6
Esiste un nesso tra stabilità macroeconomica e solidità degli intermediari
finanziari. E’ noto che se una banca diventa insolvente e fallisce, le sue passività
detenute come attività da altre banche perdono di valore, la sua crisi trascina altre
banche e può diffondersi all’intero sistema bancario anche sul piano internazionale
a grande velocità, grazie anche alle nuove tecnologie. Una riprova di questa
situazione si è avuta nel 1997 con la crisi finanziaria asiatica che ha portato ad una
revisione dei sistemi di vigilanza bancaria e finanziaria in tutto il mondo. Le banche
centrali, proprio perché emettono moneta, possono prevenire e contrastare situazioni
di crisi sistemica immettendo liquidità nel sistema, fornendo fondi liquidi alle
banche in temporanea difficoltà, ma per fare questo devono conoscere
preventivamente il grado di solvibilità degli istituti di credito, cosa che può avvenire
con l’attività di vigilanza. Di conseguenza ne deriva uno stretto legame tra le
funzioni della banca centrale di politica monetaria, di vigilanza e di garante del
sistema di pagamenti, tra obiettivi di stabilità monetaria e stabilità finanziaria.
Le trasformazioni avvenute nel contesto finanziario negli anni settanta e
ottanta, (attraverso i processi di innovazione finanziaria, e di liberalizzazione dei
movimenti di capitali, che hanno favorito la deregolamentazione del sistema
finanziario, e la globalizzazione dei mercati, con aumento del volume e del valore
delle transazioni e dei pagamenti) hanno provocato una forte espansione della sfera
finanziaria rispetto a quella reale e l’aumento dei rischi di liquidità e credito; hanno,
inoltre, messo in rilievo l’importanza del compito di salvaguardare la stabilità del
mercato finanziario, hanno mutato i rapporti tra banche centrali, governi e mercati
finanziari e hanno influenzato la funzione di vigilanza privilegiando i meccanismi
7
che incentivano gli operatori di mercato ad adottare un comportamento prudente e
sviluppando iniziative congiunte a livello internazionale.
Da un lato si è voluto promuovere la solidità delle singole istituzioni
finanziarie attraverso la regolamentazione e la vigilanza prudenziale per intervenire
in modo tempestivo e appropriato anche in relazione all’offerta di liquidità di ultima
istanza; dall’altro sono state rafforzate le interconnessioni tra banche e mercati
migliorando i sistemi di pagamento delle transazioni finanziarie, attraverso forme di
regolamento tempestivo (si veda ad esempio l’introduzione del sistema lordo di
compensazione dei pagamenti), dal momento che i sistemi di pagamento possono
trasmettere e amplificare le turbolenze finanziarie.
E’ prevalso un modello di vigilanza centrato sull’azione preventiva e
correttiva dei controlli prudenziali, con un ridimensionamento della discrezionalità
delle autorità di controllo, per prevenire il verificarsi di fallimenti bancari che
possono degenerare in panici e per assicurare l’efficienza del settore bancario. I suoi
punti di forza sono l’introduzione di requisiti patrimoniali minimi, per rendere la
dotazione di capitale delle aziende adeguata ai maggiori rischi che si vuole
assumere, la vigilanza consolidata sui gruppi bancari considerati come un’unica
entità, le segnalazioni periodiche che determinano la trasparenza e la tempestività
delle informazioni, utili a interventi rapidi in caso di turbolenze. All’origine dei
fallimenti bancari quasi sempre vi è un’esposizione al rischio, spesso collegata a
prestiti, che la banca non è grado di sostenere. I parametri di adeguatezza
patrimoniale dovrebbero stimolare in questo senso una “sana e prudente gestione”
1
della loro attività. In questo processo hanno svolto un ruolo importante le direttive
1
Vedi Dewatripoint & Tirole The prudential regulation of banks
8
comunitarie che hanno costituito la base per l’armonizzazione dei modelli di
vigilanza dei paesi europei.
In un crescente numero di paesi la triade originale dei compiti conferiti alla
banca centrale è abbandonata a favore di una separazione dei compiti, in base alla
quale la vigilanza bancaria è affidata ad un organismo separato dalla banca centrale
stessa. In seguito all’adozione di questo sistema da parte dell’Inghilterra e del
Lussemburgo, restano solo due i paesi aderenti al Comitato di Basilea che adottano
la banca centrale come unica autorità responsabile della vigilanza bancaria. In tutti i
sistemi, comunque, la banca centrale resta fortemente coinvolta nell’attività di
vigilanza, principalmente perché le banche sono i primari creatori di moneta.
La diversa attribuzione delle responsabilità nei vari paesi dipende
ovviamente dalle differenze istituzionali presenti e dai singoli percorsi storici
compiuti. Una risposta definitiva al quesito se sia preferibile assegnare le funzioni
di vigilanza alla stessa agenzia responsabile della politica monetaria non è ancora
disponibile. Ci sono argomentazioni sia a favore che contro la separazione di
competenze.
