PREFAZIONE
MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO DEL CAPITALISMO
STORICO
Il capitalismo è innanzitutto un sistema storico. Il processo storico
sarebbe, da sempre, stato caratterizzato da un confronto tra differenti
sistemi-mondo: gli imperi-mondo e le economie-mondo. Fino al 1500
d.C. gli imperi-mondo sono risultati più forti, assorbendo le economie-
mondo circostanti, ma oltre un certo limite spaziale e temporale
l‘impero-mondo tendeva a disgregarsi, e iniziava un processo di
contrazione. Lasciava così spazio allo sviluppo di nuove economie-
mondo e minisistemi. Gli imperi-mondo di successo ebbero in genere una
vita più lunga delle economie-mondo. Ma intorno al 1500 si sviluppò in
Europa un‘economia-mondo più resistente che, successivamente, si
espanse nello spazio assorbendo gli imperi-mondo e i minisistemi
1
circostanti, senza mostrare alcun limite spaziale intrinseco.
La caratteristica fondamentale di questo sistema storico è che il capitale
è stato usato con l‘intento della sua autoespansione. Nei sistemi
precedenti, il lungo e lento processo di accumulazione del capitale era
1
―Essa sopravvisse e fu dunque in grado di servire come contesto per il pieno sviluppo di un modo di
produzione capitalistico, che richiede e può esistere solo all‘interno di una forma di economia-mondo.
Alla fine del XIX secolo un‘economia-mondo capitalistica si estendeva, per incorporazioni successive,
sull‘intero globo, assorbendo tutti i sistemi storici esistenti (gli imperi-mondo e i minisistemi). Lungi
dall‘indebolirsi, il modo di produrre capitalistico-accumulativo si irrobustì grazie al solidificarsi delle
relazioni politiche in un sistema di equilibri tra nazioni, grazie all‘istituzionalizzazione dei progressi
tecnologici (necessario fondamento di un modo di produrre fondato su di una ininterrotta
accumulazione) e grazie, infine, al precisarsi di una gerarchia spaziale (polarizzazione centro-periferia)
all‘interno dell‘economia-mondo.‖(I.Wallarstein T.Hopkins ―World-System Analysis :Theory and
Methodology‖, 1982)
I
quasi sempre bloccato in un punto o nell‘altro, anche quando esistevano
le condizioni iniziali (possesso, o concentrazione nelle mani di pochi, di
un insieme di beni non consumati in precedenza). Il processo si bloccava
anche per la mancata disponibilità di uno o più dei suoi elementi
(riserve accumulate sottoforma di denaro, forza lavoro utilizzabile dal
produttore, reti di distributori, consumatori in grado di acquistare).
Questi elementi non erano mercificati o lo erano in maniera
insufficiente, ciò ha comportato, da un lato, la diffusa mercificazione dei
processi, non solo di scambio, ma di produzione, distribuzione e
investimento, dall‘altro, i processi produttivi sono stati legati l‘uno con
2
l‘altro in complesse catene di merci.
Definiamo il capitalismo storico come quel luogo integrato di attività
3
produttive, circoscritto nel tempo e nello spazio, nel quale l‘incessante
accumulazione del capitale ha costituito l‘obiettivo, la ―legge‖ che ha
prevalso nell‘attività economica fondamentale. Si tratta di quel sistema
4
sociale in cui quelli che hanno operato secondo la ―legge del valore‖
2
―Si prenda in considerazione, ad esempio, un tipico bene che è stato diffusamente prodotto e venduto
durante tutta l‘esperienza storica del capitalismo, un capo di vestiario. Per produrre un capo di vestiario
c‘è bisogno come minimo di tessuto, filo, qualche genere di macchinario e la forza-lavoro. Ma
ciascuno di questi elementi deve essere a sua volta prodotto. E gli elementi che concorrono alla loro
produzione devono a loro volta essere prodotti. Non è stato inevitabile, e non è stato neppure frequente
, che ogni sottoprocesso di questa catena di merci fosse mercificato…il profitto è maggiore quando
non tutti gli anelli della catena sono mercificati.‖ (I.Wallerstein ―Capitalismo storico e civiltà
capitalistica‖, 2000)
3
―La particolare integrazione della produzione che è frequentemente osservata (prodotti primari dalla
periferia , prodotti secondari dal centro) è incidentale, non essenziale, alla concezione della divisione
del lavoro centro-periferia, che è una divisione tra processi produttivi integrati, non tra particolari
prodotti.‖ (I.Wallarstein, T.Hopkins ―L‘era della transizione Le traiettorie del sistema-mondo 1945-
2025‖, 1997)
4
―La merce soddisfa i bisogni umani e per questo si presenta come cosa utile. ..il tempo di lavoro
mediamente necessario per produrre una merce è la forza produttiva…Nella produzione sociale della
loro esistenza , gli uomini entrano in rapporti determinati , necessari, indipendenti dalla loro volontà, in
rapporti di produzione che corrispondono ad un determinato grado di sviluppo delle loro forze
produttive materiali. L‘insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della
società, la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale
II
hanno avuto un impatto sull‘insieme talmente vasto da creare le
condizioni entro le quali gli altri sono stati costretti o ad adeguarsi a
quei modelli, o a subirne le conseguenze. Entro tale sistema coloro che
hanno imposto queste regole sono divenuti sempre più intransigenti, e
nel quale la diffusione di queste nella struttura sociale è aumentata nel
tempo, anche se non è mancata l‘opposizione sociale divenuta
5
maggiormente forte e organizzata.
