6
Non sembrano quindi esistere specifici casi di decadenza dalla carica di
Presidente del Consiglio o di ministro collegati ai loro status personali, anzi
la stessa Costituzione non prevede neppure particolari requisiti per essere
nominati membri del Governo, né prescrive che essi debbano essere
parlamentari, nel qual caso potrebbero essere invocate le ipotesi di
decadenza previste per i membri del Parlamento. Solo in via di
interpretazione sistematica, trattandosi di una carica ad un tempo politica e
amministrativa, può ritenersi che sia indispensabile la cittadinanza, la
capacità di agire, la condizione di alfabetismo. Pertanto solo l’ipotetico
venir meno di qualcuna di queste condizioni potrebbe far sorgere un
problema di decadenza, cui si rimedierebbe tramite le dimissioni o la
revoca del rapporto fiduciario.
La mancata previsione da parte dei costituenti deve probabilmente
imputarsi al fatto che in una forma di governo parlamentare i membri
dell’esecutivo appartengono solitamente alle assemblee elettive. Tale
principio è però venuto meno più volte in Italia, soprattutto negli ultimi
anni, in cui si è giunti ad avere anche un Governo interamente composto da
non parlamentari. La presenza di ministri non parlamentari è stata la
conseguenza soprattutto della crisi istituzionale che si è avuta dall’inizio
degli anni Novanta ed ha caratterizzato, oltre al Governo Dini, interamente
composto da non parlamentari, il Governo Ciampi e, in minor misura il
Governo Amato; presenze non parlamentari si sono avute anche nel
Governo Berlusconi e nel Governo Prodi.
Tuttavia, prima di prendere in esame possibili itinerari per la prevenzione e
risoluzione dei conflitti di interessi, sembra opportuno valutare la
potenzialità di alcuni strumenti già previsti dal vigente ordinamento.
Non può affermarsi, infatti, che nel nostro ordinamento non si rinvenga
alcun istituto idoneo in qualche modo ad impedire la commistione tra
7
interessi generali e interessi privati nell’esercizio di cariche di governo:
all’interno della normativa sulle ineleggibilità e sulle incompatibilità
parlamentari, talune disposizioni contemplano ipotesi riconducibili
all’esercizio di attività imprenditoriali, professionali e di consulenza.
Da più parti si osserva, invece, che la struttura duale che ormai sta
assumendo il sistema elettorale, anche a livello nazionale, tra mandato a
governare e mandato a rappresentare, fa sì che ben possono essere diverse
la cause di ineleggibilità e di incompatibilità tra l’uno e l’altro mandato.
Se invece diamo uno sguardo alle Costituzioni di alcuni Paesi dell’Unione
europea, esse presentano, normalmente all’interno delle parti dedicate al
Governo, disposizioni che sanciscono l’incompatibilità della titolarità di
cariche governative con altri incarichi, per lo più di livello costituzionale
(incompatibilità con lo status di parlamentare o di membro di giurisdizioni
di livello costituzionale). Altre volte figurano norme che dispongono
incompatibilità tra incarichi governativi ed attività più genericamente
pubbliche o private. Tali norme possono funzionalmente prevenire conflitti
di interesse, ma rispondono anche ad altre esigenze di ordine istituzionale:
assicurare professionalità e dedizione specifica all’attività di governo,
allontanare indesiderabili concentrazioni di potere istituzionale ed
economico, sottolineare la generalità delle funzioni di guida politica. Anche
in questo caso tuttavia non sembra riscontrarsi una specifica e peculiare
area normativa sul conflitto di interessi.
Per quanto concerne l’ordinamento comunitario, fin dalla legge 3 maggio
1966 n. 437, di ratifica ed esecuzione del trattato che istituiva un Consiglio
unico ed una commissione unica delle Comunità europee e ancora
attualmente nel Trattato di Maastricht sull’Unione Europea (di cui alla
legge di ratifica 3 novembre 1992 n. 454), vi è il dettato dell’art. 157 che
stabilisce che i membri della Commissione esercitano le loro funzioni in
8
piena indipendenza nell’interesse generale delle comunità; che si astengono
da ogni atto incompatibile con il carattere delle loro funzioni, ed infine che
non possono, per la durata delle loro funzioni esercitare alcun’altra attività
professionale, remunerata o meno.
