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INTRODUZIONE
Questo lavoro ha lo scopo di mostrare una nuova disciplina terapeutica, ancora in fase di
sperimentazione, è una terapia riabilitativa che ha come protagonista assoluto un animale: il
cavallo.
Questo magnifico animale, dagli eleganti movimenti e dalle cadenze ritmiche, riesce a
“relazionarsi” in un modo molto particolare con le persone che si avvicinano a lui; ma ha un
tipo di relazione ancora più speciale con le persone disabili, poiché esso riesce a percepire
gli stati d’animo e delle persone con cui viene a contatto.
I diversi odori, le sensazioni che provoca sulle persone disabili quando viene accarezzato da
loro, il prendersi cura di lui e di tutto ciò che lo riguarda, fanno si che i disabili acquisiscano
una maggiore autonomia e riescano quindi, a prendersi cura di se stessi ma anche degli altri,
aumentando la propria fiducia attraverso il contatto con l’animale.
Tutto questo rende la persona disabile capace di riprodurre le sue emozioni, di migliorare il
proprio modo di relazionarsi con gli altri e di integrarsi maggiormente attraverso la R.E.
“integrata” che vede, le persone disabili e quelle “normodotate” montare insieme in una
lezione di equitazione.
Dopo aver terminato di parlare di tutte le caratteristiche della Riabilitazione Equestre, cioè
del particolare ambiente in cui si svolgono le sedute, dei componenti dell’equipe e del modo
in cui lavorano e si relazionano con il disabile, attraverso il cavallo che viene considerato
come un co – terapeuta, illustrerò la fase pre – sportiva e sportiva, presentando due atleti
che, terminato il percorso riabilitativo, stanno svolgendo i Campionati Italiani Paralimpici di
Dressage; ottenendo degli ottimi risultati sia a livello sportivo ma anche in quello personale.
L’equipe e le famiglie sono veramente soddisfatti del lavoro fatto fino ad ora; il loro sogno
è vedere questi due giovani ragazzi alle future Paraolimpiadi. Fino a questo momento sono
stati raggiunti degli ottimi traguardi.
Spero con grande gioia che, in futuro anche altri centri aprano le porte a questa nuova
terapia riabilitativa.
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CAPITOLO 1:
L’ICF E IL MODELLO BIO – PSICOSOCIALE
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce la “salute” come un’assenza di
malattia; essa rappresenta uno stato di completo “benessere” fisico, mentale e sociale.
Si può parlare di un continuum sul quale, ad un estremo si può collocare lo stato di
“Salute” e di “Benessere” e, all’estremo opposto quello di “patologia” e “malessere”
1
.
Prima di arrivare alla stesura dell’ICF, l’OMS propone altre classificazioni diagnostiche: l’
ICD – 10 e l’ ICIDH.
Nel 1970, l’OMS elabora l’ICD – 10 (International Classification of Disables), che si
occupa principalmente, dell’ aspetto “eziologico” delle patologie. L’ICD – 10 e l’ICF sono
complementari.
La prima versione dell’ICIDH fu pubblicata nel 1980, da Wood e altri. In questa nuova
classificazione si da importanza alle disabilità da un punto di vista sociale e relazionale,
nascono così nuove definizioni di Menomazione, Disabilità e Handicap.
Nel 1993 ci fu un primo processo di revisione, in seguito alla discussione della bozza
finale con il titolo di “Classificazione Internazionale del Funzionamento delle Disabilità e
della Salute” (ICF). La Health Assembly ha approvato la nuova classificazione con la
risoluzione WHA54.21 del 22 maggio 2001.
2
Figura 1: Grafico rappresentante le caratteristiche dell’ICF
http://www.handicapincifre.it/
1
R. ROZZINI, Persona, Salute, Fragilità, Milano, V & P, 2006.
2
ICF: Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. O.M.S. Organizzazione
Mondiale della Sanità, Erickson, Trento 2002.
5
La 54° Assemblea Mondiale della Sanità approvò la seconda edizione della
Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap (ICIDH) con il
titolo di “ Classificazione Internazionale del Funzionamento delle Disabilità e della
Salute”, chiamata ICF.
Per poter fare una diagnosi utile sotto il profilo riabilitativo sulle patologie e sugli stati di
salute, è necessario utilizzare una classificazione diagnostica; una delle più importanti è
proprio l’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health); che
insieme all’ICIDH (International Classification of Impairment, Disabilities and
Handicap) e al DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders),
rappresenta una delle maggiori classificazioni internazionali dei disturbi inerenti la salute
umana. L’ICF è stato accettato come lo standard internazionale per misurare e classificare
la salute e le disabilità da 191 paesi; è una classificazione internazionale e universale, del
funzionamento e della salute. L’ICF appartiene alla “famiglia” delle classificazioni
internazionali sviluppate dall’OMS, in vista di una applicazione ai vari aspetti della salute.
