CAPITOLO I
NOZIONE E FUNZIONI DEL CAPITALE SOCIALE
1. Nozione di capitale sociale
1.1. Capitale e patrimonio.
Da un punto di vista economico è intuitivo che per funzionare un‘impresa
ha bisogno di risorse, cioè di beni e diritti, senza i quali non sarebbe possibile lo
svolgimento dell‘attività aziendale. Infatti, per poter intraprendere una qualunque
attività di tipo economico, occorre dotarsi di mezzi finanziari, appunto di un
capitale, entità che assume maggiore importanza tanto più consistente è l‘attività
economica che viene esercitata.
Da un punto di vista giuridico, il capitale sociale è costituito dal valore
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complessivo attribuito ai conferimenti di capitale che vengono fatti dai soci
1
Il conferimento che ogni socio apporta alla società consiste nel contributo necessario
all‘attuazione dello scopo sociale e non si fa riferimento solo alla consegna materiale di beni o alla
prestazione di servizi ma, più in generale all‘obbligo assunto dai soci nella costituzione della
società stessa. Il conferimento, infatti, può avere ad oggetto qualunque entità utile per il
conseguimento dell‘oggetto sociale ossia per il conseguimento dell‘attività sociale. In particolare
vi sono delle regole specifiche per ciò che concerne le società di capitali: l‘art. 2342 c.c. afferma
che al momento della sottoscrizione dell‘atto costitutivo debba essere versato almeno il 25% dei
conferimenti in denaro (nel caso di costituzione con atto unilaterale invece, deve essere versato
l‘intero ammontare) e l‘art. 2346, comma 5, c.c. afferma che ―In nessun caso il valore dei
conferimenti può essere complessivamente inferiore all‘ammontare globale del capitale sociale‖,
altrimenti il patrimonio sarebbe già all‘inizio inferiore al capitale. F.FERRARA jr. – F. CORSI,
Gli imprenditori e le società, Milano, 2006, p. 238.
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(diventando così il fondo dal quale la società attinge le risorse necessarie per
iniziare ed assicurarsi un ordinato svolgimento della propria attività).
Lo stesso si può dire per il sistema giuridico francese ove, allo stesso
modo, il capitale sociale corrisponde al valore degli apporti effettuati ai soci ed è
dunque una cifra che rappresenta un valore inizialmente stabile ma, suscettibile, in
varie circostanze di essere sottoposto ad una modifica (in particolare ad aumento o
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a riduzione).
È opportuno avere bene presente la distinzione fra capitale e patrimonio
che è sostanzialmente la stessa, sia nell‘ordinamento giuridico italiano che in
quello francese.
Infatti le due nozioni sono strettamente connesse tra loro e, allo stesso
momento, si differenziano l‘un l‘altra in maniera sostanziale. Il capitale indica la
misura del patrimonio sociale di cui non può disporsi a favore dei soci, perché
destinato ad assicurare la vitalità dell‘impresa e indirettamente a garantire i
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creditori sociali. La differenza sostanziale fra le due entità risiede nel fatto che il
patrimonio sociale ha una sua consistenza fisica ed è destinato ad un incremento o
ad una diminuzione che va di pari passo con un guadagno o una perdita della
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società stessa (dunque un valore variabile). Per contro, il capitale sociale
costituisce una somma fissa che risulta poi essere il punto di riferimento e di
2
Trattasi, in particolare, del capitale sociale della c.d. société anonyme (l‘equivalente della società
per azioni disciplinata dal codice civile italiano): tale cifra è rappresentata, come detto supra, dai
conferimenti degli azionisti ed è essenzialmente una garanzia che viene donata ai terzi creditori
della società. Inoltre l‘intero l‘ammontare del capitale sociale è suddiviso fra i soci attraverso
l‘assegnazione a ciascuno di essi di un numero di azioni proporzionale alla parte di capitale che
ciascuno ha sottoscritto (nel caso si tratti di società a responsabilità limitata, il socio partecipa
attraverso una ―quota‖, dunque il valore del capitale viene suddiviso fra i soci donando loro una
quota di partecipazione alla società proporzionale al conferimento da essi effettuato).
