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Diverse utili e concrete spiegazioni della realtà sono state
sviluppate; le più interessanti sono quelle relative alla presenza di
costi di agenzia e di costi di fallimento. Le imperfezioni e il
dinamismo del mercato possono comportare oneri addizionali sotto
forma di un più elevato costo del capitale.
Tale eventualità è particolarmente rilevante nel caso del capitale di
debito ed è tanto maggiore quanto più elevato è il rapporto di
indebitamento. In simili condizioni, vi sono concrete possibilità che
il rischio operativo arrivi a gravare anche sui finanziatori a titolo di
debito, i quali potrebbero perdere la certezza di recuperare il
capitale prestato
3
. L’ipotesi che il costo del debito risulti costante
per qualsivoglia livello di indebitamento è nella realtà poco
verosimile, come testimoniato anche dagli spread di tasso
normalmente riscontrabili sulle emissioni obbligazionarie
caratterizzate da differenti rating.
1.1 LA POSIZIONE TRADIZIONALE
Prima che Modigliani e Miller esponessero le proprie teorie, gli
studi di riferimento erano quelli condotti da B.Graham, L.Dodd
4
e
D.Durand
5
.
3
Se il valore di mercato dell’attivo diviene minore o uguale a quello del debito, gli azionisti
non hanno più convenienza a rimborsare il debito stesso e tendono pertanto a lasciar fallire
l’azienda, con l’effetto di far gravare sui creditori anche i costi relativi alla gestione del
fallimento. Inoltre, all’approssimarsi di tale condizione, ossia quando il valore dell’attivo è di
poco superiore a quello del debito, gli azionisti sono incentivati ad accrescere il grado di
rischio dell’attività operativa in quanto il rischio di perdita è per loro ormai modesto, mentre
potrebbero beneficiare integralmente dell’eventuale successo delle attività ad alto rischio
intraprese.
4
B.GRAHAM-L.DODD, Security Analysis, New York, 3
a
ed., pp.464-466.
5
D.DURAND, The cost of debt and equity funds for business: trends, problems of measurement,
in Conference on Research in Business Finance, National Bureau of Economic Research, New
York, 1952, oo.215-247.
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3
Il loro punto di vista prende le mosse dalla convinzione che il
rapporto delle azioni/utili sia scarsamente influenzato da moderati
livelli di indebitamento nella struttura del capitale.
Per effetto di tale impostazione il costo dei mezzi propri può essere
supposto costante fino ad un livello ragionevole di indebitamento,
oltrepassato tale livello il costo del capitale proprio subisce
un’impennata in ragione dell’eccessivo livello di indebitamento.
Prima del contributo di MM, l’opinione prevalente era concorde nel
non considerare irrilevante la struttura finanziaria: si può rilevare
come all’aumentare dell’indice di indebitamento il costo medio
ponderato del capitale diminuisca, rendendo individuabile un mix
ottimale delle fonti di finanziamento.
Andamento del wacc al variare del rapporto di indebitamento secondo
l’ipotesi tradizionale
r
S
wacc
r
B
B/S
T
a
s
s
o
d
i
r
e
n
d
i
m
e
n
t
o
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Tale impostazione sarebbe stata, completamente rovesciata dalle
proposizioni di MM.
Il valore dell’impresa è dato da:
V = S + B
Dove:
B = debito finanziario
S = mezzi propri
r
S
= costo dei mezzi propri
r
B
=costo del debito
6
Nell’impostazione tradizionale, il costo del debito viene
rappresentato come meno oneroso della raccolta dei mezzi propri,
all’aumentare dell’indice di indebitamento dell’impresa, il costo
medio ponderato del capitale diminuisce; raggiunta una certa soglia
anche il Wacc subirebbe un aumento per effetto dell’incremento del
costo dei mezzi propri.
Il Wacc prima diminuisce e poi aumenta assumendo un andamento
a U e i tradizionalisti sostengono l’esistenza di una fascia ottimale
di utilizzo dell’indebitamento che consentirebbe di minimizzare il
costo medio del capitale e di massimizzare il valore globale
dell’impresa, ritenendo il rapporto prezzo delle azioni/utili attesi
non influenzato, fino ad un certo limite, dal grado di leverage.
6
Wacc = Weight average cost of capital, non è altro che la media dei costi delle varie fonti di
finanziamento, ponderata in base al peso che ciascuna di tali fonti ha rispetto al totale della
struttura finanziaria.
