8
composizione mista e paritaria di magistrati ordinari e onorari. Se è da condividere la
decisione di affiancare al giudice di professione persone dotate di particolare competenza
nelle scienze umane, perché fondamentale è il loro apporto, in termini di necessaria
integrazione delle conoscenze giuridiche, al fine di elaborare una più esaustiva risposta alle
complesse problematiche minorili, meno ragionevole appare invece la scelta della parità
numerica dei componenti il collegio, stante il rischio di paralisi decisionale che essa
comporta nonché l’opportunità, da alcuni auspicata, di dare prevalenza ad una delle due
competenze, vuoi quella onoraria, vuoi quella tecnica.
Per quanto riguarda il rischio di paralisi decisionale, il problema non sussiste in sede
penale dove è risolto in termini generali dal comma 3, art. 527 c.p.p. (prevalenza della
soluzione più favorevole all’imputato), mentre rimane privo di soluzione in campo
amministrativo e in quello civile, che qui più interessa. In ambito civile, infatti, non solo
manca una previsione normativa che detti la regola per far prevalere l’una o l’altra opinione
in caso di parità di voti, ma tale lacuna è anche difficilmente colmabile in via interpretativa,
perché in tale sede non si può far valere il principio generale dell’interesse del minore, dato
che spesso l’oggetto della disputa è proprio quale decisione debba considerarsi più
rispondente all’interesse medesimo. Il problema è stato posto anche all’attenzione della
Corte costituzionale che tuttavia ne ha dichiarato la manifesta inammissibilità, trattandosi di
questione riservata alla discrezionalità del legislatore
3
. La Suprema Corte ha, comunque,
colto l’occasione per osservare che le possibili disfunzioni riconducibili alla composizione
paritaria del collegio rendono in ogni caso auspicabile un sollecito intervento del
legislatore. In attesa di questo intervento il problema resta dunque affidato al buon senso e
alla disponibilità dei componenti il collegio
4
.
3
La questione di costituzionalità dell’art. 2, r.d.l. n. 1404/1934, nella parte in cui, stante il numero pari di
giudici componenti il collegio giudicante, non prevede un meccanismo risolutore delle situazioni di stallo
configurabili in caso di parità di voti, è stata sollevata da T.m. Torino, ordinanza, 27 febbraio 1984 ( in Foro
it., 1984, I, 3034 ss.) e da T.m. Trento, ordinanza, 22 aprile 1994 (in Dir. fam., 1994, 1206 ss.). La Corte si è
pronunciata in termini di manifesta inammissibilità della questione, rispettivamente, con ordinanza 31 maggio
1988, n. 590 (in Foro. It., 1989, 930 ss.) e con ordinanza 17 novembre 1994, n. 395 (in Giur. cost., 1994,
3525 ss.). In entrambe le occasioni, le decisioni sono state fondate sulla riserva di legge sancita all’art. 108
Cost. in materia di funzionamento degli organi giurisdizionali in forza della quale, secondo la Corte, sarebbe
riservata al legislatore non solo la scelta «tra diverse forme di composizione» dell’organo giurisdizionale, ma
anche «tra i vari possibili meccanismi di votazione».
4
In questo senso si esprime COCUZZA, Tribunale per i minorenni, in Enc. giur., XXXI, Roma, 1994, 7. Più
critico è MORO, Minorenni (Tribunale per i), in Enc. dir., Agg. II, Milano, 1998, 544, il quale sostiene che i
problemi della possibile paralisi decisionale del Tribunale per i minorenni e dell’opportuna prevalenza di una
delle due componenti (quella laica o quella professionale) siano stati aggravati da previsioni legislative del
tutto eterogenee. In particolare l’art. 50 bis, ord. giud. (introdotto dall’art. 14, d.p.r. 22 settembre 1988, n. 449)
stabilendo che, nell’udienza preliminare dei procedimenti penali a carico di imputati minori, il Tribunale per i
minorenni sia composto da un magistrato e da due giudici onorari, un uomo e una donna, avrebbe contribuito
9
Prima di esaminare le norme dell’attuale sistema normativo dedicate ai meccanismi
di nomina e ai requisiti professionali richiesti per la designazione a giudice del Tribunale
per i minorenni (su cui vedi §1.2. per i giudici onorari e §1.3. per i giudici di professione), è
opportuno accennare all’ipotesi di riforma attualmente in discussione alla Camera, essendo
questa breve introduzione indispensabile per consentire nel prosieguo della trattazione un
continuo raffronto dialettico tra normativa vigente e de iure condendo.
1.1.1. Un’ipotesi di riforma del Tribunale per i minorenni: le sezioni specializzate
per la famiglia e per i minori presso i tribunali ordinari.
Il Ministro della giustizia Castelli ha recentemente presentato alla Camera due
distinti disegni di legge di cui uno apportante “Modifiche alla composizione e alle
competenze del Tribunale penale per i minorenni” (disegno di legge n. 2501) e l’altro
recante “Misure urgenti e delega al Governo in materia di famiglia e dei minori” (disegno
di legge n. 2517)
5
.
