1
INTRODUZIONE
Questa tesi si propone di riassumere i principali punti di
discussione attinenti all’istituto della responsabilità precontrattuale,
quale categoria di illecito consistente nella violazione dei doveri di
buona fede e di rispetto della legittima aspettativa delle controparti
contrattuali.
L’analisi inizia con l’esame del profilo storico della vicenda
riguardante l’obbligo precontrattuale di buona fede.
Tale excursus storico, che si sofferma soprattutto sulla prima
opera dalla quale prese l’avvio la teoria su questo tipo di
responsabilità, ovvero il Saggio pubblicato nel 1961 da Rudolf von
Jhering il quale, ha concretamente contribuito alla nascita di una
concezione moderna della responsabilità precontrattuale, ha consentito
di portare alla luce le linee fondamentali della successiva evoluzione
della dottrina. Viene successivamente sottolineato, come, alla base
dell’iniziale atteggiamento di indifferenza che la dottrina ha mostrato
verso l’istituto in esame, vi sia l’assenza nel codice civile 1865 di una
norma generale che definisca la culpa in contrahendo.
2
Questa affermazione della culpa in contrahendo sia come figura
generale, sia col riferimento determinante al principio di buona fede si
ebbe con il Codice Civile odierno. In effetti, all’originaria ostilità di
dottrina e giurisprudenza nei confronti della responsabilità in esame, si
andò sostituendo una progressiva apertura che culminò con
l’introduzione nel Codice Civile del 1942 di due previsioni in tema di
responsabilità precontrattuale, costituite dagli artt. 1337 e 1338 c. c.
L’art. 1337 c. .c. viene considerato dalla giurisprudenza
l’enunciazione fondamentale del principio della responsabilità
precontrattuale la quale, sancisce, l’obbligo delle parti di comportarsi
secondo buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto,
nella secondo norma, viene ravvisata una specificazione di tale
principio, dichiarando la responsabilità della parte che, conoscendo o
dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto,
non ne ha dato notizia all’altra parte.
Nel proseguo del lavoro, vengono affrontate le problematiche,
ampiamente dibattute sia in dottrina che in giurisprudenza, relative
alla natura giuridica della responsabilità in esame, la quale è ormai
pacifico, che possa farsi rientrare nella responsabilità
extracontrattuale, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Successivamente, vengono ampiamente illustrate, le varie
3
ipotesi in cui si manifesta la responsabilità precontrattuale.
In primo luogo, vi è l’analisi del concetto di buona fede di cui
parla l’art. 1337 c.c., che costituisce un’applicazione, nell’ambito
della fase precontrattuale, del generale principio di buona fede,
operante nel campo del contratto e delle obbligazioni in virtù del
richiamo alla suddetta buona fede contenuto in molte norme del
vigente codice civile, alcune di carattere generale.
In secondo luogo, viene affrontata la tematica del recesso
ingiustificato dalle trattative la cui rilevanza giuridica, nonostante la
presenza nel codice attuale di una norma, quale, appunto, l’art. 1337
c.c., indubbiamente ispirata alla tutela dell’affidamento, non è ancora
del tutto pacifica. Tuttavia si può affermare che, si ha rottura
ingiustificata dalle trattative quando il contraente receda senza una
valida giustificazione da trattative condotte fino al punto da indurre
l’altra parte a confidare ragionevolmente nella conclusione del
contratto.
Dopo l’analisi della fattispecie dell’art. 1337 c.c., che viene
considerata la norma principale relativa alla responsabilità
precontrattuale, l’indagine prosegue affrontando le altre ipotesi in cui
possa esplicarsi tale responsabilità, ovvero la stipulazione del
contratto invalido o inefficace di cui all’art. 1338 c. c., e altre ipotesi
4
particolari che riguardano, in particolare, l’applicabilità della
normativa di buona fede all’istituto della donazione, agli atti mortis
causa e nel diritto del lavoro.
Inoltre, viene affrontata una problematica di rilievo dottrinale e
giurisprudenziale, circa la possibile configurazione di detta
responsabilità nel caso di conclusione di un contratto valido, con
l’analisi della giurisprudenza meno recente, la quale, non ravvisava la
possibilità di applicazione della fattispecie di cui all’art. 1337 c.c. alle
suddette ipotesi fino ad arrivare ad una inversione di rotta, ad opera
della giurisprudenza più recente la quale ha finalmente riconosciuto
l’applicazione dell’art. 1337 c. c. alle ipotesi di contratto valido.
