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1. Caratteristiche fisiologiche della funzione
cardio-circolatoria
Premessa
L’apparato cardiovascolare ha numerose importanti funzioni. Esso apporta ossigeno e
nutrienti, rimuove l’anidride carbonica ed i prodotti di scarto del metabolismo da ogni cellula
del nostro organismo. Trasporta gli ormoni prodotti dalle ghiandole endocrine fino ai
rispettivi siti recettoriali. Svolge un ruolo essenziale nel mantenimento della temperatura
corporea e dello stato di idratazione, ha un ruolo importantissimo nel proteggere l’organismo
dalle infezioni e determina delle fondamentali capacità di adattamento agli stimoli ambientali
a cui il corpo è sottoposto che permettono di mantenere in una condizione di equilibrio tutte le
funzioni dei vari apparati dell’organismo.
In esso possono essere distinte tre principali componenti: un organo con funzione di pompa
emodinamica, il cuore; un sistema di canali, i vasi sanguigni; un mezzo liquido, il sangue.
Strettamente associato al sistema circolatorio vi è un altro sistema deputato al drenaggio dei
tessuti periferici, il sistema linfatico.
Tutte queste parti nel corso di esercizio fisico acuto e nel proseguire del processo di
allenamento sport specifico subiscono delle ‘modificazioni fisiologiche reversibili
morfofunzionali’ che rendono l’organismo più adatto all’attività sportiva praticata.
1.1 – Il cuore e le arterie coronarie
Il cuore è l’organo centrale dell’apparato cardiocircolatorio e fornisce al sangue con le
sue contrazioni ritmiche l’energia necessaria a circolare nei vasi; è situato nella cavità
toracica e pesa approssimativamente 500 grammi. A riposo ha una frequenza contrattile di
circa 70 battiti · minֿ¹ con una gittata cardiaca di 5 L · minֿ¹.
Nel cuore si distinguono due tipi di tessuto: il ‘miocardio di conduzione’ ed il ‘miocardio di
lavoro’.
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Il sistema di conduzione pur costituendo una piccola parte dell’intera massa miocardica
riveste una particolare importanza funzionale; essa infatti comprende sia la formazione ove
avviene di norma l’insorgenza dell’eccitamento spontaneo che ‘genera e mantiene’ il battito
cardiaco, sia la funzione di ‘condurre e distribuire’ l’attivazione alle varie parti del cuore
secondo una ben definita successione. Il sistema di conduzione presenta quattro componenti:
- il ‘nodo seno atriale’, situato nella parte posteriore dell’atrio destro e sede dell’origine
dell’impulso nervoso;
- il ‘nodo atrioventricolare’ ed il ‘fascio di di His’ situati nella parte inferiore del setto
interatriale, che costituiscono la connessione tra atri e ventricoli;
- le due ‘branche’, destra e sinistra del fascio di His che sono destinate alla
propagazione dell’impulso elettrico rispettivamente ai ventricoli destro e sinistro.
Il nodo seno-atriale emette spontaneamente 70-80 impulsi nervosi · minֿ¹ ed è per questo
definito il pace-maker cardiaco. Tuttavia anche se il nodo del seno è dotato di una propria
frequenza, questa può venir modificata da tre complessi: il sistema nervoso parasimpatico, il
sistema nervoso simpatico ed il sistema endocrino.
Figura 1.1
Struttura del cuore umano. In rosso è
indicato il sistema di conduzione (C. Casella,
V. Taglietti, 1996)
Il miocardio di lavoro invece costituisce quasi l’intera massa della muscolatura cardiaca ed è
deputato allo sviluppo di forze per permettere la circolazione del sangue all’interno dei vasi
sanguiferi; le fibrocellule del ‘sistema di lavoro’ sono dotate di un apparato contrattile del
tutto simile a quello delle fibre muscolari scheletriche, sono multinucleate e funzionalmente
connesse in un sincizio che determina un’attivazione per contiguità.
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L’attività sportiva di alta prestazione determina dei profondi adattamenti sia a carico del
sistema di conduzione che del miocardio di lavoro.