Il progetto, unitariamente considerato, mentre in ambito penale sostanzialmente
conferma l’attuale struttura giudiziaria minorile (Tribunale per i minorenni e relativa
procura, nonché sezione minorile della Corte d’appello), in quello civile, invece, rielabora
completamente l’ordinamento vigente creando nuovi organismi giudiziari in sostituzione di
quelli esistenti, a loro volta modificati nella loro composizione e competenza. Dal punto di
vista della composizione, gli artt. 1, 2 e 3, disegno di legge n. 2501, riducono il numero dei
componenti onorari, che passano da due ad uno, con il precipuo scopo di recuperare e di
valorizzare la componente giudiziaria, senza con ciò eliminare completamente quella
necessaria specializzazione tradizionalmente assicurata dalla partecipazione al collegio
giudicante di esperti nelle discipline di carattere sociale
6
. Dal punto di vista della
a rendere ancora più variegato ed incomprensibile il quadro dei collegi giudicanti in materia minorile:
Tribunale per i minorenni in sede ordinaria (due giudici professionali e due onorari), g.u.p. del Tribunale per i
minorenni (un giudice professionale e due onorari), sezione minorile della Corte d’appello (tre giudici
professionali e due onorari).
5
I due menzionati disegni di legge sono stati presentati, rispettivamente, in data 8 marzo 2002 e 14 marzo
2002.
6
Nella relazione illustrativa si legge che la riduzione ad uno, del numero dei giudici onorari presenti nel
collegio giudicante, è finalizzata ad assicurare «una costante prevalenza del profilo giurisdizionale
dell’organo». La scelta della riduzione, anziché della totale esclusione, è invece giustificata dalla necessità di
salvaguardare la partecipazione, anche se minima, di esperti, quali portatori di un sapere specialistico nelle
materie di carattere sociale di cui, peraltro, gli stessi giudici togati dispongono, in quanto parte integrante
(almeno in linea di principio) della formazione di un giudice minorile. Riducendo a tre (due togati ed uno
laico) il numero dei giudici componenti il collegio giudicante, il disegno di legge n. 2501 oltre a risolvere la
questione della composizione paritaria del Tribunale per i minorenni, si preoccupa altresì di accogliere le
istanze di chi auspicava la prevalenza della parte togata su quella laica e di correggere l’anomalia introdotta
10
competenza, il Tribunale per i minorenni (e di conseguenza anche l’ufficio del Pubblico
Ministero istituito presso tale organo e la sezione minorile della Corte d’appello), liberato
da ogni attribuzione in materia civile, assume esclusivamente le vesti di organo del sistema
di giustizia penale minorile.
Per quanto riguarda invece il settore civile, il disegno di legge n. 2517 intende
istituire, presso i tribunali ordinari (ma anche presso ogni Corte d’appello), delle apposite
sezione specializzate a cui è attribuita la trattazione sia dei procedimenti relativi ai
minorenni sia di quelli in materia familiare nonché di stato e di capacità (art. 2) e
costituisce, presso la procura della Repubblica presso i tribunali dove sono istituite tali
sezioni, un apposito ufficio del Pubblico Ministero specializzato per la famiglia e per i
minori (art. 5).
Nei restanti paragrafi di questo primo capitolo, all’analisi della normativa vigente
seguirà l’esposizione delle corrispondenti modifiche che i predetti disegni di legge
intendono apportare. Attenzione particolare sarà riservata alle innovazioni previste sul
piano organizzativo dal disegno di legge n. 2517, mentre sarà sostanzialmente tralasciato il
progetto n. 2501, dal momento che, a parte i primi tre articoli (su cui vedi supra), le sue
restanti disposizioni riguardano esclusivamente il procedimento penale a carico di imputati
minorenni.
1.2. Gli esperti del Tribunale per i minorenni.
Gli esperti del Tribunale per i minorenni sono nominati dal Consiglio superiore
della magistratura
7
, durano in carica tre anni, ma possono essere riconfermati per più trienni
successivi
8
. Ad essi è conferito il titolo di giudice onorario del Tribunale per i minorenni e
sono riconosciute le indennità stabilite per i giudici popolari di Corte d’assise d’appello
9
.
dall’art. 50 bis, ord. giud., posto che il Tribunale per i minorenni, in futuro, giudicherà con un collegio di tre
membri anche in sede di udienza preliminare (art. 3). Per le osservazioni sulla composizione del collegio
giudicante in seno alle future sezioni per i minorenni della Corte d’appello si rinvia al § 4.2.1.
7
La l. 24 marzo 1958, n. 195, istitutiva del Consiglio superiore della magistratura, ha assegnato a questo
organo la nomina dei giudici onorari e dei componenti estranei alla magistratura delle sezioni specializzate.
Originariamente, invece, la nomina degli esperti del Tribunale per i minorenni era disposta con decreto del
Capo dello Stato, su proposta del Ministro della giustizia (art. 6, r.d.l. n. 1404/1934).
8
Critico sul punto MORO, Minorenni (Tribunale per i), cit., 545, il quale sostiene che questa disposizione,
non favorendo il ricambio degli esperti che compongono il collegio, consentirebbe lo sviluppo di anomale
«carriere parallele».
