VIII
Capitolo primo. – Il cammino è iniziato cercando di capire le ragioni che
hanno portato all’affermazione del Welfare mix in Italia. Partendo dal
concetto di Welfare e dalle funzioni a suo carico, si è voluto analizzare
l’evoluzione dello Stato Sociale in Europa e nel nostro Paese, considerando
la caratteristiche che qui ha assunto, per poi giungere alle ragioni che hanno
portato allo sviluppo di un modello plurale di Welfare.
Capitolo secondo. – In questo capitolo è stata esaminata la “Legge quadro
per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.
Iniziando con una riflessione su quelli che sono i valori e i principi
ispiratori della legge, i problemi e le cause da affrontare, i soggetti
coinvolti e i compiti ad essi spettanti, sono state trattate le principali
innovazioni che la legge quadro ha introdotto nel sistema italiano dei
servizi sociali.
Capitolo terzo. – Qui è stata trattata la pianificazione nel campo dei servizi
sociali, e a partire dal concetto di pianificazione, dagli obiettivi che essa si
pone e dagli attori che sono coinvolti in tale processo, è stato esaminato lo
sviluppo della pianificazione sociale in Italia e la sua affermazione nella
normativa di settore. In particolare, è stata considerata la pianificazione e la
programmazione nell’ambito sociale alla luce del nuovo contesto
legislativo e dei diversi strumenti con cui essa si concretizza.
Capitolo quarto. – In questo capitolo è stata considerata la più significativa
innovazione che la legge 328/2000 ha introdotto nella realtà delle politiche
e dei servizi sociali del nostro Paese: il Piano di Zona. Vengono così trattati
i cambiamenti che esso ha apportato, il protagonismo del Comune, il
passaggio da un sistema governament ad un sistema di governance nelle
politiche sociali, ed infine si affronta la parte più tecnica che va dalla
costruzione del Piano di Zona alla sua la valutazione.
IX
Capitolo quinto. – Nell’ultimo capitolo è stata esaminata l’attuazione della
legge quadro nelle realtà territoriali. Alla luce dei cambiamenti avvenuti in
seguito all’emanazione della legge quadro si è stimato l’impatto che la
riforma ha avuto a livello nazionale e l’obiettivo del lavoro svolto è stato
quello di esaminare le scelte dei diversi legislatori regionali in virtù della
loro autonomia legislativa in materia di servizi sociali, considerando in
particolare gli approcci regionali nell’attuazione della riforma, il quadro
programmatorio e la disciplina dei singoli istituti nelle varie realtà, per poi
concludere con la valutazione delle scelte regionali nel campo del Welfare.
Attraverso l’analisi documentale e legislativa è stato possibile confrontare
lo stato di attuazione della normativa nazionale nell’ambito delle Regioni
prese in esame, concentrando l’attenzione sull’evoluzione della riforma nel
contesto calabrese. Si sono così considerati i diversi orientamenti delle
Regioni in merito a quelli che sono i contenuti primari della legge quadro e
ciò perché con la nuova prospettiva costituzionale, i legislatori regionali
possono scegliere se e quanto fare riferimento alla normativa statale per
avviare quel cambiamento tanto sperato nel sistema sociale italiano. Difatti,
avendo una responsabilità determinante nell’attuazione della riforma, le
Regioni possono far compiere al sistema di Welfare quel passo decisivo per
il proprio futuro.
1
CAPITOLO I
L’EVOLUZIONE DEL WELFARE STATE
1.1 IL CONCETTO DI WELFARE STATE
L’espressione Welfare State è stata variamente tradotta dal punto di vista
letterale con i concetti di Stato sociale, Stato assistenziale, Stato del
benessere, Stato di sicurezza sociale o Stato dei servizi sociali, concetti
dipendenti essenzialmente dalle differenze di significato e di peso politico
ed economico che il Welfare State ha assunto nei vari Paesi
1
.