S B
Wacc = x r
S
+ x r
B
S + B S + B
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1.2 LE PROPOSIZIONI DI MODIGLIANI E MILLER
Nel 1958 Modigliani e Miller
7
hanno scritto il loro primo articolo in
questo campo, che ha alla base severe e rigorose restrizioni.
Ipotesi alla base del modello:
1) Le imprese emettono solo due tipi di debito: debito risk free e
capitale proprio (rischioso);
2) I mercati finanziari sono privi di frizioni
8
;
3) Non vi è imposizione fiscale personale e societaria;
4) Non vi sono costi di transazione (il ricorso al debito oppure al
capitale azionario non genera costi addizionali sotto forma di
commissioni, spese legali e così via);
5) Non esistono costi di fallimento, diretti o indiretti;
6) Gli insider dell’impresa e gli outsider hanno le stesse
informazioni (nessun soggetto ha vantaggi informativi);
7) Il management opera nell’interesse esclusivo degli azionisti, e
questi ultimi a loro volta non intraprendono azioni volte a
danneggiare gli interessi dei creditori.
Successivamente altri come Stiglitz (1974) e Merton (1990) hanno
rimosso l’assunto che si basa sulla categoria di rischio. Myers
(1984) afferma che abolendo queste restrizioni, uno dopo l’altra, è
possibile iniziare a delineare le cause possibili per ottenere una
struttura finanziaria ottimale. Il modello teorico della struttura
finanziaria in un mondo in cui il mercato dei capitali non è perfetto
7
MODIGLIANI F. e MILLER M.H., The Cost of Capital, Corporation Finance and the Theory of
Investment, American Economic Review, June 1958.
8
Le ipotesi caratteristiche del mercato perfetto, prese come riferimento da MM per lo sviluppo
delle note proposizioni, presuppongono l’assenza di imposte, di costi diretti ed indiretti
connessi al rischio di dissesto finanziario, di costi d’agenzia (sia fra azionisti e management
dell’impresa sia fra azionisti e obbligazionisti) e l’inesistenza di frizioni e/o di particolari costi
di transizione.
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riporta la struttura finanziaria a parecchi attributi misurabili e non
misurabili di un’impresa. La proposizione dell’irrilevanza prevede
che il valore dell’impresa non dipende dalla struttura finanziaria.
Il valore di un’impresa è determinato dalle sue attività reali e non
dai titoli che emette, e tale valore rimane inalterato
indipendentemente dalla natura dei titoli vantati nei suoi confronti.
Oltre le ipotesi dell’irrilevanza di Modigliani e Miller ci sono varie
altre teorie rilevanti sulla struttura finanziaria.
1.2.1 LA PROPOSIZIONE “I” DI MODIGLIANI E MILLER
Il valore di mercato di un’impresa è indipendente dalla struttura
finanziaria. Il mercato dei capitali è perfetto e non c’è tassazione
sugli utili societari.
V
t
= V
B,t
+ V
S,t
V
t
= Valore dell’impresa
V
B
= Valore di mercato del debito
V
S
= Valore di mercato del capitale proprio
Dove:
V
t
= Valore dell’impresa
S
t
= Valore di mercato delle azioni ordinarie
B = Valore di mercato dei debiti dell’impresa
X
t
=Rendimento atteso dell’attività operativa d’impresa
r
0
=Tasso di attualizzazione adeguato al rischio operativo delle
aziende cui j appartiene.
Dalla formula, si deduce che il costo medio del capitale è
indipendente dalla struttura del capitale ed è uguale al tasso di
X
t
V
t
= ( S
t
+ B
t
) =
r
0
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capitalizzazione di un flusso di rendimenti della classe di rischio
operativo cui l’azienda appartiene (r
0
coincide con il wacc).
Per Modigliani e Miller, in un mercato perfetto, dato che il valore di
un’impresa non è influenzato dalla struttura finanziaria, ogni
combinazione fra mezzi propri e debito, è valida come qualsiasi
altra.
Si supponga che due imprese U ed L generino lo stesso flusso di
reddito, ma presentino differenti caratteristiche nella loro struttura
finanziaria (nella composizione dei mezzi propri S e dei debiti B).
