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Lo scopo di questa ricerca si rivolge proprio al corpo di
polizia finanziaria italiano.
Nei capitoli che seguono analizzeremo, dopo un breve
excursus storico, come la Guardia di Finanza si riorganizzò
nell’immediato dopoguerra.
L’attività svolta dalla Guardia di Finanza, nel periodo
immediatamente seguente il termine delle ostilità, è da
inquadrare nell’opera di generale rifondazione della
macchina statale.
La funzione economica fu oggetto delle primissime
attenzioni dei governanti dell’epoca, proprio perché
fondamentale per l’esistenza stessa dello stato.
La grave crisi finanziaria che investì tutti i settori
dell’apparato produttivo nazionale e la mancanza di risorse
economiche, necessarie a risanare l’economia statale, fecero
sì che il comparto della finanza pubblica rivestisse la
massima priorità nei programmi d’intervento statali.
La Guardia di Finanza rappresentò un valido strumento
nelle mani dei massimi responsabili del paese. Lo stato,
nella sua operazione di riconquista delle proprie funzioni
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compromesse dal nefasto esito della guerra, fece ampio
ricorso alla Guardia di Finanza, la quale ben si era distinta
per saldezza dell’organizzazione e provata fedeltà al nuovo
corso democratico, intrapreso dall’Italia già all’indomani
degli eventi che seguirono la firma dell’armistizio dell’otto
settembre 1943. Essa aveva saputo mantenere integra la
propria organizzazione, nonostante le disgrazie della guerra,
e, tranne rarissimi casi, fu estranea a compromissioni con il
passato regime.
Ciò nonostante, la Guardia di Finanza non poté dirsi
completamente pronta ad assolvere i gravosi compi di
polizia finanziaria, che lo stato le affidò sin dai primissimi
giorni del dopoguerra. Essa disponeva di modelli
organizzativi e procedure operative risalenti al periodo
prebellico che mal si addicevano alla nuova situazione
postbellica; il personale era decimato per le perdite subite in
guerra, mentre la situazione dei mezzi era a dir poco
disastrosa. La precaria situazione non consentiva di
effettuare sperimentazioni organizzative, fu ritenuto
opportuno ricostruire il Corpo esattamente sul modello di
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quello antecedente lo scoppio della guerra, con le opportune
variazioni che le necessità pratiche via via richiesero.
Il fine di questa indagine è quello di dimostrare come il
Corpo della Guardia di Finanza costituì uno degli strumenti
attraverso il quale lo stato operò la propria rifondazione ed
in quale modo i massimi vertici del Corpo seppero
ricostituire l’organizzazione ponendola al passo con i tempi.
L’opera di riorganizzazione interessò tutti i settori del
Corpo: il personale, il reclutamento, la formazione, i mezzi,
e le procedure operative; trascorsi i primi anni, lo stesso
ordinamento del Corpo fu oggetto di una riforma nel 1947.
Per il raggiungimento del nostro scopo è stato necessario
ricorrere all’esame delle fonti dirette poiché non esiste una
bibliografia specifica sull’argomento.
Lo studio di alcune monografie riguardanti la situazione
politica, sociale ed economica dell’epoca ha permesso di
inquadrare la nostra indagine nel giusto contesto storico. Ma
solo l’esame diretto di decine di documenti originali ha
consentito di indagare sul nostro specifico argomento.
Sono stati esaminati i fogli d’ordine con i quali il Comando
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Generale dava disposizioni inerenti il personale,
l’organizzazione, i mezzi e le procedure. Parimenti, sono
stati passati al setaccio decine di lettere ufficiali
intercorrenti tra i vertici del Corpo e i reparti dipendenti
disseminati su tutto il territorio nazionale, dalle quali si è
potuto evincere direttamente come l’organizzazione si
mosse per risolvere gli innumerevoli problemi organizzativi
e materiali che l’afflissero.
Prezioso aiuto a questo studio è pervenuto dall’esame
diretto del carteggio non ufficiale dell’epoca. Infatti, la
disamina di lettere private, appunti e promemoria, ha spesso
consentito di conoscere aspetti che mai sarebbero trapelati
dalla documentazione ufficiale. Si tratta soprattutto di
carteggio riguardante la situazione del personale.
Tale documentazione è stata acquisita direttamente presso
il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Museo
Storico del Corpo.
Purtroppo non è stata ancora effettuata una completa
catalogazione dell’enorme massa dei documenti risalenti al
periodo da noi studiato, e spesso il carteggio custodito è
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risultato incompleto e frammentario in alcuni aspetti.
Pertanto non è stato possibile approfondire tutti gli aspetti
della questione, come avremmo voluto; ma, forzatamente, si
è reso necessario restringere l’indagine agli aspetti più
significativi e meglio documentati.