Il termine Welfare pare sia stato utilizzato per la prima volta nel 1941 in
Inghilterra dall’arcivescovo Temple in contrapposizione allo stato di
guerra, con cui si indicava l’economia tedesca; esso trovò un proprio
contenuto successivamente alla pubblicazione del Rapporto Beveridge
2
che pose le basi per la generale accettazione dell’idea di uno Stato
responsabile del benessere dei cittadini “dalla culla alla tomba”.
In Italia, il concetto di Welfare State venne utilizzato a partire dalla seconda
guerra mondiale per designare un sistema socio-politico-economico in cui
la protezione della sicurezza e del benessere sociale ed economico dei
cittadini è assunta dallo Stato, nelle sue articolazioni istituzionali e
1
Cfr. Patrizi V. , Welfare State, in L’enciclopedia della biblioteca di Repubblica, Torino, UTET, vol. 20,
2003.
2
Il Rapporto Beveridge fu pubblicato nel 1942 e configurava il primo progetto, organico e coerente, di
Stato sociale compatibile con un’economia di mercato. Per i bibliografi del Welfare State esso costituiva
il formale atto di nascita di uno Stato sociale realmente universalistico, in quanto le linee portanti del
progetto furono: l’individuazione di standard minimi di benessere in campo sanitario, pensionistico,
dell’istruzione e della casa; l’universalità, cioè il riconoscimento del diritto di accesso ai servizi e alle
prestazioni esteso a tutti i cittadini; il finanziamento dei programmi di intervento pubblico, mediante un
sistema fiscale progressivo.
2
territoriali, come propria prerogativa e responsabilità. Ed infatti, il Welfare
State si contraddistingue per una rilevante presenza pubblica in importanti
settori, quali la previdenza e l’assistenza sociale, l’assistenza sanitaria,
l’istruzione e l’edilizia popolare, e generalmente tale presenza si
accompagna ad un atteggiamento interventistico e dirigistico nella vita
economica, sia a livello legislativo, sia attraverso imprese pubbliche.
Il Welfare State, con il corollario dello stato-imprenditore, rappresenta la
modalità di gestione dello Stato contemporaneo nei paesi capitalisti a
regime democratico.
Bisogna precisare, però, che a tale espressione vengono attribuite diverse
definizioni e perciò, per capire cosa si indica con il concetto di Welfare
State è necessario rifarsi al pensiero di diversi studiosi.
In primis, lo storico Briggs nel 1961 sostenne che “il Welfare State è uno
stato nel quale il potere organizzato viene impiegato al fine di modificare il
funzionamento del mercato in tre direzioni: la prima, garantendo agli
individui e alle famiglie un reddito minimo indipendentemente dal valore di
mercato delle loro risorse; la seconda, riducendo le condizioni di
insicurezza e ponendo famiglie ed individui in grado di far fronte ad alcune
evenienze sociali, che altrimenti li condurrebbero verso situazioni
critiche
3
; e la terza, assicurando a tutti i cittadini, senza distinzione di
status o classe, l’offerta di un insieme di servizi sociali nella migliore
qualità disponibile”
4
.
Un’altra definizione, utilizzata molto in letteratura, è quella di Wilensky,
secondo il quale “l’essenza del Welfare State è la protezione da parte dello
Stato di standard minimi di reddito, alimentazione, salute, abitazione e
3
Ad esempio: malattia, vecchiaia e disoccupazione.
4
Gaboardi F. , Il diritto amministrativo dei servizi sociali, Roma, Carocci Faber, 2003, p.61.
3
istruzione, assicurata ad ogni cittadino come diritto politico, non come
carità”
5
.
Invece, Alber afferma che “il termine Welfare State designa un insieme di
risposte di policy al processo di modernizzazione, consistenti in interventi
politici nel funzionamento dell’economia e nella distribuzione societaria
delle chances di vita, i quali mirano a promuovere la sicurezza e
l’eguaglianza dei cittadini...”