L’impresa U non è indebitata (unlevered), per essa il valore viene
espresso dalla relazione:
V
U
= S
U
V
t
=
ȍ
V(Ĭ)
t+1
dP(Ĭ)
t+1
Dove
V(Ĭ)
t+1
= Valore dell’impresa nello stato Ĭ al tempo t+1;
ȍ = Ogni possibile opportunità;
Ĭ = Opportunità i che l’economia può avere al tempo t+1;
B(Ĭ)
t+1
= Valore di mercato dei debiti al tempo t+1;
S(Ĭ)
t+1
= Valore di mercato dei mezzi propri al tempo t+1;
P(Ĭ)
t+1
= La distribuzione del corrispondente prezzo;
R
t+1
= Pagamenti degli interessi promessi agli obbligazionisti al
tempo t+1.
Il valore di mercato delle imprese levered al tempo t è espresso
come la somma del valore di debito e del capitale netto.
V(Ĭ)
t
= S(Ĭ)
t
+ B(Ĭ)
t
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Il valore totale di mercato sarà diviso tra azionisti e obbligazionisti
dipende da quando si verifica il default nel debito obbligazionario.
Ci sarà un default e successivamente bancarotta quando:
R
t+1
>=S(Ĭ)
t+1
o quando:
R
t+1
+ B(Ĭ)
t
>= V(Ĭ)
t+1
Al punto di maturità, la richiesta di valore degli obbligazionisti
sarà:
V(Ĭ)
B,t+1
= min R
t+1
+ B(Ĭ)
t+1
, V(Ĭ)
t+1
Al punti di maturità, la richiesta di valore degli azionisti sarà:
V(Ĭ)
S,t+1
= Max V(Ĭ)
t+1
– (R
t+1
+ B(Ĭ)
t+1
), 0
V(Ĭ)
S,t+1
= Max B(Ĭ)
t+1
- R
t+1
, 0
Al tempo t, il valore del capitale proprio e del debito nelle imprese
levered può essere scritto come:
Capitale proprio:
S(Ĭ)
t
=
ȍ
V
S
(Ĭ)
t+1
dP(Ĭ)
t+1
Debito:
B(Ĭ)
t
=
ȍ
V
B
(Ĭ)
t+1
dP(Ĭ)
t+1
In relazione ai pay off del debito e del capitale netto investito, il
valore totale dell’impresa può essere scritto come
Max V(Ĭ)
t+1
– (R
t+1
+ B(Ĭ)
t+1
), 0 + min R
t+1
+ B(Ĭ)
t+1
,V(Ĭ)
t+1
CASO 1:
V
S
(Ĭ)
t+1
> (R
t+1
+ B(Ĭ)
t+1
)
CASO 2:
V
S
(Ĭ)
t+1
< (R
t+1
+ B(Ĭ)
t+1
)
Il valore dell’impresa levered è:
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S(Ĭ)
t
+ B(Ĭ)
t
=
ȍ
V
S
(Ĭ)
t+1
+ V
B
(Ĭ)
t+1
dP(Ĭ)
t+1
= V(Ĭ)
t+1
Finché esiste la possibilità per qualunque investitore di dare o
prendere a prestito personalmente alle stesse condizioni praticate
alle imprese, si possono annullare gli effetti di un qualsiasi
cambiamento della struttura finanziaria
9
.
Modigliani e Miller rilevarono un aumento del flusso attuale di utile
per azione, in seguito ad un aumento della leva, mentre il prezzo
delle azioni non subiva alcuna modifica.
Il rendimento atteso dell’attività di un’impresa (r
A
) è pari al reddito
operativo atteso da tale attività pesato, in assenza di indebitamento,
sul valore totale di mercato dei titoli d’impresa; e poiché nei
mercati finanziari perfetti le decisioni di indebitamento di
un’impresa non influenzano né il suo reddito operativo, né il valore
totale di mercato dei suoi titoli ne consegue che, anche in presenza
di indebitamento, il rendimento atteso delle attività rimarrà
invariato. In relazione alla variazione del “rischio” finanziario ciò
che varierà sarà il rendimento atteso del capitale netto (r
S
) che
aumenterà in proporzione al rapporto Debito/Capitale netto (B/S). Il
tasso di aumento dipenderà dalla differenza fra il rendimento atteso
delle attività d’impresa e il rendimento atteso (o costo) del debito
(r
B
).
