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Tale evoluzione è continuata in modo incessante, grazie soprattutto alle riforme
legislative degli ultimi anni e al superamento della tesi della irrisarcibilità degli
interessi legittimi, quale corollario della tradizionale lettura dell’art. 2043 c.c.
Quindi, nel terzo capitolo, l’esame dei possibili casi di responsabilità
precontrattuale della pubblica amministrazione rende necessaria, un’analisi del
percorso dottrinale, giurisprudenziale e normativo che ha condotto, alla sentenza
della Corte di Cassazione n. 500 del 1999
2
, la quale attraverso un interpretazione
costituzionalmente orientata delle norme vigenti, e più in generale, dando seguito
all’influenza del diritto comunitario, supera le dispute sul concetto di <<danno
ingiusto>> e afferma la risarcibilità degli interessi legittimi.
Di conseguenza, le varie ipotesi di responsabilità nella fase delle trattative
individuate dalla dottrina, negli anni precedenti, potevano trovare diretta
applicazione nei tribunali, quali figure di illecito extracontrattuale per violazione di
interessi legittimi.
Da questo punto in poi, la tesi, cerca di analizzare in termini più attuali, la
concreta applicazione della responsabilità precontrattuale in capo alla p.a., all’interno
della giurisprudenza dei tribunali amministrativi. Questa, come si affermerà nel corso
della trattazione, tende a caratterizzarsi per la sua contraddittorietà, soprattutto per
quanto riguarda il profilo della risarcibilità del danno.
Infine, la parte conclusiva nel quarto capitolo, è incentrata sulla competenza
giurisdizionale relativa alla pretesa risarcitoria nei confronti della p.a., seguendo le
varie fasi che conducono all’attuale assetto di giurisdizione.
2
Cass. Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500
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CAPITOLO I
Lineamenti generali sulla responsabilità precontrattuale
Capitolo 1
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1.1 Cenni storici. La culpa in contrahendo nella teoria di Jhering
Per comprendere a pieno l’istituto della responsabilità precontrattuale della
pubblica amministrazione è necessario, in primo luogo, introdurre l’argomento
soffermandoci su osservazioni di carattere generale e su una breve evoluzione storica
e comparatistica.
Partendo dalla definizione di contratto, il disposto dell’art. 1321 c.c. ci dice che
“Il contratto è l'accordo di due o più parti, per costituire, regolare o estinguere tra
loro un rapporto giuridico patrimoniale”. Prendendo in considerazione l’aspetto
soggettivo, si identifica il contratto quale atto decisionale delle parti e più
precisamente come accordo, ovvero una manifestazione di volontà.
Tuttavia, non sempre un contratto si presenta come il risultato di una istantanea
ed immediata convergenza di due manifestazioni di volontà, anzi, soprattutto se
economicamente rilevante, un contratto è sempre più il risultato di un graduale e
progressivo avvicinamento della volontà delle parti e spesso è necessario un periodo,
più o meno esteso, di trattative. Durante questo periodo le parti hanno modo di
negoziare il contenuto dell’eventuale contratto e di compiere una serie di
accertamenti circa l’effettiva convenienza dell’affare.
Alla luce di tutto ciò, proprio la notevole e crescente complessità, che
contraddistingue la fase preparatoria di un contratto, ha reso la tradizionale
disciplina, fondata sulla proposta e sulla accettazione, assolutamente inidonea a
regolare da sola, in modo adeguato, l’intera fase delle trattative.
Il primo ad intuire l’esigenza di individuare un nuovo approccio, in tema di
negoziazioni precontrattuali fu il tedesco Rudolph von Jhering, che affronta la
delicata questione nell’opera “Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei
nichtigen oder nicht zur Perfection gelangten Verträgen”
3
. Prima della sua
pubblicazione (che risale al 1861) vi erano stati degli studi su questa materia nei
quali, tuttavia, mancava uno svolgimento approfondito del tema e, soprattutto, una
3
JHERING, Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur Perfektion
gelangten Verträgen, in Jherings Jahrbücher, 1861
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visione unitaria dello stesso, poiché essi erano concentrati solo su ipotesi particolari
di errore e dolo
4
.
