11
materiali. Il professionismo esasperato rubò il posto ad un dilettantismo dalle radici morali
più sane e profonde
5
.
Ma in fondo, questo segno dei tempi che passano non è realtà anche della storia delle
olimpiadi moderne e del nostro tempo?
Così, poco importa che furono i Romani, con le loro conquiste, ed il Cristianesimo, che
considerava alquanto pagana l’idea olimpica, a sopprimere l’appuntamento olimpico
6
.
Forse l’Olimpiade, con il suo carico di valori e di ideali, era già morta da molto tempo…
Ma ciò che fu distrutto, rimase in realtà solo sopito nelle pieghe della mente e nei cuori
degli uomini più virtuosi.
Un primo, fallimentare, tentativo fu compiuto da Evangelistas Zappas, un ricco greco
emigrato in Romania, il quale, con il benestare del governo ellenico, organizzò nel 1859
una serie di competizioni nelle strade e nelle piazze di Atene, le quali furono però
sconvolte dai disordini e dall’incomprensione per un avvenimento ormai troppo lontano
dalla cultura e dell’idea del tempo.
E così fallirono miseramente anche i successivi tentativi, ripetuti negli anni 1870, 1875,
1879
7
.
Tutto questo era comunque il segno di una volontà di cambiamento; o meglio, la restaura-
zione di un ideale autentico ma innovativo allo stesso tempo.
Seme che divenne frutto tra il 1892 ed il 1894, con il fermento provocato dal congresso
internazionale degli sport atletici tenutosi presso l’università della Sorbona di Parigi; in
questa sede, la guida entusiasta e lucida di Pierre de Fredi, barone di Coubertin, riuscì in
un’opera fino ad allora sfuggita a chiunque. Famoso ai posteri per il suo motto, egli ebbe
soprattutto il merito di convocare il congresso, nell’intenzione di dare un impulso decisivo
a quello che fu lo sport mondiale del tempo
8
. Ed il carisma del personaggio fu una scintilla
irresistibile per riaccendere il sacro fuoco di Olimpia, coinvolgendo i trentanove delegati
presenti nell’organizzazione dei primi giochi olimpici dell’era moderna e per costituire, il
16 Giugno 1894, il comitato interministeriale dei Giochi Olimpici, che dal 1900 diverrà
quello che tuttora conosciamo come Comitato Internazionale Olimpico (CIO)
9
.
5
M. Sanino, Diritto sportivo, op. cit., pag 16.
6
Questo avvenne tramite un editto dell’imperatore Teodosio I del 393 d.C., su invito di S. Ambrogio,
vescovo di Milano, in seguito ad una rissa finita in tragedia nello stadio di Tessalonica.
7
M. Sanino, Diritto sportivo, op. cit., pag 17.
8
Il nobiluomo, evidenziando lo spirito che lo muoveva, fece del resto stampare sui biglietti d’invito la
dicitura “Congresso per il ristabilimento dei Giochi Olimpici”, come riportatoci da M. Gherarducci, I giochi
sono fatti: la storia, i personaggi e i risultati delle Olimpiadi dal 1896 ai nostri giorni, Zelig, Milano, 1996.
9
G. Valori, Il diritto nello sport, Giappichelli, Torino, 2005, pag 3.
12
Questo fu il primo apparato organizzativo dello sport mondiale, segno di un riconoscimen-
to e di un’adesione che era stata impensabile fino ad allora, e che rappresentava il primo
passo per una delimitazione, all’interno del tessuto sociale, del ruolo primario che lo sport
stava venendo ad acquisire.
Il comitato che si costituì fu motore di un’opera che solo il tempo riuscì a definire nella sua
importanza. Questo delimitò la propria attività, indirizzata appunto verso la riproposizione
dei giochi olimpici, attraverso i primi principi che presero corpo nella carta Olimpica:
1- Il ristabilimento dei giochi su basi e a condizioni conformi alle necessità della vita
moderna;
2- La partecipazione di sportivi dilettanti;
3- La necessità di preservare il prestigio dei giochi da chiunque possa nuocervi;
4- Lo svolgimento di prove eliminatorie e su base rigorosamente nazionale;
5- La compresenza di sport propriamente detti (corse e concorsi), sport nautici (gare a
remi, a vela e a nuoto), giochi atletici (football, lawn tennis), pattinaggio, lotta e
pugilato, sport ippici, polo, tiro e ginnastica, velocipedistica;
6- La rotazione delle sedi in varie città del mondo;
7- L’ufficialità della manifestazione
10
.
Principi fondamentali invariati sostanzialmente nel tempo, i quali sono stati ratificati nella
112^ sezione del CIO, tenutasi a Mosca il 14 Luglio 2001.
Da quel periodo, lontano ben oltre un secolo, lo sport mondiale ha vissuto evoluzioni e
stravolgimenti. Come la vita di diversi popoli ha dovuto affrontare l’orrore di due guerre
mondiali e ha dovuto vivere il progresso di una società che a volte ha bruciato i propri
valori inseguendo l’ambizione d’essere migliore.