Nel corso dello sviluppo storico del capitalismo la direzione geografica
delle merci non è stata casuale. Parlare di catene di merci significa
considerare una vasta divisione sociale del lavoro divenuta sempre più
corrispondono forme determinate della coscienza sociale…La ricchezza della società nel modo di
produzione capitalistico si presenta come un‘immane raccolta di merci…Fra tutte le merci la più
importante è la forza-lavoro , il cui valore è determinato come quello di qualunque altra merce, dal
tempo di lavoro necessario alla sua produzione e riproduzione…La forza-lavoro diviene una merce
attraverso un lungo processo storico che, separando il produttore dai suoi mezzi di produzione, lo
trasformerà in un libero proprietario della propria capacità di lavoro, giuridicamente legittimato a
vendere la sua propria merce, la forza–lavoro, al possessore di denaro, che in tal modo può trasformare
il suo denaro in capitale…Per trasformare il denaro in capitale il possessore di denaro deve trovare sul
mercato delle merci, il lavoratore libero; libero nel duplice senso che disponga della propria forza
lavorativa come propria merce, nella sua qualità di libera persona, e che d‘altra parte, non abbia da
vendere altre merci, che sia privo ed esente, libero di tutte le cose necessarie per la realizzazione della
sua forza-lavoro, che è allo stesso tempo produzione di merce e di plusvalore. Il plusvalore, cioè la
valorizzazione del capitale, si presenta come eccedenza del valore del prodotto sulla somma dei valori
degli elementi della sua produzione…L‘estrazione del plusvalore può essere basato sul prolungamento
della giornata lavorativa, o sull‘accorciamento del tempo di lavoro necessario per la riproduzione del
valore della forza-lavoro, attraverso un rivoluzionamento della condizione tecnica e sociale del
processo lavorativo atte ad aumentare la forza produttiva del lavoro e diminuire il valore della forza-
lavoro…istinto immanente e tendenza costante del capitale aumentare la forza produttiva del lavoro
per ridurre più a buon mercato la merce, e con essa l‘operaio stesso. Lo sviluppo della forza produttiva
del lavoro ha lo scopo di abbreviare la parte di giornata lavorativa nella quale l‘operaio deve lavorare
per se stesso, per prolungare proprio con questo mezzo, l‘altra parte della giornata lavorativa nella
quale l‘operaio può lavorare gratuitamente per il capitalista…Il processo di produzione in quanto unità
di processo lavorativo e processo di creazione del valore, è processo di produzione di merci. In quanto
unità di processo lavorativo e di processo di valorizzazione, è processo di produzione capitalistico…
La legge del valore rappresenta la religione naturale del capitalismo, la sua essenza ideologica.‖
(K.Marx ―Il Capitale: critica dell‘economia politica. Libro primo. Editori Riuniti.)
5
―L‘economia del capitalismo è stata governata dunque dall‘intento razionale di massimizzare
l‘accumulazione. Ma ciò che è razionale per gli imprenditori non lo è per i lavoratori. Ciò che è
razionale per tutti gli imprenditori, come gruppo collettivo, non era necessariamente razionale per ogni
dato imprenditore. Gli interessi personali di ciascuno individuo spesso lo spingevano, del tutto
―razionalmente‖, a impegnarsi in attività contraddittorie.‖ (I.Wallerstein ―Capitalismo storico e civiltà
capitalistica ‖, 2000)
III
funzionalmente e geograficamente estesa, e allo stesso tempo sempre più
gerarchica. Questa gerarchizzazione dello spazio nella struttura dei
processi produttivi ha portato a una sempre maggiore polarizzazione tra
le zone centrali e le zone periferiche, sia in termini redistributivi, sia in
termini di sedi di accumulazione del capitale. L‘elemento cruciale di
questo processo è rappresentato dall‘uso della forza nella
6
determinazione del prezzo, o meglio definito ―scambio ineguale‖, che è
stato velato attraverso l‘apparente separazione della sfera economica
(una divisione sociale del lavoro su scala mondiale operante per
l‘incessante accumulazione del capitale) dalla sfera politica (che
consiste in apparenza di stati sovrani separati, ciascuno dotato di
autonoma responsabilità rispetto alle decisioni politiche all‘interno della
propria giurisdizione, ciascuno dotato di forze armate a sostegno della
propria autorità). Quasi tutte le catene di merci di qualche importanza
hanno attraversato queste frontiere statali, quindi le merci per loro
natura sono state sempre transnazionali.
