6
INTRODUZIONE
Il D.lgs. n. 150/2009 ( cd. “Riforma Brunetta”) ridisegna, con incidenza più o
meno accentuata sui singoli istituti, l’intero quadro normativo vigente nel
rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche mediante la
realizzazione di tre fondamentali interventi volti all’obiettivo di incentivazione
della produttività, dell’efficienza e della trasparenza nel Pubblico Impiego: la
rivisitazione del sistema delle fonti, attraverso una nuova ripartizione tra materie
sottoposte alla legge e materie sottoposte alla contrattazione collettiva; il
rafforzamento della centralità della dirigenza, mediante l’attribuzione di nuovi
poteri di datore di lavoro pubblico nella gestione delle risorse umane;
l’introduzione di nuovi strumenti di valutazione delle strutture e del personale e
dei connessi strumenti premiali del merito e sanzionatori della responsabilità del
personale.
Il presente lavoro ha come oggetto gli ultimi due interventi fondamentali,
ponendo l’attenzione sulle modifiche apportate dalla riforma del 2009 sul
rapporto dirigenziale.
In particolare nel primo capitolo sarà effettuata una disamina dei principi e dei
criteri direttivi attinenti alla materia dirigenziale direttamente desumibili dalle
disposizioni contenute nella legge n. 15/2009 (“madre” del successivo decreto
attuativo del 2009).
Di seguito l’analisi si sposterà interamente sul Titolo IV, Capo II del D.lgs. n.
150/2009, in cui verranno approfondite le finalità e gli ambiti di intervento
perseguiti dal legislatore delegato, con particolare attenzione sul consolidamento
dei poteri, delle funzioni e degli atti di competenza del datore di lavoro pubblico.
Infatti, la valorizzazione del ruolo manageriale, concretamente attuabile solo
mediante il rafforzamento delle prerogative dirigenziali, rappresenta condicio
sine qua non per il potenziamento degli strumenti strettamente connessi alla
gestione del personale.
Il secondo capitolo invece avrà ad oggetto il “reclutamento” dirigenziale: il punto
di partenza non può prescindere da un’attenta analisi delle novità introdotte in
materia di accesso alla qualifica di dirigente di prima e seconda fascia, nonché dai
difetti e dai punti deboli dell’attuale normativa. Solo in seguito, l’attenzione poi
7
volgerà interamente sull’incarico dirigenziale, “sviscerandone” ogni singolo
aspetto: dalle varie forme di conferimento fino alla revoca, passando dai limiti
della sua assegnazione fino alla sua qualificazione giuridica.
La definizione del dirigente come figura professionale nella P.A. verrà
ulteriormente completata mediante l’esplicazione delle novità introdotte con
riferimento alla sua mobilità verso il settore privato, nonché al trattamento
economico accessorio da questi percepito.
Infine nel terzo capitolo verrà posta l’attenzione sul ciclo di gestione della
performance, perno centrale della Riforma volto a misurare e valutare il grado di
rendimento di ogni singola amministrazione e del personale ivi operante. Una
volta chiarito il suo esatto funzionamento sarà possibile delineare l’incidenza del
sistema valutativo sul trattamento economico dell’intero personale e sulla
responsabilità, facendo un’attenta distinzione tra quella dirigenziale e quella
disciplinare: quest’ultime rappresentano il “bastone” introdotto dalla Riforma
(insieme alla “carota” del sistema premiale) volte a sanzionare, da una parte,
l’incapacità gestionale del dirigente e, dall’altra parte, le infrazioni commesse dal
personale in violazione delle disposizioni contenute nel Capo V del D.lgs. n.
150/2009.
8
CAPITOLO I
PRINCIPI E POTERI INERENTI ALLA FIGURA DEL DIRIGENTE
PUBBLICO
1. Principi e criteri direttivi in materia di dirigenza.
L’analisi delle novità in materia dirigenziale introdotte dalla Riforma Brunetta
1
deve essere necessariamente preceduta da un’attenta lettura dei principi e dei
criteri direttivi, contenuti nella legge delega n. 15/2009, i quali costituiscono le
linee guida e le fondamenta sulle quali si è poi potuto costruire il successivo
D.lgs. n. 150/2009.