3
FERRARA Jr. – CORSI ; Gli Imprenditori e le Società, Milano, 2006.
4
Si può anche parlare di dato reale (il patrimonio) e dato formale (il capitale).
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raffronto per stabilire, in sede di bilancio annuale, il guadagno o la perdita della
società (a seconda che il patrimonio risulti essere superiore o inferiore alla cifra
del capitale).
Per andare ancora oltre, una distinzione fondamentale tra il concetto di
capitale e quello di patrimonio è, non solo quantitativa, nel senso che il capitale
sommato alle riserve e alle altre poste attive formano il patrimonio sociale, ma
anche qualitativa: infatti ci sono dei limiti per quanto riguarda l‘oggetto del
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conferimento, quindi quali siano i beni conferibili; potrebbero infatti sorgere dei
dubbi in relazione alla conferibilità dei beni immateriali in quanto essi
difficilmente possono essere oggetto di esecuzione forzata da parte dei creditori
(dunque sono beni che non garantiscono totalmente i creditori) ma, sembra
preferibile considerare come conferibili tutti i beni suscettibili di iscrizione in
bilancio e quindi anche i beni immateriali.
Tradizionalmente, in materia di individuazione del concetto giuridico di
patrimonio vi sono due dottrine contrapposte: la prima che concepisce il
patrimonio come un complesso di rapporti che fanno capo a un soggetto, e la
seconda che lo concepisce, invece come un insieme di beni che appartengono a un
soggetto. Sembra più utile utilizzare la definizione di patrimonio come insieme di
beni, anziché di rapporti, poiché in tal modo è più semplice distinguere
quest‘ultimo (inteso come insieme di tutte le entità utili), dal capitale (inteso come
insieme di alcune entità utili): quindi il patrimonio inteso come insieme di entità
utili di qualunque specie, ossia entità utili che si prestano alla soddisfazione di un
5
Ad esempio nelle società aventi personalità giuridica, il conferimento deve sempre rappresentare
una frazione del capitale sociale, e quindi in via di principio sono consentiti solo conferimenti di
capitale e l‘attività di lavoro come prestazione accessoria al conferimento in danaro o in natura.
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interesse di qualsiasi tipo e che possono essere conferite dai soci in qualunque tipo
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di società.
È intuibile quindi come sia essenziale la funzione del capitale sociale dal
momento che esso serve per determinare se vi sono degli utili o delle perdite.
Occorre fare riferimento al capitale sociale anche per determinare la quantità di
utili che secondo la legge(art. 2430 c.c.) o secondo lo statuto è necessario
accantonare a titolo di riserva. Occorre, inoltre osservare che quando il patrimonio
valutabile in bilancio scende al di sotto di un certo rapporto rispetto al capitale,
nelle società dotate di personalità è imposto di procedere ad una corrispondente
riduzione del capitale stesso, ed è proprio su questo aspetto che indagheremo in
modo più approfondito nel corso delle prossime pagine.
Il capitale sociale costituisce un elemento comune alla disciplina di tutti i
tipi societari, siano essi a base personale o capitalistica; la sola differenza si
sostanzia nella diversa intensità con cui il legislatore ne garantisce l‘integrità.
Intensità di tutela che è, infatti, massima nelle società di capitali ove il capitale è
parametro attraverso il quale i diritti, doveri e poteri dei soci sono espressi ed è
anche il presupposto per la costituzione e il proseguimento dell‘impresa sociale
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che svolge interessi anche esterni a quelli dei soci.
Concludendo, il capitale sociale può essere descritto come quella parte del
patrimonio sociale che non può essere toccata, perché destinata esclusivamente ad
assicurare la continuità dell‘attività sociale (sia programmata che effettivamente
6
In questo senso anche il capitale, come entità che risulta dal bilancio, dal lato passivo corrisponde
ad una cifra astratta e fissa, mentre dal lato attivo è un complesso corrispondente di beni; e quindi
è utile porre la propria attenzione sul bene piuttosto che sul rapporto, proprio perchè quest‘ultimo
non figura dal bilancio, semmai si può solo dedurre da esso.