Un‘altra peculiarità del capitalismo storico è nell‘aver creato una stretta
correlazione tra la divisione del lavoro e la valutazione del lavoro
7
producendo così il sessismo e il razzismo istituzionalizzato, e fu
6
―I prezzi effettivi sembrano sempre l‘esito di una negoziazione in un mercato mondiale sulla base di
forze economiche impersonali. L‘enorme apparato di forza latente non ha dovuto essere invocato in
ogni singola transazione, ma solo in caso di sfide significative rispetto ad un livello esistente di
scambio ineguale. Una volta passata la fase acuta del conflitto politico, le classi imprenditoriali
mondiali potevano fingere che l‘economia stesse operando unicamente in base a considerazioni di
domanda e offerta, senza dire nulla su come l‘economia mondo fosse storicamente giunta ad un
particolare rapporto tra domanda e offerta, e su quali strutture di forza stessero sostenendo in quello
stesso momento le ―tradizionali‖ differenze nei livelli salariali e nei livelli di effettiva qualità della vita
tra le forze lavoro mondiali.‖ (I.Wallerstein ―Capitalismo storico e Civiltà capitalistica‖, 2000)
7
―Nel corso della storia si è avuta una costante svalutazione del lavoro delle donne (dei giovani e degli
anziani), e una corrispondente enfasi sul lavoro del maschio adulto, in questo modo venne prodotto
l‘apparato legale e paralegale che provoca distinzione e discriminazione tra sessi (processo di
IV
8
all‘interno degli aggregati domestici che questi due processi hanno
funzionato al fine di socializzare, produrre e riprodurre le forze lavoro
su scala mondiale.
Anche i quadri, che direzionano e controllano la forza lavoro perché
operasse in modo efficiente e continuativo, devono dunque essere creati,
socializzati e riprodotti. La principale ideologia che ha contribuito in
9
questa opera è l‘universalismo. Mentre il razzismo è servito come
meccanismo di controllo su scala mondiale dei produttori diretti,
l‘universalismo è servito a dirigere le attività della borghesia di altri
stati e dei vari stati intermedi mondiali verso canali che
massimizzassero la stretta integrazione dei processi produttivi e il
tranquillo funzionamento del sistema interstatale, facilitando in questo
modo l‘accumulazione del capitale.
istituzionalizzazione del sessismo). La discriminante ―razza‖ và inquadrata nella creazione dei ―gruppi
etnici‖, ossia gruppi di persone considerevolmente ampi cui sono stati riservati alcuni ruoli
occupazionali\economici rispetto ad altri gruppi che vivevano nella stesa area geografica. In tal modo
l‘etnicizzazione della vita comunitaria ha rafforzato questa gerarchia nei ruoli, fornendo un facile
codice per la redistribuzione complessiva del reddito, un codice rivestito della legittimazione della
―tradizione‖ (processo di istituzionalizzazione del razzismo).‖ (I.Wallerstein ―La scienza sociale:come
sbarazzarsene. I limiti dei paradigmi ottocenteschi‖, 1995)
8
―Gli individui, che compongono la forza lavoro nel mondo, vivono all‘interno di unità sociali primarie
chiamate aggregati domestici (unità razionali di calcolo in termini di remunerazione e spesa). Tali
strutture sono le principali responsabili dell‘organizzazione e della riproduzione sociale del lavoro.
