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(a)Accumulazione dei sinistri nel tempo e nello spazio. Il verificarsi della
catastrofe deve provocare più sinistri in tempi ed in luoghi differenti in
modo che la somma dell’entità dei singoli danni risulti molto elevata.
(b)Eccezionalità della causa. Tutti i sinistri devono essere riconducibili alla
stessa causa che deve essere di natura straordinaria. Le catastrofi sono
degli avvenimenti rari che non obbediscono ad alcuna legge statistica;
questo comporta delle difficoltà nella previsione di questi eventi.
Tali precisazioni permettono di escludere dalla definizione di rischi
catastrofali sia gli eventi che provocano un solo danno, anche se di
notevoli dimensioni (per la mancanza del primo requisito), sia le catastrofi
causate da eventi che generano una pluralità di danni ma sono
normalmente oggetto di copertura assicurativa (per la mancanza del
secondo requisito).
In linea teorica, per ogni rischio si può calcolare la sua pericolosità
considerando tre elementi: (i) la probabilità che si verifichi l’evento, (ii)
l’entità dei danni che può generare, (iii) il grado di variabilità della
sinistrosità nel tempo. Oppure si può usare un indice sintetico che è la
varianza. Con essa si possono effettuare anche dei confronti tra la
rischiosità dei vari rischi di un portafoglio. Naturalmente, tra due rischi con
le stesse caratteristiche ma con varianze diverse, si considererà più
pericoloso quello con la varianza maggiore.
Un rischio catastrofale, anche se ha una bassa probabilità di verificarsi,
può compromettere seriamente la stabilità della compagnia di
assicurazione proprio a causa dell’entità dei danni che può provocare. In
realtà, la presenza di questo tipo di rischio all’interno del portafoglio
assicurativo modifica la probabilità di rovina delle compagnia in quanto
altera la varianza dell’intero portafoglio. E’ necessaria, quindi, una
notevole attenzione nel trattare questi tipi di rischi per evitare possibili
squilibri nella gestione dell’impresa.
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1.3 CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI CATASTROFALI
Le catastrofi in senso assicurativo comprendono un gruppo molto ampio di
eventi. Esse possono suddivise, a seconda della causa che le ha generate, in
due categorie. Se sono causati da forze della natura si parla di catastrofi
naturali. L’entità dei danni provocati da tali calamità dipende dalle misure
di prevenzione adottate, dalle tecniche di costruzione degli edifici, dalla
violenza degli elementi naturali che li generano, da vari fattori casuali
come l’ora in cui avviene l’evento e soprattutto dalla forma e dalla struttura
delle zone che colpiscono.
Esempi di catasti naturali sono: terremoti, tempeste, maremoti, eruzioni
vulcaniche, inondazioni, valanghe. Molto spesso eventi di tale tipo non
possono essere controllati dall’uomo e si può solamente cercare di limitare
i danni potenziali usando delle adeguate misure di prevenzione.
Se le catastrofi sono provocate dallo svolgimento di particolari attività
umane, esse vengono definite tecniche o generate dall’uomo. Rientrano in
questa categoria sia i grandi incendi industriali, sia l’inquinamento
dell’aria, dell’acqua, del suolo, sia tutti i vari tipi di disastri aerei, ferroviari
e marittimi. A differenza di quelle naturali, le catastrofi tecniche
riguardano, in genere, un singolo oggetto assicurato di grande entità e
coinvolgono zone più ristrette.
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CAPITOLO 2. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO PER LA
RIASSICURAZIONE
2.1 NOZIONE DI RIASSICURAZIONE
La riassicurazione, come ben noto agli addetti ai lavori, è il contratto con il
quale l’assicuratore (riassicurato) trasferisce una parte del rischio o dei
rischi assunti ad un altro assicuratore (riassicuratore).
La riassicurazione, come la coassicurazione è uno degli strumenti tipici
previsti del codice civile per la ripartizione del rischio tra più assicuratori.
Mentre nella coassicurazione il rischio viene assunto pro quota dai
coassicuratori al momento della stipulazione del contratto di assicurazione,
nella riassicurazione il rischio è assunto dall’assicuratore, che provvede
alla sua ripartizione mediante la stipulazione di un successivo contratto con
un altro assicuratore. Ne consegue che, a differenza della coassicurazione,
la riassicurazione è un contratto al quale l’assicurato resta estraneo e che,
pertanto, non crea rapporti tra quest’ultimo e il riassicuratore (art. 1929
c.c.).