Tale ipotesi si configura nel caso in cui, i raggiri posti in essere
da una parte, hanno influito non sulla conclusione del contratto ma sul
suo contenuto (dolo incidente art 1440 c. c.). In questi casi il contratto
è valido, ma l’autore del dolo risponde del danno, costituito dalla
minore convenienza economica dell’affare a causa dell’intervento
doloso.
Vengono nel proseguo trattate anche le problematiche relative
alla tutela prevista nei casi di illecito precontrattuale, con una
specifica analisi sul risarcimento del danno nei limiti del c.d. interesse
negativo e cioè, nell’interesse del soggetto a non essere leso
5
nell’esercizio della sua libertà negoziale. Il danno per lesione
dell’interesse negativo si distingue rispetto al danno per lesione
dell’interesse positivo, quale interesse all’esecuzione del contratto.
In quest’ultimo caso il danno è rappresentato dalla perdita che il
soggetto avrebbe evitato (danno emergente) e dal vantaggio
economico che avrebbe conseguito (lucro cessante) se il contratto
fosse stato eseguito. Invece il danno dell’interesse negativo, consiste
nel pregiudizio che il contraente subisce per aver inutilmente
confidato nella conclusione e nella validità del contratto o per aver
stipulato un contratto che senza l’altrui illecita ingerenza non avrebbe
stipulato o avrebbe stipulato a condizioni diverse.
Vengono infine affrontati i temi degli obblighi di informazione
nella formazione dell’accordo contrattuale e la problematica relativa
all’applicazione dell’istituto della responsabilità precontrattuale
quando uno dei futuri contraenti sia un soggetto pubblico.
In merito al primo punto, occorre sottolineare come, il dovere di
informare gravante sulle parti, emerge in tutta la sua portata ancor più
nell’ambito delle trattative, che si presentano come distinte e
preliminari rispetto alla formazione del contratto: è in questa fase che
le parti accertano, sulla base di autonome valutazioni di opportunità e
di convenienza, l’entità dell’accordo raggiungibile, in relazione ai
6
rispettivi interessi da comparare. Il contratto è ancora ipotetico ed
eventuale, i soggetti manifestano unicamente la loro disponibilità a
progettare i termini di un futuro accordo. Trattare è discutere,
comunicare, confrontarsi; è momento di valutazione delle altrui
pretese, comparate ai propri bisogni, è dialogo tra interessi
contrapposti. È questa la fase in cui le parti debbono comportarsi con
maggior chiarezza, escludendo del tutto reticenze e silenzi dolosi.
Da ultimo, per quanto attiene al secondo tema, ovvero la
responsabilità della P.A., l’analisi parte da una originaria posizione
negativa della giurisprudenza sino ad arrivare progressivamente ad
una sempre maggiore apertura in materia, dapprima solo dottrinale e
poi anche giurisprudenziale. Le difficoltà avvertite in passato sono
state superate puntualizzando che la responsabilità precontrattuale
dell’Amministrazione non presuppone una pretesa del terzo
contraente, né alla stipulazione del contratto ne alla sua approvazione
da parte dell’autorità tutoria. Ciò che può pretendere chi contratta con
un ente pubblico è che nelle trattative e nella fase di formazione del
contratto l’ente tenga un comportamento improntato ai precetti della
buona fede e della normale diligenza ai quali sono tenuti in generale i
contraenti.
7
Capitolo primo
Il dovere di buona fede precontrattuale e
natura giuridica della responsabilità
precontrattuale
Sommario. 1. L’evoluzione storica della responsabilità
precontrattuale. -2. Nozione e natura giuridica della
responsabilità precontrattuale. – 3. La buona fede nella fase
della formazione del contratto. - 4. Il recesso ingiustificato
dalle trattative. -5. La posizione della giurisprudenza.
1. L’evoluzione storica della responsabilità precontrattuale.
Il tema della responsabilità precontrattuale è sicuramente
oggetto di interessamento da parte di molti studiosi.
8
La teoria su questo tipo di responsabilità, ha preso l’avvio
mediante il fondamentale studio di Rudolf von Jhering
1
il quale, ha
concretamente contribuito alla nascita di una concezione moderna
della responsabilità precontrattuale. Dal risultato della sua analisi, lo
Jhering
2
ha creduto di poter trarre una regola generale utile per
colmare un vuoto giuridico esistente ai suoi tempi, e cioè, l’assenza di
un sistema normativo in grado di tutelare chi ha, in buona fede
confidato nella validità di un contratto a causa del comportamento
colpevole altrui.