In generale il paese dove certamente più ampio e profondo è il dibattito sul
punto specifico del conflitto di interessi è negli Stati Uniti, dove esiste un
ben radicato interesse pubblico alla dimensione etica dell’attività di
governo, che non si esaurisce nel rispetto delle regole costituzionali o
penali.
La materia è infatti ricompresa a sua volta nella Political Ethics (etica in
politica) e, nelle analisi comparate, specie con i paesi europei, il confronto
coinvolge anche la legislazione penale sulla corruzione, che è la parte
preponderante della normativa in materia, laddove negli Stati Uniti
costituisce un sottoinsieme delle regole vigenti.
Nella dottrina americana l’argomento è comprensivo della situazione non
solo dei membri del governo, ma anche dei parlamentari e dei giudici. Esso
concerne poi non solo le cariche pubbliche di livello costituzionale
(parlamentari, ministri), ma anche i titolari di funzioni pubbliche all’interno
delle singole ripartizioni dll’esecutivo (e quindi i pubblici impiegati). In
generale la normativa sul conflitto di interessi tende a prevenire situazioni
nelle quali interessi privati, facenti capo a soggetti che svolgono incarichi
nell’interesse pubblico, possono condizionare l’adozione, la direzione e la
portata delle scelte che i soggetti medesimi avrebbero effettuato in assenza
di tali interessi.
9CAPITOLO PRIMO
PRINCIPI COSTITUZIONALI E NORME DI DIRITTO POSITIVO
IN TEMA DI ELEGGIBILITA’
1. NATURA DEL DIRITTO DI ELETTORATO PASSIVO
L’elettorato passivo, c.d. eleggibilità, trova riconoscimento nella Carta
costituzionale all’art. 51 comma I, il quale stabilisce: “Tutti i cittadini
dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle
cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti
dalla legge”.
In primo luogo, occorre ricordare che la disposizione racchiude un
principio che, sebbene non ricompreso tra i primissimi articoli della
Costituzione, ha sicuramente valore di “principio fondamentale”
dell’ordinamento costituzionale: non solo perché porta al riconoscimento di
un diritto “politico” del cittadino avente più di altri, proprio per questa
natura i caratteri dell’inviolabilità (art. 2)
1
, ma altresì perché concorre oggi
a realizzare in modo tangibile la democraticità della Repubblica, attraverso
l’ingresso dei cittadini nel tessuto vivo delle sue istituzioni
2
.
1
Esplicito in questo senso il principio affermato dalla Corte Costituzionale nella sent. 3 marzo
1988, n.235, in Le Regioni, 1988, pag.937, con nota di Ferrari G.F., il quale fa notare che,
l’enfasi della motivazione sulla fondamentale inviolabilità del diritto di elettorato passivo, è
molto più marcata che nelle decisioni precedenti.
2
In tal senso v. Pototschnig U., art. 97 [51], in Commentario alla Costituzione, Zanichelli,
1994, pag.362.
10
Questo principio
3
non è soltanto una specificazione del più generale
principio di uguaglianza
4
, ma va letto storicamente come abbandono della
3
Il principio contenuto nell’art. 51 comma I Cost., è stato, per la prima volta, affermato
nell’art.128 della Costituzione di Weimar del 1919 che prevede per tutti i cittadini senza
distinzione il diritto di “essere ammessi agli uffici pubblici in conformità alle disposizioni di
legge e secondo le loro attitudini e capacità”.
Analogamente a Bonn si è affermato che “ogni tedesco ha, secondo le proprie attitudini e
capacità specifiche, parità di accesso ad ogni pubblico ufficio” (art. 33).
Riprende lo stesso concetto la Costituzione della Spagna dicendo a propria volta che “i cittadini
hanno diritto di accedere su basi di uguaglianza alle funzioni e alle cariche pubbliche qualora
possiedano i requisiti previsti dalla legge” (art. 23).
Infine, anche nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo votata dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 10 febbraio 1948, che l’Italia ha ratificato e reso esecutiva, si ripete con forza
che “ogni individuo ha diritto di accedere, in condizioni di parità, ai pubblici impieghi del
proprio Paese” (art. 21 punto 2).
