruttiva degli Americani negli
anni 1943 e 1944, in “Archivio Storico Siciliano”, 1979.
8 La ripresa della stampa libera nella città dello Stretto. Il «Notiziario di Messina» (1943-1953)
direttore del «Notiziario di Messina» Silvio Longo, quello che definì «un preciso
esempio di affannosa corsa per l’accaparramento dei posti di comando»
15
.
Un’attività prettamente individuale e quindi poco efficiente a livello orga-
nizzativo (almeno fino alla nascita del Comitato Messinese di Liberazione Nazio-
nale), svolsero invece i socialisti, i repubblicani e i democristiani.
L’unico gruppo politico che invece svolse appieno un’attività di partecipa-
zione alla vita sociale cittadina sottoforma di partito vero e proprio, già dall’arrivo
degli alleati, fu il Partito Comunista. Dopo varie riunioni tenute in casa
dell’avvocato Giuseppe Schirò (che sarà poi eletto deputato comunista al parla-
mento nazionale), sita in Piazza Cairoli, i comunisti elessero un comitato esecuti-
vo provvisorio con funzione di riorganizzazione politica del partito e di propagan-
da. Molto attiva fu anche la sezione giovanile che, curata dal dottor Pietro Mon-
dello e ispirata da Pancrazio de Pasquale, svolse una notevole opera di propagan-
da clandestina. Lo dimostra il fatto che l’unica attività di questo genere all’interno
dell’Università avvenne proprio per opera di De Pasquale, che nel dicembre del
1942 distribuì duecento copie di Stato e Rivoluzione di Lenin, mascherandole con
la copertina del corso di filosofia teoretica dell’anno precedente
16
.
I.2.1. Il Comitato Messinese di Liberazione Nazionale
Fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre del 1943, su iniziativa di alcuni
esponenti politici locali, vide la luce il Fronte unico dei partiti antifascisti, che ac-
coglierà al suo interno, oltre ai partiti appena citati, il nascente Partito d’azione,
che verrà costituito nel gennaio dell’anno seguente a opera dell’avv. Augusto
Martino e del prof. Renato Calapso, e alcuni iscritti all’Associazione dei combat-
tenti e perseguitati politici; e poiché ancora non era stata concessa dagli Alleati la
15
Cit. in G. Fiorentino, op. cit., p.40.
16
L’episodio è tratto da G. Fiorentino, op. cit., p.43.
9 Capitolo 1: La città dello Stretto dai bombardamenti angloamericani alla Conferenza di Messina
Figura 1.5. Il primo ordine del giorno del CMLN, datato 20/12/1943. Fonte: M. T. Di Paola, op. cit.
piena libertà di azione politica, sarà proprio un’esponente di questa associazione
ad assumere la presidenza del Fronte: Vincenzo Marrone. Questo organismo en-
trava ben presto in crisi a causa dei nominativi da presentare al governo alleato
per la designazione delle cariche pubbliche e la rimozione dei fascisti dagli uffici,
lasciando il passo, in data 25 novembre, a un nuovo organo antifascista, che, sulla
scia dell’entusiasmo seguito all’armistizio con gli Angloamericani dell’8 settem-
10 La ripresa della stampa libera nella città dello Stretto. Il «Notiziario di Messina» (1943-1953)
bre e alla formazione a Roma del Comitato di Liberazione Nazionale il giorno
successivo, troverà anche a Messina piena attuazione, nonostante la Sicilia fosse
ormai stata liberata dai nazifascisti da più di tre mesi: si tratta del Comitato Mes-
sinese di Liberazione Nazionale (CMLN); formato ufficialmente dalle stesse forze
politiche che operarono all’interno del Fronte, fu in realtà un organismo composto
da esponenti politici provenienti dai suddetti gruppi, ma a titolo quasi esclusiva-
mente personale.
Il primo ordine del giorno del Comitato era del 20 dicembre 1943, lo stesso
giorno in cui a Messina giungeva il nuovo prefetto Antonino Stancanelli
17
. Tutta-
via la scarsa consistenza organizzativa e funzionale dei raggruppamenti che costi-
tuivano il CMLN divenne subito manifesta al congresso dei partiti antifascisti, che
si tenne a Bari il 28 gennaio del 1944; di tutti gli aderenti al Comitato messinese
solo il comunista Umberto Fiore vi partecipò. I suoi affiliati appartenevano, infat-
ti, a diversi strati sociali, avevano idee politiche eterogenee e differenti erano state
le loro esperienze di vita. Ciononostante tutti erano accomunati da una tradizione
di stampo democratico. Caratteristica questa che legava tutti i CLN meridionali e
che contribuì a farli sviluppare sebbene, nella gran parte del Mezzogiorno d’Italia,
della guerra partigiana non ve ne fosse più bisogno. Ben noto è, infatti, che i Co-
mitati di liberazione meridionali sono spesso stati oggetto di una severa critica
storica, che vedeva in essi un crogiuolo di interessi partitici e “consorterie locali”,
vista proprio la situazione di libertà di cui quei territori ormai godevano. Non mol-
to diversa era la situazione del CLN messinese, che tuttavia si era sin da subito
presentato come salvaguardia morale della città, e la presenza in esso di molti veri
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M. T. Di Paola, La democrazia dei galantuomini, cit.