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Introduzione
Attualmente il complesso agricolo mondiale sta attraversando tre differenti
processi di sviluppo, i quali interessano sia le modalità di “fare agricoltura”
sia i sistemi economici, politici e sociali che ruotano attorno alla pratica
agricola (J.D.van der Ploeg, 2008). I processi in questione da una parte
riguardano una tendenza all’industrializzazione agricola riconducibile al
fenomeno dell’agrobusiness e a pratiche di agroesportazione, dall’ altra
una tendenza di “ricontadinizzazione” nonché riemersione del modello
contadino, e in alcuni casi si può anche riscontrare un’ ultima tendenza di
disattivazione ovvero un contenimento attivo delle pratiche agricole
(J.D.van der Ploeg, 2008).
Oggi l’agricoltura risulta essere estremamente legata a quella base di
garanzie che permettono di allontanare le popolazioni e le comunità da
stati di insicurezza alimentare. La FAO stima che oltre 800 milioni di
persone abbiano problemi riguardanti uno scarso accesso alla risorsa cibo.
Sul versante fame, secondo le stime, nel periodo 2011-2013 circa una
persona su otto nel mondo avrebbe sofferto di fame cronica, 842 milioni di
persone, di cui 791 milioni si trovavano in Paesi in Via di Sviluppo (FAO,
2014b). La maggior parte delle persone o delle comunità che soffrono
problemi legati alla fame vive in aree rurali dove sulla base delle pratiche
agricole utilizzate si può influenzare notevolmente il grado di sicurezza
alimentare e il proprio livello di resilienza e vulnerabilità. Se da una parte il
modello agroindustriale aggrava l’insicurezza alimentare ed economica dei
piccoli produttori rurali, dall’ altra il modello contadino si pone come
garanzia della loro stabilità e come base di uno sviluppo sostenibile.
Il presente lavoro di tesi ha l’obiettivo di analizzare come un modello
d’agricoltura sostenibile basato sulla dimensione contadina rappresenti il
mezzo più efficace per superare l’attuale situazione di sottonutrizione e
malnutrizione che affligge numerose aree geografiche. Il modello
contadino si basa sull’ “art de la localité” cioè su un’unita di sviluppo
endogeno “locale” che fa leva su un sistema di conoscenze tradizionali e
locali, legami di reciprocità, artigianalità, produzione di piccola scala, i quali
rappresentano elementi fondamentali per far fronte a crisi globali
(H.Mendras, 1976; P.Perulli, 2013). Il modello contadino risulta essere
contrapposto al modello agroindustriale, il quale pone le radici nel
paradigma della modernizzazione degli anni Cinquanta e nei dettami della
Green Revolution degli anni Settanta. Il modello agroindustriale allontana la
produzione degli alimenti dal concetto di sostenibilità, e fa del cibo non più
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un bene comune ma una semplice merce, una commodity omologata del
mercato globale.
Per decenni il sistema agroindustriale è stato imperante e ancora oggi
continua a ricoprire un ruolo cardine nella produzione, trasformazione e
distribuzione mondiale degli alimenti. Da qualche decennio però si sta
assistendo alla riemersione del modello contadino come forma di lotta e
resistenza sociale, economica e politica all’agrobusiness. I contadini tramite
l’organizzazione e la partecipazione si riappropriano delle risorse e saldano
la frattura che in passato era venuta a crearsi tra produzione e natura, tra
produttore e consumatore.
La via che oggi, a livello globale, risulta essere maggiormente percorribile
per poter promuovere una pratica agricola sostenibile e un accesso equo
alle risorse, è l’agroecologia che nel suo essere multidimensionale, scienza
interdisciplinare, movimento sociale e pratica agricola, rappresenta un
mezzo per poter ristrutturare i sistemi agroalimentari mondiali partendo
dal “locale” (A.Wezel et al., 2009).
La tesi presenterà in maniera approfondita questi temi.