Al fine di approfondire la nostra ricerca si è ritenuto,
altresì, opportuno, dopo aver esaminato l’ordinamento, il
personale, i mezzi ed il modus operandi del Corpo,
presentare due casi concreti, dalla cui analisi è stato
possibile evincere come la Guardia di Finanza seppe
superare le difficoltà del dopoguerra ed integrarsi nella
generale ricostruzione dello stato.
La scelta è caduta su due questioni: la Guardia di Finanza
nella Venezia Giulia, con particolare riguardo all’impiego di
finanzieri nel corpo di polizia del Territorio Libero di
Trieste, e la ricostituzione della scuola nautica a Gaeta, con
la quale il Corpo ridiede slancio al proprio comparto navale.
Le problematiche da noi affrontate ebbero sviluppo e
conseguenze ben oltre il limite del 1950, anno in cui la
nostra indagine si è fermata per ragioni di economia
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espositiva. Sicuramente la grande riforma che interessò la
Guardia di Finanza nel 1959, con l’approvazione della legge
nr. 189/1959 riguardante i compiti istituzionali, fu il frutto
delle vicende che interessarono il Corpo a partire
dall’immediato dopoguerra. Alcuni problemi affrontati negli
anni seguenti la fine del conflitto mondiale trovarono
soluzione nel periodo da noi studiato, mentre altri furono
risolti solo alla fine degli anni cinquanta, appunto con la
legge quadro prima citata, ed altri ancora rimasero irrisolti
fino ai nostri giorni.
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CAPITOLO I
- LA GUARDIA DI FINANZA FINO ALLA II GUERRA
MONDIALE: PROFILO STORICO ED
ORGANIZZATIVO -
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1. I CORPI DI FINANZA NEL PERIODO
PREUNITARIO.
Il passaggio dallo stato feudale allo stato moderno fu
segnato dal nascere di un’amministrazione autonoma in
grado di gestire e consolidare l’affermazione del potere
regio. Nello stato moderno si realizzò la distinzione della
sfera pubblica dalla sfera privata, confusione che, invece,
aveva caratterizzato lo stato medioevale. L’avvento di
questo tipo di stato e di amministrazione rispose ad un
contesto politico, economico, sociale e culturale
caratterizzante i secoli XV e XVI, periodo di grandi crisi e
mutazioni. L’amministrazione dello stato moderno doveva
essere in grado di poter fornire al potere regio il reperimento
delle ingenti risorse finanziarie, necessarie a sostenere le
esigenze del “governo di guerra”. Il reperimento delle
risorse finanziarie era assicurato dal gettito fiscale, al cui
funzionamento furono preposti funzionari direttamente
legati al potere tramite contratti di appalto: in sostanza si
trattava di un servizio non espletato direttamente dallo stato,
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ma affidato a privati appaltatori, cui i contratti consentivano
di nominare agenti e di munirli talvolta d’armi.
All’occorrenza reparti in armi erano forniti a supporto
dell’attività dei privati esattori.
Nel XVII° secolo il processo di sviluppo dello stato
moderno raggiunse il suo massimo sviluppo. Fu perseguito
il tentativo di razionalizzare la riscossione delle imposte per
far fronte al crescente fabbisogno d’ingenti risorse
economiche, le quali furono destinate soprattutto a sostenere
le numerose guerre che si svolsero per tutto il secolo. Lo
stato sentì la necessità di riappropriarsi di questo
fondamentale comparto ed agire in prima persona con la
creazione di specifici organi statali, cui demandare il
compito esclusivo di controllare i traffici economici
internazionali e reprimere il contrabbando. Il sostegno
militare ai privati appaltatori si fece via via più robusto. I
reparti militari maggiormente impiegati in questo settore
furono le truppe confinarie, che per la loro dislocazione
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presso i confini naturalmente si prestavano ad attività volte
alla repressione del contrabbando
1
.
In Italia fu il Regno di Napoli lo stato che per prima si
dotò di reparti militari destinati al contrasto delle attività
contrabbandiere ed, in generale, alla tutela delle pubbliche
finanze. Nel 1744, infatti, fu creato il “Corpo dei Fucilieri di
Montagna”. Si trattava di reparti dell’esercito destinati ad
operare alle dipendenze dei funzionari preposti alla
riscossione dei tributi diretti ed indiretti.
La Guardia di Finanza, tuttavia, fa risalire le proprie
origini ad uno speciale corpo militare dello stato sabaudo
del XVIII secolo.