Infatti, egli nella sua opera del 1861
3
propugnò per la prima
volta, l’esistenza di una responsabilità per culpa in contrahendo,
asserendo l’irragionevolezza di un ordinamento giuridico che non
accordasse tutela al contraente che avesse subìto un danno a seguito
della stipulazione di un contratto invalido. Pertanto, Jhering pensò di
poter astrarre dai testi giustinianei l’idea secondo la quale, se taluno ha
dato vita ad un contratto nullo per sua colpa, avrà l’obbligo di risarcire
1
Saggio pubblicato da Rudolf von Jhering nel quarto volume dei suoi Jahrbücher dal
titolo Culpa in contrahendo ovvero del risarcimento del danno nei contratti nulli o non
giunti a perfezione.
2
Prima della pubblicazione del saggio di Rudolf von Jhering (1861), vi sono stati degli
studi su questa materia nei quali, tuttavia, mancava uno svolgimento approfondito del
tema e soprattutto una visione unitaria dello stesso.
3
JHERING, Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur
Perfection gelangten Verträgen, in Jahrbüche für die Dogmatik des heutigen römischen
und deutschen Privatrecht, IV, 1861, p. 1 ss.
9
alla controparte il danno sopportato per avere in buona fede confidato
nella validità del contratto stesso.
Nel prospettare tale teoria Jhering partì da alcuni testi del
Digesto
4
in materia di alienazione di res extra commercium, per
affermare che, in caso di contratto avente ad oggetto un bene non
commerciabile, la nullità dello stesso non impediva l’esperimento da
parte dell’acquirente di un’azione contrattuale (c.d. actio empti).
Ciò in quanto, secondo l’autore, la conclusione del contratto
determinerebbe in capo al contraente non solo l’obbligo di adempiere
la prestazione promessa, ma anche, laddove sia impossibile ottenere
l’adempimento a causa dell’esistenza di un vizio determinante la sua
nullità, l’obbligo di risarcire i danni derivanti all’altro contraente
dall’avere stipulato un contratto che il soggetto sapeva essere invalido.
In tal senso, Jhering distingue, con riferimento al contratto, fra
nullità e mancata produzione di effetti, osservando che la nullità del
contratto non impedisce che esso produca obblighi risarcitori derivanti
da una colpa (Verschuldung) che , peraltro, si presume. Tale obbligo,
prescinde dalla consapevolezza in capo all’alienante
dell’incommerciabilità della cosa, e si fonda sull’obbligo del
4
(Mod.) Digesto 18, 1, 62, 1; inst. 3, 23, 5; (Upl.) Digesto 11, 7, 8, 1; (Jav.) Digesto 18,
4, 8, 9.
10
contraente di informarsi al momento della stipulazione del contratto,
della sussistenza di tutti i requisiti necessari a garantirne la validità.
Da tale ricostruzione deriva, secondo il giurista, il principio per
cui colui che abbia per sua colpa concluso un contratto invalido debba
risarcire all’altro contraente i danni derivatigli per aver confidato nella
validità del contratto stesso.
Il fondamento di questo obbligo è racchiuso nel termine
“Verschuldung” cioè colpa, e poiché questa colpa è presente prima
della conclusione del contratto viene definita “culpa in contrahendo”.
La teoria dello Jhering presenta una serie di limiti derivanti per
lo più dal particolare quadro di riferimento socio – economico e
normativo in cui essa si inserisce
5
; solo inserendo il saggio nel
contesto sociale della coscienza giuridica dell’Europa dell’Ottocento
si può comprendere il perché dell’ottica individualistica che lo permea
e che mira a ridurre il più possibile l’intervento delle norme giuridiche
per limitare e regolare la libertà contrattuale delle parti.
Tuttavia, al di là dei limiti intriseci, l’opera jheringhiana
presenta un merito indiscutibile, legato alla sua grande diffusione e
all’influenza che esercitò presso i giuristi del tempo.
5
C. TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990, p.
40.