9
Così dispone l’art. 1, l. 12 ottobre 1957, n. 978 che ha superato l’originaria gratuità della funzione sancita
all’art 6, r.d.l. n. 1404/1934. Oggi ai componenti privati del Tribunale per i minorenni spetta un’indennità per
udienza pari a 98 Euro (art. 52, comma 44, l. 28 dicembre 2001, n. 448).
11
Ai fini del conferimento dell’incarico, la legge (art. 2, r.d.l. n. 1404/1934) prescrive
che i due esperti componenti il collegio:
1) siano cittadini benemeriti dell’assistenza sociale;
2) siano cultori di una delle seguenti materie: biologia, psichiatria, antropologia criminale,
pedagogia e psicologia;
3) abbiano compiuto i trent’anni;
4) e siano, rispettivamente, un uomo e una donna.
A parte il rilievo della irragionevolezza di quest’ultima condizione, unanimemente
ritenuta anacronistica, perché superata dall’ingresso delle donne nella magistratura
ordinaria
10
, se non addirittura di ostacolo alla composizione dell’organo
11
, data la maggiore
disponibilità e il maggior interesse delle donne in questo settore, numerose sono le altre
critiche cui questa disposizione ha dato luogo. In particolare si lamenta la mancata
previsione di un limite massimo di età, necessario per evitare che il divario culturale e di
mentalità, tra l’esperto e il minore, divenga incolmabile; l’omessa indicazione di criteri
selettivi cui il C.s.m. debba attenersi nel nominare gli esperti, essendo stata ritenuta troppo
generica la condizione dell’essere “cultori di” determinate materie, sebbene tali materie
siano state espressamente individuate dal legislatore; la mancata estensione delle
incompatibilità stabilite per i giudici professionali ed infine l’assenza di una
predeterminazione legislativa del numero di esperti assegnati a ciascun Tribunale per i
minorenni (l’art. 6, r.d.l. n. 1404/1934 prevede semplicemente che, nei casi di necessità,
possano essere nominati dei supplenti).
Queste lacune sono state colmate direttamente dal Consiglio superiore della
magistratura che con circolare 1º febbraio 1992, n. 1710 ha dato le seguenti indicazioni:
il limite di anzianità fissato per i giudici togati dovrebbe operare anche per i giudici
onorari di cui si tratta;
l’essere “cultori della materia” non significa necessariamente essere in possesso di una
laurea, essendo sufficiente idonea documentazione attestante un’adeguata conoscenza nelle
discipline indicate dalla legge;
la pediatria e la sociologia sarebbero da annoverare tra le specializzazioni richieste;
l’incarico in questione sarebbe incompatibile con quello di assessore comunale,
provinciale e regionale;
10
Per tutti vedi DOGLIOTTI, Tribunale per i minorenni, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIX, Torino, 1998, 445.
11
MORO, Minorenni (Tribunale per i), in Enc. dir., XXVI, Milano, 1976, 571.
12
agli esercenti la professione forense è fatto divieto di patrocinare davanti all’ufficio cui
essi sono addetti in qualità di magistrati onorari;
ai fini della determinazione dell’organico dei giudici onorari è fissato un rapporto di tre
giudici onorari per ogni magistrato professionale previsto dalla pianta organica del
tribunale.
Nonostante i correttivi introdotti dal C.s.m., non si sono ancora sopite le voci
critiche levatesi contro un sistema di selezione ritenuto troppo poco selettivo, perché
carente di meccanismi concorsuali e di criteri di scelta prefissati dalla legge, ed
indeterminato nella delimitazione degli aventi diritto (indeterminatezza che sarebbe stata
ulteriormente aggravata dalla sopraindicata circolare del C.s.m. nella parte in cui esclude la
necessità di una laurea ai fini dell’accesso al ruolo di giudice onorario degli uffici giudiziari
minorili). La nomina degli esperti dei Tribunali per i minorenni, secondo alcuni
12
, sarebbe
dunque sostanzialmente rimessa ai presidenti di ciascun tribunale, i quali opererebbero in
modo discrezionale sulla base di criteri informali e spesso personalistici. Si delineerebbe
pertanto un sistema di reclutamento fortemente legato a logiche clientelari che si
rivelerebbe dannoso in una duplice direzione, perché inadeguato a garantire, non solo
l’effettiva preparazione dei giudici onorari, ma anche una loro reale indipendenza.
Un ulteriore motivo di disamina, parimenti irrisolto a livello legislativo, riguarda le
attribuzioni dei magistrati onorari nell’ambito dell’organo giudiziario minorile. In
particolare non è chiaro se il contributo dei componenti laici debba essere limitato alla mera
partecipazione al collegio, al momento della decisione, ovvero se si estenda anche
all’attività istruttoria (in punto si rinvia al Cap. III, § 3.5.1.1.1.).
1.2.1. La riduzione della componente privata del Tribunale per i minorenni e
l’assenza di esperti nell’ambito delle istituende sezioni specializzate.
A norma dell’art. 2, disegno di legge n. 2501, il futuro Tribunale per i minorenni in
materia penale giudicherà con un collegio costituito non più da quattro, bensì da tre giudici,
di cui due togati ed uno soltanto onorario. Questa innovazione, quantunque sia da
accogliere con favore, perché pone un rimedio al rischio di paralisi che incombe sulle
decisioni di tale organo, tuttavia non esaurisce le problematiche che sono emerse
12
Questa è l’analisi condotta da MORO, Minorenni (Tribunale per i), cit., 545 ss., il quale denuncia la
sostanziale cooptazione dei giudici onorari da parte del presidente del Tribunale per i minorenni, al cui parere
favorevole sarebbe subordinata anche la possibilità di una eventuale riconferma dei giudici medesimi.
