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Introduzione
Nel sistema delle impugnazioni penali delineato dal vigente
codice di rito il giudizio di appello assume la fisionomia di una
fase del procedimento penale generalmente deputata, nei limiti
del principio devolutivo sancito dall‟art. 597 c.p.p., al controllo
in chiave critica e in maniera meramente cartolare dell‟operato
del giudice di primo grado. Di conseguenza, soltanto nei residuali
casi in cui il giudice di secondo grado non ritenga di poter
pervenire ad una decisione ex actis, vale a dire sulla base dei soli
protocolli di causa formati e trasmessi dal primo giudice, è
consentita nel giudizio di appello la rinnovazione dell‟istruttoria
dibattimentale, ovverosia lo svolgimento di attività istruttorie
finalizzate all‟integrazione del materiale probatorio già acquisito
al processo.
Nonostante il suo carattere eccezionale, la rinnovazione
dell‟istruttoria dibattimentale nel giudizio di appello costituisce
un istituto di particolare importanza, in quanto strettamente
correlato ad aspetti fondamentali del nostro sistema processuale
penale, quali il riconoscimento del diritto alla prova nel giudizio
di secondo grado e la funzione dell‟appello quale strumento per
la correzione degli errori eventualmente commessi dal primo
giudice; allo stesso tempo, si presenta come un istituto
estremamente complesso, sia perché comprensivo di fattispecie
di integrazione probatoria particolarmente eterogenee tra loro, sia
per la lacunosità e l‟astrattezza che caratterizzano le disposizioni
che il codice ha dedicato ad esso.
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Con il presente lavoro, pertanto, si vuole fornire un
approfondimento di questo istituto, anche al fine di mettere in
risalto, grazie all‟ausilio delle numerose opere dottrinali e delle
tantissime pronunce giurisprudenziali ad esso relative, i tanti
profili di criticità della sua disciplina in una prospettiva di
riforma della stessa.
Nel primo capitolo viene innanzitutto evidenziata la funzione
della rinnovazione dell‟istruttoria dibattimentale e il suo carattere
eccezionale alla luce della fisionomia che assume il giudizio di
appello nel nostro sistema delle impugnazioni penali, per poi
procedere ad un‟elencazione delle ipotesi di rinnovazione
istruttoria che sono previste dal nostro codice di procedura
penale.
Il secondo capitolo è dedicato alle ipotesi in cui la rinnovazione
dell‟istruttoria dibattimentale può essere disposta su richiesta di
parte, con particolare riguardo alla legittimazione delle parti
processuali, ai materiali conoscitivi non valutati in primo grado
di cui può essere chiesta l‟acquisizione nel giudizio di appello e
ai presupposti ai quali è subordinato l‟accoglimento della
richiesta; nel terzo capitolo, invece, viene analizzata la fattispecie
di rinnovazione dell‟istruttoria dibattimentale disposta d‟ufficio
dal giudice ai sensi dell‟art. 603, comma 3, c.p.p.
Nel quarto capitolo vengono analizzate le ipotesi in cui è
possibile ricorrere alla rinnovazione dell‟istruttoria
dibattimentale nell‟ambito del giudizio abbreviato di appello,
dell‟appello avverso le ordinanze in materia di misure cautelari
personali e del giudizio di appello come sede di svolgimento del
giudizio di rinvio.
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Nel quinto capitolo, infine, vengono esaminati i profili dinamici
dell‟istituto, con particolare riferimento ai provvedimenti
giudiziali in tema di rinnovazione dell‟istruttoria dibattimentale e
alle regole che devono essere osservate nel corso del giudizio di
secondo grado in merito all‟assunzione, all‟ammissione e alla
valutazione della prova.
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CAPITOLO PRIMO
PROFILI GENERALI E DEFINITORI
SOMMARIO: 1. La fisionomia del giudizio di appello nel nostro sistema delle
impugnazioni penali. – 2. La funzione della rinnovazione dell‟istruttoria
dibattimentale nel giudizio di appello e il suo carattere eccezionale. – 3. Le ipotesi
di rinnovazione istruttoria previste dal codice di procedura penale. – 4. (Segue): le
ipotesi di rinnovazione dibattimentale previste dall‟art. 604 c.p.p. - 5.
L‟abrogazione dell‟ipotesi di rinnovazione dell‟istruttoria dibattimentale per
l‟imputato contumace in primo grado.
1. La fisionomia del giudizio di appello nel nostro sistema delle
impugnazioni penali
Nel nostro sistema di diritto processuale penale l‟appello
costituisce il mezzo di impugnazione attraverso il quale la
decisione di primo grado viene portata all‟attenzione di un
giudice sovraordinato per censure che attengono a questioni sia
di fatto che di diritto.
Questa definizione potrebbe indurre a concludere,
semplicemente, che attraverso il giudizio di appello trovi
concreta attuazione nel nostro ordinamento la garanzia del
doppio grado di giurisdizione di merito, prevista espressamente
sia dall‟art. 14, par. 5, del Patto internazionale sui diritti civili e
politici
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, sia - fatte salve alcune eccezioni - dall‟art. 2 del VII
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L‟art. 14, par. 5, PIDCP stabilisce che “ogni individuo condannato per un reato ha
diritto a che l‟accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati
da un tribunale di seconda istanza in conformità della legge”.
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Protocollo addizionale della Convenzione europea dei Diritti
dell‟Uomo
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, risolvendosi nel diritto alla disponibilità di
un‟impugnazione di merito da parte di chi sia stato condannato
nel giudizio di primo grado. In realtà, se nella concezione astratta
e tradizionale delle impugnazioni per “doppio grado di giudizio”
(o “di giurisdizione”) si intende una doppia cognizione di merito
della stessa controversia effettuata da due organi giudicanti
diversi, nella relatività storica del nostro ordinamento
processuale penale prevale una concezione concreta di “doppio
grado di giudizio” parzialmente diversa da quella tradizionale e
strutturata secondo una schema orientato verso la logica del
controllo piuttosto che del secondo giudizio di merito
3
.
