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CAPITOLO PRIMO
NOZIONI INTRODUTTIVE
1.1 L’ATTO PROCESSUALE: CARATTERISTICHE E VIZI
E’ il libro primo titolo sesto del codice di procedura civile a definire l’atto
processuale: “Sono definiti tali quegli atti compiuti dai soggetti che operano nel
processo e che hanno come loro conseguenza la nascita, la modifica o l’estinzione di
un rapporto processuale.”
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Tali atti , concatenati in un certo ordine tra loro, costituiscono la spina dorsale del
processo civile, dando vita a quello che viene definito Procedimento Civile, il cui atto
finale è rappresentato dal provvedimento.
In ogni atto processuale sono individuabili i seguenti elementi essenziali: Forma,
Volontà e Causa.
L’articolo 121 del c. p. c. stabilisce che: “Gli atti del processo, per i quali la legge non
richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al
raggiungimento del loro scopo”.
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Va precisato però che, secondo alcuni autori, tra i quali possiamo annoverare il
Mandrioli, il vero significato dell’art.121 andrebbe cercato nel sancito principio della
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Codice di procedura civile e principali leggi complementari. Ed.Giuridiche Simone 2001
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Codice di procedura civile e principali leggi complementari Ed. Giuridiche Simone 2001
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strumentalità della forma, per cui l’accento dovrebbe essere posto sulla libertà
dell’atto inteso come “mezzo idoneo allo scopo da raggiungere.”
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L’art. 122 c. p. c. cita testualmente: “In tutto il processo è prescritto l’uso della lingua
italiana. Quando deve essere sentito chi non conosce la lingua italiana,il giudice può
nominare un interprete
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.”
In deroga a tale principio sono state previste diverse eccezioni per regioni e province
autonome.
Ne è esempio il D. p. r. 15-7-1988 n.574 il quale stabilisce, per la Regione Trentino
Alto Adige, che siano parificate la lingua tedesca e quella italiana nei vari atti del
processo; o l’art. 38 della L. Cost. 26/02/1948 n°4 che prevede, per la Valle D’Aosta,
l’equiparazione della lingua francese a quella italiana.
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Altra regola essenziale, relativamente alla forma, è quella secondo cui gli atti orali
devono essere documentati per iscritto nel verbale d’udienza.
Tale concetto è regolato dall’art. 126 c. p. c. che recita testualmente: “Il processo
verbale [disp. att. 44, 46] deve contenere l'indicazione delle persone intervenute e
delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti;
deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte,
nonché le dichiarazioni ricevute [disp. att. 87]
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. Il processo verbale è sottoscritto
dal cancelliere
7
.
3
Corso di Diritto Processuale Civile. Ed. minore 2002. Mandrioli Crisanto. Giappichelli Ed.2007
4
Codice di procedura Civile e principali leggi complementari. Ed Giuridiche Simone 2001.
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Vedi allegati I e II.
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Se ad es. i documenti offerti in comunicazione dalle parti vengono prodotti all'udienza, se ne fa
menzione nel verbale.
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In caso di difetto assoluto di sottoscrizione cioè di contemporanea mancanza della firma del
cancelliere e del giudice, il processo verbale è nullo o inesistente. Se, invece, manca la sola
sottoscrizione del cancelliere il processo verbale non viene considerato nullo, in quanto con la
sottoscrizione del giudice si è comunque raggiunto lo scopo di dare pubblica fede a quanto
documentato.
3
Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti
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, dà
loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo.
Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa menzione
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.”
Altra caratteristica degli atti è che essi devono resi pubblici tra le parti e compiuti
secondo i termini e le prescrizioni previsti dalle leggi. I termini sono utilizzati per
fissare un ordine cronologico, le prescrizioni, invece, sono predisposte per coordinare
logicamente gli atti fra loro.
Il termine, inoltre , individua l’inizio o la fine di un determinato periodo di tempo
prescritto per il compimento di un atto.
Si distinguono diversi tipi di termini:
1. Legali e giudiziali a seconda che siano fissati dalla legge o dal Giudice.
2. Dilatori o acceleratori se fissano, nel primo caso, il momento prima del quale un
atto non può essere compiuto, nel secondo caso, il momento entro il quale un atto
deve essere compiuto.
