4
Tale studio sarà svolto partendo dall’individuazione dei doveri
cui sono tenuti nello svolgimento della loro funzione
attraverso l’esame del loro contenuto e della casistica
giurisprudenziale ad essi relativa.
Le considerazioni svolte in questo lavoro saranno riferite alla
responsabilità degli amministratori operanti in una società con
modello di amministrazione «tradizionale», cioè il modello
“ereditato” dal vecchio sistema di diritto societario
1
.
La scelta è motivata dalla previsione contenuta nella stessa
legge delega, che individua, alla lettera e) dell’art. 4, comma 8,
tale modello, quale opzione di default da adottarsi in assenza
di precisa indicazione statutaria.
Nel capitolo primo dopo aver illustrato la natura e la tipologia
degli obblighi degli amministratori nei confronti della società
si esaminerà il generico dovere di diligenza nella gestione e le
problematiche legate alla diligenza intesa quale parametro per
valutare l’esatto adempimento degli obblighi degli
amministratori.
Nell’ambito dello stesso capitolo verrà analizzato anche il
dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione.
1
Relativamente alla s.p.a., il Codice Civile del 1942 prevedeva un modello di
amministrazione unico articolato in tre organi (assemblea, amministratori e collegio
sindacale). Il D.lgs. n. 6, del 17 gennaio 2003, prevede due ulteriori sistemi alternativi
di amministrazione e controllo: il cosiddetto «modello dualistico» e il cosiddetto
«modello monistico». Per una riflessione sulla politica legislativa adottata e un esame
dei modelli si rinvia ad Allegri, Gli amministratori delle società per azioni in una
prospettiva di riforma, in Riv. soc.,1999, pag. 387 e ss.
5
Nel capitolo secondo l’attenzione si sposterà sul dovere degli
amministratori di non agire in conflitto di interesse e dei
doveri specifici collegati a tale situazione.
Nel capitolo terzo, infine, saranno analizzati alcuni problemi
relativi all’accertamento della responsabilità, ponendo
particolare attenzione alle novità introdotte dal D.lgs. n.
6/2003 riguardo alla ripartizione delle competenze gestionali
tra assemblea e amministratori, ai rapporti tra delegati e
deleganti e all’azione sociale di responsabilità esercitabile
dalle minoranze azionarie.
6
CAPITOLO 1
Obblighi degli amministratori e dovere di diligenza
nella gestione
1.1 Natura e tipologia degli obblighi degli amministratori nei
confronti della società.
Gli amministratori costituiscono il “potere esecutivo” della
società per azioni. Nel nuovo articolo 2380-bis del Codice
Civile, introdotto dal legislatore con la recente riforma del
diritto societario (D.lgs. n. 6, del 17 gennaio 2003), al primo
comma viene sancito che «la gestione dell’impresa spetta
esclusivamente agli amministratori i quali compiono le
operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale».
Tale norma, codificando un principio di origine germanica,
attribuisce definitivamente ed in via esclusiva agli
amministratori il potere di assumere le decisioni che incidono
direttamente sull’organizzazione e sulla conduzione
dell’impresa sociale, nonché il potere di compiere le
operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale
2
.
2
Invero, il principio secondo cui non è l’assemblea ad essere sovrana ma sono gli
amministratori ad essere investiti, in via esclusiva, di tutti i poteri dell’amministrazione
era unanimemente accolto dalla dottrina italiana già a partire dall’adozione del Codice
Civile del 1942. A tal proposito, Calandra Buonaura, Potere di gestione e potere di
rappresentanza degli amministratori, in Trattato delle società per azioni diretto da
Colombo-Portale, Torino, 1995, pag. 707 e pagg. 110-112.
7
Senza entrare nel merito del dibattito dottrinale sviluppatosi
negli anni, relativo alla natura giuridica del rapporto
intercorrente tra amministratori e società e sulla fonte dei
poteri degli amministratori, è opportuno evidenziare che gli
amministratori costituiscono un organo necessario della
società per azioni, organo cui la legge attribuisce il compito di
amministrare la società
3
.
Rispetto agli altri organi sociali, infatti, quello amministrativo
presenta la particolarità di dare concreta attuazione al contratto
sociale, esercitando quelle attività i cui risultati, in virtù del
rapporto intercorrente tra amministratori e società, diventano
comuni ai soci.