Dal punto di vista funzionale il cuore racchiude due pompe che lavorano insieme. La parte
destra, riceve il sangue venoso che proviene dai tessuti e provvede a pomparlo nei polmoni
nelle unità alveolo-capillari; qui avvengono gli scambi diffusivi dell’ossigeno e dell’anidride
carbonica tra sangue contenuto nei capillari e aria alveolare. Questo costituisce la ‘piccola
circolazione‘ o ‘circolazione polmonare’. Il sangue arterializzato giunge al cuore sinistro che
provvede a pomparlo nella ‘grande circolazione’ o ‘circolazione sistemica’ che raggiunge così
tutti i tessuti.
Figura 1.2
Configurazione esterna del cuore con visione globale della sua faccia anteriore.
Nel cuore si distinguono quattro cavità; per ogni lato esiste un ‘atrio’ che rappresenta la cavità
che riceve il sangue ed un ‘ventricolo’, la pompa vera e propria. Una robusta parete, detta
‘setto interventricolare’ separa i due ventricoli. I ventricoli possiedono valvole unidirezionali
in entrata ed in uscita. Le valvole atrioventricolari ‘tricuspide’ a destra e ‘mitrale’ a sinistra
regolano l’entrata del flusso sanguigno nel ventricolo; le valvole semilunari ‘polmonare’ a
destra e ‘aortica’ a sinistra regolano il flusso in uscita del sangue dal ventricolo.
I ventricoli destro e sinistro si riempiono e si svuotano simultaneamente. Le fasi di
riempimento e svuotamento sono legate all’andamento delle ‘pressioni intra-ventricolari’.
- Nella fase di rilasciamento ventricolare, la ‘diastole’, la pressione intra-ventricolare
scende al di sotto di quella esistente nell’arteria, e ciò causa la chiusura della valvola
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semilunare, ma anche al di sotto della pressione atriale provocando l’apertura della
valvola atrioventricolare e quindi il riempimento del ventricolo.
- In ‘sistole’, il ventricolo si contrae, la pressione intra-ventricolare supera quella atriale
e quella dell’arteria determinando la chiusura della valvola atrioventricolare e
l’apertura della valvola semilunare con l’espulsione del sangue nell’arteria.
Sia in sistole che in diastole esiste un tempo nell’ordine di 0,02-0,06 secondi in cui le cavità
ventricolari sono isolate, si parla in questo caso di ‘condizioni isovolumetriche dei ventricoli’.
Il tessuto cardiaco come tutti i tessuti, necessita anch’esso di un apporto di sangue a scopo
nutrizionale che gli viene fornito dalle arterie coronarie. Dall’aorta originano due arterie,
destra e sinistra, destinate all’irrorazione delle porzioni destra e sinistra del cuore. L’afflusso
di sangue nel tessuto cardiaco avviene principalmente quando questo si trova in condizioni di
rilassamento, in diastole. Questo perché durante la sistole la contrazione muscolare determina
un aumento della pressione intra-tissutale con parziale occlusione dei rami coronarici che
penetrano nella massa muscolare miocardica. L’esercizio fisico cronico “determinando un
rallentamento della frequenza cardiaca basale, determina un prolungamento della diastole e
di conseguenza una migliore irrorazione del tessuto miocardico” (L.Vecchiet, 2002). Il flusso
di sangue nelle coronarie è circa 2,5 volte superiore in diastole rispetto alla sistole, quindi è
“oscillante”. In condizioni di riposo il flusso di sangue al cuore è dell’ordine di 200-250
mL · minֿ¹, circa il 5% della gittata cardiaca.
Il miocardio deriva la maggior parte dell’energia necessaria alla sintesi dell’ATP dal
metabolismo aerobico; possiede una capacità ossidativa tre volte superiore rispetto ad un
muscolo scheletrico. Infatti l’estrazione di ossigeno dal sangue arterioso è molto elevata nel
miocardio; la differenza artero-venosa è di circa 15 mL di ossigeno per 100 mL di sangue,
ben più alta rispetto a 5 mL di ossigeno per 100 mL di sangue per la maggior parte dei tessuti.
A causa di questa elevata estrazione di ossigeno, un aumento di fabbisogno di ossigeno da
parte del miocardio può essere soddisfatto solo attraverso un aumento del flusso di sangue al
cuore; “nel corso di lavoro muscolare intenso il flusso coronario può aumentare fino a
quattro-sei volte rispetto alla condizione di riposo” (W.D. McArdle, F.I. Katch, V.L. Katch,
1998).