Se si suppone che un investitore possegga tutto il debito e tutto il
capitale netto di una società, egli avrà diritto a tutti i redditi
9
Una ulteriore chiarificazione della dimostrazione si trova in PAOLA GALBIATI, La struttura
finanziaria delle imprese: modelli teorici e scelte operative, EGEA, Milano, 1999, in cui
l’autrice considera alla base “una sorta di autoregolamentazione che opera in un mercato
perfetto: il meccanismo degli arbitraggi, riferito a due aziende identiche sul piano operativo,ma
caratterizzate da una struttura finanziaria diversa [ … ]. Infatti qualora una strategia di
arbitraggio generi un vantaggio [ … ] tutti gli investitori razionali acquisterebbero azioni
dell’impresa sottovalutata e ciò condurrebbe ad un rialzo del prezzo delle azioni delle due
aziende.
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operativi dell’impresa e quindi il rendimento atteso del suo
portafoglio sarà pari a:
Questa equazione può essere trasformata in modo da ottenere r
S
,
ossia il rendimento atteso del capitale netto di n’impresa indebitata:
1.2.2 LA PROPOSIZIONE “II” DI MODIGLIANI E MILLER
Il tasso di rendimento atteso delle azioni di un’impresa indebitata
aumenta in proporzione al rapporto debito/capitale netto (B/S)
espresso in valori di mercato
10
. Il tasso di aumento dipende dalla
differenza fra r
A
, il tasso di rendimento atteso di un portafoglio
comprendente tutti i titoli dell’impresa, e r
B
, il rendimento atteso del
debito. Se l’impresa non è indebitata abbiamo che r
S
= r
A
.
10
La Proposizione II di MM discende dalla generale assunzione, all’interno di un mercato
perfetto, della costanza di valore dell’impresa. Il rendimento dei mezzi propri non rappresenta
un punto di partenza ma di arrivo: tale impostazione anticipa quella futura contenuta nel
Capital Asset Pricing Model (CAPM), basata su un rendimento atteso di poprtafoglio crescente
al crescere del rischio, proprio così come MM presuppongono un rendimento atteso dei mezzi
propri crescente al crescere del rapporto di indebitamento dell’impresa, e quindi alla sua
rischiosità finanziaria.
Rendimento Rendimento Incidenza Rendimento
atteso delle = x atteso del + del capitale x atteso del
attività debito netto capitale netto
Incidenza
del debito
B S
r
A
= x r
B
+ x r
S
B + S B + S
Rendimento Rendimento Rapporto Rendimento Rendimento
atteso del = atteso delle + debito/capitale x atteso delle - atteso del
capitale netto attività netto attività debito
B
r
S
= r
A
+ (r
A
– r
B
)
S
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MM presuppongono che, almeno fino ad una certa soglia, il debito
(B) sia privo di rischio: il rendimento atteso del capitale netto
aumenta linearmente fino a quel punto (individuato dalla linea
tratteggiata); poi l’incremento del grado di indebitamento determina
un trasferimento parziale del rischio operativo sui possessori dei
titoli di debito e quindi r
S
diminuisce la sua inclinazione ed il
rendimento atteso del debito aumenta.
Il grafico qui sotto ci mostra come all’aumentare
dell’indebitamento, rimane costante sia il tasso di interesse, sia il
costo medio ponderato del capitale: è il rendimento atteso del
Andamento del rendimento atteso del capitale netto al variare del
rapporto di indebitamento secondo Modigliani e Miller
r
S
= Rendimento atteso
del capitale netto
r
A
= Rendimento atteso
delle attività
r
B
= Rendimento atteso
del debito
Debito privo di Debito B/S = Debito/Capitale netto
rischio rischioso
Brealey Richard A., Myers Stewart C., Sandri Sandro, Principi di
Finanza Aziendale, McGraw – Hill, pag.455.
T
a
s
s
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d
i
r
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n
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capitale proprio che aumenta (secondo MM per convincere gli
investitori ad acquistare azioni di un’azienda indebitata è necessario
offrire loro un rendimento tanto più alto quanto più è indebitata
l’azienda).
Modigliani e Miller anticipano così una relazione importante fra
rendimento richiesto sul capitale proprio e rischio: ogni aumento
dei rendimenti attesi è controbilanciato da un aumento di rischio.
Nella successiva tabella possiamo analizzare e confrontare la
posizione di MM e quella dei tradizionalisti e chiarire
definitivamente i punti di partenza e di arrivo dei due approcci.