Il riflesso di un passato che forse appare più lontano di quanto sia nella realtà rimane in
qualche gesto
11
e nei pochi simboli
12
che la storia ha voluto portare nella realtà delle
competizioni odierne.
Molto, forse troppo, degli ideali coubertiniani è andato sfumato, se non addirittura perso
nel passaggio attraverso i decenni; ed il tentativo, raro, di far riemergere la natura
“primitiva” dello sport nelle sue diverse manifestazioni si è rivelato spesso più
anacronistico che irrealizzabile.
Ma tale evoluzione, complessivamente intesa, ha portato indubbiamente all’emersione
sociale del fenomeno sportivo; questo è così passato dall’essere semplice argomento di
10
G. Valori, Il diritto nello sport, op. cit., pag 97.
11
I cerimoniali, il giuramento di fedeltà degli atleti, etc.
12
Ad esempio, l’emblema olimpico dei cinque cerchi.
13
discussione dottrinale, nel tentativo di una delimitazione e di un riconoscimento, ad essere
oggetto principale di una classificazione e di una indagine che, prendendo le mosse da un
concetto quantomeno variegato qual’è quello di sport, è andata definendo una
regolamentazione che rimane comunque in continuo divenire.
Da questa ricostruzione emerge con evidenza come l’ordinamento sportivo, e le leggi che
ne regolano l’assetto e lo svolgimento, siano storia abbastanza recente. Sicuramente siamo
di fronte ad un fenomeno dalla regolamentazione molto sporadica nel suo apparire
13
ma via
via crescente, fino ad impegnare legislatore e giudici in un massiccio ed intenso lavoro di
costruzione ed adeguamento.
Da queste radici profonde e lontane, segno di un tempo che ha lasciato sicuramente tracce
profonde nella realtà sportiva attuale, è essenziale svolgere un lavoro che tragga origine:
¾ dal riconoscimento, non scontato ma quanto mai importante, dell’indipendenza
dell’ordinamento sportivo; spesso, o forse sempre, in precario equilibrio fra
autonomia e supremazia da un sistema, quale quello statale, restio a concedere
spazio di autoregolamentazione;
¾ dall’analisi della struttura complessa dell’ordinamento sportivo, concepito nella sua
sostanza originaria come corpo sopranazionale; ramificato nelle diverse realtà
nazionali e locali tramite un sistema capillare che arriva a coinvolgere, tramite
l’adesione (affiliazione, tesseramento…), ogni parte di questo vasto complesso.
La costruzione di questo sistema fisiologico è premessa indispensabile e largamente
riconosciuta di un sistema che rivela patologicamente le sue pecche nell’esercizio ordinario
dell’attività. A volte come deviazione dalle “regole del gioco”, causando quantomeno una
reazione disciplinare immediata; altre volte, ancor più singolarmente, nel rispetto di quelle
stesse regole che pongono come obiettivo stesso dell’attività comportamenti che nel vivere
quotidiano provocherebbero la sicura reazione dell’ordinamento, per la tutela di valori che
dai più vengono considerati come indisponibili.
La responsabilità sportiva, fulcro di questo lavoro, viene così a presentarsi poliedrica ed
ambigua allo stesso tempo; stretta in un’idea di giustizia che appare a tratti deformata per
poter meglio aderire ad una realtà, come quella sportiva, che rimarrebbe troppo angusta fra
le maglie della giustizia ordinaria. Ma è una giustizia sportiva che, se cerca di “rubare”
13
La quale era ridotta essenzialmente a qualche accenno posto in discussioni più ampie e riguardanti altre
tematiche.
14
spazio a quella ordinaria, “soccombe” di fronte al legislatore che tendenzialmente attrae
verso quest’ultima diverse ipotesi di illecito, spostandole all’interno di fattispecie penali
14
.
Nella complessità di un fenomeno che, grazie o a causa del recente scandalo calcistico, sta
mostrando diverse sfumature di degenerazione sportiva e morale, è importante mettere a
fuoco la problematica della responsabilità sportiva, distinguendone l’ambito soggettivo,
delle diverse figure coinvolte, e quello oggettivo, delle differenti forme di responsabilità
previste dagli ordinamenti interessati, per arrivare a fornire una cornice più precisa
possibile ad una vicenda che mostra ancora qualche incertezza, soprattutto
nell’applicazione concreta della giustizia. Attratti nell’orbita di determinati interessi forti, i
valori sottesi alla pratica sportiva hanno vacillato, a volte, fino a cedere completamente di
fronte al dilagare di comportamenti fraudolenti praticati dagli stessi atleti e da soggetti a
loro particolarmente vicini
15
.
Il doping è, in questo senso, un fenomeno ancora in gran parte sommerso e quindi
indecifrabile nella sua reale portata. Un’alterazione deprecabile, ma al tempo stesso tanto
diffusa da poter quasi apparire tacitamente approvata dalla società nella sua pratica
quotidiana.
