12
dell’Università è quella legata all’attività di formazione delle giovani generazioni, che
rappresentano il futuro della società, saldamente unita all’attività di ricerca svolta
all’interno delle Università, grazie alla quale la conoscenza è indagata, esplorata e
sviluppata. Questo spiega il motivo per cui l’Università assume un ruolo così importante
in una società della conoscenza: tutto parte dalla ricerca scientifica, motore del
cambiamento e strumento dello sviluppo futuro. Senza ricerca l’Università sarebbe
un’organizzazione sterile, non dotata degli elementi necessari per ricoprire il ruolo che
le viene affidato nella società.
Il rilievo e l’importanza assunta nel contesto dalla ricerca scientifica non possono essere
trascurati quando si va a gestire l’Università: in ottica aziendale, l’azienda Università si
pone l’obiettivo di raggiungere un equilibrio economico tra le risorse utilizzate e i
risultati ottenuti, e lo deve fare proprio in riferimento all’attività di ricerca scientifica.
Questo significa che per una gestione efficace ed efficiente dell’organizzazione si
devono andare a monitorare tutti gli elementi utili per avere una conoscenza
approfondita dei processi nei quali l’attività dell’organizzazione si svolge, così da poter
governare tali processi ed indirizzarli nella direzione desiderata. In tale contesto, non si
può trascurare il fatto che, per svolgere la propria attività al meglio, l’organizzazione
avverte il bisogno di instaurare una relazione basata sulla comunicazione con i propri
stakeholder: la legittimazione della propria attività, infatti, deriva proprio da tali
soggetti ai quali si rivolge l’attività dell’Università.
Il contesto in cui opera l’Università e le caratteristiche dell’organizzazione brevemente
descritte fanno nascere una questione sotto il punto di vista aziendale, legata proprio alla
gestione dell’azienda Università. Partendo dall’assunto di base che riconosce caratteri di
aziendalità all’organizzazione universitaria, ci si chiede se e come tale organizzazione
così complessa e dalla caratteristiche peculiari possa essere gestita efficientemente.
Nello specifico, l’interesse verso tale argomento si concentra sui sistemi di misurazione
e valutazione dei risultati: l’Università così configurata necessita di tali strumenti,
probabilmente si può addirittura affermare che non ne può fare a meno, sia per
rispondere a quanto richiesto a livello centrale dagli organi di governo, sia, a livello
interno, per un ordinario bisogno di informazioni.
Considerato il fatto che l’attività di ricerca scientifica è determinante per l’Università,
l’analisi delle esperienze di misurazione e valutazione delle performance di tale attività
è utile per cercare di capire come si potrebbe migliorare la gestione e l’organizzazione
della ricerca nelle Università. Lo studio proposto si concentra sulle potenzialità di
13
utilizzo di sistemi di questo tipo per esigenze interne all’organizzazione: si vuole
evidenziare l’utilità di tali strumenti e le numerose possibilità di utilizzo per una
gestione efficace. Naturalmente sistemi di programmazione, misurazione e valutazione
dei risultati sono sempre più previsti anche esternamente all’organizzazione, nel senso
che il sistema universitario va sempre più verso una configurazione che prevede i
sistemi di valutazione come una delle attività da compiere obbligatoriamente.
L’obiettivo dell’elaborato qui presentato è quello di inserirsi su tale dibattito, ponendosi
dal punto di vista delle Università. Partendo dalla consapevolezza dell’importanza
dell’attività di ricerca scientifica per la società in cui viviamo e dall’esperienza acquisita
come studente, il tentativo posto in essere è stato quello di fornire esempio di un
possibile valido strumento di valutazione, che potesse essere utile per l’organizzazione.