13
dall’analisi dell’attuale disciplina, in modo particolare sotto il profilo del sistema di
selezione e della natura dell’attività svolta dagli esperti del Tribunale per i minorenni.
Le istituende sezioni specializzate per la famiglia e per i minori opereranno
anch’esse come organi collegiali, ma in collegi formati esclusivamente da tre magistrati
togati (art. 4, disegno di legge n. 2517) essendo tale composizione, puramente togata, quella
ritenuta più idonea a soddisfare la «diffusa ed avvertita necessità di recuperare interamente
alla magistratura professionale il momento del giudizio»
13
.
1.3. I giudici togati assegnati al Tribunale per i minorenni.
Come già detto nei paragrafi precedenti, il Tribunale per i minorenni è un organo
collegiale le cui decisioni sono adottate da un collegio composto da due giudici togati e due
onorari. È presieduto da un presidente che deve avere il grado di consigliere di Corte
d’appello, mentre per gli altri magistrati addetti è sufficiente il grado di giudice di tribunale.
Al di là di questa indicazione, il r.d.l. n. 1404/1934 tace sui restanti aspetti della disciplina,
tralasciando in particolar modo due questioni fondamentali relative l’una all’organico del
tribunale e l’altra alla necessaria specializzazione dei magistrati destinati a tale ufficio.
Per quanto riguarda il primo punto, all’atto della sua istituzione non vi erano
magistrati stabilmente addetti al Tribunale per i minorenni perché l’art. 1, r.d. 20 settembre
1934, n. 1579 (recante norme di attuazione del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404) consentiva la
loro assegnazione anche ad altra sezione civile o penale del tribunale ordinario. La
promiscuità delle funzioni (minorili e ordinarie) esercitate da tali magistrati oltre a suscitare
serie perplessità in ordine alla reale indipendenza del Tribunale per i minorenni dal
tribunale ordinario
14
, era anche di ostacolo alla concreta operatività del nuovo organo,
perché sottraeva preziose energie all’espletamento dell’incarico di giudice minorile, che di
fatto veniva ad essere a tempo parziale, ed inoltre impediva una particolare formazione
13
Queste sono le parole utilizzate nella relazione illustrativa del disegno di legge n. 2517, al fine di spiegare
le ragioni che hanno indotto ad eliminare la presenza di esperti nell’organo giudicante in materia civile.
Tuttavia, risulta difficile comprendere per quale motivo siano state apprestate soluzioni diverse per
fronteggiare il problema della progressiva “amministrativizzazione” dell’operato del giudice minorile,
accusato di agire più come operatore sociale che non come giudice. In effetti, mentre in ambito penale la
questione è stata risolta riducendo il numero dei componenti privati, in modo da garantire la maggioranza alla
componente professionale, ma al tempo stesso assicurare quell’apporto di discipline specialistiche di carattere
sociale tradizionalmente garantito dalla presenza di giudici onorari, in sede civile è stato invece ritenuto più
opportuno eliminare completamente tale presenza.
14
Secondo COCUZZA, Tribunale per i minorenni, cit., 2, nella loro configurazione originaria i Tribunali per i
minorenni non erano altro che « particolari sezioni del Tribunale per adulti del capoluogo del distretto ».
14
specialistica dei giudici minorili
15
, dal momento che non era possibile ravvisare alcuna
differenza per cultura, mentalità, formazione ed esperienza tra questa figura di giudice e
quella di magistrato ordinario.
I limiti della disciplina emersero in modo evidente con la l. 5 giugno 1967, n. 431
che introdusse l’istituto dell’adozione speciale
16
. L’attribuzione al Tribunale per i
minorenni di ogni funzione in materia, insieme a quelle relative all’adozione ordinaria di
minori, indussero il legislatore ad intervenire, dal momento che la notevole ampiezza dei
nuovi compiti
17
mal si conciliava con la duplice natura dell’attività svolta dai giudici
minorili. Un primo rimedio fu approntato dalla l. 12 marzo 1968, n. 181 con la quale si
sospese l’applicazione del citato art. 1, r.d. 20 settembre 1934, n. 1579 nei confronti dei
magistrati addetti ai Tribunali per i minorenni delle principali città (Torino, Milano,
Firenze, Roma, Napoli, Palermo), nonché nei confronti dei presidenti degli altri tribunali.
La soluzione definitiva fu infine apprestata dalla l. 9 marzo 1971, n. 35 alla quale va il
merito di avere, innanzi tutto, istituito autonome piante organiche degli uffici giudiziari
minorili ed, in secondo luogo, soppresso la possibilità del doppio incarico di cui al predetto
art. 1, da ritenersi, pertanto, abrogato. Oggi, dunque, i giudici minorili professionali (a
differenza di quelli onorari) sono giudici a tempo pieno, non possono cioè né dedicarsi, né
essere destinati, sia pure in via provvisoria, ad altro tipo di attività giudiziaria.