Dal punto di vista energetico il miocardio usa il substrato energetico maggiormente
disponibile in relazione alle circostanze funzionali. Il cuore può utilizzare per le sue reazioni
esoergoniche glucosio, acidi grassi e lattato.
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Figura 1.3
“Andamento generale della ’utilizzazione
del substrato da parte del miocardio a
riposo e in funzione dell’intensità del
lavoro” (W.D. McArdle, F.I. Katch, V.L.
Katch, 1998, pag. 277).
Come si vede dalla figura 1.3, nel corso di lavoro muscolare strenuo, il cuore deriva la
maggior parte dell’energia dall’ossidazione dell’acido lattico che proviene dai muscoli
scheletrici. Per intensità di lavoro medie carboidrati e lipidi contribuiscono in parti uguali al
meccanismo esoergonico.
A riposo il substrato maggiormente utilizzato è quello dei grassi; il cuore di un soggetto
allenato rispetto ad un sedentario sia a riposo che sotto sforzo può pompare un maggior
volume di sangue nell’unità di tempo a parità di consumo energetico.
1.2 – Sistema arterioso e pressione arteriosa
Le arterie sono dei vasi estremamente elastici e rappresentano un sistema di
distribuzione del sangue ad alta pressione a decorso centrifugo. Lo spessore e la struttura della
parete delle arterie è tale da non consentire processi diffusivi di gas e sostanze. Dal sistema
arterioso il sangue procede nel distretto delle arteriole la cui parete a differenza delle arterie è
molto ricca di fibre muscolari lisce e relativamente povera di componente elastica
connettivale. Il distretto arteriolare costituisce il distretto a ‘resistenza variabile’: la variazione
del calibro delle arteriole influisce sulla variazione del flusso di sangue in un determinato
distretto corporeo. Se la muscolatura liscia delle arteriole si contrae la sezione diminuisce, la
resistenza aumenta e da ciò deriva una riduzione del flusso di sangue. Viceversa se la
muscolatura delle arteriole si rilascia.
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La regolazione del flusso di sangue distrettuale riflette le necessità metaboliche dei tessuti; nel
corso di lavoro muscolare infatti il flusso di sangue viene principalmente dirottato nei muscoli
che lavorano e ridotto in altri distretti.
La ‘pressione arteriosa’ rappresenta l’energia potenziale che determina la progressione
emodinamica del sangue verso la periferia. Ad ogni sistole il ventricolo espella sangue
nell’arteria a valle generando una pressione che riflette due fenomeni:
1. la deformazione elastica della parete delle arterie;
2. il fatto che il sangue incontra una certa resistenza a procedere lungo l’albero arterioso.
La pressione arteriosa è oscillante. Raggiunge un valore ‘massimo’ in sistole deformando
elasticamente la parete delle arterie. Diminuisce e raggiunge un valore minimo in diastole
dove la pressione tenderebbe ad annullarsi rapidamente nelle arterie se non intervenisse la
loro azione di “camera di compressione”; questa da un lato tende a smorzare il picco presso
rio sistolico e dall’altro fa si che anche durante tutta la diastole la pressione nelle arterie, pur
diminuendo, si mantenga sempre a livelli elevati.
La pressione massima o sistolica in un individuo sano e normale a riposo e di circa 120
mmHg, la pressione minima o diastolica è di 70-80 mmHg. Dal punto di vista funzionale la
pressione sistolica riflette la capacità del ventricolo di generare pressione e l’elasticità del
sistema arterioso.
La pressione diastolica rispecchia la facilità con cui il sangue lascia il distretto arterioso per
procedere nei distretti successivi, e quindi dipende dalle resistenze periferiche incontrate dal
sangue stesso. In un regime di pressione oscillante è importante definire anche la ‘pressione
media’ o ‘pressione di diffusine’, in quanto riflette l’energia media posseduta dal fluido e
rappresenta la media ponderata di tutti i valori attraverso i quali la pressione arteriosa passa
nel corso di un ciclo cardiaco.
La pressione media costituisce la vera ‘pressione efficace’ ai fini emodinamici, la sua stabilità
e molto importante per il corretto funzionamento di tutti i tessuti sia in condizioni normali che
nel corso di lavoro muscolare e deve variare il minimo possibile. Normalmente la pressione
arteriosa di diffusione è di 93 mmHg.
