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II
L’esperienza francese ha dimostrato che i provvedimenti
sommari cautelari, se dotati del carattere della stabilità, possono
fornire una tutela molto efficace, sia perchè rapida sia perchè
contribuisce a ridurre sensibilmente il contenzioso ordinario.
Il legislatore del 2005, nel modificare il rito cautelare uniforme,
ha voluto essenzialmente perseguire l’obiettivo di ridurre il
ricorso alla tutela ordinaria laddove la parte abbia già ottenuto
un provvedimento cautelare. A tale scopo è stato attenuato il
legame di necessaria strumentalità che lega la fase sommaria a
quella di merito prevedendosi che, in alcuni casi, il giudizio di
merito possa non essere intrapreso dalle parti senza che la
misura cautelare concessa perda efficacia.
Gli articoli interessati dalla novella, per quanto riguarda il
processo cautelare, sono sostanzialmente quattro:
1. l'art. 669-quinquies c.p.c.: relativamente alla competenza in
__________________________________________________________introduzione
III
pendenza di controversia arbitrale, ovvero di sussistenza di
clausola compromissoria o di compromesso;
2. l'art. 669-octies c.p.c.: relativamente al provvedimento di
accoglimento e, in particolare, delle conseguenze della mancata
instaurazione della causa di merito;
3. l'art. 669-decies c.p.c.: sulla competenza relativamente alla
revoca o alla modifica del provvedimento cautelare;
4. l'art. 669-terdecies c.p.c.: sul reclamo.
Nell'ambito della riforma particolare rilievo assume
l'inserimento del nuovo istituto della consulenza tecnica
preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696-bis
c.p.c.
Il lavoro, dunque, consta di tre parti.
La prima parte, introduttiva, è dedicata all'inquadramento della
tutela cautelare con particolare attenzione a quelli che sono i
__________________________________________________________introduzione
IV
principi costituzionali e alla reale possibilità, per l'operatore del
diritto, di coordinare la garanzia costituzionale dell'azione e la
tutela in esame, evidenziando la necessità di attuare l’effettività
della tutela giurisdizionale.
Nella prospettiva della ricerca di una complessiva chiave di
lettura della tutela cautelare nei suoi aspetti salienti, ho ritenuto
opportuno evidenziare il rapporto tra provvedimento cautelare e
decisione nel merito alla luce di alcune importanti pronunce
della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Il riferimento è a tre decisioni notissime:
quella del 19 giugno 1990 nella causa C-213/89 “Factortame”;
quella del 21 febbraio 1991 nelle cause riunite C-143/88 e C-
92/89 “Zuckerfabrik”; quella del 19 novembre 1995 C-465/95
“Atlanta”.
Segue una breve disamina del sistema previgente legato alla
legge 26 novembre 1990 n. 353 fino ad approdare alla legge 80
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V
del 2005.
La seconda parte di questo elaborato, ha ad oggetto una più
attenta disamina della tutela cautelare così come si configura
oggi.
Tra le più importanti novità, che ai sensi della legge 23 febbraio
2006 n. 51 sono entrate in vigore a partire dal 1° marzo 2006, e
si applicano ai procedimenti instaurati a partire da tale data, vi è
senza dubbio, l’introduzione dei commi 6, 7 e 8 all’art. 669-
octies del codice di rito.
Il legislatore della riforma del 2005 ha sostanzialmente troncato
il nesso di stretta e necessaria corrispondenza tra fase cautelare e
fase di merito, prevedendo come nuova regola per tutta una serie
di provvedimenti cautelari, la cui precisa individuazione è
rimessa al lavoro degli interpreti, la facoltatività della
instaurazione della fase del merito a cognizione piena.
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VI
Di conseguenza, nel più ampio genus dei provvedimenti
cautelari si può riconoscere, in quanto normativamente
delineata, una species di “provvedimenti cautelari cd.
“anticipatori”.