4
L’art. 51 Cost., è specificativo rispetto all’art. 3 Cost., poiché chiarisce che il principio di
uguaglianza, proclamato in termini generali dall’art. 3, vale anche per l’accesso ai pubblici
uffici e alle cariche elettive, in tal senso v. Corte Cost., sent.166/1972, in Giur.cost., 1972, III,
pag. 2066; v. inoltre Grasso R., Le norme sull’eleggibilità nel diritto pubblico italiano,in Riv.
dir. pubbl., 1957, pag.731, dove si afferma che, pertanto, i requisiti che la legge deve stabilire in
materia, in base alla norma fondamentale dell’art. 3 della Cost., - che costituisce uno dei cardini
del vigente sistema costituzionale -, non possono venire fondati su distinzioni di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Si è fatto notare che, invece, la differenza tra i due articoli può riconoscersi tenendo presente
che l’art. 3 proclama l’uguaglianza dei cittadini “davanti alla legge”, mentre l’art. 51 proclama
lo stesso principio non solo davanti alla legge ma anzitutto davanti all’autorità cui appartiene
l’ufficio pubblico o la carica elettiva. In effetti vietando all’autorità qualunque discriminazione
nel determinare l’accesso dei cittadini agli uffici pubblici e alle cariche elettive si rafforza il
diritto dei primi, e viceversa, ribadendo il diritto di questi, si rafforza il dovere per l’autorità di
rispettare nell’accesso agli uffici e alle cariche elettive condizioni di uguaglianza. Si hanno due
interessi concomitanti: l’interesse dei singoli a poter accedere legittimamente alla carica o
all’ufficio pubblico e l’interesse pubblico a che non vi accedano invece coloro nei cui confronti
non si può presumere indipendenza e disinteresse nell’esercizio dell’ufficio o della carica,così
Pototschnig U., Art. 97 [51], in Commentario alla Costituzione, Zanichelli, 1994, pag. 367.
11
concezione oligarchica della struttura sociale e come affermazione della
pari opportunità di tutti i cittadini alla partecipazione alla vita politica
5
.
Recentemente, anche la Corte Costituzionale ha affermato che l’art. 51, per
la parte concernente le cariche elettive, ”costituisce un’innovazione di vasta
portata nell’ordinamento positivo italiano e appare anzi una coerente e
necessaria derivazione dei principi e valori supremi fondamentali affermati
negli artt.1, 2, 3 e 4 della Costituzione”
6
.
In secondo luogo, per quanto riguarda, in particolare, la natura
dell’elettorato passivo, è interessante rilevare che la formulazione dell’art.
51 comma I Cost., non contiene una chiara nozione della natura giuridica
dell’eleggibilità, ma solo un’espressione generica: “possono accedere…alle
cariche elettive…”. Non si parla quindi di “diritto di eleggibilità”, a
differenza dell’art. 48 Cost., dove, a proposito dell’elettorato attivo, è
contenuta l’espressione “diritto di voto”
7
.
In effetti, l’inserimento nel catalogo dei diritti inviolabili, e pertanto
intangibili, se non ha trovato molte obiezioni in riferimento alla
qualificazione giuridica del diritto di voto, che con i suoi caratteri di
personalità, uguaglianza, libertà e segretezza (art. 48 Cost.), è da tutti
ritenuto norma fondamentale per la sussistenza dell’ordinamento
5
La partecipazione alla vita pubblica si realizza non solo al momento del voto, ma viene
qualificata e completata attraverso le norme relative alle persone chiamate ad attuare le direttive
popolari indicate con la votazione. Viene così specificato il contenuto di un altro principio
generale del nostro ordinamento sancito dall’art. 1 Cost., per cui tutti i cittadini possono
partecipare in posizioni di uguaglianza al processo democratico, accedendo alle cariche elettive.
6
In questo senso v. Corte cost., sent. 383/1991, in Giur.cost., 1991 ,pag. 3095.