Esse riuniscono in un fondo comune i redditi provenienti da diverse fonti (non solo dal lavoro
salariato), per provvedere nel lungo periodo al soddisfacimento dei bisogni essenziali. Tuttavia, poiché
l‘opportunità di utilizzare risorse scarse non è distribuita ugualmente nel mondo, gli aggregati
domestici integrano o supportano in gradi diversi le remunerazioni dei lavoratori, i quali calcolano
diversamente i salari che ricevono in cambio del lavoro offerto. Il risultato è una forza lavoro
differenziata.‖ (I.Wallerstein ―La scienza sociale:come sbarazzarsene. I limiti dei paradigmi
ottocenteschi‖, 1995)
9
―L‘universalismo è un‘epistemologia, un insieme di convinzioni su ciò che è conoscibile e sul modo
in cui lo si può conoscere. L‘essenza di questa concezione è che esistono significative affermazioni
generali sul mondo, il mondo fisico e il mondo sociale, che sono universalmente e stabilmente vere, e
che l‘oggetto della scienza è la ricerca di queste affermazioni generali in una formulazione che elimini
ogni elemento cosiddetto ―soggettivo‖, cioè storicamente determinato.‖ (I.Wallerstein ―Capitalismo
storico e Civiltà capitalistica‖, 2000)
V
L‘economia-mondo moderna è dunque un sistema che comporta una
disuguaglianza gerarchica della distribuzione che si basa sulla
concentrazione di certi tipi di produzione (relativamente monopolizzate
e, di conseguenza, altamente redditizie) in alcune zone ristrette che
divengono così luoghi di maggiore accumulazione del capitale. I
meccanismi delle trasformazioni sono le fasi cicliche. Lo sviluppo
economico capitalistico, quale è generato da processi innovativi, non ha
un andamento lineare e continuo, bensì una natura inevitabilmente
ciclica. Piuttosto che distribuirsi uniformemente nel tempo, le
innovazioni tendono ad affollarsi in determinati periodi, la concorrenza
e il monopolio lungi dall‘escludersi a vicenda, coesistono. I cicli di
Kondratieff, cicli economici di lungo periodo derivante dai ritmi ciclici
dei saggi di profitto, hanno approssimativamente una durata di
cinquanta anni caratterizzati da fasi ascendenti (fase A) e fasi
discendenti (fase B) dei saggi di profitto stessi. Le fasi A rappresentano il
periodo di tempo in cui si possono proteggere i monopoli economici di
particolare rilevanza; le fasi B sono, da un lato, i periodi di
trasferimento geografico della produzione i cui monopoli sono stati
esauriti e, dall‘altro, i periodi di lotta per il controllo di nuovi monopoli
10
emergenti. Ai cicli economici si affiancano i cicli egemonici, che sono
più lunghi e comportano una competizione tra due grandi stati per
10
―Le zone periferiche rappresentano quelle dove si localizza quel vasto gruppo di imprese le cui
attività sono sottoposte a forti pressioni concorrenziali e ricevono perciò ricompense marginali. Le
zone centrali sono quelle dove si concentrano le imprese che, attratte da economie di scala derivanti
dalla loro concentrazione nello spazio, raggruppano quella minoranza di attività risparmiate dalle
pressioni concorrenziali. Appropriandosi in tal modo di profitti oligopolistici, queste imprese ricevono
la fetta più grossa dei benefici della divisione internazionale del lavoro. Insieme , queste attività
formano un‘intricata rete di produzione su scala mondiale.‖ (Arrighi G. ―L‘illusione dello sviluppo.
Una riconcettualizzazione della semiperiferia‖, 1991)
VI
assicurarsi il diritto di succedere alla precedente potenza egemonica
divenendo il luogo principale di accumulazione del capitale. Questo è un
processo lungo, che alla fine richiede una forza militare tale da vincere
una ―guerra dei trent‘anni‖. I sistemi possiedono anche andamenti
11
secolari (ad esempio la tendenza alla meccanizzazione dei processi
produttivi, oppure la progressiva incorporazione di nuove zone da
periferizzare) che rappresentano fenomeni che sono causati dalle
strutture e che, a loro volta, assicurano che sul lungo periodo le strutture
non possono restare immobili. Quindi gli andamenti secolari, sul lungo
12
periodo, tendono ad esacerbare le contraddizioni intrinseche del
sistema.