Interessano in tal senso, i provvedimenti d’urgenza ex art. 700
c.p.c. ed i provvedimenti nunciatori per i quali la fase di
instaurazione del merito non è più necessaria, ma meramente
facoltativa ed eventuale.
Si parla di “strumentalità attenuata” proprio per contrapporla
alla strumentalità rigida che caratterizzava i provvedimenti
cautelari ante riforma del 2005.
Ma vi è di più.
In coerenza con la nuova impostazione in tema di provvedimenti
cautelari anticipatori, il legislatore della riforma del 2005 ha
anche aggiunto un comma 7 all’art. 669-octies., il cui testo
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VII
recita: “L’estinzione del giudizio di merito non determina
l’inefficacia dei provvedimenti di cui al primo comma, anche
quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa”.
Con tale nuova disposizione viene attenuata anche un’altra
caratteristica che era stata propria e distintiva dei provvedimenti
cautelari: la loro intrinseca provvisorietà, ossia il venir meno in
caso di mancata instaurazione della fase di merito nel termine
massimo perentorio (prima previsto di 30 giorni, passati a 60 ai
sensi del nuovo comma I dell’art. 669-octies) stabilito dal
codice di rito ovvero nel caso di estinzione del giudizio di
merito.
In altre parole, i provvedimenti cautelari de quo, ai sensi delle
nuove disposizioni introdotte nell’ordinamento dalla legge n.
80/2005, non solo non divengono più inefficaci nell’ipotesi in
cui non si instauri il giudizio di merito a cognizione piena, ma
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VIII
sopravvivono alla stessa estinzione del giudizio.
Ecco delineata la seconda delle caratteristiche peculiari tipiche
dei provvedimenti cautelari anticipatori post riforma: la loro
stabilità (relativa) e dunque la loro ultrattività.
A tale proposito occorre tuttavia una opportuna precisazione.
Ultrattività, nel caso di specie, non vuol dire che tali
provvedimenti cautelari acquistano autorità di giudicato (come
chiarito dallo stesso comma 8° dell’art. 669-octies: “l’autorità
del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso
procedimento”.
Significa soltanto che gli stessi provvedimenti cautelari oggi
sopravvivono alla mancata instaurazione della fase di merito (in
quanto facoltativa) e sopravvivono anche alla estinzione del
giudizio, laddove instaurato.
Tuttavia, è bene, subito ed ulteriormente, chiarire in cosa
__________________________________________________________introduzione
IX
consiste il carattere di relativa stabilità di cui possono godere i
provvedimenti cautelari cd. anticipatori.
Infatti, è indubbio che nell’ipotesi in cui una delle parti
interessate provvedesse alla instaurazione della fase di merito, la
successiva sentenza emessa a seguito di un giudizio a
cognizione piena travolgerebbe in toto gli effetti del
provvedimento cautelare.
Laddove invece le parti in contenzioso si dovessero
“accontentare” della pronuncia cautelare, la stessa ha la
possibilità di acquisire efficacia stabile e duratura.
Tale stabilità, che è comunque parziale, non va confusa con una
insussistente decisorietà (ossia la capacità di far stato tra le parti,
regolando in maniera definitiva una data controversia), in
quanto, come chiarito dallo stesso codice di rito, l’autorità di un
provvedimento cautelare non mai è invocabile in un diverso
__________________________________________________________introduzione
X
processo.
Inoltre tale stabilità è parziale anche per un altro motivo:
ciascuna delle parti interessate, e con molta probabilità la parte
soccombente nel giudizio cautelare, può sempre instaurare il
giudizio di merito a cognizione piena, senza un limite
temporale, non essendo previsto dall’attuale sistema normativo
per i provvedimenti cautelari cd. anticipatori di cui all’art. 669-
octies 6° comma alcun termine perentorio per l’instaurazione
della fase di merito.