6
. Tale definizione viene criticata e
riformulata da Ferrera
7
che definisce il Welfare State come “un insieme di
interventi pubblici connessi al processo di modernizzazione, i quali
forniscono protezione sotto forma di assistenza, assicurazione e sicurezza
sociale, introducendo fra l’altro specifici diritti sociali nel caso di eventi
prestabiliti, nonché specifici doveri di contribuzione finanziaria”
8
.
Considerando le definizioni dei diversi autori citati, si può affermare che,
essenzialmente, quando si parla di Welfare State si fa riferimento ad un
sistema sociale in cui lo Stato si assume delle responsabilità primarie per
perseguire il benessere individuale e sociale dei cittadini, attraverso
l’approvazione e l’implementazione di specifiche politiche pubbliche.
5
Di tale definizione Alber critica il riferimento alla protezione dei minimi di reddito, sostenendo che in
molti Paesi le assicurazioni sociali mantengono il reddito, senza fissare soglie minime o comunque
garantendo protezione anche al di sopra di tali soglie. Inoltre, Ferrera sostiene che, crea difficoltà il
riferimento ai diritti politici come fondamento delle prestazioni sociali, in quanto in molti Paesi tale
protezione è diritto di chi versa allo Stato contributi lavorativi, non di chi ha semplicemente diritto di
voto. Cfr. Gaboardi, Il diritto, op. cit. , p.61. Per un approfondimento di quanto esposto, si rimanda a
Ferrera M., Modelli di solidarietà: politica e riforme sociali nelle democrazie, Bologna, Il Mulino, 1993.
6
Alber J. , Le origini del Welfare State: teorie, ipotesi ed analisi empiriche, in Rivista italiana di scienza
politica, n. 3, 1982.
7
L’autore ritiene, in primo luogo, che tale definizione sia permeata da un «eccessivo sociologismo» e
lascia in ombra la dimensione politico-istituzionale dei diritti sociali come nuovo legame tra cittadini e
Stato, e poi sostiene che il processo di modernizzazione non sia necessariamente la causa prima ed
univoca delle politiche sociali. Per un maggiore approfondimento di quanto esposto, si rimanda a Ferrera
M., Modelli di solidarietà, op. cit.
8
Ferrera M. , Modelli di solidarietà, op. cit.
4
1.2 LE FUNZIONI DEL WELFARE E GLI STRUMENTI
PER ASSOLVERLE
Ai sistemi di Welfare State sono attribuite una serie di funzioni
economiche
9
, così concretizzate:
9 funzione redistributiva, consistente nella re-distribuzione del
reddito e delle opportunità tra i cittadini, anche tra i diversi periodi
della loro vita, che si realizza attraverso trasferimenti monetari o
mediante l’erogazione di servizi
10
;
9 funzione assicurativa, diretta a modificare i comportamenti dei
consumatori e delle imprese e a garantire i cittadini da alcuni rischi
11
;
9 funzione produttiva, connessa alla produzione di beni pubblici e
beni meritori, direttamente o attraverso il finanziamento di unità di
offerta private; quindi, essa si sviluppa mediante la produzione
pubblica diretta di beni e servizi, nonché negli interventi di sostegno
alla produzione privata caratterizzati o dal contributo alle imprese
private o dal sostegno ai consumi o dalla regolamentazione
dell’attività produttiva e dei consumatori.
Ogni diversa funzione trova spiegazione in specifici fallimenti del mercato,
poiché: la funzione redistributiva si rifà all’incapacità del mercato di
garantire equità ed efficienza
12
; la funzione assicurativa copre la
9
Cfr. Gaboardi, Il diritto amministrativo, op. cit.
10
In questo caso, affinché l’intervento sia re-distributivo è necessario che la fornitura di servizi sia
indirizzata esclusivamente a gruppi svantaggiati o che sia assicurata la fruizione agli stessi a condizioni
migliori di quelle applicate per gli altri gruppi sociali.