Il Regno di Sardegna, nel 1759, prese in considerazione
l’ipotesi di impiegare reparti armati e militarmente
organizzati per la difesa delle frontiere, la prevenzione e la
repressione del contrabbando. In quell’anno, infatti, fu
presentata a Carlo Emanuele III una relazione dell’Ufficio
generale del soldo con la quale si consigliava, tra l’altro, al
1
COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA “La Guardia di Finanza
dalle origini”, ed. Comando Generale G. di F., Roma 1977.
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Re di istituire una legione straniera che tutelasse il confine
dal contrabbando
2
. La proposta non fu accolta,
benché le scarse truppe dei reggimenti provinciali e
d’ordinanza, concesse in ausilio agli appaltatori delle
gabelle, si dimostrassero insufficienti per una repressione
efficace e così pure i reparti di dragoni distaccati a Borgo
San Dalmazzo con il compito di dare la caccia ai
contrabbandieri nizzardi. La situazione consentì la
formazione di potenti bande di contrabbandieri, che,
provenendo dalla Savoia e dalla Svizzera, dilagavano nel
Delfinato e nella Provenza, monopolizzando il commercio
estero di buona parte della Francia. Di fronte alle reiterate
proteste dei ministri di Luigi XV, Vittorio Amedeo III,
nell’ambito di una radicale ristrutturazione dell’esercito,
affidò il compito della sorveglianza confinaria e della
repressione del contrabbando ad un reparto scelto
dell’esercito sardo che conserva in tempo di guerra i compiti
2
OLIVA G. “I Corpi di Finanza del regno di Sardegna”, ed. Comando Generale della G. di F.
1988
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d’esplorazione e di rapide incursioni all’interno dello
schieramento nemico.
Il 5 ottobre 1774 il Re di Sardegna deliberava la creazione
della “Legione truppe leggere”
3
.
Ad essa la Guardia di Finanza fa risalire le proprie origini.
Particolare attenzione fu posta all’addestramento del
personale in funzione del servizio da compiere. I giovani da
arruolare dovevano essere particolarmente robusti e di
ottima moralità. Inoltre, per i sottufficiali, era richiesto il
saper leggere e scrivere; un requisito tutt’altro che comune
nel ‘700.
Gli avvenimenti europei che seguirono la Rivoluzione
Francese coinvolsero direttamente il regno sabaudo e, a
seguito dell’esito sfavorevole degli eventi bellici, nel 1796,
la Legione truppe leggere fu sciolta ed i compiti di natura
fiscale furono demandati a sezioni autonome del “Corpo dei
preposti doganali francesi”, costituite con elementi locali.
Questo Corpo francese, istituito nel 1791 in aggiunta al
3
COMANDO GENERALE REGIA GUARDIA DI FINANZA “Le Fiamme Gialle d’Italia
nella monarchia di Savoia 1777-1821”, ed. Alfieri 1937.
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servizio sedentario, era composto da dipendenti civili delle
dogane, con ordinamento di tipo militare e compiti di
copertura militare delle frontiere marittime e terrestri,
accanto a quelli tradizionali contro il contrabbando. Nel
periodo napoleonico le caratteristiche militari si
accentuarono ed alcuni reparti parteciparono alle operazioni
di guerra.
Questa organizzazione mista, introdotta durante l’epoca
napoleonica, costituì il modello di riferimento al momento
della restaurazione.
Infatti, Vittorio Emanuele I, rientrato a Torino nel maggio
del 1814, mantenne l’ordinamento preesistente ereditato dai
Francesi, ma limitatamente al ‘servizio attivo’.
L’ordinamento dei “Reali preposti delle dogane”, come da
regolamento del 1819, fu misto: militare e civile
contemporaneamente. Il Corpo, però, enucleato dal
contesto in cui era sorto, si era palesato ben presto
inadeguato ad assolvere i compiti di vigilanza fiscale, tanto
che già nel 1817 era stata costituita la “Legione reale
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leggera”. Caratteristiche principali della Legione reale
leggera furono quelle di:
- essere un reparto militare con compiti istituzionali di
polizia fiscale;
- avere una doppia dipendenza:
- dal Primo segretario di guerra e di marina, quanto
all’amministrazione, al personale ed alla disciplina;
- dal Primo segretario di finanza, quanto al servizio
attivo di dogana;
- godere di un reclutamento volontario.
Il motivo dell’affiancamento di un reparto militare al
Corpo dei preposti fu indicato dallo stesso Vittorio
Emanuele I che intese affidarsi ad una vera e propria
milizia, richiamandosi esplicitamente alla Legione truppe
leggere del 1774, per vigilare sull’applicazione ed il rispetto
delle leggi doganale.
Al Corpo fu affidato anche il compito di concorrere al
mantenimento dell’ordine pubblico e di partecipare alle
operazioni belliche in caso di guerra. La coesistenza della
Legione leggera con i preposti non durò a lungo: salito al