Il primo caso è regolato dall’art. 163-bis c. p. c. che statuisce espressamente: “ Tra il
giorno della notificazione della citazione e quello dell'udienza di comparizione
debbono intercorrere termini liberi non minori di sessanta giorni se il luogo della
notificazione si trova in Italia e di centoventi giorni se si trova all'estero
11
.
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Non si dà, ad es., lettura del processo verbale d'udienza.
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L'omessa sottoscrizione da parte degli altri intervenuti nel processo non comporta invalidità dell'atto in
quanto questo acquista il suo valore probatorio con la sottoscrizione dell'ufficiale che l'ha redatto e
potendo, inoltre, il cancelliere fare espressa menzione del loro rifiuto nel verbale. Ha invece rilievo la
loro firma nelle ipotesi di confessione spontanea e di conciliazione giudiziale.
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Eventuali vizi del processo verbale consistenti in errori materiali ed omissioni potranno essere
sanati, nel corso della verbalizzazione, tramite correzioni, aggiunte, soppressioni o modificazioni, fatte
in calce all'atto, con nota di richiamo senza rendere illegibile la parte soppressa o modificata.
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Comma così sostituito dall'art. 8, l. 26-11-1990, n. 353, in vigore dal 30-4-1995.
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Nelle cause che richiedono pronta spedizione
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il presidente
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può, su istanza
dell'attore e con decreto motivato in calce dell'atto originale e delle copie della
citazione
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, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma.
Se il termine assegnato dall'attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il
convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al
presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest'ultimo termine,
l'udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella
indicata dall'attore
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. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato
dal cancelliere all'attore, almeno cinque giorni liberi
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prima dell'udienza fissata dal
presidente [disp. att. 70, 70bis].
3. Perentori o ordinatori. I primi prevedono la decadenza dell’atto nel caso in cui esso
non sia compiuto; i secondi, al contrario, non prevedono alcuna decadenza.
4. Iniziali e finali. Essi indicano rispettivamente il tempo a partire dal quale un atto
può essere compiuto, e quello oltre il quale un atto non può più essere presentato.
E’ l’art. 155 c. p. c. che regola la disciplina del computo dei termini così stabilendo:
“ Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno e l’ora iniziale. Per
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L'urgenza sussiste nelle cause in cui vi sia pericolo nel ritardo o che abbiano particolare natura, come
le condanne a prestazioni alimentari.
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Nel caso di specie si tratta del presidente del Tribunale o della sezione (se la causa è stata già
assegnata ad un giudice istruttore); per i giudizi innanzi al giudice di pace, provvede il presidente del
Tribunale.
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L'omessa sottoscrizione del decreto o la sua mancata motivazione determinano nullità del
provvedimento di abbreviazione. Le omissioni che, invece, inficiano la trascrizione del decreto sulla
copia notificata si risolvono in mere irregolarità formali.
15 La possibilità per il convenuto di ottenere l'anticipazione della prima udienza, risponde all'esigenza
di evitare che l'attore utilizzi il processo solo per bloccare l'iniziativa della controparte, ove questa abbia
interesse ad un più sollecito svolgimento dello stesso.
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Tale ultimo termine risponde all'esigenza di informare l'attore della avvenuta anticipazione,
concedendogli, comunque, un tempo per organizzare le proprie difese. A tal proposito si tenga presente
che mentre nel caso in cui sia l'attore a chiedere un'abbreviazione dei termini, il convenuto ha 10 giorni
per costituirsi, nell'ipotesi prevista dal presente comma il termine è di soli 5 giorni, il che determina
un'evidente ed ingiusta disparità di trattamento: per una possibile soluzione raggiunta in via
interpretativa.
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il computo dei termini a mesi o ad anni si osserva il calendario comune. I giorni
festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è
prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo”
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.
Ai sensi della L. 27/05/1949 n° 260, modificata dalla L.31/03/1954 n.° 90 e dalla
L.5/03/1977 n. 54, sono considerati festivi: Tutte le domeniche , il 1 gennaio, il 25
aprile, il lunedì di Pasqua, il 1 maggio, il 15 agosto, il 1 novembre, l’8-25-26
dicembre. Inoltre i termini processuali, anche se sottoposti al divieto di proroga e di
abbreviazioni , possono essere interrotti o sospesi. Infatti, la L. 7/10/1969 n.°
742, ha disposto la sospensione di diritto dei termini processuali nel periodo che va
dal 1/08 - al 15/09. In questo caso, la decorrenza dei termini riprenderà al termine di
tale periodo.