Le scienza medica risulta in affanno all’inseguimento di chi elabora sempre nuove forme
di alterazione fisica; ed il legislatore, pur apprestando recentemente strumenti molto aspri
in questa dura lotta, deve comunque fare i conti con controlli che difficilmente riescono ad
essere efficaci: a volte per il gap di ricerca a sfavore purtroppo di chi questa piaga
dovrebbe combatterla, a volte per l’aleatorietà di un controllo che si dimostra inefficace nel
suo stesso svolgimento
16
.
Fornire una genesi del fenomeno è forse più impossibile che difficile, visto l’alone che ne
sfuma i confini e che rende difficoltoso anche tracciare un quadro preciso delle cause.
Un aiuto fondamentale è certamente derivato da quell’ordinamento sopranazionale, di cui
l’organismo nazionale è parte integrante. Anzitutto nella definizione stessa del doping
17
; ed
in secondo luogo aderendo ai diversi protocolli che le diverse federazioni internazionali
14
Ipotesi esemplificativa di estrema importanza è a questo proposito la legge 376/2000, con la quale il
legislatore ha inteso combattere il grave fenomeno del doping comminando pene detentive ai diversi soggetti
che di tale piaga sociale abusino.
15
Il calcio, in questo scenario, dimostra ciclicamente le degenerazioni di un mondo che non dovrebbe essere
affetto, per sua natura, da questi episodi: alla sandalo del calcio-scommesse, sul finire degli anni ’70, hanno
fatto seguito negli ultimi dieci anni diversi episodi di corruzione ed immoralità. In pochi anni, si è infatti
passato dalla vicenda dei passaporti falsi, ai bilanci falsati (truccando ad arte le plusvalenze); fino ad arrivare
all’odierno scandalo di “Moggiopoli”.
16
E’ lo stesso mondo sportivo che, in tal senso, deve auto-imporsi delle regole deontologiche, non lasciando
che la pratica illecita di pochi riesca ad infamare un intero settore sportivo.
17
Il quale è stato fissato recependo con la legge 522/1995 la Convenzione di Strasburgo del 16.11.1989.
15
prima, e l’agenzia mondiale antidoping (WADA) poi
18
, hanno messo a punto per cercare di
arginare il più possibile il progredire di questo.
Oltre il fenomeno del doping, il quale supera la materia trattata in questo lavoro, anche il
tema della responsabilità in ambito sportivo travalica i confini nazionali, trovando una
matrice comune anche in realtà giuridiche profondamente distanti dalla nostra, come è , in
particolar modo, quella nordamericana: basata su un sistema piramidale di accentrato
professionismo, viene anch’essa piegata inevitabilmente alle logiche di un mercato che
impone anche in ambito sportivo il risultato ad ogni costo; a volte anche oltre la vita
umana.
La visuale d’insieme emergente da questa premessa è indubbiamente una versione
disincantata e pragmatica di un mondo che, in realtà, vive ancora di spazi di puro
agonismo, di confronto duro ma leale e di una ricerca dei propri limiti non ancora viziata
dalle malattie del nostro tempo. E soprattutto di un movimento, quello olimpico, perenne
fautore di uno spirito fondato su valori etici e culturali rappresentativi di una visione
irriducibile alle tensioni ed ai deterioramenti della vita moderna. Ideali che divengono
palpabili in occasione dell’appuntamento olimpico, ma che restano un eco profonda ed
intramontabile avvolti dallo spirito di lealtà, solidarietà ed amicizia, riconoscimento di un
contributo irrinunciabile per le società di ogni tempo.
Così è nella visione di chi, come il sottoscritto, vive ancora lo sport come una passione da
coltivare e far crescere; e da tanti altri che, impegnandosi in modo sincero ed onesto, sono
alieni ai concetti di responsabilità, danno e reato.
Termini su cui invece questo lavoro vuol far luce: e non per condannare troppo facilmente
pratiche sportive o comportamenti dei singoli, ma per comprendere fino in fondo il
complesso equilibrio che regola la materia e che, anche grazie alla comparazione ed al
confronto, cercherà di dare una chiave di lettura per quanto possibile esauriente del
fondamentale intreccio fra sport e società civile.
18
G. Valori, Il diritto nello sport, op. cit., pag 209.
16
CAPITOLO I
L’ORDINAMENTO SPORTIVO
(Rilevanza ed autonomia dell’ordinamento sportivo)
1. Origine dottrinale ed emersione giuridica dell’ordinamento sportivo.
Senza voler dare soluzione ad una vicenda che ha impegnato le diverse componenti del
diritto in un dibattito estenuante, e a volte inconcludente, voglio porre come punto di
partenza di una riflessione comunque costruttiva una domanda che ha animato la mente di
molti studiosi, dai primi decenni del secolo passato fino ad oggi.
Una domanda che poggia sulla compresenza riconosciuta di due ordinamenti diversi
all’interno della medesima struttura sociale: l’ordinamento statale e quello sportivo.