Andamento del wacc al variare del rapporto di indebitamento
secondo Modigliani e Miller
r
S
wacc
r
B
B/S
T
a
s
s
i
d
i
r
e
n
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Ciò che per i tradizionalisti costituisce il punto di partenza (il costo
del capitale proprio, r
S
) per MM rappreseta il punto d’arrivo;
mentre i tradizionalisti identificano un rapporto ottimale di
indebitamento (che minimizza il costo del capitale, r
A
), MM
sostengono l’indifferenza di tale rapporto riferito al costo del
capitale; giova tuttavia sottolineare la metodologia attraverso la
quale MM giungono a dimostrare l’irrilevanza della struttura
Andamento del rendimento atteso del capitale secondo MM e i
tradizionalisti: un confronto.
r
S
=(tradizionalisti)
r
S
=(MM)
r
A
=(tradizionalisti)
r
A
=(MM)
r
B
B/S=Debito/Capitale netto
I tradizionalisti credono nell’esistenza di un rapporto
debito/capitale netto ottimale che minimizza r
A
Brealey R.A., Myers, Sandri S., Principi di Finanza Aziendale, McGraw
– Hill, 2003, pag. 465.
T
a
s
s
i
d
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r
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n
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finanziaria che si basa sul “rendimento” e, solo per identità, sul
“costo” delle componenti del capitale.
Modigliani e Miller in effetti (così come, sotto questo profilo, i
tradizionalisti), non differenziando il costo dal rendimento del
capitale proprio, possono concludere che non c’è differenza nel
rapporto di leverage, sostenendo che il rischio generato da un
aumento del livello di indebitamento si traduce in un maggior
rendimento atteso per gli investitori del capitale di rischio; tale
maggior rendimento non si riflette sul rendimento delle attività
dell’impresa che rimane costante anche in presenza di tali
variazioni.
La teoria di creazione di valore azionario riconosce nell’incremento
del valore del titolo la principale componente “dell’interesse degli
azionisti”; tale incremento si verifica solo nel momento in cui il
rendimento risulta maggiore del costo sostenuto per l’acquisizione
del titolo, cioè nel caso in cui l’impresa abbia generato ricchezza
misurabile.
Nella ricerca di combinazioni fra capitale proprio e capitale di
debito si produce valore per gli azionisti, e così viene a decadere la
tesi dell’irrilevanza della struttura finanziaria, poiché non sarebbero
più le singole componenti del costo del capitale ad essere prese in
considerazione in quanto tali, bensì il valore derivante dal rapporto
di tali componenti in relazione alle loro caratteristiche ed alle
relazioni che intercorrono fra queste grandezze e la teoria di
creazione del capitale azionario, che si fonda sul vantaggio generato
dall’impresa per i portatori del capitale.
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1.2.3 LA PROPOSIZIONE DI MODIGLIANI E MILLER IN
PRESENZA DI IMPOSTE
Nell’articolo pubblicato nel 1963
11
da MM viene introdotta
l’imposizione societaria.
Considerando il costo del capitale proprio come fiscalmente non
deducibile per l’impresa, diversamente da quello del capitale di
debito che può essere detratto dalla base imponibile (generando
quindi un beneficio fiscale in presenza di un risultato ante imposte
capce di assorbire il costo deducibile rappresentato dall’interesse
pagato), ne consegue che il valore dell’azienda risulta
positivamente correlato al suo livello di indebitamento.
MM sviluppano una nuova versione della Proposizione I,
aggiungendo gli effetti fiscali del vantaggio fiscale del debito,
considerando il valore delle atività dell’impresa indebitata,
aumentato del beneficio derivante dalle minori imposte pagate.
1.2.4 PROPOSIZIONE “I” IN PRESENZA DI IMPOSTE
SOCIETARIE
Il valore di mercato di un’impresa indebitata è pari a quello di
un’impresa non indebitata, aumentato del vantaggio fiscale
dell’indebitamento.
Il valore del vantaggio fiscale è dato dal prodotto fra l’ammontare
del debito e l’aliquota d’imposta sul reddito nazionale.
11
MODIGLIANI F. e MILLER M.H., Corporate income taxes and the cost of capital: A
correction, American Economic Review, June 1963.
Valore Valore dell’impresa Vantaggio fiscale
dell’impresa non indebitata del debito
=+