Le argomentazioni contrarie sostengono che l’esercizio delle funzioni di
vigilanza consente alla banca centrale di acquisire informazioni rilevanti sullo stato
di salute dell'economia, utili ai fini delle decisioni di politica monetaria. Ed inoltre,
che le manovre di politica monetaria sono più efficaci se accompagnate da
opportune pressioni regolamentari.
L’opportunità di una separazione delle attribuzioni di politica monetaria da
quelle di vigilanza è invece giustificata dalla considerazione che a volte l’esercizio
delle funzioni regolamentari di vigilanza entra in conflitto con gli obiettivi primari
9
della politica monetaria: il mantenimento della stabilità dei prezzi, in primo luogo,
e, quando questo venga stabilmente conseguito, la crescita economica. Il conflitto di
interessi si manifesterebbe in preferenze opposte relativamente al livello più
opportuno dei tassi di interesse. Le autorità di politica monetaria
2
avrebbero infatti
una naturale inclinazione verso tassi di interesse elevati che garantirebbero il
controllo dell’inflazione; mentre i supervisori del sistema bancario si
preoccuperebbero delle conseguenze negative di tali tassi sulle sofferenze bancarie,
sulle condizioni di profittabilità e sui rapporti di solvibilità.
La funzione di supervisione include diverse fasi a cui corrispondono ben
precisi compiti. Una prima fase consiste nell’analizzare attentamente le condizioni
di salute delle varie banche, controllando in particolare la loro condizione attuale e
potenziale di rischio. Il supervisore deve poi essere in grado di intervenire
prontamente e con strumenti efficaci nel caso la precedente attività di valutazione e
controllo lo richieda. A questo punto, il supervisore diventa direttamente
responsabile sia degli esami che conduce che degli interventi decisi e posti in
essere. Ed è questa responsabilità che, implicitamente, può generare un conflitto con
l’obiettivo della price stability, poiché l’eventuale fallimento di una o più banche
potrebbe essere collegato dall’opinione pubblica ad un insuccesso della banca
centrale nello svolgere con attenzione le sue funzioni di monitoraggio. Ciò si
potrebbe trasmettere in una caduta della reputazione globale di cui gode la banca
centrale, che risulta un elemento importante nel processo di formazione delle
aspettative degli operatori.
2
Cfr. Goodhart & Schoenmaker Institutional Separation between Supervisory and MonetaryAgencies
10
A loro volta le aspettative sono variabili cruciali per determinare l’inflazione che
effettivamente si realizza.
Oggi solo due dei dodici paesi facenti parte del Comitato di Basilea sulla
Vigilanza Bancaria adottano la banca centrale quale unica autorità di vigilanza e di
politica monetaria. L’Inghilterra ha affidato i compiti di vigilanza ad un organismo
indipendente con il Banking Act 1998. Scopo di questo studio è di evidenziare le
ragioni che hanno portato alla scelta di creare un’autorità unica di vigilanza, la
Financial Services Authority, e di illustrarne le funzioni e i poteri.
11
II. Il processo di creazione della FSA
La vigilanza bancaria in Inghilterra. La riforma del Banking Act 1987. Il
Financial Services Act 1986.
1. La Vigilanza bancaria in Inghilterra
Storicamente, l’assenza di un controllo legale di natura prudenziale è sempre
stata una caratteristica del sistema bancario inglese.
Nella seconda metà del diciannovesimo secolo la Banca d’Inghilterra iniziò a
sviluppare le capacità tecniche per operare come prestatore di ultima istanza della
City in periodi di crisi, senza in ogni caso creare una “rete di sicurezza” per gli
investitori individuali. Questa innovazione apparve sufficiente e non si sviluppò,
quindi, un sistema di vigilanza prudenziale. Per controllare il sistema bancario, la
Banca d’Inghilterra doveva affidarsi unicamente al suo potere di influenza sul
mercato. Anche in assenza di una legislazione restrittiva, comunque, il settore
bancario continuò a conformarsi con le tradizionali regole prudenziali, che
prevedevano una rigida suddivisione tra attività bancaria e attività di borsa
3
. Fino al
1986 le banche furono escluse dalle operazioni di borsa dall’ordinamento stesso
della Stock Exchange.