SUPREMAZIA DEL PRIMO O AUTONOMIA DEL SECONDO?
Come sempre, o spesso, succede nell’evoluzione delle strutture istituzionali e nella
regolamentazione del fenomeno sociale che assurge a dato normativo, la scintilla che
accende tale slancio è posta in opera dalla dottrina, la quale impegna menti ed energie per
porre le basi a quella che sarà successivamente l’evoluzione legislativa.
Un fenomeno non solo nominale, ma anche profondamente sostanziale.
Parte della dottrina
19
pone, ad esempio, in evidenza come diverse discipline, lecite in
ambito sportivo, ma oggettivamente pericolose anche dal sentire sociale, non
sopravvivrebbero all’impatto con la normativa statale, venendo abolite in virtù
dell’incompatibilità con una disciplina penale che le bloccherebbe al vaglio della
responsabilità quanto meno colposa conseguente alla condotta del soggetto; o filtrate da
quella responsabilità civile che le trasformerebbe in discipline onerose tanto in termini
generali di perdita sociale quanto in quelli economici di risarcimento del danno.
Lo sport, come ovvio, ne verrebbe fortemente ridimensionato, con l’inevitabile perdita,
insieme ai profili negativi che lo sport può portare con sé, anche di tutti quegli aspetti
positivi che la società e l’ordinamento stesso vogliono tutelare. Ecco allora che il tentativo
di configurare un autonomo ordinamento sportivo si pone come fattore indispensabile a
porre una discriminante per la sopravvivenza di tutte quelle attività sportive “a rischio
d’estinzione”.
19
G. Manzi, Profili di responsabilità penale nelle attività sportive, in Lo sport e il diritto, a cura di M.
Colucci, Napoli, 2004, pag 159 ss.
17
L’ordinamento sportivo, nella configurazione evoluta che è frutto soprattutto di diversi
interventi avvenuti nel più recente passato
20
, ha attraversato diversi decenni del secolo
passato alla ricerca di un’identità che stentava ad emergere, chiusa dalla critica dottrinale
21
che lo inquadrava fondamentalmente come un movimento privo di rilevanza giuridica.
Enrico Lubrano
22
sintetizza in modo impeccabile la genesi del movimento sportivo in
questi termini: “L’inquadramento del fenomeno sportivo complessivamente inteso, …,
come ordinamento giuridico discende dal superamento della dottrina normativista e dal
comune riconoscimento in dottrina della teoria c.d. istituzionalista e della conseguente
esistenza di una pluralità degli ordinamenti giuridici”.
Premessa indispensabile all’emersione giuridica del fenomeno sportivo è quindi una
collocazione dottrinale che affonda le sue radici nella teoria generale del diritto.
Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del successivo si trovarono contrapposte due
concezioni differenti sull’origine e la consistenza dell’ordinamento. La prima ad affermarsi
fu la teoria normativista del diritto, di cui massimo esponente fu Kelsen
23
, che poneva una
sostanziale equivalenza fra l’ordinamento giuridico e quello normativo. Per l’autore base e
corpo dell’intero sistema era un insieme di norme, al cui vertice egli poneva una norma
fondamentale, andando a costruire una sorta di piramide normativa. Generatrice dell’intero
ordinamento era la norma stessa che, sdoppiandosi, diveniva fattore e risultato all’interno
della stessa costruzione dottrinale. A questa costruzione asettica ed un po’ eterogenea al
tessuto sociale, si contrappose la teoria istituzionalista di Santi Romano
24
. Partendo
appunto dall’idea di una istituzione che è momento genetico della società e delle norme
che questa andrà a porsi per il suo vivere, egli pone nel corretto ordine i fattori istituzione e
norma, riservando al primo il ruolo di momento istitutivo che precede e produce quello
normativo. L’istituzione è organizzazione, ed egli individua nella plurisoggettività,
nell’organizzazione e nella normazione i caratteri di quel fenomeno associazionistico che è
embrione da cui poter sviluppare coerentemente la sua teoria. In sostanza, ovunque un
individuo riesca a porre in essere un ordinamento che valga per una cerchia seppur
20
Si pensi, solo per fare un esempio, ai decreti che hanno ridimensionato la struttura e le competenze del
CONI (D. Lgs. n.242/1999, c.d. decreto Melandri e D. Lgs n. 15/2004, c.d. decreto Pescante) o alla legge n.
376/2000, la quale ha introdotto il reato di doping.
21
Fra la critica più decisa, si vedano C. Furno, Note critiche in tema di giochi, scommesse e arbitraggi
sportivi, in Rivista Trimestrale di Diritto Processuale Civile, 1952, pag 619 e F. Carnelutti, figura giuridica
dell’arbitro sportivo, in Rivista del Diritto Processuale, 1953, pag 20, citate entrambe da V. Frattarolo, La
responsabilità civile per le attività sportive, Milano, 1984, pag 2.