Sono, però, esclusi dalla sospensione i processi a carattere di urgenza come: Cause
alimentari, controversie di lavoro, previdenziali e assistenziali, giudizi di sfratto,
procedimenti cautelari, giudizi, dichiarazioni e revoca del fallimento e giudizi di
opposizione all’esecuzione. Per quanto concerne il secondo elemento essenziale
dell’atto processuale, la causa, essa va intesa come lo scopo obbiettivo dell’atto, cioè
la funzione predeterminata dalla legge che l’atto intende raggiungere, senza tener
conto delle finalità soggettive. Però, essendo gli atti processuali solitamente tipici, la
forma è già predisposta dal legislatore, per cui la rilevanza della causa è minima.
L’ultimo elemento dell’atto è la volontà. Essa è intesa come la coscienza e il desiderio
di compiere l’atto stesso,e a nulla rileva la volontà di raggiungere determinati effetti
perché già previsti dalla legge.
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Codice di Procedura Civile e principali leggi complementari. Ed. Giuridiche Simone 2001
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I vizi degli atti processuali sono determinati dalla violazione delle norme che regolano
lo svolgimento del processo.
Diverse sono le tipologie dei vizi
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degli atti individuati dalla dottrina:
Vizi che determinano l’invalidità di un atto o di un intero procedimento.
Vizi formali
19
e non
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.
Vizi che determinano irregolarità, nullità o inesistenza degli atti, in dipendenza
della gravità delle violazioni.
Per quanto riguarda l’ INVALIDITA’
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22
, la dottrina prevalente fa riferimento, a
questa suddivisione:
1. Inesistenza
2. Nullità
Assoluta
Relativa
3. Irregolarità
In tale ottica, l’inesistenza è più grave della nullità così come, all’opposto, c’è
l’irregolarità, intesa come vizio meno intenso rispetto alla nullità.
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Cerchiamo di chiarificare i diversi gradi dell’invalidità.
Quando si parla di inesistenza, non si fa riferimento all’inesistenza materiale che
commina il caso in cui l’atto non viene compiuto; al contrario, si tratta di una
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Il vizio, in termini concreti, viene considerato come la mancanza di un requisito nella fattispecie
dell’atto di cui si tratta.
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Si determinano quando l’atto non è conforme al modello predisposto dal legislatore, ossia è privo dei
necessari requisiti formali.
20
Riguardano i presupposti processuali, i soggetti e le circostanze esterne.
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Protopisani, Lezione di diritto processuale civile, Napoli, 1996.
22
Liebman Enrico T., Manuale di diritto processuale civile. Giuffrè, 2002.
23
Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2003.
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inesistenza in senso giuridico, che si verifica quando l’atto viene ad esistenza, ma è
privo degli elementi essenziali previsti dalla legge.
In tal caso l’atto non produce i suoi effetti, né sostanziali né processuali.
Inoltre, poiché la sentenza inesistente non è idonea a passare in giudicato, l’inesistenza
può essere fatta valere in ogni momento con un autonoma azione di accertamento (la
c.d. actio nullitatis).
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Si ritiene, poi, che l’inesistenza possa essere fatta valere anche in via di eccezione (la
c.d. exceptio nullitatis) o con l’opposizione all’esecuzione.
In sintesi, l’inesistenza si distingue dalla nullità assoluta in quanto, quest’ultima, va
fatta valere con mezzi di impugnazione previsti dalla legge e viene eliminata
attraverso il passaggio in giudicato della sentenza.
L’inesistenza, di contro, può essere accertata in qualunque momento e non ammette
alcuna sanatoria.
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Il legislatore indica i diversi casi di nullità:
Nullità espressamente prevista dalla legge (Art. 156 co. 1 c. p. c.).
Atto inidoneo a conseguire la propria funzione (Art. 156 co. 2 c. p. c.).
Inoltre, il legislatore, ha previsto che si possa parlare di nullità relative, se eccepite
dalla parte, o assolute, nei casi previsti dalla legge e rilevabili d’ufficio.
A tal proposito ci si è chiesti se la rilevabilità d’ufficio debba essere espressamente
prevista dalla legge (Art. 157 co. 1 c. p. c.) o possa risultare dall’importanza del vizio,
in maniera implicita. La dottrina prevalente prevede che l’art. 157 valga solo per i vizi
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Cass. 02/04/1992 n°4025.
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Cass. 14/10/1988 n° 5566.