La Banca d’Inghilterra iniziò a svolgere compiti di vigilanza del sistema
finanziario inglese a partire dalla fine del diciannovesimo secolo. Dopo la I° Guerra
Mondiale, il crescente carattere pubblico delle funzioni della Banca centrale
britannica come autorità monetaria non influenzarono i rapporti della Banca stessa
con gli istituti bancari per quanto riguardava le questioni di natura regolamentare;
12
nel 1969 la Bank of England riconobbe che le sue principali responsabilità nel
rapporto con gli altri istituti finanziari erano “il mantenimento di un buon ordine del
sistema finanziario e bancario, e l’esecuzione della politica monetaria attraverso
altri mezzi oltre che l’intervento nei vari mercati finanziari”
4
. La Banca, quindi,
rivendicava che il suo primo compito era proteggere la solidità delle banche inglesi
e straniere operanti nel Regno Unito, e vigilare sulla condotta delle loro attività.
Questo, comunque, non implicava l’esercizio di specifiche responsabilità di
supervisione. Mentre la Banca monitorava attentamente lo sviluppo dei mercati ed
era pronta ad intervenire per prevenire eventuali disordini nei mercati finanziari,
non si occupava della vigilanza prudenziale sugli istituti. Fino al 1979 non ci fu
alcun esplicito impedimento legale all’avvio di un’impresa bancaria. Solo i Money-
lenders Act del 1900 e del 1927
5
imponevano una restrizione formale sugli istituti di
piccolo credito richiedendo la registrazione e prevedendo azioni legali. Al tempo
stesso, la capacità di competere dei nuovi istituti era ristretta da numerose previsioni
che regolavano aspetti speciali del sistema bancario. Le funzioni di vigilanza della
Banca erano, infatti, limitate. Fino al 1974 essa vigilava solo su quelle operazioni
che potevano avere una ripercussione sulle sue decisioni di politica monetaria. La
Banca poteva, quindi, essere paragonata, nello svolgimento delle sue attività di
vigilanza, ad un comitato regolatore, simile a quello esistente per il mercato
borsistico. Non rientrava fra i compiti della Banca centrale la protezione dei
risparmiatori, tranne che nei casi di frode o di informazione ingannevole.
3
Cfr. W. Bagehot Lombard Street: A Description of the Money Market ; scritto proprio con l’intenzione
di definire al meglio tali regole prudenziali.
4
Vedi S.C.N.I. First Report: Bank Of England ; App.6 alle Minutes of Evidence, para.2
5
Tali Acts furono annullati dal Consumer Credit Act del 1974 che richiede l’autorizzazione per lo svolgimento di
attività di credito oltre un certo limite e regola i termini contrattuali e i diritti dei consumatori.
13
All’inizio degli anni settanta il sistema di controllo creditizio aveva già
causato notevoli distorsioni nella struttura del sistema bancario inglese.
La necessità di regolamentare questo settore non dipese soltanto
dall’evoluzione dei mercati finanziari, che richiedevano un maggiore controllo. La
causa principale del l’introduzione di un sistema di vigilanza prudenziale su base
statuaria fu l’instabilità dei mercati finanziari, instabilità che era, principalmente,
dovuta alle politiche economiche precedentemente adottate dal governo inglese
6
. Fu
così introdotta la separazione tra politica monetaria e vigilanza bancaria, che fu
sancita dal Banking Act 1979. Fino ai primi anni settanta, infatti, le autorità inglesi
avevano usato il sistema bancario come un mezzo attraverso il quale implementare
le politiche economiche adottate grazie all’uso di un sistema di controllo di credito.
La politica bancaria era, quindi, subordinata agli obiettivi macroeconomici scelti;
questo sistema ostacolò la trasformazione delle banche in una fonte di “profitti
economici” ma, al tempo stesso, ne favorì il processo innovativo con lo scopo di
sfuggire alle opprimenti regole esistenti.
Dopo il 1970, invece, la politica monetaria inglese iniziò a fare uso di sistemi
più neutrali di intervento, soprattutto operazioni di mercato aperto; di conseguenza
fu abbandonato il controllo diretto sulle operazioni bancarie che aveva
contraddistinto la fase precedente. Tuttavia il processo di liberalizzazione,
intrapreso quando già il precedente sistema aveva causato notevoli distorsioni nella
struttura del sistema bancario, non procedette in maniera uniforme ma fu, anzi,
causa di ulteriori deformazioni che, unite con i cambiamenti radicali della politica
6
Per approfondimenti: F.A. Hayek Law, Legislation and Liberty ; vol.1, pag.57 (1973)
14
economica e monetaria, portarono al fallimento di un gran numero di piccole
banche (secondary banks) e alla grave crisi bancaria del 1973.