22
E. Lubrano, Ordinamento sportivo e giustizia statale, in Lo sport e il diritto, op. cit., pag 209.
23
H Kelsen, La teoria pura del diritto, Torino, 1966, citata in Il diritto nello sport, di G. Valori, Torino 2005,
pag 4
24
S. Romano, L’ordinamento giuridico, Firenze, 1966, citata in Il diritto nello sport, di G. Valori, Torino
2005, pag 4
18
estremamente ristretta di soggetti, egli crea un’istituzione. E questa nasce ovunque una
pluralità di individui arrivi ad organizzare in modo autonomo ed originale i rapporti che tra
questi intervengono.
Il superamento della teoria normativa a favore di quella istituzionalista fu una delle prime
pietre che consentì al fenomeno sportivo di emergere anzitutto come organizzazione, per
cercare una propria identità giuridica.
Fondamentale in questo senso fu anche il passo dottrinale di poco successivo.
Partendo dai caratteri sopra delineati della plurisoggettività, della normazione e
dell’organizzazione, lo stesso autore arriva a distinguere diversi tipi di ordinamento ogni
qual volta uno di questi caratteri arrivi ad avere un campo ristretto, speciale o almeno
parzialmente differente rispetto alla globalità dell’ordinamento statale. Ecco allora che la
possibile pluralità può venire alla luce dalla differente soggettività che si dimensiona sui
diversi ambiti del vivere sociale; dalla normazione posta in essere da una fonte dissimile
rispetto a quella statale; o, infine, da un’organizzazione distinta, almeno parzialmente, da
quella propria dello Stato
25
.
E’ il processo di pluralizzazione che si pone quindi come base indispensabile al
riconoscimento di ulteriori ordinamenti al di là di quello statale. Un processo che ha
sicuramente la sua origine più re-mota ben prima dell’affermarsi dello stato moderno, nella
volontà di autodeterminazione di diverse componenti della società del passato. Ma che,
nell’evoluzione di questo, arriva ad essere un momento di esplicito riconoscimento da
parte delle istituzioni; segno di una democrazia che, spesso frutto di guerre e rivoluzioni
ma anche più semplicemente di evoluzioni naturali nella scienza e della cultura di un
popolo, rappresenta il segno tangibile dell’odierno progresso sociale, trovando espressione
anche nella nostra carta fondamentale
26
. Espressione del generale riconoscimento del
pluralismo delle formazioni sociali
27
e della libertà di associazione
28
, si sostanzia poi con
particolare riferimento a specifiche forme associazionistiche come quelle di carattere
religioso
29
, sindacale
30
e politico
31
.
Attraverso il superamento di quella visione statalista (e stato-centrica) fortemente
regressiva e chiaramente oppositrice a tutte quelle spinte riformiste che la società può
25
M. Sanino, Diritto sportivo, Padova, 2002, pag 25.
26
Rectius, Costituzione della Repubblica Italiana, (G.U. ed. str. 27/12/1947, n. 298).
27
Art 2 Cost.
28
Art 18 Cost.
29
Art 19 Cost.
30
Art 39 Cost.
31
Art 49 Cost.
19
evidenziare al suo interno, si sostituisce al monolitico ordinamento statale una pluralità di
ordinamenti dalle caratterizzazioni più varie.
Come ovvio, il punto di partenza e di riferimento non può che essere l’ordinamento
statale
32
, da cui comunque promanano e trovano legittimazione i vari ordinamenti
particolari. Come cerchi concentrici, i differenti ambiti soggettivi, normativi ed
organizzativi, vanno valutati nella loro com-plessità ed interazione, cogliendone i
particolari tratti caratteristici e distintivi.
In prima approssimazione risulta altresì imprescindibile la posizione sovraordinata
dell’ordinamento statale, in virtù della tipologia di interessi, perlopiù generali, che questo
tutela.
E’ da questo che deve essere elaborato un sistema completo e complesso, per fare in modo
che sostituendo al monismo statale il pluralismo poliedrico dei diversi ordinamenti
particolari non si vengano a creare situazioni scomode di contrapposizione e conflitto, ma
si configuri altresì un sistema ordinato di ordinamenti gerarchicamente ordinati.
Nell’analisi del particolare ordinamento sportivo, un momento di genesi remota è
indubbiamente da cogliersi nell’istituzione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano
(CONI) nel 1907, il quale divenne organizzazione a carattere permanente con funzioni di
coordinamento e controllo di tutta l’attività sportiva nazionale nel 1914: questo può essere
considerato il primo momento di fattiva manifestazione organizzata di una realtà che fino
ad allora era rimasta confinata nell’ambito del sociale e dell’indifferenza generale
all’interno delle istituzioni nazionali. In realtà il CONI, e con questo l’idea giuridica del
fenomeno sportivo, continuava a vivere ai margini della cosa pubblica, almeno fino a che
la legge istitutiva
33
non ne impose il riconoscimento istituzionale. Ma in questo modo
entrava a far parte stabile di quell’ordinamento internazionale che con il tempo sarebbe
andato acquisendo un peso notevole tanto a livello internazionale, quanto a livello dei
singoli stati.