Giuridicamente ciò che rileva, ai fini della distinzione tra le due fattispecie,
è la posizione dell’assicurato. Riassicurazione è anche la retrocessione,
termine il quale designa il contratto con cui il riassicuratore riassicura, a
sua volta, i rischi assunti presso un secondo (o un terzo o un quarto o cosi
via) riassicuratore.
2.2 NATURA GIURIDICA E DISCIPLINA
La disciplina codicistica della riassicurazione si riassume in pochissime
norme (artt. 1928-1931).
L’art. 1928 regola il regime della prova del contratto. Il trattato di
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riassicurazione deve essere provato per iscritto, mentre la prova scritta non
è richiesta per la riassicurazione singola o per il singolo rapporto posto in
essere in esecuzione del trattato.
L’art. 1929, come si è già accennato, esclude qualsiasi rapporto tra
assicurato e riassicuratore.
Gli artt. 1930 e 1931 regolano i reciproci rapporti delle parti in caso di
liquidazione coatta amministrativa.
La riassicurazione, data la scarna normativa del codice che non risolve il
problema della disciplina applicabile al rapporto e quindi nemmeno sulla
natura giuridica, è regolata essenzialmente dagli usi e, segnatamente da usi
internazionali. Si tratta di regole costantemente applicate, dalle quali
emerge un contratto originale, che non può essere assimilato tout court al
contratto di assicurazione e, a maggior ragione, non può essere inquadrato
in uno dei sottotipi o dei rami disciplinati dal codice (assicurazione danni,
assicurazione di responsabilità civile, assicurazione danni o assicurazione
vita a seconda del rischio assicurato).
Questa constatazione non esclude ovviamente il ricorso in via analogica ad
alcune delle norme del contratto di assicurazione, per quanto non previsto
dalle clausole negoziali e dagli usi che ne costituiscono parte integrante
(art. 1340 c.c.).
Rilevante in questa materia risulta dunque la disciplina convenzionale. Le
decisioni dell’assicuratore nell’assunzione e nella gestione dei rischi
assicurativi influiscono direttamente sul contenuto delle obbligazioni del
riassicuratore, il quale si trova vincolato dalle decisioni del primo. Allo
stesso tempo, per l’assicuratore, il puntuale adempimento del riassicuratore
agli impegni assunti è condizione essenziale per il regolare esercizio della
sua attività. La riassicurazione è infatti un presupposto fondamentale per
l’assicurabilità di determinati rischi.
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Queste caratteristiche spiegano il livello della fiducia, della uberrima fides
nello svolgimento del rapporto, la cui regolare esecuzione viene affidata
più alla correttezza professionale delle parti che agli usuali strumenti
legali di prevenzione e soluzione dei conflitti contrattuali. In questa
prospettiva vanno valutate le clausole che comportano l’accettazione
incondizionata da parte del riassicuratore dei criteri assuntivi e gestionali
adottati dall’assicuratore, clausole che ribadiscono gli impegni del
riassicuratore, vietandogli di diritto di rifiutare o ritardare il pagamento dei
sinistri.
Si comprende inoltre perché sia costante nei trattati la presenza di clausole
compromissorie, che affidano la soluzione delle eventuali controversie ad
arbitri amichevoli compositori (arbitrato libero o irrituale).
Un altro elemento caratteristico della riassicurazione infine è la presenza di
una forte componente di partecipazione finanziaria, alla quale si aggiunge,
una collaborazione nella gestione del rischio assicurato, che trascende i
confini usuali del contratto di scambio.
E’ frequente la partecipazione del riassicurato agli utili tecnici del
riassicuratore
1
Resta inoltre il diritto del riassicuratore di ispezionare la documentazione
relativa alle operazioni oggetto del trattato. A questo potere di controllo, si
aggiunge, in alcuni trattati la facoltà di prestare la sua assistenza e
collaborazione al riassicurato e di associarsi nella difesa e nel controllo di
ogni sinistro
e il contributo del riassicuratore alle spese sostenute
dall’assicuratore in occasione del sinistro.
2
1
differenza tra i premi pagati al riassicuratore e le somme da questo versate
all’assicuratore.
2
c.d. General cooperation clause
.