11
Per esempio: malattia; possibilità di perdere il lavoro; possibilità che il reddito percepito nel corso
dell’attività lavorativa non sia sufficiente ad assicurare adeguati livelli di consumo nel periodo di ritiro dal
lavoro, etc.
12
L’efficienza viene definita come la capacità di ottenere il massimo risultato con il minimo impegno di
risorse. Cfr. C. Bezzi, La valutazione dei servizi alla persona, edizione fuori commercio per
www.valutazione.it
5
disarmonia delle informazioni che passano mediante il mercato; invece,
l’ultima funzione va a riparare l’incapacità del mercato di produrre le giuste
quantità di beni pubblici o di beni meritori.
Per compiere queste funzioni, il Welfare ha a disposizione una serie di
strumenti
13
, quali: la regolamentazione; i trasferimenti monetari – che
possono essere diretti o derivanti dal sistema fiscale sotto forma di
deduzioni, detrazioni, esenzioni –; la produzione pubblica di beni e
servizi; il finanziamento delle unità di offerta private di beni e servizi.
Naturalmente, ogni sistema di Welfare si origina da un’associazione
differente tra funzioni svolte e strumenti utilizzati per concretizzarle, e a
qualsiasi funzione può corrispondere uno o più strumenti. E, per quanto
concerne gli specifici strumenti di cui si avvale ogni funzione –
precedentemente citata – si evidenzia che: la funzione redistributiva
impiega i trasferimenti monetari, la regolamentazione e la fornitura di beni
e servizi; la funzione assicurativa si rifà alla regolamentazione e alla
modifica dei prezzi dipendenti dalla fornitura gratuita o a prezzi inferiori ai
costi di beni e servizi; da ultimo, la funzione produttiva si avvale della
regolamentazione e della produzione pubblica di beni e servizi.
Con lo svolgimento di queste funzioni e l’utilizzo dei diversi strumenti, le
politiche di Welfare vanno così a garantire i bisogni sociali – la sicurezza
sociale, l’istruzione e l’abitazione – e con l’intervento diretto lo Stato va ad
assumere un ruolo riparatore delle ingiustizie sociali provocate dal libero
mercato.
13
Cfr. Gaboardi, Il diritto amministrativo, op. cit.
6
1.3 ALLE ORIGINI DEL WELFARE STATE
Per interpretare bene l’assetto legislativo odierno del Welfare State è
necessario ripercorrere il tracciato evolutivo dello Stato sociale dato che, le
politiche sociali che si sono affermate nell’Ottocento hanno fortemente
condizionato lo sviluppo dei modelli attuali di Welfare. Infatti, esso può
essere considerato come il prodotto di un processo secolare che ha definito
i confini dei sistemi attuali di protezione sociale.
Le esperienze fatte in questo campo si sono differenziate nei vari Paesi,
anche se vi sono, tra questi, alcuni elementi comuni che costituiscono la
base dei sistemi di Welfare esistenti in Europa; cioè, nonostante la
molteplicità dei percorsi e delle tradizioni storiche, i paesi europei
condividono lo stesso modello sociale. Questo perché, fondamentalmente
gli Stati Nazionali hanno costruito i loro modelli di Stato sociale basandosi
su diverse aree di intervento
14
, quali: l’area del campo del diritto del
lavoro, cioè l’ordinamento destinato alla tutela del lavoratore come parte
debole del rapporto di lavoro nei confronti di soggetti privilegiati
socialmente ed economicamente; l’area del diritto all’assistenza sociale,
che eredita le politiche caritatevoli delle epoche precedenti e che, anche
quando si rivolge ai lavoratori, non interviene sulla relazione tra le parti che
hanno sottoscritto il rapporto di lavoro; l’area del diritto sindacale, dove
si incontra tutto ciò che riguarda l’organizzazione e l’azione dello Stato,
delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori; il settore della
produzione legislativa, che in origine era attinente alle assicurazioni
obbligatorie nei confronti di eventi che colpivano o riducevano le capacità
di lavoro e di guadagno dei soggetti, definito in seguito come diritto alla
14
Cfr. Bartocci E. (a cura di), Lo Stato Sociale in Italia. Rapporto annuale Iridiss-Cnr 1997, Roma,
Donzelli, 1997.