Seguendo quelle che sono le premesse dottrinali poste dalle teorie di Santi Romano, e
contrastando l’idea contrattualistica del fenomeno sportivo, Cesarini Sforza fu il primo ad
elaborare su base ordinamentale il diritto sportivo, considerandolo manifestazione di quel
diritto dei privati che arrivava ad elevare l’organizzazione di interessi particolari in un
sistema più o meno complesso di strutture, istituzioni e norme
34
. L’idea, seppure positiva,
32
M. Sanino, Diritto sportivo, op. cit., pag 23.
33
Legge 16 Febbraio 1942, n. 426 (G.U. n. 112 del 11/05/1942).
34
W. Cesarini Sforza, il diritto dei privati, in RISG, 1929, pag 43, citata in M. Sanino, Diritto sportivo, op.
cit., pag 22, nota 8.
20
si pose indubbiamente in contrasto con il regime al tempo dominante, fortemente permeato
di ideali egemonizzatori ed accentratori. La cultura ed il regime fascista che non poteva
infatti tollerare, nella loro visione statalizzatrice, la relativa autonomia, anzitutto di
pensiero, di singoli gruppi sociali.
La svolta costituzionale repubblicana fu per la realtà sportiva un terreno fertile su cui
sviluppare le proprie ambizioni autonomiste, anche se queste non trovarono in effetti
spazio all’interno della nostra Costituzione. L’Assemblea Costituente, nella formulazione
di quei valori che dovevano essere posti alla base della nuova vita del paese, aveva
preferito tralasciare espressi riferimenti allo sport, utilizzato in precedenza dalla
propaganda fascista quale strumento per la “creazione” di una gioventù forte nello spirito e
nel corpo, ma indirizzata ad ideali bellici di potere e di discriminazione razziale.
Pur non riconosciuto espressamente, il fenomeno sportivo trova un riconoscimento
indiretto nelle disposizioni della carta costituzionale: nel riconoscimento e nella garanzia
che la Repubblica offre ai diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali
35
; nella tutela che questa offre, rimuovendo gli ostacoli di ordine
economico e sociale, agli strumenti di promozione umana e sociale di cui lo sport non può
non esserne parte
36
; nel diritto dei cittadini di associarsi liberamente, e quindi nella
rilevanza costituzionale che la pratica sportiva assume nella coesione sociale della pratica
organizzata
37
.
Seguendo l’onda lunga che aveva attraversato le menti di Romano e di Cesarini Sforza,
Massimo Severo Giannini
38
arrivò a determinare con decisione la natura ordinamentale del
fenomeno sportivo individuandone i tratti caratteristici in quelli che già avevano fondato la
teoria pluralistica alla base del riconoscimento degli ordinamenti particolari: la
plurisoggettività, la normazione e l’organizzazione.
Secondo questi autori risulta quindi imprescindibile lo schema dell’ordinamento giuridico,
per poter arrivare a definire compiutamente l’ambito in cui l’attività sportiva organizzata
viene a svolgere la propria attività.
Seppure dominata da queste considerazioni, la dottrina del tempo non si mostrava però
compatta sull’argomento.
Soprattutto nel decennio successivo all’entrata in vigore della legge istitutiva del CONI, la
legge n. 426/1942, le opinioni di segno opposto continuavano a sopravvivere, nell’idea di
35
Art 2 Cost.
36
Art 3, comma 2, Cost.
37
Art 18 Cost.
38
M. S. Giannini, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Rivista Diritto Sportivo, 1949,
pag 3.
21
diversa parte della dottrina che considerava il fenomeno sportivo come un ordine
“agiuridico”, regolato prettamente da una normativa tecnica che esulava dai principi della
regolamentazione giuridica, e segnato da un momento essenziale, la gara, che era
irriducibile al diritto: gioco e diritto vengono considerati fenomeni sociali distinti e diversi,
categorie autonome
39
.
Ed anche quando non ne veniva sancita la netta contrapposizione, al diritto veniva
riconosciuta una scarsa utilità all’interno della regolamentazione del fenomeno sportivo;
strumento esorbitante in un settore della vita sociale che doveva essere regolato dal
principio del fair play e che non vedeva né come utile, né tanto meno come necessario
l’utilizzo dello strumento giuridico in ambito sportivo
40
.
Pur nell’opposizione di qualche studio che quindi arrivava sostanzialmente a porre su piani
differenti l’ordinamento sportivo e quello statale appare chiara la diffusa consapevolezza
della natura ordinamentale dello sport.
Cesarini Sforza e Giannini ebbero sicuramente il merito d’aver dato un aggancio teorico e
metodologico importante per lo sviluppo del diritto dello sport. Ma, nel precorrere i tempi,
lasciarono pochi allievi. Per molto tempo, tanto a livello dottrinale quanto, come vedremo,
a livello legislativo, lo studio della materia fu lasciato più alla passione dei singoli che
all’interesse del gruppo. Nella definizione della manifestazione giuridica dello sport, la
dottrina apparve per lungo tempo frammentaria e sporadica, tendente più ad un approccio
enciclopedico che ad una ricostruzione generale ed istituzionale.