Gli atti compiuti dagli amministratori, o meglio le
conseguenze giuridiche dei loro atti, vengono quindi ad essere
imputate direttamente ed esclusivamente alla società, senza
conseguenza alcuna nella sfera giuridica degli autori materiali
delle azioni stesse.
I poteri attribuiti agli amministratori sono lo strumento a loro
disposizione per l’esercizio delle loro funzioni, cioè per
l’attuazione dell’oggetto sociale e l’adempimento dei doveri
che la legge o l’atto costitutivo gli impongono.
3
E’ ormai pacifico che gli amministratori sono un organo sociale e non più dei semplici
mandatari della società, come era affermato all’art. 129 secondo comma del Codice di
commercio del 1882. Già nel Codice Civile del 1942, dell’originario rapporto di
mandato, rimaneva soltanto il riferimento al mandatario per la misura della diligenza
dovuta dagli amministratori nell’adempimento dei loro doveri (art. 2392 c.c.);
riferimento che oggi, come vedremo, con l’entrata in vigore del D.lgs. n. 6, del 17
gennaio 2003, è definitivamente scomparso.
8
Ciò che è attribuito agli amministratori non è una serie di
facoltà da esercitarsi arbitrariamente
4
.
Infatti, «è responsabile dei danni arrecati alla società ed ai
creditori l’amministratore che non pone in essere alcuna
attività gestionale, ovvero si astenga dalle decisioni dovendo
egli provvedere, in senso positivo, alle misure necessarie per la
corretta gestione dell’impresa sociale»
5
.
Un autorevole interprete si è espresso al riguardo dicendo che
«amministrare la società significa essere titolari di un droit-
function» pertanto «amministrare non è soltanto esercitare un
potere, ma anche adempiere ad un dovere»
6
.
Tutto questo emerge ancor più oggi dal tenore letterale del
nuovo art. 2380 bis c.c., in cui, a conferma delle
interpretazioni passate, si può ritenere che il potere gestorio
attribuito agli amministratori è un “dovere” che questi
s’impegnano ad assolvere al fine di perseguire, con atti diretti
o funzionali, l’oggetto sociale, unico vero limite di detto
potere.
4
Frè, Società per azioni, in Commentario del Codice Civile a cura di Scialoja-Branca,
Bologna-Roma, 1982, pag. 429. Secondo l’autore: «si parla di poteri-doveri perché
l’esercizio dell’attività amministrativa non ha carattere discrezionale…ma rappresenta
un vero e proprio obbligo giuridico».
5
In tal senso: Trib. Roma, 10 febbraio 1987, in Dir. Fall., 1988, II, pag. 338. In ogni
caso è pacifico che l’amministratore meramente “formale”, che non si occupi di fatto
della gestione, è responsabile dei danni cagionati dagli altri amministratori. Anzi,
l’affermazione dell’amministratore di essere all’oscuro della gestione della società
assume valenza confessoria della sua responsabilità, a riguardo Cass., 25 gennaio 1999,
n. 661, in Mass. ann., 1999, pag. 156.
6
Allegri, Contributo allo studio della responsabilità civile degli amministratori,
Milano, 1979, pagg. 131-132.
9
Il presente lavoro muove proprio da tale punto: il collegamento
tra poteri e doveri e la loro reciproca funzionalità.
Infatti, i vasti poteri che la legge attribuisce agli amministratori
trovano corrispondenza nei doveri che su di loro incombono ed
è dall’inosservanza di tali doveri che l’art. 2392 del c.c. fa
discendere la speciale responsabilità degli amministratori.
Nella triade composta da assemblea, sindaci e amministratori
questi ultimi sono il soggetto più informato e partecipe della
vita della società e coloro che hanno in mano la gestione
dell’attività imprenditoriale.
La responsabilità sociale degli amministratori è dunque
strettamente connessa al ruolo che essi rivestono nella vita
della società e rappresenta una contropartita rispetto ai poteri,
a loro attribuiti, dal contratto sociale
7
.
Esigendo il rispetto di “determinati” obblighi, pertanto, si è
inteso assicurare la correttezza dell’attività sociale
8
.
Insomma come prevede l’art. 2392 c.c.: «gli amministratori
devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo
statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e
dalle loro specifiche competenze. Essi sono solidalmente
responsabili verso la società dei danni derivanti
7
In tal senso: Borgioli, L’amministrazione delegata, Firenze, 1982, pag. 21.