11
―Il sistema-mondo moderno possiede ritmi ciclici, che risultano dalle normali fluttuazioni delle sue
strutture durevoli (gli ambiti istituzionali in evoluzione del sistema-mondo, ovvero insieme di processi
che forniscono le cornici strutturate in continua trasformazione al cui interno ha avuto luogo l‘agire
sociale) e le tendenze secolari (vettori che posseggono una direzione ,e che risultano dalla costante
evoluzione delle strutture del sistema). Si può ritenere che nel corso della sua esistenza storica il
sistema-mondo moderno abbia sviluppato sei di questi vettori: il sistema interstatale; la struttura della
produzione mondiale; la struttura della forza lavoro mondiale; i modelli del welfare mondiale; la
coesione sociale degli stati e le strutture del sapere. Mentre i ritmi ciclici ristabiliscono l‘―equilibrio‖
(relativo), le tendenze secolari lo conducono lontano, a ciò giunge necessariamente un momento in cui
le tendenze creano una situazione nella quale i ritmi ciclici non sono più in grado di ripristinare un
―equilibrio‖ (relativo) di lungo termine.‖ (I.Wallerstein, T.Hopkins ―L‘era della transizione Le
traiettorie del sistema-mondo 1945-2025‖, 1997)
12
―Le contraddizioni non sono puri e semplici conflitti…Esse sono il prodotto dei vincoli posti dalle
strutture del sistema; in virtù di tali vincoli per gli attori sul breve periodo è ottimale un certo insieme
di comportamenti , mentre sul medio periodo è ottimale un insieme di comportamenti diverso, quando
non opposto…Nella misura in cui gli attori risolvono ei problemi nel breve periodo, ne creano nel
medio periodo. E‘ cosi che essi trasformano i ritmi ciclici in tendenze secolari.‖ (I.Wallerstein
―Geopolitica e Geocultura: saggi sull‘evoluzione del sistema-mondo‖, 1991)
VII
INTRODUZIONE
Il concetto di sviluppo è stato il concetto chiave nelle scienze storico-
sociali del dopoguerra, il significato che esso ha assunto è stato quasi
13
sempre sinonimo di industrializzazione. Il boom economico del
venticinquennio successivo alle guerre mondiali ―l‘epoca d‘oro del
14
capitalismo‖ aveva sostenuto la speranza in un progresso senza fine,
15
l‘aspettativa di un costante e illimitato miglioramento. Il fatto che
1‘avvio del processo di industrializzazione nei paesi della periferia fosse
seguito al conseguimento dell‘indipendenza politica dal controllo
coloniale delle potenze europee contribuì a sostenere la fiducia nelle sue
capacità terapeutiche. Fu, infatti, dopo il conseguimento
dell‘indipendenza che la maggior parte di questi paesi adottò strategie di
industrializzazione basate sulla sostituzione delle importazioni come via
più rapida per sfuggire alla condizione di sottosviluppo.
La decolonizzazione nel complesso è stato un processo, che ha reso gli
stati del Terzo Mondo individualmente indipendenti e raggruppati nella
categoria dei paesi ―sottosviluppati‖. Le élite di queste zone una volta al
13
―…l‘industrializzazione era stata la caratteristica più rilevante dello sviluppo di quelle che ora erano
le economie sviluppate o industrializzate e più di recente aveva costituito 1'ingrediente principale dello
sviluppo sovietico nel periodo di Lenin e di Stalin. E dunque a partire da un‘associazione storica, oltre
che dalla manifesta assenza di un‘alternativa plausibile, che 1‘equivalenza tra sviluppo e
industrializzazione, con quest‘ultima a sua volta concepita essenzialmente come produzione di massa
su larga scala, assunse un carattere di inevitabilità.‖ (Arndt,H.W., ―Lo sviluppo economico. Storia di
un‘ idea‖, 1990)
14
Glyn, A.,Hughes A.,Lipietz A. e Singh A., ―The Rise and Fall of Golden Age, 1991
15
― Il periodo dal 1950 al 1975 ha visto il cambiamento sociale più spettacolare, rapido, influente,
profondo ed esteso della storia globale, è il primo periodo in cui i contadini sono diventati una
minoranza, non solo nei paesi industriali sviluppati, in molti dei quali erano rimasti una grande forza,
ma anche nei paesi del Terzo Mondo.‖ (E.J.Hobsbawm, ―Il secolo breve‖, 2000)
VIII
potere attuavano politiche d‘industrializzazione sotto lo sguardo
supervisore dell‘Occidente ―sviluppato‖.
I governi dei paesi della periferia dell‘economia-mondo moderna
abbracciarono la crescita industriale nazionale come la chiave per elevare
gli standard di vita. Attraverso i programmi di aiuto militare, economico
e attraverso il trasferimento tecnologico, furono disegnati i confini
geopolitici del mondo ―libero‖ integrando sempre più paesi nell‘orbita
occidentale. In questo senso la dinamica degli aiuti ha significato, sia
assicurare alleanze geopolitiche, sia riprodurre la divisione internazionale
del lavoro. La struttura internazionale era teoreticamente al servizio di
politiche di crescita economiche nazionali e sembrerebbe che il
cambiamento sotto queste circostanze fosse condizionato dalle relazioni
globali, specialmente geopolitiche e dei trasferimenti. L‘espansione
agricola del Primo Mondo condizionò l‘aumento di nuove classi sociali
nel Terzo Mondo. Allo stesso tempo l‘esportazione di tecnologia alle
regioni del Terzo Mondo incentivò la differenziazione sociale fra uomini
e donne, così come fra produttori rurali, lavoratori e imprenditori
capitalisti. Questo scenario incentivò un dislocamento massiccio dei
compiti industriali al Terzo Mondo riproducendo la divisione
internazionale del lavoro.
L‘esperienza occidentale di crescita economica offrì il modello e un
complesso istituzionale internazionale di assistenza finanziaria e tecnica
per lo sviluppo nazionale. Il modello di base era stabilire nelle colonie
una produzione specializzata nell‘estrazione di materie prime e prodotti
primari non disponibili in Europa. Su scala mondiale questa
IX
specializzazione tra economie europee e le loro colonie venne ad essere
chiamata la divisione coloniale o internazionale del lavoro.