La separazione delle funzioni giudiziarie minorili dalle funzioni giudiziarie
ordinarie e l’assegnazione delle prime ad un apposito organico di giudici, distinto da quello
dei tribunali ordinari, denota una presa di coscienza da parte del legislatore della diversità
del ruolo svolto dal magistrato minorile rispetto a quello cui è chiamato il magistrato
ordinario. Ai fini di una piena comprensione della realtà sociale, dell’ambiente culturale e
familiare in cui il minore è inserito, nonché delle dinamiche comportamentali e affettive
che caratterizzano un soggetto la cui personalità è in fieri, è in effetti indispensabile che il
15
Così: COCUZZA, Tribunale per i minorenni, cit., 2; LA GRECA, Tribunale per i minorenni cit., 699;
DOGLIOTTI, Giurisprudenza del tribunale minorile e del tribunale ordinario in materia familiare, in Giur.
merito, 1989, 505.
16
La nuova forma di adozione venne definita speciale per distinguerla da quella ordinaria disciplinata dal
codice civile. Quest’ultima riguardava sia i minori che i maggiori degli anni 18, non recideva il legame con la
famiglia d’origine ed era essenzialmente finalizzata a garantire la continuità del nome e del patrimonio della
famiglia adottante. Il nuovo istituto, invece, era disposto a favore dei minori di età inferiore agli otto anni che
fossero in stato di abbandono e mirava ad assicurare loro l’inserimento in una nuova famiglia con esclusione
di ogni legame con quella di sangue, incapace di fornire al minore l’assistenza materiale e morale di cui egli
abbisognava.
17
Con la legge sull’adozione speciale il Tribunale per i minorenni fu, in effetti, posto al centro di
problematiche particolarmente complesse come: l’accertamento dello stato di abbandono del minore e la
conseguente dichiarazione di adottabilità, la verifica dell’idoneità all’officium di adottanti dei coniugi
richiedenti, la scelta della nuova famiglia.
15
giudice minorile togato, e non solo quello laico, disponga di specifiche conoscenze in
materia di psicologia, psichiatria, pedagogia, sociologia ed in genere nelle scienze umane,
che vadano a sommarsi al suo sapere giuridico, condizione quest’ultima necessaria, perché
la tutela dell’interesse del minore deve comunque essere attuata nel rispetto delle norme (il
giudice minorile non è, e non deve essere, un operatore sociale, ma è e deve restare un
giudice, e in quanto tale soggetto alla legge), ma di per sé non sufficiente a rendere effettiva
tale tutela.
La predetta specializzazione implica la necessità di una formazione teorica
interdisciplinare, quale presupposto indefettibile cui subordinare l’accesso agli uffici
giudiziari minorili; forme di reclutamento dei giudici che assicurino un effettivo
accertamento delle conoscenze extragiuridiche e delle attitudini personali; corsi di
aggiornamento in grado di completare e rinnovare la preparazione professionale. In tal
senso opportunamente l’art. 5, d.lgs. 28 luglio 1989, n. 272
18
prevede corsi di formazione e
di aggiornamento nelle materie attinenti al diritto minorile e alle problematiche della
famiglia e dell’età evolutiva, per i magistrati (ordinari e onorari) addetti agli uffici
giudiziari minorili, ma il risultato raggiunto non appare soddisfacente essendo ancora
numerose le carenze del sistema.
Innanzitutto, dal punto di vista della formazione degli uditori giudiziari che aspirano
a rivestire il ruolo di giudice nei Tribunali per i minorenni, manca sia un’adeguata
preparazione sul piano teorico sia un apposito tirocinio nelle funzioni minorili; in secondo
luogo, le assegnazioni a questi uffici sono tuttora disposte dal C.s.m. sulla base delle
semplici richieste dei magistrati, peraltro scarsamente motivate da un’effettiva scelta
vocazionale, bensì per lo più dettate da esigenze personali avulse da un reale interesse per il
mondo minorile; infine, neppure i corsi di aggiornamento sono organizzati con regolarità,
né la partecipazione ad essi è imposta ai magistrati che pur svolgono funzioni minorili.
Emerge con evidenza, pertanto, la necessità che il C.s.m. effettui annualmente sia
corsi di formazione per i magistrati minorili, sulla base dei cui risultati scegliere i nuovi
18
Il d.lgs. 28 luglio 1989, n. 272 detta norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del d.p.r. 22
settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni. Tuttavia la
terminologia usata nell’art. 5, essendo priva di riferimenti specifici alla materia penale, consente di formulare
due osservazioni: da un lato, la norma si applicherebbe a tutti i magistrati e non solo a quelli impegnati in
procedimenti penali a carico di minori dall’altro, le materie oggetto dei corsi non dovrebbero essere trattate in
modo unidirezionale, cioè nella sola prospettiva penalistica (minore come autore di reato), bensì dovrebbero
abbracciare l’intera problematica minorile.
16
giudici dei Tribunali per i minorenni, sia corsi di aggiornamento con frequenza obbligatoria
per tutti i giudici minorili, professionali e non
19
.
1.3.1. La composizione esclusivamente togata delle istituende sezioni
specializzate.