Il lavoro è stato sviluppato per stadi successivi tra loro strettamente interrelati, che,
partendo dal contesto in cui opera l’organizzazione universitaria, arrivano fino
all’analisi di un caso specifico di applicazione di strumenti di valutazione delle
performance. Il primo capitolo dell’elaborato presentato descrive il contesto in cui
operano le Università pubbliche, considerando come assunto di base una visione
dell’Università come azienda. E’ stato evidenziato, in seguito, il contesto legislativo in
cui queste organizzazioni operano, considerando il fatto che, partendo dall’autonomia
riconosciuta all’Università, nel tempo si va sempre più verso la previsione di sistemi di
misurazione e valutazione dei risultati perfettamente integrati nell’attività svolta e
prevista a livello centrale. Le modalità in cui opera l’Università sono poi state esaminate
considerando i soggetti la cui presenza e il cui intervento influenza la gestione e
l’attività dell’organizzazione: prima di tutto, l’influenza esercitata dall’Unione Europea,
per poi andare a considerare attori nazionali istituzionali e non, che interagiscono con
l’Università. Il secondo capitolo si concentra sui sistemi di valutazione delle
performance dell’Università: il lavoro di sintesi non è stato semplice, a causa delle
numerose sfumature che il concetto di valutazione può assumere. Il concetto di
valutazione è risultato essere poco esaminato dalle discipline economico-aziendali,
maggiormente dalle discipline sociologiche, nelle quali si possono riconoscere diversi
tentativi di definizione. Inoltre, il concetto di valutazione è abbastanza diffuso a livello
di organizzazione universitaria, grazie al consistente lavoro di valutazione della
didattica che si può ormai considerare consolidato un po’ ovunque. Si è cercato quindi
di esaminare in che modo la letteratura considera l’idea di un processo di valutazione da
inserire all’interno dell’Università e si sono raccolti interessanti spunti di riflessione, per
14
poi concentrarsi sulla valutazione della ricerca scientifica, ambito a tutt’oggi poco
approfondito e per il quale le esperienze risultano essere limitate. Nonostante la scarsa
diffusione dell’idea di applicare la valutazione alla ricerca scientifica sono state raccolte
e descritte alcune esperienze di valutazione sia nazionali sia internazionali. I casi
riportati sicuramente non sono gli unici esempi di valutazione della ricerca, ma sono
sembrati i più significativi ai fini del presente elaborato. In particolare, il caso
dell’Università di Padova è stato di esempio e di spunto per il progetto analizzato in via
analitica nel capitolo successivo. A livello internazionale, è stata evidenziata la grande
esperienza in materia della Gran Bretagna, il cui esercizio di valutazione è ormai una
tradizione consolidata e fa parte del sistema universitario, con tutti i pregi e i difetti che
possono essergli riconosciuti, ma sono da segnalare anche gli sviluppi repentini della
Spagna in questo tema. L’ultimo capitolo costituisce la parte sperimentale di questo
lavoro: considerando il background analizzato, basato sulla legislazione, sulla
letteratura di riferimento e su altre esperienze sperimentali, si è esaminato in modo
analitico uno specifico caso di valutazione della ricerca, il progetto di autovalutazione
dei Dipartimenti implementato dall’Università di Ferrara.
Il progetto è stato sviluppato all’interno delle attività inerenti la Programmazione
Strategica di Ateneo per il triennio 2007 – 2009 e rappresenta un’esperienza avanzata di
valutazione della ricerca che, se sviluppata e coordinata nel modo migliore con i
processi dell’organizzazione, potrebbe diventare uno strumento fondamentale per il
monitoraggio e la gestione delle attività dell’organizzazione, relazionate agli obiettivi
strategici di riferimento.
Il lavoro nasce da un’esperienza di stage svolta presso l’Ufficio Valutazione e
Programmazione dell’Università di Ferrara, che mi ha permesso di osservare la
situazione dal punto di vista interno all’organizzazione stessa. Obiettivo dell’esperienza
è stata la gestione del progetto di autovalutazione dei Dipartimenti, contestualizzato
all’interno dell’organizzazione considerando gli obiettivi strategici nella ricerca e
l’analisi dei risultati delle attività di ricerca scientifica. L’esperienza di stage è poi
sfociata in un lavoro sperimentale di analisi con l’obiettivo di capire ed eventualmente
dimostrare se veramente un processo di valutazione dei risultati può essere utile
all’organizzazione universitaria per la gestione della propria attività di ricerca scientifica.
15
CAPITOLO 1
Il contesto di riferimento: l’Università pubblica
1.1 L’azienda Università ............................................................................................ 16
1.1.1 Il concetto di azienda nella letteratura di riferimento .................................. 17
1.1.2 Le caratteristiche aziendali dell’Università .................................................. 20
1.1.3 Perché fare valutazione nell’azienda Università .......................................... 24
1.2 Il contesto legislativo............................................................................................ 26
1.2.1 L'autonomia universitaria ............................................................................. 26
1.2.2 Le modalità di finanziamento ........................................................................ 30
1.2.3 La programmazione....................................................................................... 34
1.3 Governance e valutazione..................................................................................... 36
1.3.1 Il processo di Bologna e gli organi di valutazione a livello europeo ........... 40
1.3.2 Gli organi di valutazione a livello nazionale ................................................ 45
1.3.3 Gli organi di valutazione nell’ateneo: il Nucleo di valutazione ................... 51
1.4. L’unità di analisi: il dipartimento ........................................................................ 53
16
CAPITOLO 1
Il contesto di riferimento: l’Università pubblica
1.1 L’azienda Università
Negli anni Novanta il sistema italiano delle pubbliche amministrazioni è stato
interessato da una fase di intensa trasformazione, i cui effetti si fanno sentire ancora
oggi nel Ventunesimo secolo.