7
previdenza sociale; in ultimo, vi è l’area relativa ad altri tipi di
interventi, quali gli interventi abitativi e formativi che contribuiscono a
creare la piena cittadinanza.
Quindi, storicamente le condizioni che hanno consentito l’avvento dello
Stato sociale, nei vari Paesi europei, si possono ritrovare nei seguenti
elementi
15
:
9 alti tassi di crescita demografica;
9 alti tassi di occupazione;
9 centralità del sistema di produzione industriale, basato sui caratteri
taylor-fordisti del lavoro e della produzione
16
;
9 alti tassi medi di sviluppo dell’economia che vanno a sostenere il
costo di una crescente spesa sociale;
9 concentrazione della popolazione in classi tra cui interviene un patto
sociale sigillato dal Welfare State
17
;
9 conflitto in funzione della cittadinanza
18
;
9 politica concertata tra governi e grandi organizzazioni
rappresentative degli interessi del mondo imprenditoriale e del
lavoro subordinato con cui si stabilisce un rapporto equilibrato tra
sviluppo economico e progresso sociale
19
;
9 crescita del PIL destinata alle politiche sociali, per rispondere alla
questione sociale con un tendenziale egualitarismo;
15
Cfr. Bartocci, Lo Stato sociale, op. cit.
16
Il sistema di produzione industriale era caratterizzato prevalentemente da lavoro operaio, salariato,
maschile e dequalificato, faticoso, uniforme e ripetitivo, ma anche stabile e tutelato attraverso un sistema
di diritti precedentemente citati.
17
A tal proposito Bartocci afferma che le politiche sociali nei Paesi europei hanno svolto una funzione di
integrazione conflittuale tendenzialmente egualitaristica nei confronti delle classi lavoratrici. Cfr.
Bartocci, Lo Stato sociale, op. cit.
18
L’azione dei partiti della sinistra e l’iniziativa sindacale viene principalmente indirizzata su obiettivi
che realizzino una tendenza egualitaria tra i diversi gruppi e ceti sociali attraverso una progressiva
riduzione delle divaricazioni.
19
Secondo Bartocci per quanto concerne l’Italia lo schema concertativo nel secondo dopoguerra è stato di
tipo “zoppo” e quindi nel nostro Paese si può parlare di “concertazione atomistica” attuata dalla
Democrazia Cristiana sulla base di scambi politici fortemente connotati da forme clientelari.
8
9 controllato livello di competizione delle aziende all’interno di
un’economia organizzata e di Stati che tendono a proteggere il
sistema industriale nazionale.
Perciò, durante l’affermazione della società industriale si attenuano le
differenze sociali in seguito alla crescita dell’occupazione e del potere
contrattuale dei sindacati, all’ingresso dei partiti nella rappresentanza
politica e allo sviluppo delle politiche sociali che, inizialmente si vanno a
concretizzare nelle assicurazioni obbligatorie e, successivamente, nella
costruzione di sistemi di Welfare con forti componenti egualitaristiche.
Ed in effetti, il nucleo originario del moderno Welfare State è rappresentato
proprio dai primi sistemi di assicurazione sociale, che sono stati introdotti
negli ultimi due decenni del secolo XIX, prima nella Germania di Bismarck
e poi negli altri Paesi europei. Oltre ai provvedimenti legislativi in materia
di assicurazioni obbligatorie, contribuirono alla costruzione dello Stato
sociale, le norme volte a salvaguardare le condizioni di lavoro e
l’allargamento della scolarizzazione a fasce più ampie della popolazione. E,
proprio in relazione al periodo dello origini dello Stato sociale europeo,
Flora
20
ha elaborato un modello teorico nel quale individua tre categorie di
fattori causali che hanno portato alla nascita dello stesso e che si
concretizzano: nello sviluppo economico, che comprende i processi di
urbanizzazione e industrializzazione
21
; nei processi di mobilitazione delle
20
Cfr. Flora P., Alber J., Sviluppo dei Welfare States e processi di modernizzazione nell’Europa
occidentale, in AA. VV. Lo sviluppo del Welfare State in Europa e in America, Bologna, Il Mulino, 1983.