Le sezioni specializzate, della cui istituzione si tratta, saranno composte da almeno
quattro giudici (art. 4, disegno di legge n. 2517) al fine di assicurare che ogni fase del
procedimento, nelle materie ad esse devolute, sia trattata esclusivamente da magistrati
appartenenti alle sezioni medesime
20
. Alla determinazione delle dotazioni organiche di
personale, sia di magistratura sia amministrativo, provvederà con decreto
21
il Ministro della
giustizia mediante redistribuzione del personale attualmente in servizio presso gli uffici
giudiziari interessati dalla riforma (art. 7, commi 5 e 6), mentre della rideterminazione
dell’organico dei Tribunali per i minorenni, necessaria stante la residuale competenza nel
settore penale, si occuperà il Governo
22
.
Ai fini della destinazione dei singoli magistrati alle istituende sezioni specializzate,
dovrà essere data precedenza a quelli che abbiano svolto, per almeno due anni, funzioni di
presidente o di giudice nelle controversie in materia di famiglia, ovvero funzioni di giudice
tutelare o funzioni di giudice del Tribunale per i minorenni. Priorità dovrà essere data
altresì a quei magistrati che possano vantare titoli o pubblicazioni in materia familiare o
minorile o che comunque dispongano di una particolare preparazione in tali settori, attestata
dalla partecipazione a corsi, incontri, dibattiti e convegni (art. 3). L’assegnazione a queste
sezioni non avrà tuttavia carattere esclusivo, perché ai giudici addetti potranno essere
devolute anche altre controversie civili, in materie diverse da quelle indicate all’art. 2,
19
Il tema della specializzazione del magistrato minorile è stato trattato, sotto tutti i punti di vista
(indispensabilità di una specializzazione in materia minorile, ricadute sul piano organizzativo in ordine alla
formazione e all’aggiornamento dei giudici e persistenti carenze dell’attuale sistema), da MORO, Minorenni
(Tribunale per i), cit., 544 ss.
20
In particolare, come si legge nella relazione illustrativa, la previsione di un numero minimo di quattro
giudici è stata resa necessaria dal disposto dell’art. 669 terdecies c.p.c., in forza del quale dalla formazione
collegiale che provvede in ordine al reclamo cautelare è escluso il giudice che ha adottato la misura cautelare.
21
I decreti del Ministro della giustizia dovranno essere emanati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
dei decreti legislativi con cui il Governo rideterminerà le piante organiche dei Tribunali per i minorenni.
Inoltre, per l’adozione del decreto ministeriale concernente l’organico dei magistrati delle nuove strutture, è
prescritto il previo parere del C.s.m. (art. 7, commi 2 e 5).
22
A tal fine il Governo è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi entro centoventi giorni dalla
scadenza dell’ulteriore termine (di duecentoquaranta giorni, decorrenti dalla data di entrata in vigore della
legge) concernente la delega relativa all’individuazione degli uffici giudiziari presso cui istituire le sezioni
specializzate per la famiglia e i minori (art. 7, commi 1 e 2).
17
sempre che ciò non causi ritardo nella trattazione degli affari riservati alla competenza di
queste nuove strutture (art. 1, comma 2).
Alla luce delle disposizioni esaminate, è doveroso chiedersi se l’obiettivo, indicato
tra le finalità primarie della riforma, di colmare il deficit di specializzazione
23
caratterizzante l’attuale sistema, sia o meno raggiungibile con i mezzi apprestati dal disegno
di legge.
Perplessità suscita la natura puramente preferenziale dei criteri indicati per la
nomina: a fronte dell’avvertita esigenza di assicurare un’effettiva specializzazione dei
magistrati, sarebbe forse stato più opportuno predisporre un meccanismo di selezione che
fosse realmente in grado di precludere l’accesso alle nuove strutture da parte di coloro che
non dispongono di un’adeguata preparazione. Inoltre, anche dal punto di vista dei requisiti
prescelti, l’opzione operata dal progetto non sembra del tutto condivisibile soprattutto per
quanto riguarda il punto a) dell’art. 3, data la materiale difficoltà ad individuare magistrati
che abbiano svolto per almeno due anni le funzioni di presidente o di giudice nelle
controversie in materia di famiglia: al riguardo, basti osservare che, salva la prassi dei
tribunali maggiori, di far affluire in un’unica sezione le cause di interesse familiare, nei
restanti tribunali esse sono distribuite in modo del tutto casuale
24
.
Tuttavia, tra le varie innovazioni prospettate, la commistione tra funzioni
giurisdizionali in materia familiare e minorile e le altre funzioni giurisdizionali civili è
sicuramente quella che appare meno in linea con la predetta finalità di specializzazione.