Questa trasformazione, dovuta ad una serie di riforme sviluppate e applicate negli anni
Novanta, segue una linea di discontinuità rispetto ai decenni precedenti che erano stati
caratterizzati da una crescita disordinata e molto rapida dell’intervento pubblico, senza
però che questo portasse ad un livello soddisfacente di efficacia dei servizi offerti
(Rebora, 1999)
1
.
Tra le organizzazioni del settore pubblico che sono state protagoniste di cambiamenti e
che lo continuano ad essere nel momento in cui scriviamo, vi sono le Università.
Possiamo affermare che la pubblica amministrazione è costituita da tutti quegli enti
rivolti a soddisfare “bisogni pubblici”: si tratta di una sfera di bisogni potenzialmente
molto ampia e non definibile in modo preciso, essendo legata a condizioni molteplici. In
generale, in ogni società esistono bisogni pubblici e collettivi, ma questi non sono
definibili in modo rigido e deterministico. Questi bisogni, allora, possono essere definiti
“pubblici” in quanto enti e istituti pubblici dimostrano che possono intervenire con
modalità preferibili rispetto alle alternative disponibili. In questo senso possiamo
introdurre il concetto di “valore pubblico”, affermando che la presenza delle istituzioni
pubbliche è legittimata dal fatto che esse producono valore per la società, cioè risultano
capaci di ottenere risultati che hanno un certo valore nella percezione dei cittadini,
rispetto alle risorse impiegate.
In ottica economico-aziendale, la pubblica amministrazione è vista come un insieme di
istituti o enti connessi da relazioni di varia intensità ma dotati di reciproca autonomia.
Secondo tale visione, le varie istituzioni pubbliche realizzano scopi diversi, esprimono
1
Cfr. Rebora G. (1999), Un decennio di riforme. Nuovi modelli organizzativi e processi di cambiamento
delle amministrazioni pubbliche (1990-1999), Guerini, Milano; l’autore evidenzia che la complessità dei
bisogni pubblici, la crescita progressiva delle risorse disponibili per il soddisfacimento di questi bisogni e
le condizioni politico-istituzionali sono state all’origine di una disordinata e rapida crescita dell’intervento
pubblico, che ha generato un disavanzo economico nei conti nazionali e un debito pubblico non
ulteriormente sostenibili.
17
gli interessi dei diversi gruppi sociali che rappresentano e intervengono nel processo di
soddisfazione dei bisogni, tutto ciò configurandosi come “aziende”.
Le Università sono organizzazioni complesse, attorno alle quali ruotano elementi
importanti per il buon funzionamento della società in cui viviamo. E' proprio questa
centralità del ruolo assunto dalle Università in una società moderna “della conoscenza”
che rende ogni intervento complicato. Il cambiamento è sempre difficile da introdurre e
soprattutto da gestire, tanto più se riguarda un soggetto che ha un ruolo così centrale e
determinante.
La trasformazione del contesto di riferimento, unita al fatto che qualsiasi cambiamento
esterno si traduce e influenza i cambiamenti interni all'organizzazione, ci porta a
esaminare i motivi per cui possiamo riconoscere “caratteristiche aziendali” ad una
particolare istituzione pubblica come l'Università e parlare quindi esplicitamente di
“azienda Università”.
1.1.1 Il concetto di azienda nella letteratura di riferimento
Considerando come punto di partenza della nostra analisi il concetto di azienda, è
necessario fare qualche cenno alla letteratura di riferimento, anche se non si procede in
questa sede con un esame approfondito del tema.
E' noto che non esiste una definizione univoca di azienda, e che il concetto è stato
storicamente declinato secondo diversi aspetti e punti di vista da numerosi illustri autori
italiani. Tale “impalpabilità” del concetto deriva dal fatto che le aziende sono in
continua trasformazione, quindi, con loro, anche ogni tentativo di definizione e
classificazione.
E' interessante suddividere le numerose definizioni di azienda in due categorie:
1. una categoria di definizioni basate su una interpretazione statica;
2. una categoria di definizioni basate su una interpretazione dinamica.