7
V. De CesareC., voce, Incompatibilità ed ineleggibilità parlamentari,in Enc. giur. Treccani,
1989, pag. 2, dove si fa notare che, in sede di teoria generale sui diritti pubblici soggettivi, negli
studi meno recenti, non viene annoverato tra questi un diritto all’eleggibilità, ma solo il diritto
dell’eletto a ricoprire l’ufficio.
12
democratico-pluralistico, non è sembrata altrettanto pacifica riguardo
all’elettorato passivo (art. 51 Cost.)
8
.
La giurisprudenza ha risolto il problema nel senso che ha più volte chiarito
che il diritto ad essere eletti a cariche pubbliche, garantito dall’art. 51 Cost.,
deve configurarsi come diritto soggettivo perfetto, cui è assicurata una
completa tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario
9
.
Anche la Corte Costituzionale, nella prospettiva di allargamento
dell’ambito operativo dell’art. 51 Cost., ha sancito il riconoscimento del
diritto di elettorato passivo quale “diritto politico fondamentale che l’art. 51
riconosce e garantisce a ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità”
10
.
Nei limiti della loro natura e della loro intangibilità, la Corte, ancorando
entrambi all’art. 2 Cost., ha parificato l’elettorato attivo a quello passivo.
Per quanto, invece, attiene alla loro ampiezza, i due diritti non coincidono.
Infatti mentre l’art. 48 Cost., prevede il diritto di elettorato attivo per tutti i
cittadini che abbiano raggiunto la maggiore età con possibilità assai
limitate da parte del legislatore ordinario di prevedere limiti se non entro le
ipotesi tassativamente previste dal testo costituzionale
11
, l’art. 51 comma I
Cost., consente al legislatore un margine di manovra più ampio in relazione
ai limiti all’elettorato passivo.
8
V. Dal Canto F. ,La morte del candidato sindaco tra interesse alla prosecuzione del
procedimento elettorale, ratio della l. n. 81 del 1993 e diritti di elettorato attivo e passivo, in
Giur.cost. ,1997 ,I, pag. 516.
9
V. Cass., S.U., 20 luglio 1971, n. 2368, in Foro amm., 1972, I, 1 ,pag. 192 e ss.,e Cass.,9
marzo 1981, n. 1981, n. 1302, in Foro it.Rep., 1981, voce, Elezioni, n. 198.
10
V. Corte cost., sent.235/1988, in Giur.cost., 1988, pag. 432.
11
Per effetto cioè di una sentenza penale irrevocabile, o per incapacità civile, o per i casi di
indegnità morale previsti dalla legge. Sussisterebbe in altre parole una riserva di legge
rinforzata, v. Furlani S. ,voce, Elettorato attivo, in Noviss.dig.it., Appendice III, Utet, 1982,
pag. 289 e ss.
13
Mentre quindi il diritto di elettorato attivo in una democrazia moderna
viene riconosciuto per definzione a tutti i cittadini in attuazione del
principio del suffragio universale, le qualifiche richieste per accedere alla
carica pubblica elettiva e divenire “rappresentante” devono essere
determinate dall’ordinamento, dando attuazione, nella previsione di tali
requisiti ai vari principi generali fissati in Costituzione
12
.
Tali requisiti, necessari per il godimento del diritto di elettorato passivo,
sono di ordine diverso, poiché il primo ordine è quello dei requisiti
indispensabili per possedere la capacità elettorale passiva, mentre gli
ulteriori requisiti si sostanziano nell’assenza di impedimenti a proposito dei
quali occorre distinguere tra cause di ineleggibilità e cause di
incompatibilità.
12
Come ha precisato la Corte Costituzionale nella sent. 46/1961, in Giur.cost., 1969, pag. 547,
tali requisiti possono essere sia positivi sia negativi.
14
2. INELEGGIBILITA’ ED INCOMPATIBILITA’: CONTENUTO,
FONDAMENTO GIURIDICO, EFFETTI
Tradizionalmente gli istituti di ineleggibilità e di incompatibilità sono stati
accostati, tanto in sede legislativa, quanto a livello dottrinale, poiché
costituiscono entrambi requisiti negativi ed ostativi all’esercizio del diritto
di elettorato passivo
13
.