8
In tal senso: Weigmann, Responsabilità e potere legittimo degli amministratori,
Torino, 1974, pag. 102, dove: «la minaccia del risarcimento del danno…è il peso che la
legge colloca sull’altro piatto della bilancia a fronte del potere, per assicurare un
perfetto equilibrio nella conduzione efficiente della società». Si comprende allora come
lo stesso autore definisca, a pag. 360 dell’opera citata, la responsabilità degli
amministratori come il completamento necessario dei loro poteri e costituisca il mezzo
per giustificare l’esercizio di un potere che non trova legittimazione nella proprietà.
10
dall’inosservanza di tali doveri a meno che non si tratti di
attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in
concreto attribuite ad uno o più amministratori».
A differenza dei soci, illimitatamente responsabili, gli
amministratori rispondono per la violazione di obblighi e non
per i debiti della società. La responsabilità degli amministratori
quindi deriva dall’inadempimento di un loro dovere.
Dalla previsione dell’art. 2392 c.c. si desume che
l’obbligazione degli amministratori appartiene al genere delle
obbligazioni di mezzi e non di risultato ed è pacifico che
l’insuccesso economico della società e persino il suo
fallimento, non sono sinonimo di inadempimento
9
.
Essenziale a questo punto diventa, per il proseguimento della
trattazione, l’individuazione degli obblighi la cui inosservanza
determina la responsabilità verso la società a carico degli
amministratori.
Nelle norme di legge non è rinvenibile un’elencazione
completa degli obblighi a carico degli amministratori.
Questo ha condotto gli interpreti per cercare di classificare tali
obblighi a distinzioni diverse secondo il criterio utilizzato
come discriminante. Un illustre autore, al riguardo, ha
sottolineato la scarsa utilità e le incertezze delle classificazioni,
evidenziando come ogni elencazione non possa che essere
“disorganica ed incompleta”
10
.
9
Tale questione è assolutamente pacifica tra gli interpreti: per tutti, Galgano, Diritto
civile e commerciale, III, 2, Padova, 1999, pag. 281 e ss.
10
Minervini, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, pag. 231.
11
Il motivo può ricondursi a vari fattori: come osservato «tali e
tanti sono gli adempimenti ai quali gli amministratori sono
tenuti nello svolgimento dell’attività sociale che una completa
elencazione sarebbe praticamente impossibile e probabilmente
poco utile»
11
. Inoltre interventi legislativi nei campi più diversi
(disciplina fiscale, previdenziale, ecc) hanno imposto nuovi
obblighi agli amministratori di s.p.a., nuovi doveri che, per la
diversità della fonte da cui sorgono, non si prestano ad una
rassegna e ad una classificazione analitica
12
.
Pertanto in virtù delle ragioni esposte, è stato osservato che
non ha rilevanza, ai fini della responsabilità degli
amministratori, la classificazione adottata, poiché in caso
d’inadempimento la responsabilità sussiste e va accertata con
gli stessi criteri
13
.
Il criterio di classificazione prescelto distingue, a seconda del
contenuto determinato dalla legge, tra cosiddetti obblighi
specifici e cosiddetti doveri generali dell’amministratore
14
.
Gli obblighi del primo tipo si caratterizzano per avere il
proprio contenuto specificatamente indicato dalla legge o dallo
statuto, essi impongono agli amministratori un determinato
comportamento in una determinata situazione vincolandone
11
Bonelli, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, Milano, 1992,
pag. 3.
12
Allegri, op.cit., pag. 124.
13
In tal senso: Bonelli, ibidem., pag. 4; Franzoni, Gli amministratori e i sindaci, Torino,
2002, pag. 272.
14
Per tutti Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2000,
pag. 30.
12
così il potere di gestione
15
. Già numerosi nella precedente
struttura codicistica, sono stati ulteriormente incrementati nel
corso degli anni da specifiche previsioni normative
16
, come, ad
esempio, quelli previsti nel D.lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998
per gli amministratori delle società con azioni quotate, nonché,
da ultimo, dal Decreto legislativo n. 6/2003.
I cosiddetti doveri generali, invece, non sono ritagliati per una
specifica situazione ma riguardano ogni potenziale atto di
gestione. I doveri generali non specificano quali siano gli atti
che gli amministratori debbano porre in essere, ma il «modo»
o la «modalità» cui gli amministratori sono tenuti nella
gestione della società
17
.