L'interpretazione statica vede l'azienda come un complesso di persone e di beni tra loro
disposti per il conseguimento di un determinato fine; in questo senso, l'azienda
appartiene ad una o più persone, e sembra non avere la possibilità di agire
individualmente.
L'approccio dinamico enfatizza la visione di azienda come un insieme di operazioni da
considerare coordinatamente come un sistema.
18
In un'ottica più ampia, seguendo il ragionamento di Airoldi, Brunetti, Coda (1994),
impostato secondo quanto teorizzato da Masini, possiamo partire da un'analisi del
concetto di istituto.
La società umana complessiva è articolata in ulteriori numerose società umane, che si
intersecano costruendo tra loro molteplici relazioni. Queste società umane sono di varia
natura: le famiglie, lo Stato e le sue articolazioni (cioè Regioni, Province, Comuni, ecc.),
le comunità internazionali, le imprese, le associazioni di imprese e i sindacati, i partiti e
i movimenti politici, e così via. Ciascuna persona partecipa contemporaneamente a più
società umane e ogni società umana persegue il bene comune dei suoi membri
2
. Le
persone, infatti, tendono naturalmente a far parte di società umane per realizzare risultati
che non sarebbero attuabili con le risorse individuali e che comunque sono attuabili più
convenientemente con i contributi coordinati di una pluralità di persone, e per
soddisfare bisogni di socialità, ossia di relazioni interpersonali.
Se indichiamo con il termine istituzioni regole e strutture di comportamento
relativamente stabili per i singoli e per i gruppi, possiamo dire che la vita delle persone
nella società umana complessiva è caratterizzata dal sorgere e dall'evolversi di queste
istituzioni, che possono essere di varia natura. Sono definite istituti le società umane che
assumono caratteri di istituzioni, ossia di regole e di strutture di comportamento
relativamente stabili
3
.
I processi attraverso i quali particolari regole e strutture diventano di uso comune e
vengono codificate sono detti processi di istituzionalizzazione.
Normalmente nelle scienze sociali le società umane da noi denominate “istituti” sono
distinte in due gruppi, famiglie e organizzazioni, dove per famiglie si intendono le
società umane naturali, mentre le organizzazioni sono le collettività orientate al
raggiungimento di scopi specifici e dotate di regole di comportamento deliberatamente
2
“Il bene comune è il prodotto della cooperazione societaria che condiziona i singoli nella “società”: è un
bene funzionalmente per tutti, inteso come agevolatore dell'attività dei singoli membri; è costituito dal
complesso di beni che per natura loro hanno una funzione universale e un'attitudine per tutti. Va inteso,
dunque, come bene dei singoli, fattore di agevolazione di ogni persona verso l'alto fine della persona
umana”. Masini, 1979.
3
“Un istituto si presenta come complesso di elementi e di fattori, di energie e di risorse personali e
materiali. Esso è duraturo (impropriamente talora si dice “stabile”). Il suo permanere è della specie
dinamica, sia per i fenomeni interni sia per quelli di rapporti esterni con l'ambiente. Come complesso è
ordinato [...] secondo proprie leggi anche di varia specie (fisiche, sociologiche, economiche, religiose, e
così via) ed in multiforme combinazione. E' una unità per i rapporti che lo costituiscono, ma che proprio
si manifestano in un modo e non in altro e con vincolo degli elementi e fattori a carattere di
complementarietà per essere rivolti ad un insieme di fini comune. [...] L'istituto presenta inoltre il
carattere dell'essere autonomo, ma di un'autonomia relativa per i nessi con le altre componenti della
società umana. La ricerca intorno ad un istituto è necessariamente di tipo interdisciplinare.” Masini, 1979.
19
progettate e rese esplicite. Il termine istituti comprende sia le famiglie sia le
organizzazioni.
L'attività economica si svolge prevalentemente in istituti e per relazioni tra istituti. In
linea di principio in tutti gli istituti si svolge attività economica, cioè attività di
produzione e di consumo di beni economici.
Si definisce azienda l'ordine strettamente economico di un istituto, ossia l'insieme degli
accadimenti economici disposti ad unità secondo proprie leggi (Airoldi, Brunetti, Coda,
1994).
Secondo questa visione l'istituto è una realtà unitaria, essendo unitaria la società umana
che esso riflette e il bene comune cui esso è finalizzato; è unitaria, per sua natura, anche
l'azienda. L'economia non è, dunque, un insieme di manifestazioni economiche
individuali, ma i bisogni economici, il lavoro, la proprietà, il patrimonio, i redditi, i
consumi sono propri delle persone in quanto esse sono membri di un istituto.