Nella definizione di quello che doveva essere il concetto di organizzazione, tratto
caratteristico nella delimitazione degli ordinamenti in genere, I. e A. Marani Toro
41
individuarono con precisione come tale concetto potesse essere discriminato
dall’agonismo, distinguendone quello occasionale o a programma limitato da quello a
programma illimitato. La rilevanza dell’aspetto organizzativo è in questa distinzione
propria del secondo fattore, ed a questo tipo di attività deve quindi essere imputata la
natura ordinamentale, elemento basilare per poter correttamente e proficuamente intendere
il coordinamento che deve sussistere tra le diverse parti di un sistema che andava a
strutturarsi in maniera sempre più complessa.
Come scatole cinesi, i diversi ordinamenti arrivano a comporsi e ad incastrarsi, a volte
perfettamente, a volte con qualche attrito che la giurisprudenza è poi destinata ad
39
Furno, Note critiche in tema di giochi, scommesse e arbitraggi sportivi, op. cit., pag 619, citata da
Frattarolo, La responsabilità civile per le attività sportive, op. cit, 1984, pag 2.
40
Carnelutti, figura giuridica dell’arbitro sportivo, op. cit., pag 20, citata da Frattarolo, La responsabilità
civile per le attività sportive, op. cit., 1984, pag 2.
41
I. e A. Marani Toro, Gli ordinamenti sportivi, Milano, 1977, pag 73.
22
eliminare. L’ordinamento sportivo cerca all’interno della struttura statale una propria
dimensione, senza però volersene completamente sganciare; ma anche all’interno
dell’ordinamento sportivo cercano di emergere le diverse realtà che atomizzate lo
compongono e che divengono anch’esse ordinamenti giuridici sportivi particolari
42
.
All’interno della teoria che si è andata definendo ordinamentale è da notare inoltre come si
contrappongano tra loro due differenti orientamenti dottrinali
43
: la concezione monistica e
quella pluralistica. Forse fondate, per quel che interessa il fenomeno sportivo, più su una
distinzione nominale che sostanziale, non avendo contribuito in maniera esauriente alla
definizione del fenomeno sportivo dal punto di vista giuridico, la prima tende a ricondurre
ogni sub-ordinamento all’ordinamento generale dello stato, riconoscendo in questo la fonte
primaria e unica di legittimazione degli altri, ulteriori, ordinamenti presenti nell’ambito
sociale di un determinato ambito territoriale e comunitario; escludendo, allo stesso tempo,
ogni spazio di configurazione autonoma per ulteriori ordinamenti.. Di converso la
concezione pluralistica fa emergere l’importanza che le diverse istituzioni particolari
possono acquisire all’interno dell’ordinamento generale statale affermando, nello specifico,
l’esistenza, accanto all’ordinamento giuridico statale, di quello particolare sportivo.
La strada che condusse il fenomeno sportivo ad avere una propria autonomia giuridica
ebbe quindi una storia abbastanza travagliata; e forse ancor oggi non completamente
conclusa se G. De Marzo
44
, commentando il d.l. 220 del 19 Agosto 2003 che, con
successive modifiche, trovò compiuta espressione nell’importante legge 280/2003 ebbe ad
evidenziare come ci siano delle evidenti incongruenze fra la volontà politica di una
delimitazione netta, regolamentare e di giustizia, fra i diversi ordinamenti contrapposti ed il
risultato che tale intervento viene a determinare.
“Sino ad oggi, una volta riconosciuta la configurabilità dell’ordinamento sportivo, in
ragione dell’autonomia normativa e dell’esistenza di una stabile organizzazione, il
problema di definire i rapporti con l’ordinamento statale è stato affidato alle soluzioni
degli interpreti che, … , hanno sottolineato, sul piano sostanziale, l’effettiva prevalenza
42
I. e A. Marani Toro, Gli ordinamenti sportivi, op. cit. pag 73. Per questi, la “specificità di ciascuna
organizzazione sportiva e la particolare complessità di queste è tale da costituire, ciascuna, un ordinamento
sportivo; la molteplicità delle federazioni e la peculiarità di ogni singola federazione appare tale da
configurare il fenomeno sportivo non più come unico ordinamento, ma come comprensivo di più ordinamenti
sportivi”, citazione di E. Lubrano, Ordinamento sportivo e giustizia statale, in Lo sport e il diritto, op. cit.,
pag 212, nota 7.
43
M. Sanino, Diritto sportivo, op. cit., pag 30.
44
G. De Marzo, Ordinamento statale e ordinamento sportivo tra spinte autonomiste e valori costituzionali, in
Corriere Giuridico 10/2003, pag 1263.