Sebbene la promiscuità delle funzioni sia stata giustificata, adducendo l’esigenza di
garantire l’istituzione delle sezioni specializzate nel maggior numero possibile di tribunali,
23
L’esigenza di maggiore specializzazione del giudice in settori dell’ordinamento particolarmente delicati,
come quello del diritto di famiglia, è avvertita anche dalla dottrina, cfr. RORDORF, La professionalità dei
magistrati: specializzazione ed avvicendamento, in Foro it., 2000, V, 269. Secondo quest’autore, al fine di
soddisfare in modo adeguato le esigenze di chi si rivolge alla giustizia è indispensabile che la specializzazione
si riferisca, prima di tutto, all’intero ufficio giudiziario. Per quanto riguarda la specializzazione del singolo
magistrato, essa deve essere effettiva, ma non necessariamente immutabile. Pertanto, il giudice che aspira a
far parte dell’ufficio specializzato deve, da un lato, disporre di una preparazione specifica nel settore e,
dall’altro, essere posto nella condizione di svolgere l’incarico con una certa stabilità, in modo da acquisire
anche un’adeguata esperienza. La stabilità tuttavia non deve tradursi in perpetuità dell’incarico, perché
un’eccessiva permanenza nel medesimo ufficio può ingenerare eccessi di potere e inopportuni intrecci di
relazioni personali, per evitare i quali è dunque auspicabile la predisposizione di meccanismi di rotazione dei
giudici, articolati in modo tale da assicurare una costante presenza di giudici con un adeguato grado di
formazione e di esperienza nel campo. Come sostiene l’autore, soltanto coniugando la specializzazione con
l’avvicendamento, potranno conciliarsi al meglio la dimensione verticale (dell’approfondimento della
conoscenza nel proprio specifico settore di competenza) e quella orizzontale (dell’apertura al contesto
generale e del coordinamento con gli altri settori) della professionalità del giudice.
24
Per gli affari familiari manca, infatti, una disposizione analoga a quella dettata per le controversie in
materia di lavoro e di previdenza e di assistenza obbligatorie, in forza della quale tali controversie sono
riservate in modo esclusivo da un’apposita sezione del tribunale (vedi art. 46, ord. giud.).
18
compresi quelli di piccole dimensioni, e in parte arginata dalla precedenza accordata allo
svolgimento dei procedimenti assegnati in via esclusiva a tali sezioni, la scelta di non
assicurare esclusività all’incarico di giudice delle sezioni specializzate per la famiglia e per
i minori non sembra poter essere condivisa. In proposito valgono gli stessi rilievi illustrati
in merito alla disciplina originariamente riservata ai giudici togati del Tribunale per i
minorenni
25
, nonché un’ulteriore considerazione: non appare pienamente razionale che
nell’ambito dello stesso ordinamento giuridico ci siano giudici minorili a tempo pieno
(quelli del Tribunale per i minorenni), con competenza limitata al solo settore penale, e
giudici minorili a tempo parziale (quelli delle istituende sezioni specializzate), con
competenza estesa a tutta la materia familiare e ben oltre, quando, invece, ci dovrebbe
essere una proporzione diretta, e non inversa, tra carichi giudiziari e tempo a disposizione
per smaltirli. Se la questione, per la cui soluzione è stata lasciata un’apertura verso
controversie esterne alle materie di precipua competenza delle sezioni specializzate, è di
garantire l’allestimento di tali strutture anche presso quegli uffici giudiziari che non
dispongono di un elevato organico di magistratura, allora sarebbe stato forse più opportuno
intervenire direttamente alla fonte del problema, acconsentendo ad un possibile aumento
dell’attuale organico complessivo, invece di eliminarlo a priori.
25
Anche se il tenore dell’art.1, disegno di legge n. 2517 è diverso dall’art. 1, r.d. n. 1579/1934, perché l’uno
consente la devoluzione ai magistrati della sezione specializzata anche di controversie estranee al settore di
loro specifica competenza, mentre l’altro dispone, all’inverso, la possibilità di assegnare i giudici che
compongono il Tribunale per i minorenni anche ad altre sezioni del tribunale ordinario, le conseguenze
pratiche prodotte da entrambe le disposizioni sono le medesime: innanzitutto, un sovraccarico di lavoro che
potrebbe tradursi in un pregiudizio alla necessaria celerità e continuità dell’intervento giudiziario; in secondo
luogo, la frapposizione di un ostacolo alla creazione di una figura di giudice che, in quanto destinato in modo
stabile alla trattazione delle cause in materia minorile e della famiglia, si specializzi in tali settori affinando,
con l’esercizio di tale professione, le proprie attitudini e approfondendo, con la partecipazione ad appositi
corsi di aggiornamento, la propria preparazione.
19
2. La natura giuridica.
2.1. La natura giuridica del Tribunale per i minorenni.
È unanimemente
26
esclusa la natura di giudice speciale del Tribunale per i
minorenni, mentre se ne afferma, in modo altrettanto univoco, la natura di organo
specializzato della giurisdizione ordinaria, stante l’esistenza di un nesso organico, di una
compenetrazione istituzionale con la struttura giudiziaria ordinaria
27
attestata dalla presenza
nel collegio giudicante di due magistrati togati, dall’attribuzione al C.s.m. della nomina
degli esperti e dall’applicazione, sul piano processuale, delle disposizioni dettate dal codice
di procedura civile
28
.