Invero, essi differiscono sotto molteplici profili, ossia riguardo alla loro
natura, al momento nel quale essi vengono in rilievo, agli effetti che
producono, al fine cui tendono
14
.
13
Sulla tradizionale analisi congiunta di ineleggibilità ed incompatibilità vedi Ferrari G.,
Elezioni (teoria generale), Enc.dir., XIV, Milano, 1965, pag. 644, il quale però aggiunge che
non sussiste fra esse un “indissociabile abbinamento”.
Invero l’incompatibilità incide sul diritto elettorale passivo solo indirettamente e di fatto,
scoraggiando la candidatura di chi si trovi in una posizione incompatibile con una certa carica:
così Tosi R., Commento dell’art. 51 Cost., Commentario breve alla Costituzione Crisafulli-
Paladin, Padova, 1990, ,pag. 343.
14
La distinzione è confermata dalla dottrina, v. Galateria L., Sui caratteri distintivi tra
ineleggibilità e incompatibilità, in Scritti giuridici in memoria di V.E.Orlando, I, 1957, pag. 615
e ss. In particolare l’Autore critica, da una parte, quelle tesi dottrinali che pretendevano di
risolvere la figura dell’incompatibilità nell’ineleggibilità, negandole una propria autonomia
giuridica con natura, caratteri e finalità proprie, e riconoscendola come una delle cause che può
produrre ineleggibilità, dall’altra, quelle tesi che ponevano la distinzioni in termini di
ineleggibilità sanabile e insanabile. Queste tesi non sono accettabili perché vengono a negare
sostanzialmente la figura dell’incompatibilità che invece trova il suo fondamento nel nostro
ordinamento positivo, anzitutto nella Costituzione agli art. 65 e 122 dove si parla espressamente
di casi di ineleggibilità e di incompatibilità (in tal senso v. anche Elia L., Incertezza di concetti
e di pronunzie in tema di ineleggibilità nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, in
Giur.cost., 1972, pag. 1046 e ss.); perché l’incompatibilità, la quale costituisce una figura a sé
con propria natura, caratteri e finalità, viene assunta come “motivo di ineleggibilità”, mentre
15
Dal punto di vista sostanziale, l’ineleggibilità, secondo autorevole
dottrina
15
, consiste nell’impossibilità giuridica a divenire soggetto passivo
del rapporto elettorale, mentre l’incompatibilità consiste nell’impossibilità
giuridica di conservare una carica alla quale si è stati validamente eletti. In
questo caso l’atto elettivo si presume valido e perfetto, ma il soggetto che si
trova in una delle cause di incompatibilità dovrà scegliere quale conservare.
L’ineleggibilità, al contrario, attiene alla stessa validità del rapporto
elettorale sicchè il soggetto che si trova in una delle cause ostative
all’eleggibilità previste dalla legge può candidarsi e quindi essere eletto
16
,
ma in sede di verifica dei poteri la Camera interessata accerterà e dichiarerà
la nullità dell’elezione
17
.
l’incompatibilità in senso tecnico non produce mai l’ineleggibilità (v. in tal senso anche
Martines T., In tema di ineleggibilità e di incompatibilità parlamentari, in Annali del Seminario
giuridico dell’Università di Catania, III, 1949, pag. 462 e ss.); perché gli effetti della
insanabilità o sanabilità possono porsi come un problema attinente all’istituto dell’ineleggibilità,
ma non come elementi discriminatori tra ineleggibilità ed incompatibilità; ed infine perché così
facendo si tende ad eludere il problema della distinzione anziché tentare di risolverlo.
15
V. Mortati C., Ist.dir.pubbl., I, Cedam, 1991, pag. 477.
16
Varie sono le posizioni dottrinali assunte circa la configurazione giuridica dell’ineleggibilità:
oltre a quella accolta nel testo secondo cui l’ineleggibilità consiste in un “impedimento giuridico
a divenire soggetto passivo del rapporto elettorale”, mentre l’eleggibilità a cariche pubbliche
forma il contenuto di un diritto soggettivo perfetto proprio di ogni cittadino dotato di capacità
elettorale (sul punto Mortati C., id. cit.); altra dottrina configura l’ineleggibilità come “vizio
invalidante dell’atto elettivo” e quindi rientrante tra le situazioni giuridiche oggettive
annoverabili tra le cause di invalidità del rapporto elettorale (v. Ferrari G., id. cit.), oppure
come qualificazioni personali che attengono alla legittimazione elettorale passiva (v. Romano
S., Princ. dir.cost.gen., Milano, 1947, pag .312).