Suddetta legge dedica un apposito articolo in materia di principi e criteri inerenti
alla sfera del dirigente: l’articolo 6 infatti affronta una serie di questioni attinenti
alla tematica dirigenziale, prospettando soluzioni in parte adeguate e in parte
insoddisfacenti sotto il profilo sostanziale. Il comma 1 dell’articolo 6 espone in
maniera particolarmente articolata e, in alcuni punti del testo in maniera non del
tutto chiara, le finalità delle modifiche alla disciplina della dirigenza pubblica e i
criteri generali di intervento, ossia:
Una migliore organizzazione del lavoro;
Un progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al
pubblico (inteso non tanto all’incremento qualitativo dei servizi resi, bensì
all’accrescimento di quelli erogati agli utenti);
1
Fra i primi commenti alla riforma Brunetta si vedano almeno, AA.VV, “La dirigenza”, Quad.
Dir. Lav. Rel. Ind, 2009; AA.VV in L. ZOPPOLI(a cura di), “Ideologia e tecnica nella riforma
del lavoro pubblico”, Editoriale Scientifica, 2009; U. CARABELLI, “La 'riforma Brunetta': un
breve quadro sistematico delle novità legislative e alcune considerazioni critiche”, in WP
C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 101/2010, in www.lex.unict.it; Id., I poteri dirigenziali nel
limbo della non contrattabilità, in Ris. Um., 2009, p. 29; M. V. BALLESTRERO, “Modello
fannullone”: il lavoratore pubblico secondo Brunetta, in M.V. BALLESTRERO, G. DE SIMONE (a cura
di), “Persone, lavori, famiglie. Identità e ruoli di fronte alla crisi economica”, Giappichelli, 2009,
p. 15 ss; AA. VV. in U. CARABELLI, M.T. CARINCI (a cura di), “Il Lavoro pubblico in Italia”,
Cacucci, 2010; sul tema specifico della riforma della dirigenza e dei relativi poteri v. pure A.
BELLAVISTA, “La figura del datore di lavoro pubblico”, Relazione al Congresso
A.I.D.L.A.S.S.,Catania 21-23 maggio 2009,
http://www.aidlass.org/attivita/Relazione_Bellavista_2009.pdf.
9
La realizzazione di adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico,
favorendo il riconoscimento di meriti e demeriti;
Il ricorso anche a criteri di gestione
2
e di valutazione
3
del settore privato
4
(appare alquanto evidente l’intento del legislatore delegato di voler
spostare l’attenzione dal dato giuridico, inteso nell’estensione al settore
pubblico della disciplina contenuta nel codice civile e nelle leggi sul
lavoro subordinato nell’impresa, a quello gestionale);
La ridefinizione dell’ambito applicativo delle norme in materia di
indirizzo politico-amministrativo con riferimento all’assegnazione degli
incarichi dirigenziali (si tratta di un punto abbastanza importante in
quanto si assiste al rafforzamento del principio di separazione tra politica
e amministrazione
5
e quindi alla distinzione tra poteri direttivi governativi
e quelli gestionali dirigenziali, nel rispetto della giurisprudenza
costituzionale in materia; tale rapporto deve infatti garantire la piena e
coerente attuazione dell‟indirizzo politico degli organi di governo in
ambito amministrativo).
Il comma 2 invece elenca principi e criteri direttivi che il Governo deve
seguire e che si concretizzano nell’alternarsi di misure di natura premiale e
afflittive aventi in comune l’intento di incentivare i dirigenti ad utilizzare i
poteri gestionali di cui dispongono:
2
G. D’ALESSIO, Il disegno della dirigenza”, pubblicato in Astrid-Online, 2009, p.3; secondo
l’autore non si capisce se il riferimento, contenuto nel comma 1, all’utilizzo anche dei «criteri di
gestione e di valutazione del settore privato al fine di realizzare adeguati livelli di produttività del
lavoro pubblico e di favorire il riconoscimento di meriti e demeriti, riguardi la modalità di
esercizio dei poteri dirigenziali oppure i comportamenti che la P.A deve tenere nei confronti dei
dirigenti».