Il punto di partenza dell'analisi jheringhiana è dato dallo studio del diritto
romano, ed in particolare di alcuni passi del Digesto giustinianeo relativi
all’alienazione di un locus sacer o religiosus o publicus, senza che il venditore
avesse comunicato all’acquirente che il bene era extra commercium. Una simile
compravendita era ovviamente nulla. Quindi, l’autore tedesco constatava che, pur in
presenza della nullità della vendita, era accordata al contraente di buona fede l’actio
empti volta a fargli conseguire "quod interfuit ne deciperetur"
5
. Di qui sorgeva la
necessità di individuare il motivo per cui era concessa un’actio ex contactu malgrado
questo fosse invalido
6
. Pertanto Jhering, pensò di poter astrarre dai testi giustinianei
l'idea secondo la quale, se da una parte il negozio nullo preclude la possibilità di
adempiere all’obbligazione principale, dall’altra non esclude l’obbligo risarcitorio
del danno, per avere in buona fede confidato nella validità del contratto medesimo.
Così la vendita di una cosa res extra commercium, esclude la possibilità
dell’adempimento, ma non l’obbligo del risarcimento che si collega al contratto.
Fondamento di tale obbligo è racchiuso nel termine "Verchuldung" cioè la
colpa. Dunque l’elemento che ha fatto parlare della teoria in questione, come di una
scoperta giuridica, consiste proprio nel considerare come fonte di responsabilità,
anche il mancato accertamento per colpa (Verschuldung) da parte del venditore di
tutti i presupposti per la valida conclusione del contratto, poiché, chi si accinge a
stipulare un contratto è tenuto ad accertare preventivamente l’esistenza di tutti i
requisiti per la sua validità.
A questo punto Jhering poteva formulare una regola generale: se il dovere di
risarcimento gravante sul venditore di una res extra commercium si basa su una
colpa commessa prima della conclusione del contratto, ogni qualvolta ricorra una
culpa in contrahendo sorgerà quel dovere.
4
Ad esempio, il POTHIER nel Traité des obligations, I, Paris, 1805, p. 17, fa riferimento all'equità
per giustificare l'obbligo di risarcimento in caso di contratto viziato da errore, affermando l'esistenza
in tale situazione di una responsabilità di tipo aquiliano.
5
Cfr. MOMMSEN, Zur Lehre vom Interesse, Braunschweig, 1855, MEDICUS, Id quod interest,
Köln-Graz, 1962, Locuzione che per molti racchiude al suo interno il moderno significato di interesse
negativo, ad esempio
6
F. BENATTI, Responsabilità precontrattuale, I, Diritto civile, in Enciclopedia giuridica, vol.
XXVII, Roma, 1991
Capitolo 1
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L’originalità di questa teoria, stava nell’intuizione che un adeguata tutela dei
contraenti non poteva prescindere da una valutazione del loro comportamento nella
fase antecedente la conclusione dell’accordo e che solo da un corretto e leale
svolgimento delle trattative poteva derivare la moralizzazione dei rapporti negoziali.
Partendo da questo presupposto, Jhering, ha poi generalizzato il dovere di
risarcimento a tutti i casi in cui, nella fase delle trattative e della formazione del
contratto, fosse emersa una culpa in contraendo (fino al punto di ritenere che non vi
fosse spazio alcuno per la valutazione della scusabilità o meno dell’errore, dando
così adito a fattispecie di vera e propria culpa oggettiva)
7
.
Le argomentazioni del giurista tedesco, hanno da subito prestato il fianco alle
più aspre critiche, da parte della dottrina tedesca e non solo
8
. Alcune, facevano
riferimento al fatto che, l’opera si limitava all'osservazione delle ipotesi di
conclusione di un contratto invalido e non sembrava guardare all'ipotesi (altrettanto
importante) di rottura delle trattative. In questo senso, Benatti
9
sottolinea l'assurdità
del rimedio prospettato (l'actio empti), non essendovi alcun contratto valido cui far
riferimento, e l'incongruenza dell'applicazione del concetto di "culpa" anche ai casi
in cui di colpa non è possibile parlare (come già detto precedentemente infatti,
Jhering, affermò la colpa del venditore anche se inconsapevole della non alienabilità
del bene).