Esso è una classificazione delle caratteristiche della salute delle persone all’interno del
contesto delle loro situazioni di vita individuali e degli impatti ambientali.
Lo scopo dell’ ICF è quello di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da
modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati.
L’ICF racchiude tutti gli aspetti della salute umana e alcune componenti del benessere
rilevanti per la salute e li descrive come “ domini della salute” e “domini ad essa
correlati”.
Il funzionamento di un individuo in un “dominio specifico” è l’interazione o relazione
complessa fra la “condizione di salute” e i “fattori contestuali” ( cioè quelli ambientali e
quelli personali); tra queste entità c’è un’interazione dinamica: gli interventi a livello di
un’identità potrebbero modificare una o più delle altre entità.
I “fattori contestuali” interagiscono con l’individuo in una condizione di salute e
determinano il livello e il grado del suo funzionamento.
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L’ICF può essere utilizzato per la raccolta di informazioni ed è applicabile all’assistenza
sanitaria personale, alla prevenzione e alla promozione della salute, e al miglioramento
della partecipazione attraverso la rimozione e la diminuzione degli ostacoli sociali e la
promozione di supporto sociale e di facilitatori.
L’ICF classifica e definisce le menomazioni, le disabilità e gli handicap.
Malattia, Infortunio, Malformazione → Menomazione → Disabilità → Handicap
L’ICF è basato sull’interazione di due modelli: il “Modello medico” e il “Modello
sociale”.
Il “modello medico” vede la disabilità come un problema della persona causato
direttamente da malattie, traumi o altre condizioni di salute che necessitano di assistenza
medica sottoforma di trattamento individuale da parte di professionisti.
Il “modello sociale” invece, vede la questione principalmente come un problema creato
dalla società. Questo modello vede una piena integrazione delle persone disabili nella
società.
La disabilità è una complessa interazione di condizioni, molte delle quali sono create
dall’ambiente sociale.
L’ICF è basato sull’integrazione di questi due modelli. L’approccio utilizzato è di tipo
“bio – psicosociale”. Esso tenta di arrivare ad una sintesi in modo da fornire una
prospettiva coerente delle diverse dimensioni della salute a livello biologico, individuale e
sociale.
Molto importante, per quanto riguarda la persona disabile è la sua integrazione nella
comunità e nella società. Questa integrazione deve avvenire a livello della scuola, del
lavoro, ma anche in famiglia e nelle attività del tempo libero.
Per quanto riguarda l’integrazione scolastica delle persone con disabilità, è tutelata dalla
“legge – quadro n° 104/92 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone
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handicappate”. Essa promuove la piena integrazione della persona disabile nella famiglia,
nella scuola, nel lavoro e nella società. Vede una partecipazione della persona disabile alla
vita collettiva e previene il raggiungimento della massima autonomia possibile. Dispone
anche della programmazione di interventi educativi individualizzati, nella scuola e
prevede l’inserimento di figure professionali come l’insegnante di sostegno e il
coinvolgimento di figure e servizi diversi, come i servizi territoriali.
A questo proposito è molto importante parlare del concetto di “Qualità della vita” della
persona disabile. Tutti gli interventi educativi e riabilitativi tendono, ad incrementare la
salute delle persone, e quindi la qualità della loro stessa esistenza.
In letteratura esistono diverse definizioni di “qualità della vita”.[Felce e Perry, 1995]
3
Si ritiene che essa sia determinata dalle condizioni di vita, dalla soddisfazione per le
proprie condizioni e aspirazioni, dai valori e dalle aspettative dell’individuo. [ Borthwick –
Daffy, 1992]
4
I fattori che più di altri determinano la “Qualità della vita” sono:
L’indipendenza, ossia la possibilità di esercitare un controllo sul proprio ambiente
e di esercitare delle scelte.
La produttività, cioè la possibilità di ottenere risultati positivi dal lavoro ( es. il
reddito personale).
L’integrazione comunitaria, cioè la partecipazione della persona a un insieme di
attività (lavorative, sociali e interpersonali), generalmente svolte da persone
“normali”. La soddisfazione dei propri bisogni e valori, e la possibilità di riuscire a
raggiungerli. [Schalock, 1991]
5
3
FELCE, D. e PERRY, J. (1995), quality of life: Its definition and measurement, in “Research in Developmental
Disabilities”.16, pp.51-54.
4
BORTHWICK – DAFFY, S.A. (1992), quality of life and quality of care in mental retardation, in L. Rowitz,
(a cura di) Mental retardation in the year 2000, Berlin, Springer – Verlag p.52.
5
SCHALOCK, R. L. (1991), the concept of quality of life in the lives of persons with mental retardation, Paper
presentated to the 115
th
Annual Convention of the American Association on Mental Retardation, Washington,
D.C.