7
SIMONETTO, Concetto e composizione del capitale sociale, in Riv. dir. comm., 1956, p. 368 ss.
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8
esercitata) ed indirettamente a garantire i creditori sociali; è per questo motivo
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che lo si ritrova iscritto al passivo del bilancio ai sensi dell‘art. 2424 c.c. In tal
modo, la cifra rappresentata dal capitale sociale resta sempre intatta ed è destinata
alla vita dell‘impresa, controbilanciando in qualche modo il conferimento che, al
contrario, è iscritto all‘attivo. Ciò che invece può essere utilizzato ad altri fini, in
particolare allo scopo di distribuzione e disposizione a favore dei soci è la
ricchezza che si viene a creare oltre al capitale sociale iniziale.
1.2. Diverse accezioni di capitale sociale (capitale nominale e reale).
E‘ opportuno sottolineare le diverse accezioni con cui è possibile fare
riferimento alla nozione di capitale. Infatti una prima accezione come risulta
chiaramente dal dato normativo, è quella di capitale nominale. La somma di
capitale con la quale i soci decidono di costituire la società, va a costituire, infatti,
il patrimonio iniziale della società; di conseguenza risulta essere la somma
convenzionalmente pattuita nell‘atto costitutivo ed essendo essa enunciata nel
contratto o atto unilaterale che costituisce la società stessa (art. 2328, n. 4, c.c.), il
capitale assume un valore formale. Le modificazioni del capitale sociale sono
modificazioni del contratto e devono essere deliberate, secondo i casi, od
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Funzione di garanzia del capitale sociale analizzata più approfonditamente sotto al § 2.1.
9
Lo stato patrimoniale contiene l‘indicazione degli elementi attivi e passivi avendo esso la
funzione di rappresentare il patrimonio della società al termine dell‘esercizio, in particolare per ciò
che interessa a noi in questa sede troviamo nella voce ―passivo‖, il patrimonio netto che è
costituito dal capitale, dalla riserva da sovrapprezzo delle azioni, dalle riserve di rivalutazione,
dalla riserva legale, dalle riserve statutarie, dalla riserva azioni proprie in portafoglio ed eventuali
altre riserve, dagli utili (o perdite) portati a nuovo (da precedenti esercizi) e dall‘utile (o perdita)
dell‘esercizio stesso.
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all‘unanimità o con speciali maggioranze risolvendosi, quindi, in aumenti o
riduzioni di capitale.
Una seconda accezione di capitale è quella di capitale reale o effettivo, che
andrebbe ad indicare ciò che tecnicamente è definito come patrimonio netto e
sarebbe, quindi, costituito dal valore dei beni di cui la società si avvale per il
perseguimento del suo scopo. Inteso in tal senso, il capitale reale sarebbe soggetto
a variazioni positive o negative, di pari passo con la realizzazione di utili o perdite
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da parte della società.
Un altro tipo di classificazione affianca al capitale nominale (che assume
un valore formale), il concetto di capitale in senso sostanziale: in questa accezione
il capitale indicherebbe la misura di patrimonio sociale di cui non è possibile
disporre a favore dei soci, in quanto destinato ad assicurare la crescita
dell‘impresa ed, indirettamente, la garanzia dei creditori sociali.
Il capitale sociale conserva, in tal modo, la sua funzione principale di
assicurare la vitalità e la crescita dell‘impresa sociale, permettendo di conservare i
valori che, al momento della costituzione della società, sono stati ritenuti
necessari per raggiungere tale scopo.
10
Distinzione che si ritrova in G. TANTINI, Capitale e patrimonio nelle società per azioni,
Padova, 1980, p. 14.
15
1.2.1. Sistema a capitale fisso e sistema a capitale variabile o
autorizzato.
La Direttiva 77/91/CE del 13 dicembre 1976 (c.d. Seconda Direttiva),
all‘articolo 2, lett. c) fa riferimento al capitale sottoscritto (termine a cui si
riconduce poi anche la nozione di capitale versato ai sensi del successivo art. 3
lett. g) e al capitale autorizzato.