Airoldi, Brunetti, Coda distinguono quattro classi di azienda, riprendendo una
classificazione impostata da Masini:
− l'azienda familiare di consumo e di gestione patrimoniale,
− l'azienda di produzione,
− l'azienda composta pubblica,
− l'azienda nonprofit.
Queste classi di aziende sono accomunate dallo stesso fine generale perseguito, cioè il
soddisfacimento dei bisogni umani, e dallo stesso mezzo utilizzato per il perseguimento
di questo scopo, cioè l'attività economica. Si distinguono fra loro per i fini immediati
perseguiti e per le loro strutture caratteristiche
4
.
Anche Borgonovi
5
afferma che, secondo il paradigma economico aziendale italiano e
centroeuropeo, tutte le aziende, delle diverse classi e natura, hanno un identico fine
generale, cioè quello di concorrere al progresso economico e sociale delle comunità
locali, nazionali e sopranazionali, ma hanno differenti fini specifici, in quanto svolgono
differenti funzioni nella catena dei processi economici di produzione di ricchezza,
consumo (destinazione a soddisfare i bisogni delle persone), risparmio, investimento
(che servono a produrre nuove ricchezze).
4
“I fini immediati, in prima approssimazione, sono: per l'azienda familiare, il soddisfacimento dei bisogni
dei membri della famiglia; per l'azienda di produzione, la produzione di remunerazioni per i prestatori di
lavoro e per i conferenti di capitale di rischio; [...]. Per strutture caratteristiche, Airoldi, Brunetti, Coda
fanno riferimento all'assetto istituzionale, alla combinazioni produttive, all'organismo personale,
all'assetto tecnico e organizzativo e al patrimonio.” Cfr. Airoldi G., Brunetti G., Coda V.(1994) Economia
Aziendale, Il Mulino, Bologna.
5
Cfr. Borgonovi E. (2004), Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, EGEA, Milano.
20
Riferendoci all'oggetto della nostra analisi, risulta difficile classificare l'Università
secondo un unico criterio di riferimento, trattandosi, come già accennato, di una
organizzazione estremamente complessa e articolata al suo interno, la cui struttura
aziendale presenta specifiche peculiarità.
Queste peculiarità dell’Università e la difficoltà di riconoscerle una definizione univoca
sono legate anche alla questione relativa alla sua natura giuridica. Come messo in luce
da Garlatti
6
, il dibattito è basato sullo scontro-confronto tra due visioni diverse, tra loro
contrapposte: una prima linea di pensiero definisce le Università come enti strumentali
dello stato, i quali curano attività di pertinenza statale, mentre l'altra le identifica come
semplici organi dello stato, sebbene essi siano dotati di personalità giuridica e di altre
caratteristiche di autonomia. Secondo Garlatti l'ostacolo posto da questa dicotomia tra
ente pubblico, da un lato, e organo soggettivato dello Stato, dall'altro, può essere
superato individuando per le Università un modello misto, che potrebbe fondere insieme
la duplice connotazione giuridica di ente e di organo statale, dando luogo ad una figura
non riconducibile né alla nozione di ente né a quella di organismo. Questa difficoltà di
“inquadramento” in specifiche categorie è testimoniata dal fatto che all’Università si
possono applicare solamente le norme che si riferiscono esplicitamente ad essa, ed è
sicuramente curioso notare che “tutte le volte in cui il legislatore ha inteso riferirsi alle
Università, lo ha fatto esplicitamente, consapevole dell’impossibilità di ricondurre le
stesse a categorie classificatorie predeterminate”
7
.
Più recentemente la natura giuridica delle Università è stata oggetto di pronuncia della
Corte di Cassazione a Sezioni Unite, la quale, con decisione del 10 maggio 2006
n°10.700 ha affermato che “ alle Università, dopo la riforma introdotta dalla legge
168/1989, non può essere riconosciuta la qualità di organo dello Stato, ma quella di
ente pubblico autonomo…”.
1.1.2 Le caratteristiche aziendali dell’Università
Dopo aver contestualizzato il problema del riconoscimento dei caratteri di “aziendalità”
nell'Università, si ritiene sia utile provare a riferire puntualmente i concetti sopra citati
al nostro oggetto di analisi, anche se, come già messo in luce, non sarà possibile
inserirlo in una specifica categoria.
6
Cfr. Garlatti A. (1996), Bilancio e controllo economico nelle Università degli studi, EGEA, Milano.