21
L’aumento della produttività e della produzione portò al trasferimento di gran parte della popolazione
dall’agricoltura all’industria, dalla campagna alla città e così l’industria divenne il principale settore
dell’economia in Europa. Le entrate dello Stato aumentarono e le nuove risorse furono impiegate sia per il
mantenimento dell’ordine interno e lo sviluppo delle infrastrutture economiche, che per l’attuazione delle
politiche sociali.
9
classi subordinate, per operare la pressione politica volta all’introduzione
dei sistemi di assicurazione sociale
22
; nello sviluppo costituzionale
23
.
1.4 NASCITA E SVILUPPO DEL WELFARE IN EUROPA
Storicamente, quindi, il Welfare State nasce con l’emergere delle
contraddizioni dell’economia capitalistica, la distruzione della civiltà
contadina e della solidarietà familiare e di villaggio, la nascita del
proletariato, l’emigrazione, l’estensione del diritto di voto e l’avvento al
potere dei partiti socialdemocratici.
Tali trasformazioni socio-economiche e politiche fecero affiorare nuove
forme di povertà a cui le famiglie non riuscirono a rispondervi in maniera
adeguata. Il susseguirsi di periodiche recessioni economiche, insieme agli
elevati tassi di disoccupazione, e la necessità di rispondere alle esigenze di
vedove, orfani e tutti coloro che per motivi vari non possedevano le risorse
necessarie al proprio sostentamento, fecero emergere l’esigenza di un
coinvolgimento diretto dello Stato nelle politiche sociali.
Un primo intervento in questa direzione ci fu negli anni 1883-1892 ad
opera di Otto Von Bismarck che istituì in Germania
24
un regime di leggi
sociali a favore dei ceti più bisognosi. Tuttavia, è bene ricordare che tale
intervento fu preceduto dalle poor law
25
(le “leggi per i poveri”) varate in
Inghilterra nel 1601 e soppresse nel 1834.
22
In questo periodo si rinforzarono i conflitti di classe, iniziò la mobilitazione della nuova classe operaia
e il suo organizzarsi in partiti politici e sindacati.
23
Le istituzioni parlamentari, che si stavano formando, riuscirono a mediare i conflitti di classe e
l’estensione dei diritti politici favorì una maggiore coesione ed integrazione tra i diversi protagonisti dello
sviluppo industriale.
24
Nella Germania bismarchiana furono sperimentate per la prima volta le assicurazioni obbligatorie a
copertura dei rischi di malattia, infortuni, invalidità e vecchiaia dei lavoratori industriali.
25
Nel 1601 la Corona inglese promosse le poor law che imposero l’assoluto divieto di mendicare e
intensificarono l’azione repressiva nei confronti dei poveri, anche attraverso la creazione di appositi corpi
di polizia. Essenzialmente con queste leggi si prevede un ambizioso piano di istituzionalizzazione dei
10
I provvedimenti bismarchiani, però, solo dopo il 1920 si estesero in
maniera tale da poter parlare di politiche sociali.
Una pietra miliare nella costruzione dello Stato sociale fu il Social Security
Act
26
, cioè “atto per la sicurezza sociale”, promulgato negli Stati Uniti
d’America nel 1935.