Per capitale sottoscritto si intende la parte di capitale deliberato che i soci
si sono impegnati a conferire e può essere costituito solo da elementi di attivo che
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siano suscettibili di valutazione economica.
Gli ordinamenti giuridici nazionali impongono tendenzialmente che, fin
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dalla costituzione della società il capitale sia integralmente sottoscritto e la
Seconda Direttiva all‘art. 8.1 prevede che ―le azioni non possono essere emesse
per un importo inferiore al loro valore nominale o, in mancanza di questo, al
valore contabile‖; in tal modo la legge vuole assicurare l‘integrità ed effettività del
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capitale.
11
Art. 7, Seconda Direttiva: ―Il capitale sottoscritto può essere costituito unicamente da elementi
dell‘attivo suscettibili di valutazione economica. Tali elementi dell‘attivo non possono tuttavia
essere costituiti da impegni di esecuzione di lavori o di prestazione di servizi‖.
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La disciplina italiana prevede all‘art. 2342 c.c. che all‘atto della costituzione vi sia la
sottoscrizione integrale, che comporta l‘impegno dei soci a versare le relative somme, ma consente
anche che, quando si tratti di conferimenti in denaro e non si proceda con atto unilaterale, il
capitale può essere inizialmente versato solo in parte, purché non in misura inferiore al venticinque
per cento.
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L‘art. 8.1 della Seconda Direttiva non è stato modificato nel 2006, nonostante le esplicite
raccomandazioni provenienti sia dal c.d. Gruppo SLIM (acronimo di Simpler Legislation for the
Internal Market, iniziativa lanciata dalla Commissione Europea nel 1998 al fine di semplificare il
diritto comunitario ed estesa anche al diritto societario), sia dal Gruppo Winter (Report of the High
Level Group of Company Law Experts in a Modern Regulatory Framework for Company Law in
Europe par. 4.3 (b) che concludeva: ―We recommend that […] it is reviewed how no par value
shares can be accomodated within the Second Company Law Directive‖) nel senso di ripensare le
nozioni di valore nominale e valore contabile. A proposito della Seconda direttiva essa è stata
attuata in Italia attraverso l‘emanazione del D.Lgs. 4 agosto 2008 n. 142 sulla base della delega
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14
Il vantaggio del sistema a capitale variabile o autorizzato consiste nel
limitare l‘emissione di azioni al capitale strettamente necessario per la
costituzione ed aumentarlo in via successiva semplicemente con nuove emissioni;
contrariamente nei sistemi a capitale fisso è tutto il capitale sottoscritto a figurare
nel bilancio, essendo esso considerato una posta predeterminata con un minimo
fissato per legge.
2. Le funzioni del capitale sociale.
Quale sia o quali siano le funzioni del capitale sociale è una questione non
certo facile da affrontare; nel tempo infatti il dibattito su quale sia la funzione del
capitale sociale si è sviluppato spesso a partire da specifiche questioni applicative
contenuta negli artt. 1 e 23 della L. 25 febbraio 2008, n. 34 (―Disposizioni per l‘adempimento di
obblighi derivanti dall‘appartenenza dell‘Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria per il
2007‖) per dare attuazione alla direttiva 2006/68/CE, ed è entrato in vigore il 30 settembre 2008.
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Il concetto di capitale autorizzato è rinvenibile nella tradizione giuridica dei Paesi di Common
Law (in particolare il Regno Unito) e costituisce, appunto, il cuore del sistema a capitale variabile
o autorizzato. La differenza di questo tipo di sistema rispetto al sistema a capitale fisso risiede, non
solo, nella formale possibilità lasciata all‘organo amministrativo di emettere, a proprio piacimento
quando esso lo ritiene più opportuno, azioni fino a concorrenza con il capitale autorizzato, quanto
piuttosto in una diversa concezione della funzione assolta dal capitale sociale. Nel sistema a
capitale variabile, infatti non è richiesto un minimo legale anche se oggi, con la Seconda Direttiva
anche le ―public companies‖ (l‘equivalente delle nostre società per azioni) inglesi sono soggette
all‘obbligo del capitale minimo di 25.000 euro come stabilito dall‘art. 6.