15
Allegri, op.cit., pag. 138, Secondo l’autore, la distinzione non è poi così marcata:
«Poiché non vi sono soltanto due categorie contrapposte di doveri gli uni discendenti da
obblighi tipici direttamente previsti da una specifica norma di legge, gli altri rientranti
nella generale funzione di amministrazione della società. Anche nella prima ipotesi vi
sono doveri tipici che tuttavia, per una loro precisa determinazione, abbisognano di una
valutazione in concreto: le norme in tema di conflitto di interessi e di divieto attività
concorrente, le norme in tema di bilancio e particolarmente di valutazione delle
poste…».
16
Per un’ampia trattazione in merito si veda: Allegri, op.cit., pag. 124 e ss. In merito
l’autore, a pag. 129, evidenzia che: «In ogni caso deve essere rilevato che l’estensione
dei doveri degli amministratori, attuata su diversi piani e con diverse finalità dalla
legislazione recente, è stata ad essi imposta proprio in ragione della carica da essi
ricoperta nell’ambito della società».
17
La dottrina ha individuato due fondamentali doveri a carattere generale: dovere
generale di diligenza e divieto di agire in conflitto di interessi. Nel dovere di vigilanza
ed in quello di eventuale intervento, infatti, non devono essere individuati obblighi
nuovi ma solo una specificazione del dovere di diligenza. Per tutti si veda: Bartalini, La
responsabilità degli amministratori e dei direttori generali di società per azioni, Torino,
2000, pag. 249.
13
Essi possono essere visti, pertanto, come un criterio di
condotta al quale gli amministratori debbono uniformare il
proprio operato.
Si tratta cioè di “clausole generali” il cui contenuto va stabilito
di volta in volta e può specificarsi solo con riferimento alle
circostanze dei singoli casi concreti. Spetterà al giudice
stabilire se gli amministratori hanno violato tali doveri.
Di fronte ai doveri generali nella gestione, al pari che di fronte
agli obblighi specifici dettati dalla legge, l’amministratore è in
grado (e deve esserlo) ex ante di valutare gli effetti della sua
condotta
18
. E dallo stesso angolo visuale deve agire, nella sua
valutazione dei fatti, il giudice al quale venga richiesta la
condanna dell’amministratore ex art. 2392 c.c..
L’inosservanza degli obblighi imposti dalla legge e dallo
statuto, infatti, legittima la società ad agire contro l’organo
amministrativo chiedendone la condanna per inadempimento
contrattuale.
Al giudice in entrambi i casi spetterà il compito di accertare il
nesso causale che esiste tra il danno effettivo causato e
l’inadempimento riscontrato.
Differente sarà, ai fini del suddetto accertamento, trovarsi di
fonte alla violazione di un obbligo avente un contenuto
specifico e già precisamente determinato dalla legge o dallo
statuto, piuttosto che alla violazione di un obbligo avente
contenuto generico.
18
Rubino Sammartano, La responsabilità degli amministratori: mala gestio e interesse
della società, in Giustizia amministrativa on line.
14
E’ bene chiarire da subito, pur senza anticipare il tema
dell’individuazione della natura della responsabilità civile
degli amministratori e dell’accertamento della responsabilità
per le violazioni dei suddetti obblighi, che il criterio di
classificazione prescelto, trova la sua maggiore utilità nel
riflesso che ha in relazione all’onere processuale della prova.
Infatti, nelle ipotesi di violazione di obblighi specifici, il
soggetto che promuove l’azione di responsabilità contro gli
amministratori dovrà provare solo l’inadempimento e che
questo gli ha provocato un danno.
L’accertamento della responsabilità per la violazione di questi
specifici obblighi è facilitato, in quanto, è sufficiente provare,
per affermarne la responsabilità, che l’amministratore non ha
tenuto il comportamento previsto dalla legge
19
.
Nel caso di violazione di un obbligo generico l’attore, al fine
di provare l’inadempimento, dovrà stabilire come avrebbe
dovuto comportarsi l’amministratore in conformità ai doveri
della diligenza e del perseguimento dell’interesse sociale nella
fattispecie considerata.