7
Citazione da Garlatti A. (1996), Bilancio e controllo economico nelle Università degli studi, EGEA,
Milano, pag. 38.
21
Volendo privilegiare una concezione di azienda in senso dinamico, non risulta difficile
identificare l'Università come un insieme di elementi e di operazioni tra loro coordinati,
con il fine generale e comune di raggiungere un equilibrio economico tra le risorse
utilizzate e i risultati ottenuti.
Se riconosciamo poi che l'Università non è un'organizzazione frammentata, bensì vi si
possono individuare caratteri di unità legati alla condivisione di fini specifici e delle
modalità di raggiungimento di quei fini tra gli attori che fanno parte dell'ambiente di
riferimento, allora possiamo affermare che l'Università è un istituto, cioè un complesso
di elementi caratterizzato da regole e strutture di comportamento relativamente stabili.
In questo senso all'Università possiamo riconoscere una serie di caratteristiche proprie
degli istituti: la durabilità, intesa come possibilità di permanere nel tempo, da non
confondere con la stabilità; la dinamicità, intesa come capacità di adattarsi ai fenomeni
interni e ai fenomeni esterni, interagendo con il contesto di riferimento; il fatto di essere
ordinata secondo proprie leggi; l'unità, nel senso di un insieme di rapporti diversi che la
costituiscono, ma che sono rivolti ad un fine comune; l'autonomia, in senso decisionale
e operativo, ma comunque autonomia relativa, per gli stretti rapporti con le altre
componenti della società umana.
Occorre verificare se all'Università possiamo applicare il concetto di azienda, così come
definito da Airoldi, Brunetti, Coda (1994), cioè l'ordine strettamente economico di un
istituto, specificato come l'insieme degli accadimenti economici disposti ad unità
secondo proprie leggi.
Secondo Strassoldo (2001), l'Università persegue importanti finalità, quali la
formazione delle classi dirigenti e di elevate professionalità, attraverso la
predisposizione di competenze professionali e tecniche di alto livello, l’ampliamento e
la diffusione della conoscenza attraverso le attività di didattica e di ricerca, il contributo
alla crescita del sistema produttivo. Tali finalità confermano il carattere di unità del
nostro oggetto di analisi, essendo esse raggiungibili solamente considerando
l'organizzazione nel suo complesso. La realizzazione di queste finalità, secondo la
visione di Strassoldo, è resa possibile da alcuni elementi specifici caratterizzanti
l'Università, che ne spiegano il ruolo fondamentale che ricopre: l’alto senso di dignità
della propria funzione, un forte impulso all’eccellenza, un radicato senso critico, una
spinta continua all’accumulazione di conoscenze e al rinnovamento e un forte legame
con la società.
22
Nello stesso modo, considerando la visione di Borgonovi (2003), il fine dell'azienda
Università, che è un fine comune a tutte le aziende, è quello di concorrere al progresso
economico e sociale delle comunità di riferimento. L'azienda Università soddisfa dei
bisogni avvertiti dagli utenti di riferimento, lo deve fare utilizzando delle risorse scarse
e cercando di raggiungere il risultato migliore possibile. Ecco dunque che si esplicita
l'idea che l'Università, per funzionare meglio e non “fallire” deve essere gestita come
azienda, cioè devono essere utilizzati tutti gli strumenti amministrativi, gestionali,
organizzativi, necessari per raggiungere la migliore realizzazione possibile dei propri
fini
8
.
All'azienda Università è richiesto infatti di agire, nell'ambito degli spazi di autonomia
sempre più ampia ad essa riconosciuta, seguendo principi di efficienza, efficacia ed
economicità. Alle Università è richiesto anche di agire secondo principi di
accountability, considerando il loro agire in un ampio ambiente di riferimento, che
include numerosi attori. Per fare ciò è necessario che l'Università abbandoni l'idea di
essere un'istituzione che riceve la propria legittimazione da una volontà esterna e
superiore, e sviluppi invece la cultura e i comportamenti tipici di un'azienda, dal punto
di vista organizzativo ma anche strategico.
Il ragionamento qui esposto sulla concezione di Università come azienda è un percorso
esclusivamente teorico. L'effettiva trasformazione dell'Università in azienda è un
processo che riguarda ogni singolo ateneo. Il cambiamento deriva dall'autonomia
introdotta negli ultimi decenni da leggi provenienti dal sistema centrale, ma l'effettiva
trasformazione si può realizzare solo con un cambiamento effettivo dei processi
amministrativi, gestionali ed organizzativi all'interno di ciascun ateneo.