3
La relazione illustrativa del decreto legislativo di attuazione della legge 15/2009 indica un
ulteriore obiettivo dell’intervento normativo in questione, ossia l’individuazione e l’eliminazione
degli alvei di inefficienza e improduttività.
4
F. CARINCI, “Il secondo tempo della riforma Brunetta: il D.lgs. 150/2009” , in WP C.S.D.L.E.
“Massimo D’Antona”.it, 2011, p.48 ; secondo l’autore il richiamo a tali criteri del settore privato
è fuorviante perchè mentre potrebbe concernere «quelli del settore privato in carne ed ossa, in
effetti intende richiamare quelli dettati con riguardo alla misurazione, valutazione, incentivazione
della performance di cui ai precedenti Titoli II e III dello stesso D.lgs. N. 150/2009».
5
L’articolo 14 del D.lgs. n. 165/2001 stabilisce che gli organi di governo fissano gli obiettivi, i
programmi da attuare e i risultati di gestione sulla base delle direttive impartite; i dirigenti
invece si occupano della gestione amministrativa e finanziaria, nonché l‟adozione di tutti gli atti
che impegnano la P.A. verso l‟esterno; sul punto si veda M. PALLINI, “Sulle tristi sorti del
principio di distinzione tra politica ed amministrazione nella disciplina della dirigenza pubblica”,
pubblicata in Quaderni di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 2009; P. MONDA, “La
giurisprudenza in tema di dirigenza pubblica”, pubblicata in Quaderni di diritto del lavoro e delle
relazioni industriali, 2009, p. 737 ss.
10
L’attribuzione al dirigente della piena autonomia
6
(e responsabilità) con
riferimento alla gestione delle risorse umane appartenenti alla sua
competenza, in qualità di soggetto che esercita i poteri del datore
pubblico. In questo modo si dovrebbe combattere il problema dei
«nullafacenti»
7
mediante ulteriori stimoli e poteri che consentono al
dirigente di esercitare al meglio la sue funzioni di datore di lavoro.
Al riguardo, il secondo comma dell’articolo 6, lett. a) delinea l’ambito
operativo del dirigente, riconoscendogli piena competenza
nell’individuazione dei profili professionali richiesti per l‟espletamento
dei compiti istituzionali da parte dell‟ufficio al quale […] è preposto, di
valutazione del personale e di riconoscimento degli incentivi alla
produttività, di utilizzo dell‟istituto della mobilità individuale prevista
dall‟articolo 30 del D.lgs. n. 165/2001, da esercitarsi secondo i criteri
oggettivi finalizzati ad assicurare la trasparenza delle scelte.
8
L’introduzione di una particolare forma di responsabilità
9
dirigenziale
dovuta all’omessa vigilanza
10
sull‟effettiva produttività delle risorse
umane e sull‟efficienza della struttura amministrativa a lui assegnate: una
volta accertata tale responsabilità il dirigente ne paga le conseguenze
perdendo il diritto al trattamento economico accessorio.
6
Sull’esigenza e l’opportunità di una correzione ed integrazione dell’insieme delle previsioni
legislative in vigore, si veda il Memorandum d’intesa sul lavoro pubblico e la riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche (2007). Su tale esigenza ed opportunità si vedano lo studio e le
relative proposte contenute in G. D’ALESSIO (a cura di) “L‟amministrazione come professione”,
Bologna, Il Mulino, 2008.
7
A. BELLAVISTA, “La figura del datore pubblico”, in DL-online Rivista telematica di diritto del
lavoro, 2010, p. 21.