Nel nostro sistema delle impugnazioni penali, innanzitutto,
l‟appello si configura come un mezzo parzialmente devolutivo,
vigendo ai sensi dell‟art. 597, comma 1, c.p.p., il principio del
tantum devolutum quantum appellatum, secondo il quale la
cognizione del giudice di secondo grado è limitata alle doglianze
proposte con i motivi di appello: questi ultimi, tuttavia, non
vengono indicati in maniera tassativa dalla legge, con la
conseguenza che essi possono investire qualsiasi capo e qualsiasi
punto della sentenza di primo grado. Il principio devolutivo,
peraltro, non implica che il giudice d‟appello nell‟accertare la
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Ai sensi dell‟art. 2, par. 1, VII Prot. add. CEDU “ogni persona dichiarata
colpevole da un tribunale ha il diritto di far esaminare la dichiarazione di
colpevolezza o la condanna da una giurisdizione superiore. L‟esercizio di tale
diritto, ivi compresi i motivi per cui esso può essere esercitato, è disciplinato dalla
legge”. Il par. 2 del medesimo articolo, tuttavia, prevede che “tale diritto può essere
oggetto di eccezioni per reati minori, quali sono definiti dalla legge, o quando
l‟interessato è stato giudicato in prima istanza da un tribunale della giurisdizione
più elevata o è stato dichiarato colpevole e condannato a seguito di un ricorso
avverso il suo proscioglimento”.
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Cfr. GAITO, L’appello, in AA.VV., Procedura penale, Torino, 2010, 760-761.
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correttezza o meno dell‟operato del primo giudice sia obbligato a
limitarsi alle prospettazioni effettuate dall‟appellante nella
proposizione dei motivi: egli, infatti, può sia rivolgere la sua
attenzione ai punti della decisione sottoposta a gravame che,
sebbene non impugnati, si trovano in rapporto di pregiudizialità,
di dipendenza, di inscindibilità e connessione essenziali con
quelli appellati
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, sia decidere su questioni rilevabili d‟ufficio nei
casi espressamente previsti dal legislatore
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.
Altra caratteristica del giudizio di appello secondo la disciplina
del codice del 1988, altresì, è quella di essere un procedimento
essenzialmente cartolare: invero, nonostante il giudice d‟appello
abbia la stessa ampiezza di poteri del giudice di primo grado, la
sua cognizione si basa generalmente sui protocolli di causa
formati e trasmessi dal primo giudice. Come regola di sistema,
infatti, l‟art. 602, comma 3, c.p.p. prevede che la piattaforma
cognitiva in base alla quale il giudice deve valutare la fondatezza
delle doglianze proposte nei motivi di appello venga formata
attraverso la lettura dei verbali delle attività direttamente
espletate nel dibattimento di primo grado, nonché dei verbali
degli atti compiuti nelle fasi precedenti, inseriti nel fascicolo del
dibattimento e acquisiti al giudizio di primo grado secondo
quanto previsto dagli artt. 511 ss. c.p.p.
Le delineate caratteristiche del giudizio di appello attribuiscono a
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In giurisprudenza v., a questo proposito, Cass. Pen., Sez. VI, 8 febbraio 1994,
Teti, in C.E.D. Cass., 196950; Id., Sez. V, 17 novembre 1999, Kardhiqi, ivi,
214719.
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Si tratta, oltre che delle questioni di cui all‟art. 597, comma 5, c.p.p., del difetto di
giurisdizione, dell‟incompetenza per materia, delle situazioni di nullità, del ne bis
in idem, delle cause di non punibilità, delle questioni di legittimità costituzionale e
dell‟errore di persona.
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questa fase del procedimento penale - secondo un‟impostazione
che conferma la tradizione del Codice Rocco del 1930 - la
fisionomia di una revisio prioris istantiae, cioè di una fase
istituzionalmente deputata, nei limiti delle doglianze proposte
con i motivi di appello, al controllo in chiave critica e in maniera
meramente cartolare dell‟operato del primo giudice, nella quale
si abbandonano i principi di oralità - cioè la formazione orale
della prova dinanzi al giudice nel contraddittorio tra le parti - e di
immediatezza - cioè il diretto contatto del giudice con le fonti di
prova - che caratterizzano il giudizio di prime cure, e in cui vige
la presunzione che nel dibattimento svoltosi in primo grado
l‟indagine probatoria abbia raggiunto la sua completezza.
Dunque, confermando la scelta operata con il codice del 1930 al
fine di non appesantire troppo il nostro sistema delle
impugnazioni penali, il legislatore del 1988 non ha optato per un
giudizio di appello strutturato come novum iudicium, ovvero
come un‟integrale ripetizione del giudizio di primo grado nella
quale è sempre possibile reiterare le attività istruttorie compiute
nelle precedenti fasi processuali
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. Ciò non significa, peraltro, che
nel giudizio di appello non sia mai possibile integrare il materiale
probatorio precedentemente acquisito al processo: tale
eventualità, infatti, sebbene in via residuale, viene prevista dal
nostro legislatore attraverso l‟istituto della rinnovazione
dell‟istruttoria dibattimentale.
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Per una ricostruzione della disciplina normativa dell‟appello presidiata da una
logica di “controllo” e non da una logica di “giudizio” si rimanda alle sempre
valide considerazioni di MASSA, Contributo allo studio dell’appello nel processo
penale, Milano, 1969, 223 ss.