17
La Costituzione ha stabilito, come è noto, una riserva di giurisdizione a favore di ciascuna
Camera nella valutazione dei titoli di ammissione dei propri componenti (art. 66).Tale
prerogativa, tradizionalmente denominata verifica dei poteri, si articola in due distinti giudizi:
quello sui titoli di ammissione e quello sulle cause di ineleggibilità e di incompatibilità.
16
Tale sistema fu originariamente introdotto per salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza del
Parlamento dalla interferenza del potere regio, e dopo, le prime applicazioni in Inghilterra e poi
in Francia, fu adottato, nel diciannovesimo secolo da tutti i Paesi che avevano assemblee
rappresentative. Molte esperienze straniere, tuttavia, dimostrano, come, venuta meno la sua
ragione fondante, questo sistema sia sempre più spesso considerato inidoneo ad assicurare che
sulla regolarità delle elezioni e sui casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei candidati venga
svolto un giudizio indipendente ed imparziale.
Così la Gran Bretagna, fin dal 1868, con l’approvazione del Parliamentary Election Act, ha
provveduto ad affidare il giudizio sulla validità delle elezioni alla magistratura ordinaria; la
Costituzione francese del 1958 dispone, all’art. 59, che “il Consiglio Costituzionale decide, in
caso di contestazione, sulla regolarità delle elezioni di deputati e senatori”; la legge
fondamentale tedesca dispone invece, all’art. 41, che “I) la verifica delle elezioni spetta al
Bundestag…II) contro la decisione del Bundestag è ammesso il ricorso al Tribunale Federale”,
delineando così un sistema c.d. misto.
Da più parti si fa notare che il sistema stabilito in Italia per il “contenzioso elettorale politico”,
presenta ormai aspetti di inadeguatezza e anacronismo, come testimoniano molte esperienze
straniere e lo stesso fatto che la Commissione parlamentare per le riforme costituzionali ne
aveva proposto la modifica. L’inadeguatezza del sistema era stata denunciata in particolare dal
Comitato per la trasparenza delle cause di ineleggibilità parlamentare e dei conflitti di interessi
presieduto dal Prof. Paolo Sylos Labini: nel progetto di revisione era stato introdotto una sorta
di ricorso “esterno” alla Corte Costituzionale nei confronti di alcune deliberazioni delle
Assemblee in materia di contenzioso elettorale.
Non bisogna, inoltre, trascurare l’effetto che il passaggio da un sistema proporzionale ad uno
prevalentemente maggioritario ha nei confronti di un’eventuale dichiarazione di decadenza dal
mandato parlamentare. Infatti, con il sistema proporzionale, stante il meccanismo del c.d.
scorrimento di lista, se un parlamentare veniva dichiarato ineleggibile, gli subentrava un
rappresentante del suo stesso partito. Con il sistema maggioritario, invece, nel caso di
annullamento di quella determinate elezione, deve procedersi ad elezioni suppletive, con
possibilità quindi che al posto di chi è stato dichiarato ineleggibile venga eletto un soggetto
appartenente ad un’altra forza politica. In situazioni nelle quali la differenza tra maggioranza ed
opposizione è di pochi parlamentari un certo numero di dichiarazioni di ineleggibilità potrebbe
portare, in ipotesi, a seguito dello svolgimento di elezioni suppletive, ad un mutamento della
maggioranza. V. in tal senso Pertici A., Spunti per una migliore regolamentazione ed una più
completa trasparenza delle cause di ineleggibilità e delle situazioni di conflitto di interessi, in
Foro it., 1998, pag. 310 e ss.