Nel primo capitolo verrà inquadrato il problema della fame in un ambito
globale attraverso dati riportati soprattutto da organizzazioni come la FAO
o da pubblicazioni come quelle sull’ annuale Global Hunger Index dell’
International Policy Research Institute.
Una volta inquadrato il problema si passerà nel secondo capitolo a
sottolineare primariamente “il come” l’agroindustria rappresenti una reale
minaccia contemporanea per la sicurezza alimentare e la più ampia
sovranità alimentare; una volta in cui saranno argomentate le motivazioni
di insostenibilità di tale sistema, si parlerà dell’importanza della
dimensione contadina analizzando le sue caratteristiche di
multifunzionalità e di produzione familiare di piccola scala. In questo caso
sarà evidente la necessità della riemersione del modello contadino,
fenomeno che verrà spiegato ponendo l’accento sull’organizzazione di
base, sulla nascita di movimenti tendenti alla democratizzazione delle
filiere e sulla nascita di nuovi circuiti distributivi e di nuovi mercati.
Nel terzo capitolo si parlerà della già citata agroecologia come mezzo per la
sostenibilità, sovranità e diffusione del modello contadino, dandone
un’adeguata definizione e analizzandola in un percorso temporale e
spaziale.
L’ultimo capitolo rappresenterà un’ evidenza concreta di quanto analizzato
teoricamente nelle pagine precedenti; verranno presentati due casi in cui
l’agroecologia sta divenendo la soluzione per il superamento di marginalità
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economica, politica e sociale che rendeva vulnerabili i piccoli produttori
agricoli delle aree interessate. I casi riportati, e successivamente comparati,
appartengono al contesto geografico latinoamericano.
Il primo caso riguarda un progetto di cooperazione allo sviluppo nell’area
regionale centroamericana che comprende Nicaragua, Honduras e El
Salvador, di cui si sta occupando in parte RE.TE ONG, ong torinese in cui ho
potuto svolgere, tra settembre e ottobre 2014, uno stage
extrauniversitario, occasione in cui è nata l’idea di questa tesi, proposta
poi, visti i temi trattati, al mio docente di Sociologia del Territorio che ne ha
appoggiato la realizzazione. Il progetto prevede il supporto di misure a
sostegno delle capacità di incidenza politica delle organizzazioni di piccoli
produttori che promuovono l’agricoltura ecologica e organica.
Nella mia analisi darò particolare importanza alla metodologia utilizzata
nella diffusione delle conoscenze legate alla pratica agroecologica e al
modello di sviluppo bottom-up, il quale ha le sue basi nei processi di
inclusione e di partecipazione. Inclusione e partecipazione saranno
determinanti anche nel secondo caso analizzato, i Sistemi Partecipativi di
Garanzia del Perù, in cui sta attivamente lavorando ANPE,
un’organizzazione di piccoli produttori ecologici presente in quasi tutto il
territorio nazionale. Qui la partecipazione e l’organizzazione collettiva
saranno fondamentali per la garanzia di qualità dei prodotti agricoli,
garanzia che andrà ad avvicinare il consumatore e il produttore portando
beneficio a entrambi.
La qualità appare così come un vero e proprio valore sociale che muta nel
tempo e negli spazi di riferimento, derivante da un processo di costruzione
sociale che si innesca da un insieme di legami di reciprocità e fiducia.
La parte conclusiva evidenzierà i risultati della ricerca con la connessione
tra teoria e casi studio, ponendo l’accento sul come un sistema di pratiche
tradizionali stia diventando un sistema innovativo capace di essere
resistente e resiliente alle crisi globali. Un sistema in cui il mondo
contadino è calato in un dialogo tra pari con il modo scientifico;
precedentemente il mondo scientifico sovrastava, con le sue teorie e le
sue tecnologie, il mondo contadino e le sue pratiche, oggi con
l’agroecologia è la pratica che primariamente influenza la teoria
innescando un processo circolare di autoalimentazione.