La divisione coloniale del lavoro aveva due effetti di base: 1) incentivò
l‘industrializzazione europea contemporaneamente costringendo i non-
europei alla produzione di prodotti-base e 2) tale specializzazione
disorganizzò le culture non-europee minando le arti locali e i sistemi di
coltivazione locale, con il risultato di alienare i contadini rurali dalle loro
terre costringendoli a trasformare le loro produzioni agricole in
monoculture specializzate per l‘esportazione. Quando la società
industriale europea fu matura, le popolazioni urbane fecero pressione per
un aumento delle importazioni di zucchero, caffè, tè, cacao, tabacco,
vegetali e petrolio dalle colonie, ed il sistema di fabbrica che si espanse
necessitò di un‘immensa quantità di materie prime. Questo vuole dire che
una società sviluppata ha bisogno di colonie per lo sviluppo e quello
europeo dipese dalla disorganizzazione attiva delle sue colonie, obiettivo
16
chiaro nel discorso del presidente Truman del 20 Gennaio 1949.
Lo sviluppo fu concepito e praticato dai colonizzatori con un mandato
duplice: civiltà e sviluppo, ovvero emancipare i soggetti coloniali dalla
loro condizione primitiva e sfruttare le risorse coloniali per il beneficio
dell‘umanità. La proclamazione del presidente Truman confermò questa
comprensione suggerendo un nuovo paradigma per l‘era postbellica: la
divisione dell‘umanità in paesi ―sviluppati‖ e in paesi ―sottosviluppati‖.
Questa divisione del mondo implicò che tutte le società occuparono una
16
―I quattro punti dell‘amministrazione Truman: 1) La costituzione dell‘Organizzazione delle Nazioni
unite; 2) il Piano Marshall per la ricostruzione dell‘Europa; 3) la costituzione di un organizzazione
comune di difesa, la NATO, per far fronte alla minaccia sovietica; 4) l‘estensione alle nazioni
sfavorite dell‘aiuto tecnico che era stato concesso ad alcuni paesi dell‘America Latina in precedenza.‖
(I. Wallerstein ―Dopo il Liberalismo‖, 1995)
X
posizione su un percorso lineare lungo il quale si svilupperebbero tutte le
nazioni. Secondo Gustavo Esteva il sottosviluppo iniziò il 20 Gennaio
1949. ―In quel giorno due miliardi di persone divennero sottosviluppate,
da allora cessarono di essere quello che erano, in tutta la loro diversità,
e furono trasformati in un specchio invertito della realtà dell‘Occidente,
17
uno specchio che definisce la loro identità‖. In altre parole la
proclamazione del Presidente Truman divise il mondo tra quelli che
erano ―moderni e sviluppati‖ e quelli che non lo erano. Moderno divenne
il nuovo modo di guardare il mondo e lo standard contro il quale furono
giudicate le altre società. Il progetto sviluppo rappresentò una risposta
politica e intellettuale alle condizioni storiche dell‘economia-mondo nella
fase di decolonizzazione, imponendo una comprensione essenzialmente
economica della vita sociale. Il progetto globalizzazione sostituì il
progetto sviluppo divenendo l‘apparente nuovo progetto politico delle
élite d‘affari del tardo ventesimo secolo.
Il mondo, in modo crescente, diviene l‘oggetto dei paesi potenti e delle
società per azioni, allo scopo di migliorare il loro vantaggio competitivo
―catturando‖ le risorse sparse per il mondo e sottoponendole a
speculazione commerciale. Le immagini dei media incitano ad
immaginare le diversità del mondo come fonte di ricchezza riducendole
simultaneamente ad una sola globale entità.
Molto di quello che indossiamo, usiamo e consumiamo oggi ha origini
globali. Anche quando troviamo il ―Made in...‖ non si può identificare il
percorso che le merci compiono per arrivare a divenire prodotto finito
fruibile sul mercato. Una delle caratteristiche distintive di questo secolo è
17
Esteva G., ―Development‖ , 1992 in Wolfang Sachs (Ed.), The Development Dictionary
XI
il potente apparato di comunicazione che presenta l‘immagine di un
mondo unificato attraverso le tecnologie e i prodotti globali. Attraverso la
pubblicità i media dipingono le persone del mondo come consumatori di
merci globali, ma non tutte le popolazioni vivono questa realtà o questa
immagine. La così definita rivoluzione dell‘informazione rende possibile
connettere il mondo più intensamente di prima, e concede ai beneficiari
l‘accesso e la possibilità di conoscere le altre culture valutate attraverso
la centralità e l‘universalità della cultura occidentale.―Il sistema di
fabbrica mondiale è nutrito dalle tecnologie dell‘―età
18
dell‘Informazione‖. Anticipi in tecnologie di telecomunicazione
abilitano imprese, stabilite a New York, Tokio, o a Singapore a
coordinare compiti di produzione distribuiti attraverso luoghi situati in
differenti paesi. Questa organizzazione di produzione, in cui le merci
sono incatenate in maniera estremamente fluida, è regolata dalla sede
centrale delle società transnazionali secondo le mutevoli condizioni di
mercato.