8
Per quanto attiene agli ambiti di competenza dirigenziale indicati nei richiamati numeri 1, 2 e 3
dell’art. 6, comma 2, lett. a), si rileva che essi «non hanno un carattere particolarmente
innovativo, perché non sembra che vengano assegnati poteri nuovi e aggiuntivi rispetto alla
situazione attuale: si tratta, in realtà, della esplicitazione e dello sviluppo di aspetti logicamente
già compresi nella potestà “datoriale” dei dirigenti definita nel D.lgs. n. 165/2001». La
specificazione, comunque, può essere utile, specie in riferimento alla funzione di valutazione del
personale e riconoscimento degli incentivi di produttività di cui al n. 2: cfr. G. D’ALESSIO, “Il
disegno della dirigenza”, pubblicato su Astrid-Online, 2009, p.5.
9
L’articolo 21 del D.lgs. n. 165/2001 prevede, in ambito di responsabilità dirigenziale, che il
mancato raggiungimento degli obiettivi, o l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente
comportino l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico e, in relazione alla gravità dei casi, la
possibilità di revoca dell’incarico o di recesso dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del
contratto collettivo.
10
G. D’ALESSIO, op. cit., p.5; secondo l’autore il concetto di “omessa vigilanza” appare piuttosto
vago e impreciso: «viene rimesso in toto ai decreti delegati il compito di individuare i casi e “gli
indicatori” concreti che consentono di rilevare ed eccepire il difetto di vigilanza, e di graduare la
“sanzione pecuniaria a carico del dirigente”».
11
La previsione della decadenza dal diritto di trattamento economico
accessorio qualora il dirigente, senza giustificato motivo, non abbia
avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti, nonché
la sua responsabilità civile (sempre inerente all’avvio del procedimento
disciplinare) in caso di dolo e colpa grave.
La lettera e)
11
prevede inoltre sanzioni adeguate
12
nei confronti dei
dirigenti che, consapevoli di atti posti in essere dai dipendenti rilevanti ai
fini della responsabilità dirigenziale, omettano di avviare il procedimento
disciplinare entro i termini di decadenza previsti, ovvero in ordine a tali
atti rendano valutazioni irragionevoli o manifestamente infondate
13
.
La modifica in materia di accesso alla dirigenza mediante l’introduzione,
solo per il sistema di passaggio dalla seconda alla prima fascia, di un
sistema improntato su procedure selettive pubbliche concorsuali per una
percentuali di posti. Dunque il superamento del concorso comporta per il
vincitore l’espletamento di un periodo formativo non inferiore ai sei mesi
presso gli uffici amministrativi di uno Stato dell’U.E. o di un organismo
comunitario o internazionale. Le modalità vengono determinate dalle
singole amministrazioni, d’intesa col Dipartimento della funzione
pubblica e con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione,
tenendo conto delle disposizioni previste dall’articolo 32 del D.lgs. n.
165/2001
14
(che regola lo scambio dei funzionari appartenenti a Paesi
11
Le lettere c), d) ed e) dell’articolo 6 potrebbero generare una certa confusione, in quanto i
dirigenti sembrano essere concepiti come soggetti preposti alla sorveglianza e alla punizione dei
dipendenti, con l’unica garanzia di incorrere in responsabilità disciplinari solo nelle ipotesi di dolo
o colpa grave.
12
Cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., p.6, scrive che non è chiara la distinzione tra “diritto di trattamento
accessorio” e “sanzioni adeguate”
13
Cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., p.6, afferma che «il concetto di valutazioni irragionevoli o
manifestamente infondate risulta abbastanza generico».
14
Ai sensi dell’articolo 32: Anche al fine di favorire lo scambio internazionale di esperienze
amministrative, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, a seguito di appositi accordi di
reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli affari esteri
ed il Dipartimento della funzione pubblica, possono essere destinati a prestare temporaneamente
servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione europea, degli Stati
candidati all'adesione e di altri Stati con cui l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonchè
presso gli organismi dell'Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l'Italia
aderisce. Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di
quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo
Stato italiano dall'unione europea o da una organizzazione o ente internazionale. Il personale
che presta temporaneo servizio all'estero resta a tutti gli effetti dipendente dell'amministrazione
di appartenenza. L'esperienza maturata all'estero e' valutata ai fini dello sviluppo professionale
degli interessati.