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2.3 IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA 2005/68/CE
Oltre alle norme codicistiche, attraverso il d.lgs. n.56 del 2008 è stata
recepita in Italia la direttiva 2005/68/CE in materia di riassicurazione. La
nuova normativa è entrata in vigore il 23 aprile 2008, ma molte delle
disposizioni ivi previste diverranno pienamente applicabili solo con
l’emanazione dei previsti regolamenti attuativi. Attraverso il recepimento
della direttiva viene istituito un sistema di vigilanza prudenziale per la
riassicurazione, coerente con il quadro giuridico delineato dalle vigenti
direttive sull’assicurazione diretta, di cui vengono ripresi i principi
dell’autorizzazione unica e del controllo del paese d’origine.
La disciplina riguarda i riassicuratori professionali e le imprese c.d.
captives, ma alcune disposizioni trovano applicazione anche nei confronti
delle attività riassicurative delle imprese che esercitano l'assicurazione
diretta, in particolare in tema di “riserve tecniche del lavoro italiano”,
“attivi a copertura delle riserve tecniche” e “margine di solvibilità”.
Il Codice delle assicurazioni viene integrato con la previsione di nuove
disposizioni che richiedono – all’impresa di assicurazione che eserciti
congiuntamente l’attività di riassicurazione – di:
(a) costituire per il lavoro indiretto (art. 37-bis) riserve tecniche alla fine di
ciascun esercizio, al lordo delle retrocessioni, in relazione agli impegni
assunti, indicando i criteri di calcolo delle riserve stesse;
(b) applicare agli attivi a copertura delle riserve tecniche del lavoro
indiretto (art. 42-bis) la stessa disciplina prevista per il lavoro diretto;
(c) attuare, quando le operazioni/accettazioni in riassicurazione
rappresentino una parte significativa del volume globale della loro attività,
ciò che la direttiva dispone in tema di:
• investimenti a copertura delle riserve tecniche del lavoro indiretto
(art.42-ter);
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• costituzione e calcolo del margine di solvibilità per le accettazioni in
riassicurazione (art. 44-bis per le imprese di assicurazione vita);
• quota di garanzia del margine di solvibilità (art. 46, comma 3-bis, per le
imprese danni).
La direttiva definisce le condizioni minime necessarie per ottenere
l'autorizzazione all’esercizio dell’attività di riassicurazione (forma
giuridica, programma di attività e fondo minimo di garanzia), lasciando
agli stati membri l’esercizio di numerose opzioni su aspetti specifici. Al
riguardo si segnalano alcune delle decisioni del legislatore italiano nelle
materie sulle quali era possibile esercitare un’opzione:
(i) viene consentito – in linea con le scelte operate nei principali mercati
europei – lo stabilimento nel proprio territorio di società c.d. veicolo, ossia
imprese, aventi o meno personalità giuridica, diverse da un'impresa di
assicurazione o di riassicurazione esistente che assumano i rischi ceduti da
imprese di assicurazione o di riassicurazione e che finanzino le proprie
esposizioni tramite l'emissione di titoli o altri strumenti finanziari. Per tali
società è prevista l’emanazione, con un successivo decreto ministeriale,
della normativa secondaria che ne dovrà disciplinare le condizioni di
accesso e di esercizio;
(ii) è previsto l’obbligo di costituzione delle riserve di perequazione per i
rischi di calamità naturale e per i danni derivanti dall’energia nucleare,
considerata la natura dei rischi assunti dal riassicuratore, spesso di natura
catastrofale; sarà un regolamento del Ministero dello Sviluppo Economico
e del Ministero dell’Economia e delle Finanze a determinare poi le
modalità di costituzione delle predette riserve;
(iii) resta esclusa la previsione di norme più dettagliate per la
determinazione delle riserve tecniche per la riassicurazione vita, ritenendo
il legislatore italiano che sia sufficiente l’applicazione delle disposizioni
della direttiva 91/674/CEE;
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(iv) viene deciso, in tema di attivi a copertura delle riserve tecniche, di non
applicare i limiti quantitativi previsti dalla direttiva in aggiunta a quelli
generali di tipo qualitativo (liquidità, sicurezza, redditività e
diversificazione).
La disciplina specifica per l’accesso e per l’esercizio dell’attività di
riassicurazione è conforme alla direttiva in termini di:
(1) limiti minimi di capitale sociale di cui l’impresa di riassicurazione deve
disporre ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività
riassicurativa;
(2) mantenimento del regime autorizzativo dell’ISVAP per l’accesso
all’attività riassicurativa in regime di stabilimento per le sole imprese di
riassicurazione aventi la sede legale in uno Stato terzo;
(3) divieto all’impresa che intenda svolgere l’attività riassicurativa in
regime di libertà di prestazione di servizi di avvalersi di sedi secondarie, di
agenzie o altra presenza permanente nel territorio.