Il principio di base nella gestione dell'Università diventa l'economicità: per un'azienda,
l'economicità si raggiunge quando si ha un equilibrio economico tra componenti positivi
e componenti negativi di reddito. La condizione di economicità si raggiunge quando si
realizza lo scopo che ci si era prefissati con i mezzi dati e con una remunerazione
soddisfacente del capitale e del lavoro. Da notare che non si considera il concetto in
termini riduttivi, come spesso viene fatto per le pubbliche amministrazioni, ma si
guarda all'accezione ampia del concetto di economicità come capacità di perdurare
massimizzando l'utilità delle risorse impiegate (Cugini, 2007). Al principio di
economicità sono legate anche le condizioni di efficacia ed efficienza, dove per
8
Secondo Baccarani C. (1999), “L'Università tra cambiamento e conservazione”, Sinergie, n. 48, alla
base delle sollecitazioni e dei cambiamenti cui è stata sottoposta negli ultimi decenni l'Università italiana
vi è il principio che l'Università, con i suoi prodotti e le sue strutture di offerta, può anche morire.
23
efficacia intendiamo il grado di raggiungimento dell'obiettivo prefissato, e per efficienza
intendiamo il rapporto ottimale tra input ed output. Si tratta dunque di verificare se i
risultati ottenuti sono in linea con gli obiettivi prefissati, e, in seguito, di verificare se
esiste efficienza nella modalità in cui le risorse sono reperite ed impiegate in rapporto ai
risultati raggiunti.
Seguendo questi principi la gestione dell'Università non è più qualcosa di aleatorio e
non conosciuto dalla maggioranza delle persone, compresi gli individui che hanno un
interesse in tutto questo, ma diventa significativa l'esigenza di una accountability
puntuale, che diventi punto di riferimento per la corretta gestione dei rapporti con gli
attori coinvolti. Di fatto l'importanza che negli ultimi anni l'Università ha assunto in una
società della conoscenza e il crescente numero di rapporti che essa intrattiene con
numerosi attori dell'ambiente esterno di riferimento, hanno portato l'Università ad
avvertire l'esigenza di monitorare i propri processi, e, allo stesso tempo, si può notare
una accresciuta esigenza avvertita all'esterno di veder rendicontate le attività che essa
compie. In sostanza l'esigenza di accountability è avvertita all'interno
dell'organizzazione e all'esterno dell'organizzazione stessa.
L'Università, pensata come azienda, avverte il bisogno di spiegare al mercato e ai propri
utenti come sta lavorando, cioè se sta perseguendo i fini che si pone, in che misura li sta
perseguendo, quali strumenti sta utilizzando, che rapporto c'è tra mezzi e risultati e così
via. I soggetti esterni all'Università richiedono che essa dimostri come sta lavorando,
poiché essa influenza l'ambiente esterno; non dobbiamo dimenticare che l'Università
forma gli individui che andranno, in futuro, a gestire la società, quindi la società stessa
ha un interesse nel modo in cui questi soggetti sono formati; inoltre, all'Università è
affidato, insieme alla didattica, il compito di sviluppare la ricerca, elemento nodale per
lo sviluppo della società sotto molteplici punti di vista. Così, come le aziende che
producono dei beni devono far conoscere i propri prodotti e diffondere la propria
immagine aziendale affinché i clienti apprezzino il prodotto, lo comprino e quindi
aumentino le vendite, nello stesso modo l'azienda Università deve farsi conoscere e
partecipare alla vita sociale per evitare il senso di “separatezza” ed estraneità che la fa
percepire come esclusa dal contesto sociale, economico, istituzionale in cui opera
9
.
9
Borgonovi E. (2003), “Rapporti tra enti pubblici e l’azienda Università”, Azienda Pubblica, n. 5-6,
afferma che gestire l'Università come azienda significa utilizzare al meglio le conoscenze, i metodi e gli
strumenti gestionali, organizzativi, di rilevazione contabile e di informazione più in generale, per
contribuire alla migliore realizzazione dei fini istituzionali di ricerca e formazione.
24
Le conseguenze dell'individuazione di una logica di questo tipo possono essere così
riassunte: da un lato un modello di tipo aziendale impone di ridefinire i rapporti tra
soggetti interni, quindi tra docenti, tra docenti e studenti, tra docenti, studenti e
personale tecnico-amministrativo; dall'altro è necessario attivare o rafforzare i rapporti
con l'ambiente esterno.