12
diversi e il temporaneo servizio all‟estero dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche).
A tutto questo si aggiunge l’introduzione di un programma volto ad
assicurare un’adeguata offerta formativa nei primi due anni di
applicazione della riforma.
La ridefinizione dei profili di conferimento, mutamento o revoca degli
incarichi
15
, sulla base di un sistema improntato sulla trasparenza, sulla
pubblicità (già auspicato da quella parte della dottrina che proponeva il
ricorso a tali principi al fine di «tutelare la posizione giuridica del
dirigente nella fase preliminare a quella della formazione dell’incarico»
16
)
e anche sui principi desumibili dalla giurisprudenza costituzionale e delle
giurisdizioni superiori. Pertanto il mancato raggiungimento degli obiettivi
diventa causa di esclusione della conferma dell’incarico, a seguito di una
valutazione effettuata sulla base dei criteri indicati sin dal momento del
conferimento dell’incarico.
Inoltre la riforma mantiene la previsione di conferire incarichi a soggetti
esterni (cioè soggetti estranei alla P.A. oppure dirigenti non appartenenti
ai ruoli dell’amministrazione medesima) con la sola eccezione, rispetto a
quanto prevedeva la normativa previgente, della modifica della
percentuale della dotazione organica. Anche in questo caso l’uso di certe
espressioni alquanto generiche come i principi desumibili anche dalla
giurisprudenza costituzionale e dalle giurisdizioni superiori creano
problemi, in quanto la loro mancata indicazione in concreto ha come
principale conseguenza un potere di scelta alquanto discrezionale da parte
del Governo.
15
A. BOSCATI, “Dirigenza pubblica: poteri e responsabilità tra organizzazione del lavoro e
svolgimento dell‟attività amministrativa”, pubblicato in LPA, 2009 e A. PIOGGIA, “La disciplina
degli incarichi della dirigenza professionale”, in G. D’ALESSIO (a cura di),“L‟amministrazione
come professione”, cit., p.144 ss.. L’Autrice, nel sostenere la natura privata dell’atto di
conferimento dell’incarico e nel riproporre a tal fine un ritorno al contratto quale atto idoneo a
determinare l’oggetto, gli obiettivi e la durata dell’incarico dirigenziale, osserva come, per tutelare
la posizione giuridica del dirigente, innanzi tutto occorra assicurare una piena trasparenza nella
fase della selezione del dirigente a cui affidare l’incarico attraverso la pubblicità delle condizione
e termini delfuturo rapporto e della professionalità necessaria. Sulla base di ciò appare fortemente
necessario operare, nella fase della selezione, una comparazione tra tutti gli aspiranti, sia di coloro
appartenenti alla stessa amministrazione presso la quale è indetta la selezione, sia facenti parte di
altre amministrazioni, e motivare poi la scelta del dirigente con riferimento alla professionalità, al
curriculum e ai risultati ottenuti nella gestione di attività precedenti.
16
M. T. ALTORIO, “Gli incarichi e la responsabilità dirigenziale alla luce della c.d. Riforma
Brunetta”, in Amministrativamente, 2009, p.7.
13
La riforma opera pure un intervento sulla struttura e sulle competenze del
Comitato dei Garanti
17
previsto dall’articolo 22 del D.lgs. n. 165/2001
18
,
attribuendogli funzioni di verifica sul rispetto delle PP.AA. dei criteri di
legge che presiedono al conferimento o alla mancata conferma degli
incarichi, nonchè sull’adozione e utilizzo dei sistemi di valutazione del
dirigente.
L’erogazione del trattamento economico accessorio a quei dirigenti che si
sono distinti per i risultati ottenuti alla luce del procedimento di
valutazione previsto dall’articolo 4 della legge n. 15/2009. In questo modo
è possibile superare una situazione anomala nelle PP.AA., ossia la
ridistribuzione a pioggia della retribuzione di risultato tra tutti i
dirigenti
19
.