11
Fu proprio lo studio e l’analisi delle problematiche che essa
affrontava a spingere la dottrina e la giurisprudenza, negli anni
seguenti, a cercare di introdurre la nozione di culpa in contrahendo
negli ordinamenti positivi; ed è sulla stessa linea che nasceranno le
prime codificazioni che tuteleranno i contraenti anche nella fase
antecedente alla conclusione del contratto.
Il primo codice civile italiano risalente al 1865, quindi di pochi
anni successivi alla pubblicazione del saggio di Jhering, non aveva
dettato alcuna disposizione diretta a disciplinare il comportamento
delle parti nel periodo delle trattative e della formazione del contratto.
In particolare il legislatore italiano apparve influenzato, più che
dal modello tedesco proposto da Jhering, da quello francese espresso
dalla codificazione del Code Napoleon. In esso infatti, come nel
codice italiano, non esiste nessun articolo specificatamente riferito alla
culpa in contrahendo. Il legislatore francese considera le ipotesi di
lesione causate nella fase delle trattative come singole fattispecie di
illecito extracontrattuale, e quindi tutelabili con il riferimento alla
responsabilità aquiliana (art.1382 Code Napoleon).
Dunque, il codice civile del 1865, al pari di quello francese, non
definisce con una norma generale la culpa in contrahendo.
12
A questa lacuna del codice corrispose, almeno inizialmente, un
atteggiamento di indifferenza della dottrina per il problema della
responsabilità precontrattuale, di cui, se da un lato non si avvertiva
l’urgenza dall’altro invece mal si conciliava con il sistema normativo
vigente. In effetti, in un primo momento, il problema venne risolto
semplicemente con il ricorso all’art. 1151
6
(corrispondente all’attuale
art. 2043), poiché era opinione generale che, la c.d. culpa in
contrahendo costituisse una delle possibili violazioni dell’obbligo
generico del neminem laedere.
In seguito, si giunse ad una revisione critica di questo
atteggiamento e si prospettò il tentativo di trovare, alla responsabilità
precontrattuale, un fondamento più valido del richiamo generico alla
colpa extracontrattuale.
Si avvertì soprattutto l’insufficienza dovuta al fatto di lasciare
privi di sanzione molti casi non riconducibili nello schema dell’illecito
6
Tale articolo rappresenta l’antecedente storico dell’attuale art. 2043 del codice civile
vigente, stabilendo che “ogni fatto dell’uomo che reca danno ad altri, obbliga quello per
colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno”.
Tuttavia alcuni autori proposero un sistema di tutela alternativo. Ad esempio lo schema di
responsabilità previsto da V. POLACCO in Le obbligazioni del diritto civile italiano,
Padova, 1898, p. 303 e ss., che proporrà una tutela di natura contrattuale in caso di rottura
delle trattative e di conclusione di un contratto invalido perché annullabile e di natura
extracontrattuale in caso di conclusione di contratto nullo.
Da ricordare anche la posizione del B. DUSI in Istituzioni di diritto civile I, Torino,
1930, p. 138 e ss., che considerò la responsabilità in esame come intermedia tra
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
13
extracontrattuale
7
, nonostante ciò, la dottrina italiana quasi nella sua
totalità, afferma il principio della non vincolatività delle trattative
precontrattuali e quindi fu sostanzialmente merito della giurisprudenza
l’aver considerato ammissibile, negli anni che precedono l’avvento del
codice del’42, una responsabilità da rottura delle trattative,
anticipando così quella tutela che troverà pieno riscontro normativo
nel’ art. 1337 dell’odierno codice.
Con il codice del 1942 la questione sembra finalmente essere
stata risolta positivamente, sia con l’affermazione della culpa in
contrahendo come figura generale, sia col riferimento determinante al
principio di buona fede. In effetti, all’originaria ostilità di dottrina e
giurisprudenza nei confronti della responsabilità precontrattuale, si
andò sostituendo una progressiva apertura che culminò con
l’introduzione nel Codice Civile del 1942 di due previsioni in tema di
responsabilità precontrattuali, costituite dagli artt. 1337, 1338.
Con tali norme la responsabilità per Culpa in contrahendo fa
espressamente ingresso nel nostro ordinamento. La ratio di tali articoli
è da rinvenire, come risulta dalla Relazione al Codice, nella necessità,
da un lato, di garantire l’esigenze di solidarietà affermate
nell’ordinamento corporativo, dall’altro di limitare l’autonomia
7
L. COVIELLO, Della c.d. culpa in contrahendo, in Il Filangieri, 1900, p. 721 ss.