Così facendo l'Università può passare da un sistema chiuso, caratterizzato da
autoreferenzialità e importanti elementi di burocraticità, ad un sistema aperto, in cui
essa risponde ai bisogni della società, collaborando con quest'ultima e ricercando
impulsi innovativi.
1.1.3 Perché fare valutazione nell’azienda Università
Quanto fin'ora descritto ci porta a considerare il ruolo della valutazione all'interno
dell'Università.
Abbiamo già messo in luce il fatto che se consideriamo l'Università come azienda,
dobbiamo riconoscere che essa deve costruire le proprie fondamenta sul principio di
economicità, che comprende efficacia ed efficienza, e sul principio di accountability.
Perchè tutto ciò sia sostenibile, cioè possa continuare nel tempo, e per evitare la
possibilità di una “sparizione” dell'Università così intesa, è bene che all'interno di essa
siano costruiti meccanismi in grado di monitorare e controllare in modo preciso
l'andamento della gestione di questa azienda. Si rende necessaria dunque l'introduzione
di sistemi di misurazione e di valutazione delle performance, che permettano il
riconoscimento dei fattori critici di successo, da evidenziare e sviluppare, ma anche di
eventuali punti negativi, da risolvere o eliminare.
In un sistema di questo tipo è importante determinare prima di tutto chi sono gli
stakeholder di riferimento, cioè tutti quei soggetti che in qualche modo sono influenzati
e hanno un qualche interesse legato alla gestione dell'azienda, in questo caso
dell'azienda Università. Proviamo a distinguere gli stakeholder in relazione ai due
principali ambiti di attività sui quali lavora l'Università: la didattica e la ricerca.
In relazione alla didattica, gli stakeholder di riferimento per l'azienda Università sono
principalmente gli studenti e le loro famiglie. L'Università rivolge la propria offerta
formativa a questi soggetti, ed è dunque necessario che essa consideri quali sono le loro
aspettative e le loro richieste.
In relazione alla ricerca, la categoria degli stakeholder è decisamente più eterogenea e
diversificata, e non facilmente classificabile. Cercando di individuare un minimo di
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sistematicità, possiamo dire che essi sono la società nel suo complesso, le imprese
presenti nel territorio, le istituzioni nazionali e internazionali, ed ancora una volta gli
studenti, la cui formazione dipende per una parte dalle attività di ricerca portate avanti
dai docenti.
In ottica più ampia, si possono considerare in generale stakeholder dell'Università i
seguenti soggetti:
− il Ministero e tutti gli attori istituzionali nazionali e internazionali, che intervengono
nella gestione di ciascuna singola azienda Università;
− gli studenti e le loro famiglie, che si rivolgono all'Università richiedendo una
“formazione”, e sempre più spesso una formazione che sia di qualità;
− la società nel suo complesso, il cui sviluppo dipende dai laureati che usciranno da
quell'azienda e dai progetti di ricerca che quell'azienda riesce a sviluppare;
− il mercato del lavoro, che richiede laureati che si dedichino alle aree più
significative e che abbiano una formazione di qualità;
− gli altri atenei, cioè le altre aziende Università, che rappresentano i concorrenti,
sempre meno per la loro posizione geografica, ma piuttosto per le loro
caratteristiche relativamente all'attrazione della domanda e per le loro capacità di
ricerca, dunque per la loro qualità, ma che diventano sempre più anche collaboratori,
vista la progressiva riduzione delle risorse;
− il personale, sia tecnico-amministrativo, sia docente, che lavora all'interno di
quell'Università.
L'elenco precedente potrebbe essere non completo per alcuni, oppure troppo ricco per
altri; ai nostri fini, si ritiene che questa possa essere una rappresentazione soddisfacente
dei soggetti con i quali si confronta ogni giorno l'azienda Università nello svolgimento
della propria attività.
L'azienda Università si connota quindi come una realtà multi-stakeholder, in cui la
capacità di gestire i rapporti con questi stakeholder e il consenso da essi manifestato
rappresentano le condizioni alle quali sono legate l'efficacia e lo sviluppo dell'attività
dell'Università; non possiamo pensare che essa possa continuare ad operare come
decenni fa, perchè lo sviluppo di nuove forme di relazione con il tessuto sociale,
culturale e produttivo, il processo di autonomia, la managerializzazione della gestione,
la crescente competizione sul mercato nazionale e internazionale, la necessità di
sviluppare forme alternative al finanziamento pubblico hanno messo l'Università al
centro di fenomeni complessi che devono essere governati (Cugini, 2007).