In materia di vigilanza sono previste nuove norme per ottemperare ai
principi ispiratori della direttiva e per disciplinare la collaborazione tra le
Autorità di controllo in tema di consultazioni, scambio di informazioni e
poteri di indagine.
2.4 IL REGOLAMENTO N°16/2008 DELL’ISVAP
Il Regolamento in oggetto mira a consolidare e razionalizzare in un unico
testo le numerose disposizioni di legge e regolamenti che fino ad oggi
hanno regolato la materia, delinea gli adempimenti in capo alle imprese di
assicurazione e quelli dell’ attuario incaricato, introducendo inoltre
specifiche volte a precisare i criteri di calcolo di alcune poste tecniche. Tra
gli argomenti trattati nel regolamento, due sono di particolare interesse al
tema delle coperture assicurative contro il rischio terremoto, il primo dei
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quali è la scomposizione della riserva premi la cui definizione resta la
stessa, ma vengono date specificazioni riguardo aspetti fondamentali della
riserva integrativa della riserva per frazioni di premi. Questa posta tecnica
viene definita dal regolamento come un accantonamento che interviene a
fronte di rischi (calamità naturali) la cui frequenza di sinistro non si
distribuisce uniformemente nel corso del contratto. Perciò esso rappresenta
la posta che integra la riserva per frazioni di premio, il cui calcolo (pro-rata
temporis) presuppone implicitamente un’ipotesi di andamento lineare dei
rischi nel tempo.
All’ art.18 c.1 del regolamento viene dettata la necessità di costituire tale
riserva integrativa per le imprese di assicurazioni che garantiscono
coperture contro il rischio di calamità naturali quali terremoto, maremoto,
eruzione vulcanica e fenomeni connessi. Inoltre ai commi successivi del
medesimo articolo viene imposto il vincolo per cui la riserva integrativa
sopra citata non può in nessun caso essere superiore a 100 volte l’importo
dei premi lordi contabilizzati nell’esercizio.
All’art. 19 viene specificata la metodologia di calcolo della riserva
integrativa, confermando quella già specificata nel D.M. 15/06/1984,
ovvero con importo pari alla somma del 35% dei premi lordi contabilizzati
dell’esercizio e del 70% dei premi lordi contabilizzati degli esercizi
precedenti. Viene inoltre specificato che il calcolo deve essere effettuato
con riferimento ai soli premi e sinistri riconducibili all’assicurazione
rientranti nella casistica, e al rapporto sinistri a premi riscontrato
nell’esercizio.
Infine viene anche specificato il criterio di utilizzo di tale riserva, e cioè
qualora, per gli eventi assicurati, l’importo del costo dei sinistri
dell’esercizio risulti superiore all’ammontare dei premi lordi contabilizzati
dell’esercizio stesso.
L’altro aspetto fondamentale in un ramo con altissima variabilità dei
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risultati di esercizio, è la riserva di perequazione per i rischi di calamità
naturale e per i danni derivanti dall’energia nucleare. Tale posta viene
definita come un accantonamento destinato a perequare le fluttuazione del
tasso dei sinistri negli anni futuri o a coprire rischi particolarmente onerosi
e pertanto interviene a fronteggiare il costo dei sinistri di carattere
eccezionale. Viene confermata per questa entità la metodologia di calcolo
già definita nel D.M. n.705 del 19/11/1996. L’articolo 44 c.1 rimanda però
al regolamento del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero
dell’Economia e della Finanza in attesa di emanazione, per le specifiche
sulle modalità e condizioni di utilizzo di tale riserva, da parte delle imprese
di assicurazione, diretta a compensare nel tempo l’andamento della
sinistralità.
Tali poste tecniche dunque, costituiscono uno strumento fondamentale a
disposizione della direzione dell’impresa per gestire questi particolari tipi
di rischi che si caratterizzano per la loro bassa probabilità di accadimento,
con intervalli più o meno lunghi, che possono intercorrere tra il verificarsi
di eventi successivi e per le rilevanti dimensioni dei danni che possono
produrre. Per questi rischi infatti il risultato tecnico del singolo esercizio
non può assumere un gran significato ma bisogna fare riferimento a periodi
poliennali, più o meno estesi, per ottenere un risultato medio indicativo su
cui calibrare politiche di assunzione dei rischi.