Il riesame della disciplina delle incompatibilità dirigenziali e il
rafforzamento della loro autonomia rispetto alle organizzazioni
rappresentative dei lavoratori e rispetto all’autorità politica
20
.
La semplificazione della disciplina della mobilità dirigenziale delle
PP.AA. sia in ambito nazionale che internazionale, con l’obiettivo di
17
A condizione che non ci siano nuovi oneri finanziari.
18
I provvedimenti di cui all'articolo 21, comma 2, sono adottati previo conforme parere di un
comitato di garanti, i cui componenti sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri. Il comitato è presieduto da un magistrato della Corte dei conti, con esperienza nel
controllo di gestione, designato dal Presidente della Corte dei conti; di esso fanno parte un
dirigente della prima fascia del ruolo unico di cui all'articolo 23, eletto dai dirigenti del
medesimo ruolo con le modalità stabilite dal regolamento di cui al comma 3 del medesimo
articolo e collocato fuori molo per la durata del mandato, e un esperto scelto dal Presidente del
Consiglio dei ministri, tra soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori
dell'organizzazione amministrativa e del lavoro pubblico. Il parere viene reso entro trenta giorni
dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere. Il comitato dura in
carica tre anni. L'incarico non è rinnovabile.
19
Anche questa disposizione è alquanto lacunosa in quanto non è chiaro se la previsione abbia ad
oggetto l’intero trattamento accessorio o la parte legata alla performance realizzata.
20
Sul punto cfr. G. D’ALESSIO, “Il disegno della dirigenza”, pubblicato su Astrid-Online, 2009,
p.10, rileva che «l’introduzione di uno specifico regime delle incompatibilità per i dirigenti è
sicuramente utile, se non indispensabile. Ma la formulazione dell’art. 6, comma 2, lettera m), che
si occupa della questione, è debole, lacunosa e in parte errata. Non si parla di incompatibilità
fondamentali, come quelle relative alla copertura di cariche istituzionali e al coinvolgimento in
attività politiche ed economiche, mentre si cita “l’autonomia rispetto alle organizzazioni
rappresentative dei lavoratori e all’autorità politica”: una formula, questa, che solleva forti dubbi
di legittimità e di coerenza sistematica, perché nel primo caso potrebbe essere inficiato il principio
di libertà di iscrizione e di partecipazione alle attività dei sindacati, che è prerogativa
costituzionale di tutti i lavoratori, compresi i dirigenti pubblici, mentre l’autonomia rispetto
all’autorità politica non attiene tanto al profilo dell’incompatibilità, quanto a quello delle relazioni
funzionali e strutturali fra politica e dirigenza, disciplinato da altre norme, come quelle sul
conferimento degli incarichi. Andrebbe, poi, chiarito il rapporto fra quanto qui previsto e varie
forme di incompatibilità già stabilite dalle leggi (v. ad esempio le norme sugli organi degli enti
locali e quelle sulle commissioni di concorso)».
14
ampliare l’applicazione e di valorizzarne i periodi lavorativi svolti ai fini
del conferimento degli incarichi dirigenziali. A questo si aggiunge la
promozione della mobilità professionale e intercompartimentale dei
dirigenti, con particolare attenzione al personale appartenente a ruoli che
presentano situazioni di esubero.
L’introduzione di una retribuzione di risultato in misura non inferiore al
30% della retribuzione complessiva (con esclusione della dirigenza del
Servizio sanitario nazionale), nonché il divieto di corrispondere
l’indennità di risultato ai dirigenti se le amministrazioni di appartenenza
[…] non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti
con i principi contenuti nella presente legge.
2. Obiettivi perseguiti dalla riforma in materia dirigenziale.
Il Capo II del D.lgs. n. 150/2009 (rubricato Dirigenza Pubblica) contiene
un’ampia riforma della materia dirigenziale mediante l’attuazione fedele delle
previsioni contenute nell’articolo 6 della legge n. 15/2009
21
. Il risultato ottenuto è
il ridisegno dell’insieme delle funzioni e dei poteri del datore di lavoro pubblico
in misura alquanto innovativa rispetto alla previgente disciplina contenuta nel
D.lgs. n. 165/2001.