L’appartenenza del Tribunale per i minorenni alla giurisdizione ordinaria è
corroborata da due ulteriori considerazioni, di cui la prima fondata sul combinato disposto
degli articoli 102, comma 1, cost. e 1, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12. Se, come si evince dalla
disposizione costituzionale, il criterio di identificazione dei magistrati ordinari è dato dalla
previsione e regolazione degli stessi ad opera delle norme sull’ordinamento giudiziario,
allora il Tribunale per i minorenni necessariamente è un organo di giustizia ordinaria, stante
la sua inclusione, alla lett. f), nell’elenco dei giudici cui l’art. 1, ord. giud., attribuisce la
funzione giurisdizionale. Per quanto riguarda la seconda considerazione, è sufficiente
richiamare il criterio fissato dalla Corte costituzionale
29
, in base al quale appartengono alla
giurisdizione ordinaria tutti e solo quegli organi giusdicenti collegati al Consiglio superiore
della magistratura, per inferirne la natura ordinaria dell’organo giudiziario minorile, stante
le attribuzioni riservate al C.s.m. in materia di assegnazione all’ufficio medesimo, non solo
dei magistrati professionali (art. 105 cost.), ma anche dei giudici onorari (art. 10, n. 2, l. 24
marzo 1958, n.195).
Il Tribunale per i minorenni è, dunque, giudice ordinario (non speciale), ma
comunque specializzato. La precisazione è d’obbligo perché in ogni caso permangono delle
26
cfr.: DOGLIOTTI, Tribunale per i minorenni, cit., 443; LA GRECA, Tribunale per i minorenni, cit., 699;
MORO, Minorenni (Tribunale per i), cit., 570; MARTINES, Diritto costituzionale, 10ª ed., Milano, 2000, 400.
27
La C.cost., 30 dicembre 1961, n. 76 (in Giur. cost., 1961, 1340 ss.), ha affermato il principio secondo cui
gli organi specializzati si distinguono dai giudici speciali in virtù dell’esistenza del menzionato nesso organico
con l’organizzazione giudiziaria ordinaria, il quale ultimo deve essere accertato sulla base di caratteri
funzionali e strutturali (quali ad esempio l’adozione delle norme del codice di rito, l’indefettibile presenza
nella composizione dell’organo di magistrati ordinari, l’attribuzione ad organi della giustizia ordinaria del
potere di preposizione dei cittadini idonei all’ufficio) e non puramente formali (denominazione dell’organo,
localizzazione nella sede degli uffici giudiziari ordinari).
28
In particolare, nella maggior parte dei giudizi civili di competenza del Tribunale per i minorenni è disposto
il rinvio alle norme del codice di rito che disciplinano il procedimento camerale (artt. 737 e ss. c.p.c.).
29
C.cost., 14 gennaio 1986, n. 4, in Giur. cost., 1986, 31 ss.
20
differenze tra gli organi specializzati e gli altri organi di giustizia ordinaria. In particolare i
primi si caratterizzano rispetto ai secondi per la specialità delle materie oggetto di
competenza; per la partecipazione ai collegi giudicanti di cittadini idonei, che apportino
conoscenze tecniche utili per una migliore applicazione della legge al caso concreto; per
una certa specializzazione anche dei giudici professionali e per i necessari adeguamenti del
rito ai particolari interessi che devono essere tutelati.
Resta tuttavia da sciogliere ancora un ulteriore quesito circa la natura giuridica del
Tribunale per i minorenni, data l’alternativa tra sezione specializzata di uno specifico
organo giudiziario ordinario (nella specie: sezione specializzata del tribunale ordinario) e
organo specializzato autonomo, seppur inserito nella giurisdizione ordinaria. L’accento,
dunque il discrimine tra le due prospettate soluzioni, è posto sull’autonomia dell’organo
medesimo rispetto ad altro organo della giustizia ordinaria.
Numerose sono le argomentazioni che possono essere addotte a sostegno
dell’autonomia
30
del Tribunale per i minorenni: innanzitutto l’istituzione di un’apposita
sezione della Corte d’appello, per i ricorsi contro le decisioni del tribunale (art. 5, r.d.l. n.
1404/1934); in secondo luogo la creazione di un autonomo ufficio del pubblico ministero
presso il tribunale medesimo (art. 4, r.d.l. n. 1404/1934) ed inoltre la previsione di
autonome piante organiche (l. 9 marzo 1971, n. 35). A tutto ciò si aggiunga l’espresso
riconoscimento operato dalla Corte di cassazione
31
la quale, nel dichiarare l’ammissibilità
del conflitto di competenza fra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni della stessa
sede, ha statuito che i due «uffici giudiziari sono ben distinti, per composizione,
circoscrizione e sfera di attribuzioni, sicché la ripartizione dei compiti tra l’uno e l’altro,
anche quando coincidano nella sede, attiene alla competenza in senso tecnico, e non
all’attribuzione del lavoro tra diversi giudici dello stesso ufficio».
Per tutte queste ragioni, il Tribunale per i minorenni non può dunque essere
considerato una sezione specializzata
32
del tribunale ordinario, essendo piuttosto un organo
specializzato dotato di una propria autonomia, seppur inserito nella giurisdizione ordinaria.
30
La dottrina, che si è interessata in modo specifico del Tribunale per i minorenni, è unanime nel
riconoscere l’autonomia di quest’organo dal tribunale ordinario. Per tutti cfr. LA GRECA, Tribunale per i
minorenni, cit., 699.
31
Cass., 18 novembre 1975, n. 3864, in Foro it., 1975, I, 2695 ss.
32
Di avviso contrario MARTINES, Diritto costituzionale, cit., 400.