Si impone dunque, un’opera ricostruttiva volta a determinare
preliminarmente i canoni di comportamento dovuti dagli
amministratori tenendo conto delle circostanze concrete di
ogni singolo caso, per individuare, dal raffronto con gli eventi,
la deviazione del comportamento dell’amministratore.
19
Bonelli, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, cit., pag. 2.
15
Nel presente lavoro si procederà all’approfondimento dei
cosiddetti doveri a contenuto generico, individuati nel dovere
di usare diligenza nella gestione e nel divieto di agire in
conflitto di interessi con la società. Verrà esaminata la loro
disciplina alla luce delle recenti modifiche del diritto delle
società di capitali introdotte con il D.lgs. n. 6 del 17 gennaio
2003.
Premessa necessaria all’esame dei due criteri generali di
comportamento, è che in ogni caso, essi vanno riferiti e
applicati ad un’attività che deve essere riconducibile
all’oggetto sociale come descritto nello statuto.
La pertinenza dell’attività dell’amministratore all’oggetto
sociale assume così il valore di precondizione necessaria alla
valutazione di qualsiasi successivo comportamento; accertata
l’estraneità dell’atto all’oggetto sociale, non avrà senso
discutere di diligenza o di conflitto di interesse, ovvero di
violazione di obblighi specifici facenti capo
all’amministratore
20
.
Al verificarsi del danno, l’atto che supera i confini segnati
dall’oggetto sociale, di per sé, esporrà comunque gli
amministratori alla sanzione risarcitoria, nei confronti di
qualsiasi soggetto pregiudicato dagli effetti negativi dell’atto
stesso, in primis la società.
20
In tal senso: Conforti, La responsabilità civile degli amministratori di società, I,
Milano, 2003, pag. 359.
16
1.2 Esame degli inadempimenti che danno luogo a
responsabilità: della violazione di obblighi specifici.
La responsabilità degli amministratori sorge a seguito
dell’inadempimento ai doveri che la legge o lo statuto pongono
a loro carico.
La responsabilità degli amministratori è dunque una
responsabilità da inadempimento
21
.
Si deve aggiungere che la responsabilità degli amministratori è
una responsabilità per colpa, come si desume dal terzo comma
dell’art. 2392 c.c., pertanto, essi sono responsabili per la
colposa inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge e
dallo statuto.
In conseguenza del criterio di classificazione prescelto, che
distingue i doveri degli amministratori in specifici e generici, è
possibile individuare tre categorie fondamentali di violazioni
che determinano la responsabilità degli amministratori: a)
violazioni di obblighi specifici b) violazione del dovere
generale di diligenza c) violazione del dovere di non agire in
conflitto di interessi.
21
Pertanto disciplinata dall’art. 1218 del c.c. il cui testo, che si riporta per memoria,
recita: «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al
risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento e il ritardo è stato
determinato da impossibilità della prestazione derivante da cause a lui non imputabili».
17
Obiettivo di questo lavoro è l’analisi degli inadempimenti ai
doveri generali di comportamento, pertanto maggiore spazio
verrà dato alle violazioni sub b) e sub c).
Relativamente alle violazioni di obblighi specifici una seppur
breve trattazione, è però doverosa.
L’accento sarà posto sulle caratteristiche tipiche della loro
disciplina, ponendo particolare attenzione all’atteggiamento
manifestato dal legislatore verso tali obblighi nella recente
riforma.
a) della violazione di obblighi specifici
Con l’espressione “violazione di obblighi specifici” si intende
fare riferimento a tutta quella serie di divieti espressamente
sanciti da singole norme di legge e a quelli esplicitamente
previsti negli statuti delle singole società.
Si tratta di fattispecie, caratteristiche dell’attività
amministrativa, che il legislatore ha ritenuto particolarmente
rilevanti.
L’impianto normativo è notevolmente articolato
22
e va
ricostruito guardando non solo alle norme civili ma anche a
quelle penali, amministrative e tributarie. A puro titolo
esemplificativo si riportano: l’art. 2485 c.c. primo comma, che
impone agli amministratori di accertare senza indugio il
verificarsi di una causa di scioglimento della società e
procedere con gli adempimenti del caso previsti; l’art. 2366
22
Si veda in merito Minervini, op.cit., pag. 231; Mignoli,Nobili, voce Amministratori
(di Società), in Enc.Dir., II, Milano, 1958, pagg. 141-142.