E’ evidente che l’unico limite, volto a garantire il principio di
certezza del diritto, sarà costituito dall’applicazione, anche in
tale materia, dei principi generali della prescrizione e
dell’usucapione dei diritti sostanziali sottostanti alla tutela
cautelare.
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XI
La terza ed ultima parte di questo lavoro, è infine dedicata al rito
cautelare uniforme con riguardo alla tecnica processuale vera e
propria, mentre, l'ambito di applicazione del procedimento
cautelare uniforme ex art. 669-quaterdecies, non è oggetto di
disamina.
Capitolo primo – Principi generali
1
Capitolo primo
PRINCIPI GENERALI DELLA TUTELA CAUTELARE
1. Inquadramento della tutela cautelare nelle idee di Chiovenda e
Calamandrei: i presupposti della tutela, il c.d. fumus boni iuris ed il
periculum in mora
I provvedimenti cautelari hanno lo scopo di tutelare l'attore dai danni
che potrebbero derivare dalla lunghezza del processo ordinario di
cognizione: il giudice, alla luce di un accertamento sommario, adotta
misure cautelari nei confronti dell'attore che "sembra" aver ragione.
Proprio in quanto fondata sulla probabilità, e non sulla certezza, la
tutela cautelare presenta un alto grado di pericolosità, in quanto
potrebbe determinare un danno ingiusto al destinatario passivo del
provvedimento che risulti vittorioso al termine di un processo a
cognizione piena.
Per comprendere al meglio gli aspetti essenziali del rapporto tra
provvedimento cautelare e decisione nel merito è opportuno
Capitolo primo – Principi generali
2
evidenziare come tale rapporto dia vita a due diversi problemi: il
problema della anticipazione di alcuni effetti favorevoli
dell’accoglimento del ricorso che si presenta come probabile e quello
dell’assicurazione della piena efficacia della sentenza favorevole.
Il primo ordine di istituti dovrebbe basarsi sul fumus, il secondo sul
danno.
Tale impostazione risulta essere accolta nella ricostruzione di tale
istituto effettuata da parte della più autorevole dottrina italiana e in
modo particolare da Chiovenda e da Calamandrei.
Il primo definisce “provvisorie cautelari o conservative” quelle
“misure speciali, determinate da pericolo o da urgenza”, che si
emanano prima che sia accertata la volontà concreta della legge che ci
garantisce un bene, o prima che sia compiuta la sua attuazione, per
garanzia della sua futura attuazione pratica.
Dopo avere così definito la funzione della tutela cautelare, Chiovenda
giunge alla costruzione del “potere giuridico d’ottenere uno di questi
provvedimenti” come una “forma per sé stante d’azione” e
Capitolo primo – Principi generali
3
precisamente una “azione assicurativa” che risponde “al bisogno
effettivo e attuale di rimuovere il timore di un danno giuridico”; ma
non solo questo timore ne è condizione, bensì anche “la possibilità del
danno” e la “possibilità del diritto.”
1
In tal modo Chiovenda traccia la teoria della tutela cautelare, come
tutela autonoma, da valere per il tempo occorrente a procurarsi la
tutela ordinaria, e fondata su quei requisiti specifici, che prendono il
nome di fumus boni iuris e di periculum in mora.
Di più, Chiovenda, pur rilevando che nella legge processuale del suo
tempo mancava “una disciplina generale sulle misure cautelari
provvisorie”
2
desumeva, da una serie di accenni in singole norme, che
“esiste anche nella nostra legge la figura generale del provvedimento
provvisorio cautelare; è rimesso completamente al giudice di stabilirne
l’opportunità e la natura”, anticipando in tal modo la formulazione
dell’art. 700 c.p.c.
3
1
Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli,1953, n.82, p. 241 ss.
2
Chiovenda, Istituzioni, cit., p. 247 ss.
3
Tarzia, I Procedimenti cautelari, Padova, 1990, p. 1 ss.