L‘industria microelettronica integra sistemi di produzione globali,
rendendo la produzione nazionale e individuale sostituibile in maniera
crescente. Ed è proprio la microelettronica che fa divenire la
comunicazione una componente degli apparati del sistema, che
concentrando i flussi in arrivo in maniera centripeta verso particolari
19
zone, partecipa alla gerarchizzazione e alla polarizzazione del mondo.
18
P.Mc Michael ―Development and Social Change: A Global Prospective‖, 2000
19
―La comunicazione ingloba i molteplici circuiti di scambio e circolazione dei beni , delle persone e
delle informazioni. Da quando la comunicazione ha iniziato il suo percorso all‘inseguimento della
ragione, la rappresentazione che se ne è fatta è umbilico tra emancipazione e controllo , fra trasparenza
e opacità. Grazie alle reti e alle vie di trasporto, la comunicazione, viene elevata a rango di agente di
civilizzazione. La svolta storica della deregolamentazione del complesso di reti di comunicazione,
XII
In tal senso il ruolo delle ICTs, nel promuovere lo sviluppo, risultano
essere un‘arma a doppio taglio. Da un lato, permettono ad alcuni paesi di
superare in un solo balzo interi stadi di crescita economica, grazie alla
possibilità di modernizzare i propri sistemi di produzione e di aumentare
la propria competitività più rapidamente che in passato, mentre dall‘altro,
il ritardo dei paesi che non sono in grado di adattarsi al nuovo sistema
tecnologico, tende ad accumularsi. Inoltre, la capacità di entrare nell‘―Era
dell‘Informazione‖ dipende dalla possibilità di estendere l‘istruzione, e
dunque, la capacità di assimilare ed elaborare informazioni complesse, a
tutta la società.
Due trend emergono da questa situazione; in primo luogo si assiste
all‘ulteriore polarizzazione della ricchezza e del tasso di crescita
all‘interno del Terzo Mondo, in secondo luogo si consolidano le
caratteristiche organizzative dell‘economia globale, creando istituzioni
adibite ai prestiti internazionali che assumono progressivamente il ruolo
di amministratori fiduciari degli stati debitori.
siano esse materiali o immateriali, accelerano il movimento di integrazione economica mondiale. Si
richiede ai mezzi di comunicazione di dare all‘evoluzione tutto il suo senso. Negli anni del secondo
dopo guerra , si crea la nozione di ―rivoluzione delle speranze crescenti‖, proponendo alle sue audience
dei modelli di aspirazione e di comportamenti cosiddetti moderni. Il medium è concepito come uno
stimolo capace di far attivare il mutamento sociale. La rappresentazione egualitaria del villaggio
globale, che aggrega gli individui in una omogenea partecipazione ai simboli della modernità, presenta
uno scarto crescente rispetto alla realtà del livello di vita della stragrande maggioranza, creando quello
che potrebbe essere definito tecno-apharteid. Il villaggio globale diviene un vero pianeta virtuale che
coesiste con il villaggio mondiale reale che rappresenta lo spazio virale della circolazione di simboli e
programmi , è il luogo dove si esplicano le logiche della sicurezza. I dispositivi della comunicazione
elettronica hanno la funzione di proteggere dalla violenza dell‘altro, portato marginale di queste reti
escludenti e esclusive. L‘impresa degli anni Ottanta diviene l‘entità immateriale, l‘universo di forme,
simboli e di comunicazione dove si diluisce la posta in gioco nella ristrutturazione dell‘economia
mondiale e nella redistribuzione delle dipendenze e delle gerarchie del pianeta. Un mondo vaporoso di
flussi, fluidi e vasi comunicanti che evolvono in strutture dissipative.‖ (A.Mutterlart ―L‘invenzione
della comunicazione‖,1998)
XIII
Analizzando i cambiamenti organizzativi del capitalismo storico dalla
fine della ―guerra dei trent‘anni‖ si può osservare:
20
1) la nuova forma corporativoorganizzativa dell‘impresa capitalistica,
identificata nelle strategie organizzative delle imprese transnazionali e
nella polarizzazione dei flussi di profitto verso i crescenti sistemi macro-
regionali della CEE ( con la costituzione dello UE e della valuta unica),
21
del Giappone (con l‘APEC) e degli USA (con i NAFTA);
2) la trasformazione della forza lavoro. Gli studiosi hanno a lungo
22
considerato la proletarizzazione come una tendenza secolare del
sistema-mondo. In effetti, la lentezza che questo processo ha avuto è