23
per lungo tempo assicurata alle regole sportive su quelle statali, che pure, in caso di
contrasto, sarebbero destinate a trovare applicazione”
45
.
Dalle parole che l’autore scrive in apertura dell’articolo, si può cogliere come a più di
mezzo secolo dagli studi del Giannini la situazione non si sia sostanzialmente modificata in
modo significativo nel rapporto fra i due ordinamenti in quanto, seppur legittimando un
riconoscimento che è ormai parte della storia, non arriva a delineare con fermezza una
distinzione di ambiti e competenze lasciando al condizionale (sarebbero destinate
46
) una
situazione che meriterebbe ben altra decisione.
Nel commento dello stesso autore, si sottolinea la difficoltà insita nella formula di legge
47
per il giurista, il quale, in un’interpretazione autentica della regola, non può che rifarsi ad
un indagine il più possibile rigorosa della volontà di legge, che sola attribuisce rilevanza
alle situazioni giuridiche soggettive e ne pone un distinguo fra quelle rilevanti a livello
statale e quelle lasciate alla determinazione sportiva.
Il discorso viene poi ulteriormente a complicarsi in virtù della rilevanza pubblicistica che il
fenomeno sportivo, coagulato a livello dirigenziale attraverso le diverse federazioni, viene
ad assumere. Queste, pur ricevendo un’espressa qualificazione in termini privatistici
48
,
vanno pur sempre a svolgere una attività che non può non qualificarsi, almeno in senso
lato, pubblica, indirizzata a livello superiore dalle decisioni del CIO e del CONI.
Nel tentativo di dare autonomia all’ordinamento sportivo, il risultato si è rivelato essere
quello di delimitare l’ambito giurisdizionale di tale settore in modo alquanto incerto. “…Il
d.l. 220/2003 non conduce sino in fondo il progetto di ritrarre la sovranità (statale)
dall’ambito dello sport, limitandosi a dettare norme per circoscrivere una delle
manifestazioni di esercizio della sovranità stessa: la giurisdizione”
49
Ordinamento statale ed ordinamento sportivo:
SUPREMAZIA DEL PRIMO O AUTONOMIA DEL SECONDO?
Senza voler giungere ad una decisione salomonica ed equidistante dai due poli, è di sicura
evidenza come l’ordinamento sportivo sia divenuto ad oggi un ordinamento giuridico
45
G. De Marzo, Ordinamento statale e ordinamento sportivo tra spinte autonomiste e valori costituzionali, in
CG 10/2003, pag 1264.
46
G. De Marzo, Ordinamento statale e ordinamento sportivo tra spinte autonomiste e valori costituzionali, in
CG 10/2003, pag 1264.
47
Art 1, comma 2, legge 17 Ottobre 2003 n. 280 (G.U. n 243 del 18/10/2003): “i rapporti tra l’ordinamento
sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di
rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica…”.
48
Art 15 D. Lgs. 23 Luglio 1999, n. 242 (G.U. n. 176 del 29/07/1999).
49
G. De Marzo, Ordinamento statale e ordinamento sportivo tra spinte autonomiste e valori costituzionali, in
CG 10/2003, pag 1264.
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compiuto, tanto nella struttura istituzionale quanto nella normazione con cui tali organismi
si sono imposti.
Conquistando, o meglio acquisendo, spazi all’interno del tessuto sociale prima e statale
poi, l’ordinamento sportivo è andato costruendo col tempo una propria organizzazione
sempre più complessa e compiuta, segno di una evoluzione che però ancora non può dirsi
compiuta.
Nell’indispensabile esigenza di allineare costantemente il fenomeno giuridico emergente
alle strutture giuridiche preesistenti a questo all’interno della comunità, è chiaro come
risulti estremamente complesso bilanciare la necessaria autonomia organizzativa e
normativa del fenomeno sportivo, basato essenzialmente su esigenze di carattere tecnico,
con la supremazia residuale dell’ordinamento statale, che assume rilevanza fondamentale
in tutte quelle situazioni che il legislatore intende attrarre nell’ambito del giuridicamente
rilevante.
L’ordinamento giuridico sportivo è quindi, in conclusione, un fenomeno tendente per sua
stessa natura all’autonomia, seppure abbia un limite implicito ed esplicito nella politica
generale dell’ordinamento statale.
Il concetto di supremazia, proprio dell’idea originaria dello stato moderno, dev’essere
sfumato attraverso l’evoluzione del tempo, che ha messo in risalto tante e multiformi
esigenze del vivere sociale, di cui il fenomeno sportivo rappresenta un’espressione. Una
supremazia che non può porsi senza limiti e non deve divenire indifferenza da parte
dell’ordinamento statale. Questo, in tal senso, diviene collante irrinunciabile di un sistema
multi-organizzato, dove l’autonomia dei diversi ordinamenti particolari è tale proprio in
virtù dell’esistenza di una struttura che ne legittima e ne riconosce l’esistenza
50
.
50
M. Sanino, Diritto sportivo, op. cit., pag 31.