In tale processo la formazione, l’inclusione e soprattutto la partecipazione
di vari soggetti, siano questi produttori, accademici o agenti dello sviluppo,
risulteranno essere gli elementi chiave per “costruire” un prodotto di
qualità, un prodotto differente e sostenibile, una specialità lontana dal
mercato delle commodities. Differenziazione e sostenibilità, basi del
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mondo contadino, diverranno così il principale input dello sviluppo
territoriale e la più grande garanzia per la sicurezza e la sovranità
alimentare.
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Capitolo 1
La sicurezza alimentare, diritto
al cibo e sovranità alimentare
“Food is a basic human right. This right can only be realized in a system where food
sovereignty is guaranteed. Food sovereignty is the right of each nation to maintain and develop its
own capacity to produce its basic foods respecting cultural and productive diversity. We have the
right to produce our own food in our own territory”.
STATEMENT ON PEOPLE S’ FOOD SOVEREIGNITY, VIA CAMPESINA
1.1 Sicurezza alimentare e sovranità alimentare: due
concetti multidimensionali
Il concetto di sicurezza alimentare rappresenta il tassello fondamentale
per parlare si sovranità alimentare, nonché quel tassello che equivale al
diritto di tutti gli individui di avere un accesso alla “risorsa cibo” tale da
poter soddisfare i propri bisogni e quelli del proprio nucleo familiare,
garantendo, nell’alimentazione giornaliera, la presenza di tutti i nutrienti e
micronutrienti necessari per poter assicurarsi uno sviluppo psicofisico
adeguato, propedeutico allo svolgimento di attività fondamentali per il
sostentamento e lo sviluppo umano. La FAO definisce la sicurezza
alimentare come l’accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti
sufficienti, sicuri e nutrienti che garantiscano una vita attiva e sana; la
sovranità alimentare è invece, secondo la Dichiarazione Nyéléni Europe
2011
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, “il diritto delle popolazioni a definire democraticamente la loro
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Dal 16 al 21 agosto, oltre 400 delegati, provenienti da 34 Paesi e 120 organizzazioni si sono
riuniti a Krems, in Austria, nel primo Forum Europeo per la Sovranità Alimentare. Il Forum
prende il nome dalla leggendaria dea della fertilità del Mali: NyØleni, il cui spirito ha già
ispirato il Forum internazionale per la Sovranità Alimentare che si è tenuto in Mali nel 2007.
Un punto qualificante di NyØleni Europa 2011 è stata la ‘democrazia partecipativa’. Il Forum
ha infatti utilizzato una metodologia rigorosa che consente la piena partecipazione di tutti i
delegati, donne e giovani in primis, nell’elaborazione dei documenti politici che usciranno da
Krems. I temi affrontati nella sei giorni europea per la Sovranità Alimentare sono stati:
modelli di produzione alimentare, mercato/filiere e catene alimentari, condizioni di lavoro e
aspetti sociali del lavoro,accesso alla terra e alle altre risorse,politiche pubbliche.
Le discussioni sono state organizzate per tema, area geografica e settore (sub-regione europea
e realtà sociale: produttori e fornitori di cibo, consumatori, ONG ambientaliste e di sviluppo,
lavoratori). A conclusione dei lavori si è svolta un'assemblea plenaria per l'adozione della
dichiarazione finale del Forum e dell'action agenda.
http://www.mais.to.it/
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politica agricola e alimentare senza danneggiare altri popoli o l’ambiente”.
Questo riprendeva considerazioni ribadite nel 2007 in Mali con il Primo
Forum Internazionale sulla Sovranità Alimentare tenutosi nella comunità di
Selingue attraverso il quale si arrivò a definire il tema in oggetto come: “ Il
diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili,
prodotti in maniera sostenibile ed ecologica, nonché il diritto di decidere
sul proprio sistema alimentare e produttivo” (Vía Campesina)
2
.