17
Ciò vale a distinguere l’ineleggibilità dalla incapacità elettorale
18
che
impedisce la stessa iscrizione alle liste elettorali, la partecipazione alla
competizione elettorale ed è rilevabile dagli stessi uffici elettorali in via
preventiva, presso i quali risulterà la cancellazione o la mancata iscrizione
nelle relative liste
19
. Inoltre quest’ultima non può essere rimossa, a
differenza dell’ineleggibilità, per volontà dell’interessato e ciò è facilmente
spiegabile se si guarda alla “natura” delle cause di incapacità elettorale
20
.
18
Questa, considerata quale concreta specificazione della più generale capacità di diritto
pubblico, consterebbe dei requisiti stabiliti per godere dell’elettorato attivo (cittadinanza
italiana, godimento dei diritti politici) e inoltre dell’età specificamente richiesta, v. Midiri
M.,art. 65, Comm.Cost.Branca ,pag. 68.
19
In tal senso Di Ciolo V., voce, Incompatibibltà ed ineleggibilità parlamentari, in Enc.dir.,
XXI, Giuffrè, 1971, pag .45 e ss., il quale evidenzia che l’art. 22 n.5 del T.U. 30 marzo 1957, n.
361, prevede che siano gli uffici elettorali ad accertare in via preventiva la sussistenza delle
cause di incapacità elettorale. Contra, Manzella A., La prerogativa della verifica dei poteri, in
A.A.VV.,Il regolamento della Camera dei deputati, Storia ,istituti, procedure, Roma, 1968, pag.
121, il quale contesta questa affermazione sostenendo che le cause di incapacità elettorale si
fanno valere in sede di verifica dei poteri come cause di ineleggibilità.
Soltanto nei casi di incapacità sopravvenuta (vale a dire quando una situazione di incapacità
elettorale si produca successivamente all’elezione), è la Camera di appartenenza che dichiarerà
la decadenza dalla carica. Da ciò deriva che lo status di parlamentare cessa non al momento del
verificarsi della causa di incapacità ma solo allorchè sia intervenuta la pronuncia camerale, v.De
Cesare C., voce, Incompatibilità ed ineleggibilità parlamentari, in Enc.giur.Treccani, pag. 3 e
ss.
20
Sono cause di incapacità elettorale,oltre alla perdita della cittadinanza, le seguenti ipotesi di
indegnità morale: la dichiarazione, con sentenza, dello stato di fallimento, la sottoposizione a
misure di prevenzione di cui all’art. 3 l. 27 dicembre 1956, n.1423, o di sicurezza detentiva o
alla libertà vigilata a norma dell’art. 215 c.p. e l’acquisire per matrimonio la qualità di membro
di Casa Savoia (XIII disp.trans.Cost.).
Qualche incertezza ha mostrato la Corte anche sui caratteri distintivi che sussistono tra
ineleggibilità ed incapacità elettorale: in particolae con la sentenza n. 38 del 1971 veniva
respinta la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell’art. 15 n. 7 d.P.R.
n. 570 del 1960 in riferimento agli artt. 3 e 51 Cost., in cui si chiedeva se una causa di
18
In altre parole chi è politicamente incapace non può costituire un rapporto
elettorale valido; chi ha la capacità elettorale ma è in condizioni di
ineleggibilità può costituire un valido rapporto elettorale purchè faccia
cessare tale situazione entro il termine fissato dalla legge
21
.
Occorre ricordare, inoltre, che recentemente la l. del 18 gennaio 1992
recante “Norme in materia di elezione e nomine presso le Regioni e gli enti
locali”, ha previsto un istituto diverso sia dalla incapacità elettorale che
dalla ineleggibilità, ossia quello della c.d. non candidabilità, che si risolve
in una inidoneità funzionale assoluta non rimuovibile dall’interessato
22
.
ineleggibilità, di per sé legittima, poteva porsi in contrasto con la Costituzione qualora i soggetti
interessati si trovino nell’impossibilità giuridica di far venir meno la causa ostativa
all’eleggibilità. La Corte però sembra non attenersi al thema decidendum ed, anziché valutare
tale profilo, indaga e si pronuncia circa la legittimità della disposizione impugnata in relazione
agli artt. 3 e 51 Cost., ritenendo che, in sede di giudizio di costituzionalità, poco importa la
difficoltà o addirittura l’impossibilità di rimuovere le cause ostative, una volta che queste siano
di per sé legittime.