stata sottovalutata e si è trascurato quanto essenziale sia stata per il
sistema-mondo moderno la sua non-universalizzazione quale forma di
lavoro;
20
― …La fase che si apre con l‘avvento delle società per azioni giganti e la loro affermazione come
sistema dominante negli USA può essere definita capitalismo corporato….un tipo di capitalismo che
trascende quello della cosiddetta impresa economica individuale che si riteneva regolata dalle leggi del
mercato , e si fonda su criteri societari del tutto nuovi.‖(O.Lentini ―Saperi sociali, ricerca sociale
1500-2000‖, 2003 )
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―L‘emergere della ―libera impresa‖ rappresenta un sistema di produzione , di scambio e di
accumulazione su scala mondiale, non sottoposto ad alcuna autorità statale e dotato del poter di
sottoporre alle proprie leggi tutti i membri del sistema interstatale, ha costituito l‘esito maggiormente
significativo dell‘egemonia statunitense.‖ (Arrighi G.‖Il lungo XX secolo. Denaro, potere e le origini
del nostro tempo‖, 1996)
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―Oggi, dopo quattrocento anni almeno di esistenza di questo sistema storico-sociale, la quota di
lavoro pienamente proletarizzato nell‘economia-mondo capitalista non si può dire abbia raggiunto
nemmeno il 50 per cento. Certo, questa statistica è una funzione del modo in cui si misura e di ciò che
si misura. Se adoperiamo le statistiche governative ufficiali sulla forza-lavoro economicamente attiva,
soprattutto maschi adulti che si rendono formalmente disponibili per un lavoro retribuito, possiamo
vedere che la percentuale di lavoratori salariati è considerevolmente alta. Se tuttavia consideriamo tutti
gli individui il cui lavoro è incorporato in un modo o nell‘altro nelle catene di merci, comprendendo
cosi anche pressoché le donne adulte e una percentuale molto ampia delle persone ad uno stadio pre-
adulto o che hanno superato la fascia dell‘età adulta (cioè giovani e i vecchi), allora la nostra
percentuale di proletari cade drasticamente. …In effetti, i datori di lavoro salariato furono talmente
privi di entusiasmo nei confronti della proletarizzazione che, oltre a stimolare la divisione del lavoro in
base al sesso e all‘età, essi incoraggiarono anche, nei loro modelli di occupazione e attraverso la loro
influenza nell‘arena politica, l‘identificazione di gruppi etnici definiti, cercando di legarli a ruoli
specifici nell‘ambito della forza-lavoro, con differenti livelli di remunerazione effettiva per il loro
lavoro.‖ (I.Wallerstein ―Capitalismo storico e Civiltà capitalistica‖, 2000)
XIV
3) il consolidarsi del moderno paradigma tecno-economico che
considera, sotto le condizioni/prescrizioni delle corporazioni
transnazionali (dirigenti delle TNC, dirigenti delle banche globali e i
manager delle istituzioni multilaterali), l‘implementazione globale delle
ICTs come motore del cambiamento.
Ed è in questo momento di transizione che assume una rilevante
importanza la riorganizzazione delle funzioni del Governo nella agenda
politica dei paesi occidentali. Tale riorganizzazione, postulata dagli
organismi sovranazionali, diviene l‘elemento essenziale per gli stati-
nazione per poter beneficiare dell‘atteso effetto sulla crescita economica
derivante dalla implementazione tecnologica, che dovrebbe garantire, da
un lato, maggiore competitività sul mercato mondiale globalizzato,
dall‘altro, la possibilità di migliorare sia la gestione amministrativa che la
partecipazione politica dei sistemi elettorali democratici. Le ICTs
nell‘ottica della modernizzazione rappresentano una risorsa nazionale e
internazionale per istituire una migliore e più efficace governance e una
strategica politica economica (Good Governance). Le ICTs portano con
sé sia promesse di democratizzazione che il loro esatto contrario. In tal
senso la rivoluzione apportata dalle ICTs non stravolge l‘impianto
sistemico in cui si innestano, anzi lo saldano ulteriormente, restando
imbrigliate al suo interno ed in un certo senso depotenziate.
Un esempio che mostra la convergenza delle agende politiche dei Paesi
occidentali, e sopratutto delle ottimistiche aspettative, è riscontrabile
nelle politiche e nei piani d‘azione diretti all‘implementazione
tecnologica dell‘Unione Europea.
XV