Questo pone i produttori, i distributori e i consumatori di alimenti nel
cuore del sistema e delle politiche alimentari, in cima alle esigenze dei
mercati e delle imprese difendendo gli interessi delle generazioni future. Il
concetto di sovranità alimentare offre una strategia per resistere e
smantellare un commercio corporativo e un distorto sistema alimentare
attuale in modo che i sistemi alimentari, agricoli, pastorali e di pesca
possano essere gestiti dal basso dai produttori e dalle produttrici locali. La
sovranità alimentare dà priorità alle economie locali e mercati locali e
nazionali, conferendo potere ai contadini e all’agricoltura familiare e
collocando la produzione, la distribuzione e il consumo di alimenti sulle
basi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Viene promosso il
commercio trasparente, il quale garantisce ingressi dignitosi per chi lavora
la terra e diritti ai consumatori sul controllo della propria alimentazione e
nutrizione. In questo quadro deve essere ovviamente garantito l’acceso (e
la gestione autonoma)alla terra e alle risorse idriche con la possibilità di
utilizzare sementi tipiche delle coltivazioni tradizionali e, da un punto di
vista sociale, la sovranità alimentare, implica la formazione di relazioni
libere da oppressione e disuguaglianze (Dichiarazione di Nyéléni, 2007)
3
.
La sicurezza alimentare, invece, rappresenta un punto d’arrivo e un punto
di partenza di differenti processi che rendono questo concetto un concetto
multidimensionale viste le numerose correlazioni con altri ambiti e diritti
da cui dipende la sua completa realizzazione e di cui spesso, poi, risulta
essere elemento catalizzatore. L’accesso alle risorse idriche e alla terra
rappresentano un elemento chiave per il diritto al cibo in quanto
permettono soprattutto alle popolazioni delle aree rurali di praticare
un’agricoltura sostenibile, coerente con i bisogni comunitari e con le
http://www.mais.to.it/allegati_news/20110920114314Dichiarazione_Nyeleni_2011_IT-1.pdf
2
http://www.viacampesina.org/
3
La Dichiarazione di NyØlØni è il risultato del Primo Forum sulla Sovranità Alimentare
svoltosi in Mali nel febbraio 2007 con la partecipazione di piø di 500 rappresentanti da 80
Paesi, con i membri di organizzazioni contadine, rappresentanti di organizzazioni ecologiste,
lavoratori rurali, migranti, pastori, comunità forestali, agricoltori familiari, movimenti urbani,
popoli indigeni e consumatori riunitesi per rinforzare il movimento globale per la sovranità
alimentare. http://www.nyeleni.org/
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conoscenze e pratiche di tali gruppi, la quale diviene il pilastro portante del
loro auto-sviluppo.
L’agricoltura appare dunque, sempre di più, l’elemento su cui far leva per
poter raggiungere questo risultato. Un’agricoltura che qualcuno potrebbe
definire alternativa, in quanto slegata spesso da logiche di profitto e legata
maggiormente a logiche di bisogni, un’agricoltura che si allaccia alla
tradizione ma che guarda al futuro attraverso sistemi di sostenibilità, un’
agricoltura che coniuga saperi atavici ma non si sottrae comunque al
possibile aiuto che studi e nuove tecnologie possono dare ad essa per
garantire il diritto che questa deve assicurare. La qualità degli ecosistemi,
l’ambiente e la sua salvaguardia sono l’altro ambito che contribuisce a far sí
che il nostro concetto di sovranità appaia come multidimensionale e
influenzato da una pluralità di agenti. Caratteristiche come resistenza,
resilienza, diversità e stabilità sono alla base del buon funzionamento del
sistema ambiente il quale incide su qualsiasi attività ad esso collegata.
Passiamo poi al mercato e dunque ad un ambito macroeconomico dove,
negli ultimi anni, fluttuazioni e volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli, ma
anche sussidi e pratiche di dumping, hanno avuto ricadute pesanti
soprattutto sulle popolazioni più fragili, sia quelle rurali che quelle delle
aree urbane marginali di molti Paesi. Questi ed altri elementi insieme,
analizzati nelle pagine a seguire, generano livelli di povertà che si auto-
perpetuano e allontanano dal raggiungimento della sicurezza alimentare e
della sovranità alimentare facendo sì che la mancanza di queste certezze,
nonché in questo caso punti di partenza di uno sviluppo umano completo,
contribuisca ad aggravare queste situazioni di povertà, impedendo agli
individui di realizzarsi adeguatamente da un punto di vista fisico e
psicologico e conseguentemente di realizzarsi su un lato sociale ed
economico negando la possibilità di cambiare il proprio status.