Suddetto Capo si apre con l’articolo 37
22
che enuclea l’oggetto, l’ambito di
applicazione e le finalità della riforma in materia dirigenziale. Da un’attenta
lettura emergono due grandi obiettivi: il primo, definibile “macro”, si esplica
nella diretta partecipazione del dirigente alla selezione degli obiettivi e delle
risorse necessarie per il corretto svolgimento dell’azione amministrativa. Il fine
ultimo è quello di regolare il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di
incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione
dell‟indirizzo politico in ambito amministrativo. In questo modo si garantisce la
“leale collaborazione” dei dirigenti nell’attuazione del programma politico, in
21
C. ROMEO, “La controriforma del pubblico impiego”, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2009,
p.764.
22
Per un’analisi dettagliata dell’articolo 37 si veda BATTINI, “L‟autonomia della dirigenza
pubblica e la “riforma Brunetta”: verso un equilibrio fra distinzione e fiducia?”, in Giorn. Dir.
Amm., 2010, p.41 ss.
15
virtù di un legame che non presenta più i tratti tipici del dovere deontologico, ma
che assume sempre più i connotati di un dovere giuridico.
Il secondo obiettivo, definibile “micro”, contempla una modifica nei confronti
della disciplina del funzionamento della dirigenza pubblica, servendosi anche dei
criteri di gestione e di valutazione del settore privato, al fine di realizzare
adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico, di favorire il riconoscimento
di meriti e demeriti e di rafforzare la distinzione tra funzioni di indirizzo e
controllo spettanti agli organi di governo e funzione di gestione spettanti alla
dirigenza.
Entrambi gli obiettivi trovano un ulteriore punto in comune: l’articolo 37 prevede
espressamente che le modifiche alla disciplina dirigenziale intervengono nel
rispetto della giurisprudenza costituzionale in materia
23
. In effetti, l’esplicito
richiamo ad essa è giustificato dal fatto che le modifiche introdotte dal D.lgs. n.
150/2009 derivano dalla necessità di adeguare l’assetto legislativo alle
indicazioni della recente giurisprudenza costituzionale
24
. Per comprendere
l’ambito di applicazione di tale disposizione bisogna ricostruire l’indirizzo della
Corte Costituzionale
25
: poiché i principi di imparzialità e di buon andamento
26
(contenuti nell’articolo 97 della Costituzione) sono posti a garanzia della
funzione dirigenziale, la Corte ha censurato, nelle sentenze n. 103 e n. 104 del
2007 le disposizioni statali e regionali nella parte in cui non assicurando la
separazione tra funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi politici e le
funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, esse non garantivano
l’imparzialità della funzione dirigenziale. In questo modo si nega ogni rapporto
fiduciario tra organi di governo e dirigenza al fine di tutelarne l’autonomia di
quest’ultima.
Da un’attenta lettura all’articolo 37, da un lato si riafferma il debito formale
contratto con la logica aziendale, laddove ricollega un miglioramento
dell’organizzazione e della qualità del servizio all’utilizzo dei criteri gestionali
23
D. BOLOGNINO - G. D’ALESSIO, “Il dirigente come soggetto attivo e passivo della valutazione. La
responsabilità dirigenziale legata al sistema di valutazione e la responsabilità per omessa
vigilanza su produttività ed efficienza”, pubblicato su Astrid-online, 2010, p.22.
24
G. D’ALESSIO, “Le norme sulla dirigenza nel decreto legislativo di attuazione della legge delega
n. 15/2009”, pubblicato su Astrid-Online, 2009, p.2 ss.
25
Cfr. voce Giurisprudenza della Corte Costituzionale.
26
M. NIGRO, “Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione”, Giuffrè, 1966,
p.85 ss.