Seguendo tale ragionamento però, si parificano situazioni tra loro eterogenee con la
conseguenza di prevedere un medesimo trattamento per i soggetti che sono nelle condizioni di
far venir meno, con la loro volontà, la causa ostativa e quelli che, pur volendolo, non hanno
questa possibilità. In tal modo si verrebbe a creare una ipotesi più vicina all’incapacità elettorale
(appunto non rimuovibile con un atto di volontà dell’interessato), che all’ineleggibilità. Per la
critica di questa pronuncia v. Di Ciolo V., Ineleggibilità o incapacità elettorale passiva?(a
proposito della sentenza n.38 del 1971 della Corte Costituzionale), in Giur.cost., 1971, pag.
173 e ss.
21
Le cause di ineleleggibilità presupporrebbero pertanto la sussistenza di tutti i requisiti idonei
per l’acquisizione della capacità elettorale passiva, nonché la regolarità del procedimento
elettorale, v. Morhoff F., voce, Incompatibilità parlamentari, in Noviss.dig.it., pag. 585.
22
Qualche Autore annovera le cause di non candidabilità tra le cause di incapacità elettorale: si
tratta di fattispecie che, da un lato, si differenziano dalle cause di ineleggibilità e di
incompatibilità, cause ostative che possono essere rimosse dall’interessato e che, dall’altro, si
avvicinano alle cause ostative all’elettorato attivo, in quanto producono effetti immediati, ossia
l’esclusione dalle liste dei candidati e, nel caso di elezione, la nullità della stessa; per queste
19
I soggetti colpiti da questa particolare causa ostativa all’eleggibilità sono
coloro i quali abbiano subito misure restrittive della libertà personale o
condannate per determinati delitti. Le conseguenze sono automatiche e di
particolare gravità: la nullità dell’elezione o la decadenza nel caso di
sopravvenienza delle cause anzidette. La ratio dell’istituto va ricercata
nell’esigenza di evitare infiltrazioni della criminalità organizzata e di
stampo mafioso negli organi degli enti locali
23
. Anche questo istituto non
sfugge a quei principi che la Corte ha fissato in materia di elettorato
passivo, primo fra tutti il principio secondo cui le cause ostative
all’esercizio del diritto di elettorato passivo sono di stretta interpretazione,
ed avendo carattere derogatorio, devono contenersi entro i limiti necessari
al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse cui sono
preordinate
24
.
ragioni sono catalogate tra le cause di incapacità elettorale. In tal senso Maggiora E., Nozioni
introduttive sul diritto di elettorato attivo e passivo, in Lo Stato Civ.it., 1995, pag. 766.
23
A questo proposito, è interessante rilevare che le finalità che si sono intese perseguire con
l’introduzione della regola della “non candidabilità” alle elezioni regionali, provinciali,
comunali e circoscrizionali, sono oltre la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica,
anche la tutela della libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento e la
trasparenza delle amminisrazioni pubbliche, v. Corte cost., sent. n. 407 del 1992, in Giur.cost.,
1992, pag. 342 e ss.
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A questo proposito v. sent. n. 14 del 6 maggio 1996, in Giur.cost., 1996, pag. 1395 e ss., dove
si dichiara l’illegittimità dell’art. 15 lett. e) l. n. 55 del 1990, così come sostituito dall’art. 1 l. n.
16 del 1992, nella parte in cui prevede l’incandidabilità alle elezioni amministrative di coloro
per i quali è stato disposto il rinvio a giudizio o sono stati citati per comparire in udienza in
relazione ai delitti elencati nelle predette leggi. I presupposti per l’applicazione
dell’incandidabilità devono essere verificati con estremo rigore incidendo sulla costituzione di
un diritto annoverato dalla Corte tra quelli inviolabili. Solo una sentenza irrevocabile di
condanna può giustificare l’esclusione dalla competizione elettorale, risultando, invece, questa
misura sproporzionata rispetto a provvedimenti cautelari, che possono legittimare solo misure
interdittive provvisorie, in tal senso v. Notaro C., Alcune considerazioni sulla natura giuridica