1.1.1. Il diritto al cibo in un percorso storico
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si riconobbero nuovi obblighi
internazionali per gli Stati, derivati dalla Dichiarazione dei Diritti Umani del
1948 che nell’inciso 1 dell’ Articolo 25 menziona il diritto all’alimentazione,
sostenendo che tutte le persone hanno diritto a un livello di vita adeguato
che assicuri salute e benessere. Il diritto ad una alimentazione adeguata
apporta aspetti giuridici vincolati per la formulazione di politiche e
programmi statali; impone agli Stati l’assunzione di responsabilità e
impegno nella realizzazione progressiva del diritto all’alimentazione
adeguata sotto il proprio sistema giuridico. Il diritto all’alimentazione come
8
sostenuto da Oliver De Schutter, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul
diritto al cibo nel 2002 potrebbe essere definito come: un diritto umano
inerente riconosciuto a tutti gli individui che garantisca loro, la possibilità di
avere accesso, in maniera regolare, permanente e libera, sia direttamente
che attraverso un acquisto in denaro, ad una alimentazione
quantitativamente e qualitativamente adeguata e sufficiente, che
corrisponda alle tradizioni culturali della popolazione alla quale appartiene
il consumatore e che garantisca una vita psichica e fisica, individuale e
collettiva, che sia libera, soddisfacente e degna.
Il diritto ad una alimentazione adeguata è stato riaffermato in molti
documenti internazionali, tra cui la Dichiarazione universale per
l’eliminazione della fame e della malnutrizione del 1974, dove si
sottolineava che “ogni uomo, donna e bambino ha il diritto inalienabile di
essere libero dalla fame e dalla malnutrizione, al fine di sviluppare
pienamente le proprietà fisiche e mentali”, considerando allo stesso tempo
il fatto che l’attuale società possieda sufficienti risorse e capacità tecnico-
organizzative per raggiungere tale meta.
Il diritto ad un’alimentazione adeguata è ripreso anche nella Dichiarazione
dei diritti dei disabili del 1975, nelle disposizioni della Convenzione per
l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna
del 1979, nella Dichiarazione del diritto allo sviluppo del 1986 e nella
Convenzione sui dritti dell’infanzia del 1989, nella quale si riconosceva ad
ogni bambino il diritto ad avere un tenore di vita adeguato per il suo
sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale. Nel 1976 entra in
vigore il Patto Internazionale di Diritti Economici, Sociali e Culturali dove si
stabilisce specificatamente che il diritto all’alimentazione deve essere
garantito, rimarcando quanto già affermato nella Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani affermando che tutti gli individui hanno il diritto ad essere
protetti contro la fame
4
. Tra le altre conferenze e convegni internazionali,
con relativi documenti finali troviamo: la Dichiarazione di principi e il
Programma d’azione della Conferenza mondiale sulla riforma agraria e lo
sviluppo rurale del 1979, la conferenza internazionale sulla nutrizione del
1992, la Dichiarazione di Copenaghen e il Programma d’azione del Vertice
mondiale per lo sviluppo sociale del 1995, seguita nel 1996 dalla
Dichiarazione di Roma sulla sicurezza alimentare mondiale.
Passando al nuovo millennio nel settembre del 2000, al Millennium
Summit delle Nazioni Unite, i capi di stato e di governo di 189 Paesi
approvano la Dichiarazione del Millennio e fissano otto obiettivi di
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Code of Conduct on the Human Right to Adequate Food, traduzione in italiano realizzata
da PASTA, Rome International Coalition For Food Security.