Ritornando all’Europa va ricordata, invece, la politica sociale inglese dopo
il Rapporto Beveridge
27
del 1942 che divenne il manifesto teorico-
programmatorio del Welfare State, poiché creò le premesse per un
significativo salto di qualità in senso universalistico; con esso,
nell’intendimento di far fronte alle distruzioni materiali e alle lacerazioni
del tessuto sociale ed economico che la guerra provocò al Regno Unito, si
mirava a mitigare le disuguaglianze sociali attraverso manovre di re-
distribuzione del reddito, ponendo mano a misure previdenziali e di altra
natura.
Il progetto del liberale Beveridge si concretizzò, poi, con i provvedimenti
legislativi del governo laburista, di cui il principale è il National Insurance
Act
28
del 1946 che estese a tutti i cittadini le assicurazioni sociali
obbligatorie per malattia, disoccupazione, invalidità e vecchiaia.
poveri, così caratterizzato: gli indigenti privi di lavoro dovevano sottoporsi ad un test di povertà per
verificare la disponibilità all’internamento in strutture residenziali e per stabilire l’origine del bisogno
assistenziale, in modo da consentire lo smistamento verso tre tipi diversi di istituzioni; i poveri
impossibilitati al lavoro per vari motivi ricevevano il soccorso domiciliare con sussidi in denaro o il
ricovero in ospizi di mendicità; i poveri validi dovevano essere avviati al lavoro per iniziativa delle
workhouse, strutture che organizzavano il lavoro al loro interno; i poveri oziosi erano destinati alla
reclusione in case di correzione.
26
Fu uno degli assi più importanti della politica sociale americana e il suo nucleo essenziale era costituito
da un embrionale impianto di assicurazione obbligatoria contro i rischi di invalidità, vecchiaia e superstiti,
riservato alle più importanti categorie del lavoro dipendente privato e ai lavoratori autonomi con reddito
inferiore ad una soglia predeterminata.
27
Per il Rapporto Beveridge si rimanda alla nota n. 2 p. 1 del presente capitolo.
28
Esso varava un sistema di pensioni su base fissa, ispirato alla formula beveridgiana degli “uguali
contributi per eguali prestazioni”, ma limitato alla popolazione attiva, e quindi ai soli cittadini che
potessero vantare una qualche condizione lavorativa; a questo si accompagnava un complessivo riordino
delle assicurazioni obbligatorie di malattia, disoccupazione e maternità, la cui gestione veniva affidata
alle strutture centralizzate del nuovo Ministero per le Assicurazioni Nazionali.
11
Nello stesso anno fu istituito il National Health Service
29
per garantire
l’assistenza medica e ospedaliera gratuita in maniera generalizzata.
Tra il 1946 e il 1949 furono avviate politiche di edilizia residenziale
pubblica per la ricostruzione post-bellica. Nel 1948 entrò in vigore la
National Assistance Act
30
che andò ad abrogare tutte le leggi sui poveri e
stabilì nuove norme per la concessione dei sussidi, per le strutture
residenziali e di ricovero, per gli handicappati e i minori.
Nell’immediato dopoguerra i principi del modello beveridgiano si diffusero
nei diversi sistemi di sicurezza sociale europei e, senza annullare le
differenze tra questi, contraddistinsero nettamente il Welfare europeo da
quello statunitense.
1.4.1 DALLO STATO LIBERALISTA AL WELFARE
STATE
Lo Stato del benessere viene considerato dalle più importanti analisi
sociologiche come il frutto di un processo che ha accompagnato la nascita e
l’evoluzione dello Stato moderno, il quale – in relazione agli interventi per
i poveri – si è presentato, inizialmente, come Stato liberalista e,
successivamente, come Stato assistenziale o delle assicurazioni e della
previdenza sociale.
29
Il c.d. Servizio Sanitario Nazionale, che fu la vera punta di diamante dello Stato sociale inglese.
30
La c.d. Nuova Legge sull’Assistenza fu l’ultimo provvedimento adottato dal governo laburista, con il
quale ridisegnava l’intera organizzazione assistenziale.