Nel sistema a capitale autorizzato riveste una importanza maggiore il paid up capital (capitale
versato) rispetto al issued capital (capitale sottoscritto), la cui parte non versata (uncalled capital)
costituisce una mera garanzia supplementare. In ogni caso, facendo un paragone con il nostro
sistema, viene sostenuta la non corrispondenza del capitale autorizzato (authorized o nominal
capital) con il vero e proprio capitale, in quanto esso è indicato nello statuto o atto costitutivo
senza avere alcun tipo di consistenza reale non essendo né sottoscritto, né liberato ed avendo come
unica funzione quella di limitare il potere degli amministratori.
Il vantaggio offerto da tale sistema consiste nel limitare la prima emissione di azioni al capitale
strettamente necessario per la costituzione della società ed aumentarlo poi in via successiva con
una semplice emissione nuova nelle occasioni di maggior favore di mercato. Per contro, nei
sistemi a capitale fisso, tutto il capitale sottoscritto figura nel bilancio, essendo fondamentale
l‘esistenza del minimo fissato per legge. La parte non versata, che va a costituire credito della
società nei confronti dei soci, assolve, tanto quanto il capitale versato, la funzione di garanzia per i
creditori sociali. Dunque il vantaggio di tale sistema è di essere più garantista nei confronti dei
creditori ma sicuramente certe procedure mal si conciliano con l‘esigenza di speditezza che
possono sorgere per porre in essere determinate operazioni. BUTTARO – PATRONI GRIFFI, La
seconda direttiva CEE in materia societaria, Milano, 1984, p. 34 ss.
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fra loro assai diverse, il che ha portato ad una difficile generalizzazione del
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concetto stesso di funzione del capitale. Anzi ha portato ad una certa
disomogeneità e discontinuità tanto da arrivare a dubitare sul fatto che il capitale
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possa realmente svolgere una qualche funzione. Ad ogni modo, oggi questo è un
problema che non riguarda più solo l‘ordinamento nazionale, ma anzi è un tema
17
che è al centro ormai di un importante dibattito internazionale. Il cuore del
dibattito consiste nell‘individuazione della disciplina migliore da applicare al
diritto delle società dal momento che una società, si trova nel corso della sua vita
a dover prendere delle decisioni che hanno conseguenze rilevanti su varie
15
Il tema del capitale sociale è infatti al centro di un ampio e complesso dibattito da ormai quasi
vent‘anni (i primi contributi teorici per un riforma del diritto del capitale sociale risalgono alla fine
degli anni Ottanta: in particolare un prima critica al sistema europea di legal capital si legge in Y.
GUYON, La mise en harmonie du droit français des sociétés avec la directive des communautés
européennes sur le capital social, in Semaine Juridique, 1982, II, 12740, ripreso da C.
ANGELICI, Diritto delle società e attuazione della Seconda Direttiva CEE – Inquadramento della
Direttiva negli ordinamenti dei Paesi CEE, in Riv. dir. civ., 1986, I, 552). Il dibattito è stato
inizialmente di natura semplicemente dottrinale (dottrina inglese, tedesca, francese e italiana), fino
a divenire oggetto di importanti proposte istituzionali in ambito comunitario e di interventi di
riforma a livello nazionale.
In ambito comunitario alla fine degli anni Novanta (nel 1996), un primo gruppo di interventi di
riforma della Seconda Direttiva, seppur limitati, sono stati raccomandati dal c.d. Gruppo SLIM.
Infatti nell‘applicazione della Seconda Direttiva era emersa la necessità di modificare alcune delle
sue disposizioni per rispondere alle esigenze di maggiore flessibilità per reagire più
tempestivamente ed efficacemente agli sviluppi del mercato. Conformemente alle
raccomandazioni SLIM, la proposta direttiva mirava in particolare ad eliminare taluni obblighi di
informazione, a facilitare le acquisizioni di azioni da parte della società stessa o di terzi e a
facilitare la razionalizzazione della proprietà del capitale di una società.