La condotta della Banca durante questa crisi fu oggetto di aspre critiche da più
parti: essa aveva fallito nell’arrestare la rapida espansione monetaria, il collasso del
mercato la aveva colta di sorpresa per le gravi inefficienze del sistema di
monitoraggio e il suo intervento, almeno inizialmente, aveva aggravato la situazione
di crisi. Tuttavia i vertici della Banca indicarono nella mancanza di un efficace
sistema di vigilanza la causa della crisi, sostenendo che “l’auto-vigilanza non può
essere sufficiente in presenza di una competizione non regolamentata né
disciplinata”
7
. A partire dal 1974 la Banca intraprese vari passi per rafforzare il suo
ruolo di vigilanza; la responsabilità della vigilanza sul mercato fu affidata ad una
sezione apposita, la Banking and Money Market Section. Tutti gli istituti facenti
parte della “rete di vigilanza” furono sottoposti a periodiche ispezioni con puri scopi
di controllo. La Banca, così facendo, imponeva al settore bancario e finanziario una
rigida regolamentazione sia di natura prudenziale che di natura informativa. Questi
nuovi e auto-assunti compiti, nonostante fossero stati accettati dalla City, non
trovavano una giustificazione nei poteri formalmente conferitili. Secondo il
direttore deputato alla supervisione bancaria, le quattro essenziali caratteristiche
dell’approccio regolamentare della Banca dovevano essere la flessibilità, la
personalità, la progressività e la concertazione. La mancanza di un riconoscimento
formale, oltre a non assicurare la cooperazione degli istituti bancari e finanziari,
impediva anche la creazione di controlli di ingresso nel settore bancario da parte
della banca. L’entrata del Regno Unito nella Comunità Europea, nel 1973, creò
15
ulteriore pressione alla creazione di una vigilanza regolamentata, a causa della
necessaria armonizzazione dei mercati bancari. I banchieri inglesi furono, in ogni
caso, decisivi nell’ostacolare la creazione di un unico sistema regolamentare
bancario a livello europeo, perché sarebbe stato deleterio per lo status di Londra
quale centro finanziario internazionale.
La sintesi delle preoccupazioni del governo inglese, della banca e della City
portarono alla pubblicazione del White Paper dell’Agosto del 1976, al cui interno
erano poste le basi per il futuro sistema di regolamentazione. Il White Paper
annunciava la creazione di un sistema di licenze per gli istituti di raccolta del
risparmio e l’introduzione di criteri prudenziali. Tale sistema sarebbe stato adottato
dalla banca in modo flessibile, così da assicurarsi un’adesione completa da parte del
sistema bancario. Inoltre questo sistema di licenze non era applicato ad una serie di
“banche riconosciute”, creando così un duplice sistema di vigilanza
8
. Fu creato
anche un fondo di garanzia con i contributi degli istituti in base all’entità dei loro
depositi per far fronte ad eventuali crisi non preventivabili. Un disegno di legge,
contenente il White Paper, fu portato di fronte al Parlamento con l’appoggio di
entrambi i partiti nel 1979: il risultato fu il Banking Act 1979.
La Banca, dopo il 1979, concentrò i suoi sforzi nel miglioramento
dell’ordinamento regolamentare riguardante la solidità degli istituti regolamentati.
7
da Moran M. The Politics of Banking: The Strange Case Of Competition and Credit
Control ; pagg.58-60 (2
nd
ed., 1986)
8
Il duplice sistema di era basato sul tipo di operazioni svolte, e non sullo status delle banche. Vedi Speeches
By The Governor of The Bank of England, 1985, B.E.B.Q., pag.365
16
Con questo scopo, fu creato nel 1980 la Banking Supervision Division,
all’interno della Banca, che sostituiva, con compiti allargati, la Banking and
Money-Market Supervision Section. A questa trasformazione seguì la pubblicazione
di una serie di documenti che avevano lo scopo di informare la comunità bancaria
sullo sviluppo delle politiche di vigilanza; un documento finale, contenente i criteri
di adeguamento dei capitali e di denuncia della valuta estera e della liquidità, fu
emesso nel 1982. Nel 1984, però, si ebbe in Inghilterra un’altra grave crisi bancaria
dovuta al fallimento della Johnson Matthey Bankers
9
: la Banca si attivò per salvare
la JMB, anche per coprire i suoi inadempimenti nello svolgere le necessarie indagini
di vigilanza, ma questa decisione le si rivoltò contro, dimostrando come le pratiche
di vigilanza adottate fossero inadeguate. La Banca reagì a queste accuse addossando
la colpa del suo mancato intervento preventivo alle deficienze del suo mandato
statutario per quanto riguardava i compiti di vigilanza; scopo di queste affermazioni
era quello di riguadagnare il prestigio perso durante la crisi e di costringere il
Parlamento ad allargare l’area di vigilanza a lei assegnate. Il Governo pubblicò nel
1986 un secondo White Paper, con il quale accettava le richieste della Banca e
poneva le basi per il nuovo sistema di vigilanza che fu introdotto con il banking Bill
del 1987, poi tradotto nel Banking Act 1987.
9
per dettagli sul caso J.M.B., vedi Ollard W. & Routledge N. How The Bank Of England Failed The J.M.B.
Test, da Euromoney n.9, 1985.