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1.3 – Dalle arteriole ai capillari
Dopo le arteriole, è presente il distretto delle metarteriole e successivamente la
ripartizionecapillare. Nel procedere dall’aorta ai capillari il calibro dei vasi e la velocità del
sangue diminuisce progressivamente in misura inversamente proporzionale rispetto
all’aumento della sezione complessiva dell’albero circolatorio, che è massima al livello
capillare. “In pratica, nei capillari la velocità di transito dei globuli rossi è di circa 1,5 s”
(W.D. McArdle, F.I. Katch, V.L. Katch, 1998).
Le arteriole sono “vasi di resistenza” in cui avviene una forte caduta della pressione
sanguigna. Questa notevole resistenza circolatoria è mantenuta e variata in base alle esigenze
organiche da segnali che giungono alla loro muscolatura liscia vasale tramite l’innervazione
vegetativa e le catecolamine. Ma oltre a questo importante compito si sovrappone la loro
fondamentale ‘funzione regolatrice’. Le arteriole funzionano da veri e propri “rubinetti” di
ammissione del flusso sanguigno ai diversi distretti circolatori con lo scopo di ottimizzare
l’utilizzazione della portata circolatoria. Questa ripartizione del flusso sanguigno è basilare
nel corso di esercizio fisico per garantire l’apporto di nutrienti e di ossigeno ai muscoli che
lavorano.
Immediatamente a valle delle arteriole iniziano le ‘metarteriole’; questi vasi provvisti di
muscolatura continuano sia con un certo numero di capillari che con delle vie vascolari
“collaterali” a scopo regolatorio.
I capillari rappresentano la struttura più piccola del sistema circolatorio, la parete vasale è
priva di muscolatura liscia ed è costituita semplicemente dalla cellula endoteliale. Questa
peculiare struttura permette gli scambi diffusivi con i tessuti; i globuli rossi per esempio
possono scorrervi solo mettendosi in fila. I capillari si distribuiscono con una rete molto fitta
nei tessuti, “nei muscoli scheletrici umani si possono contare 2000-3000 capillari per mm² di
superficie” (W.D. McArdle, F.I. Katch, V.L. Katch, 1998). Il flusso di sangue nel distretto
capillare è finemente regolato dallo stato di contrazione o rilasciamento dei vasi a monte e
rappresentati dalle arteriole e dalle metarteriole. Entrano in questa azione anche gli ‘sfinteri
precapillari’, un anello di muscolatura liscia che, contraendosi, può ridurre il lume di ciascun
capillare fino ad occluderlo. A riposo esiste una condizione di relativo inutilizzo del distretto
capillare, in quanto molti capillari non sono perfusi; in questa situazione sono aperti i ‘canali
preferenziali’ che connettono metarteriole e venule e gli ‘shunts artero-venosi’ che sono di
grandezza maggiore ed uniscono arteriole e venule.
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Queste strutture in parallelo dotate di sfinteri che ne regolano la pervietà hanno lo scopo di
controllare il flusso in aree più o meno estese del letto capillare.
La corrente di sangue nel distretto capillare può essere perciò attivamente regolata a tre livelli:
all’altezza dei singoli capillari, tramite gli sfinteri precapillari; al livello di aree circolatorie
ristrette tramite i canali preferenziali e all’altezza di aree più estese tramite gli shunts artero-
venosi.
Figura 1.4
Rappresentazione schematica della rete capillare. La
distribuzione della muscolatura è indicata dal
maggior spessore delle pareti vasali. (C. Casella, V.
Taglietti 1996)
Nel corso di attività fisica, nei muscoli sottoposti a lavoro si verifica un grande aumento di
flusso di sangue muscolare. Fattori meccanici, umorali ed ormonali determinano la chiusura
delle vie vascolari “collaterali” e l’apertura degli sfinteri capillari che portano al reclutamento
di vasi che prima non erano perfusi. In questo modo il flusso massimo può aumentare di 15-
20 volte rispetto al flusso basale.
Nei capillari si realizzano quindi tre eventi funzionali che sono fondamentali per facilitare al
massimo gli scambi di liquido, soluti e gas tra sangue e cellule ed interstizi cellulari. Le tre
condizioni sono: la velocità del sangue che è prossima allo zero; lo spessore delle pareti che
risulta esser minimo; l’enorme sviluppo della superficie di scambio.