Successivamente, nel 2002, la Commissione Europea diede mandato al Gruppo di Alto Livello di
Esperti di Diritto Societario di presentare un rapporto sulla modernizzazione del diritto societario
comunitario. Tale rapporto non si è limitato ad accettare le proposte di semplificazione della
Seconda Direttiva avanzate dal gruppo SLIM, ma è andato oltre, ipotizzando un regime alternativo
al capitale sociale per la protezione dei creditori fondato su un ―adequate insolvency test‖.
16
GIUSEPPE FERRI Jr, Struttura finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale, in Riv.
not., 2008, 4, 741.
17
Significativi sul punto vari interventi: ENRIQUES e MACEY, Creditors Versus Capital
Formation: The Case Against the European Legal Capital Rules, in 86 Cornell Law Rev. (2001),
1165 (Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole
europee sul capitale sociale, in Riv. soc., 2002, 78); MIOLA, Legal Capital and Limted Liability
Companies; the European Perspective, in European Company and Financial Law Review, n.
4/2005 (Il sistema del capitale sociale e le prospettive di riforme nel diritto europeo delle società
di capitali, in Riv. soc., 2005, 1199 ss.); più recenti ancora i contributi presentati al convegno
Efficient Creditor Protection in European Company Law, Munich, 1-3- December 2005.
18
categorie di soggetti che si trovano spesso in conflitto di interessi tra loro (i soci, i
creditori sociali, anzitutto).
Prima di affrontare il dibattito attuale circa tale disciplina vediamo come
esso si è sviluppato fino ad oggi, quindi quali principali funzioni sono state
attribuite al capitale sociale, per poi analizzare il dibattito a livello europeo.
2.1. La funzione di garanzia del capitale sociale.
La funzione del capitale sociale è stata tradizionalmente individuata nella
garanzia nei confronti dei creditori sociali: tale impostazione deriva dal pensiero
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giuridico, principalmente tedesco, della seconda metà dell‘Ottocento; la
tradizione giuridica tedesca infatti, che ha influenzato gran parte degli
ordinamenti dell‘Europa continentale, insegna che il capitale sociale svolge
essenzialmente una funzione di garanzia nei confronti dei creditori della società,
nel quadro della disciplina della società di capitali ove principio cardine è la
19
limitazione della responsabilità dei soci.
18
KUBLER, The Rules on Capital Under the Pressure of the Securities Markets, in Capital
Market and Company Law, Oxford, 2003, 3 ss.
19
La funzione di garanzia del capitale sociale ha trovato nel corso degli anni un ampio consenso,
tanto che Simonetto nell‘opera citata, parla di unanime dottrina che assegna al capitale la funzione,
appunto, di garanzia riferendosi ad esempio a MESSINEO F., Manuale di dir. civ. e comm., III, I,
I, Milano, 1947, p. 409 ss.; ASCARELLI T., Appunti di diritto commerciale, Roma, 1933, p. 240 e
ss.; GRAZIANI A., Diritto delle società, Napoli, 1960, p. 19 ss.; OPPO G., Contratti parasociali,
Milano, 1942 p. 141 ss; FERRI G., Manuale di diritto commerciale, a.c.d. C. Angelici e G.B.
Ferri,Torino, 2001, p. 188 ss.; AA.VV., Manuale di diritto commerciale, a.c.d. V. Buonocore,
Torino, 2004, p. 213. Al contrario Ferrara (op. cit.) sostiene non essere la funzione di garanzia la
funzione essenziale del capitale sociale, sostenendo che la finalità del capitale sociale non è quella
di garantire direttamente i creditori sociali, bensì quella di assicurare la vitalità dell‘impresa
sociale, conservando quel complesso di valori che sono necessari a tale vitalità. L‘argomentazione
fa leva sul fatto che possono concorrere alla formazione del capitale sociale anche elementi non
suscettibili di esecuzione forzata. Contra Simonetto, op. cit., il quale ritiene il capitale sociale una
19