Ma in realtà, dall'analisi del saggio di Jhering si evince che la conclusione di
un contratto nullo non è l'unico caso di applicazione della culpa in contrahendo, in
quanto essa è prospettata, tra l'altro, anche nel caso di revoca della promessa al
pubblico dopo che è già iniziata l'attività necessaria per ottenere la ricompensa. Ciò
rappresenterebbe, a detta di alcuni autori
10
, la prima (forse inconscia) formulazione
del principio del divieto di rottura ingiustificata delle trattative contrattuali. In
particolare, si potrebbe parlare di rottura "in senso lato" delle trattative
11
, che
7
Cfr. D’AMICO, La responsabilità precontrattuale, in ROPPO (a cura di), Trattato del contratto,
Milano, 2006, pag. 980
8
Così BESSONE, Rapporto precontrattuale e dovere di correttezza, (Osservazioni in tema di recesso
dalla trattativa), in Riv. trim. dir. proc. Civ., 197; RAVAZZONI, La formazione del contratto, II,
Parma, 1974, pag. 53 ss.
9
BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963 p. 6 e ss.
10
LOI - TESSITORE, Buona fede e responsabilità precontrattuale, Milano, 1975, p. 3.
11
TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, cit., p. 56.
Capitolo 1
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ricorrerebbe solo in caso di trattativa che ha raggiunto uno stadio particolarmente
avanzato, in quanto si è già formalizzata in una proposta.
In conclusione, al di là delle critiche che seguirono, appare più importante
sottolineare il merito indiscutibile dell’opera jheringhiana, legato specificatamente
alla sua grande diffusione ed all'influenza che esercitò presso i giuristi del tempo.
Proprio lo studio e l'analisi delle problematiche che essa affrontava spinsero la
dottrina e la giurisprudenza, negli anni seguenti, a cercare di introdurre la nozione di
culpa in contrahendo negli ordinamenti positivi. E lungo la stessa linea nasceranno
le prime codificazioni che tuteleranno i contraenti anche nella fase antecedente alla
conclusione del contratto.
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1.2 Ordinamenti moderni e diritto comparato
I moderni ordinamenti, rispondendo all’esigenza di giustizia sostanziale,
accolgono il principio in base al quale deve essere represso il comportamento
scorretto nella fase antecedente la conclusione del contratto, presentando tuttavia
rilevanti diversità in ordine alla fonte di tale principio.
In alcuni sistemi, come ad esempio il nostro, viene fondato su una norma a
carattere generale (art. 1337 c.c.), in altri si basa invece su regole di formazione
dottrinale o giurisprudenziale.
Ad esempio per la Francia, dove in presenza della lata formula dell’art. 1382
Code Nap. e dell’art. 41 cod. obbl., che sanzionano con l’obbligo del risarcimento
qualsiasi fatto dell’uomo qualificato dalla colpa, si è configurata la colpa
precontrattuale di illecito civile. Nell'esperienza francese, che, presenta qualche
analogia con l'esperienza italiana, il nucleo intorno al quale si è andata formando la
figura della responsabilità precontrattuale, è costituito sostanzialmente dalla
fattispecie di rottura ingiustificata delle trattative; se si esclude qualche felice
eccezione, l'attenzione alla natura giuridica e agli altri effetti dei pourparler è
piuttosto marginale. La prospettiva più interessante esamina invece la problematica
della responsabilità precontrattuale nell'ambito della ricostruzione sistematica del
principio di correttezza posto alla base dell’<<obbligation de reinsegnement>>.
Osserva J. Carbonnier
12
che la fase delle trattative non crea obblighi relativi
al futuro contratto, ma obblighi di comportamento delle parti all’interno della stessa
fase: astenersi da ogni manovra sleale, informarsi reciprocamente su tutte le
circostanze determinanti per la conclusione del contratto sono appunto i
comportamenti che connotano questo momento.
Se il contratto ha avuto conclusione, la sanzione ha natura contrattuale, se
invece non si è concluso, ha natura extracontrattuale. Mentre la tesi secondo la quale
anche nel secondo caso si sarebbe ancora in presenza di responsabilità contrattuale,
fondata sulla costruzione di un <<avant-contract>> tacito tra le parti, non ha avuto
largo seguito.
12
Droit Civil, IV, Paris, 1963, 103
Capitolo 1
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Il principio che regge la materia, è tuttavia informato al dogma di libertà
contrattuale, che consente alle parti di rompere la trattativa in qualsiasi momento
<<pas de contrat vaut mieux qu’un mauvais contrat>>
13
.
La dottrina francese resta, quindi, ancora legata al principio della <<sanità
del contratto>>, elaborando un modello molto cauto di responsabilità
precontrattuale, perché come avverte R. Demogue
14
, ai contraenti occorre assicurare
<<une ceratine libertè d’allure>> e la sanzione, una volta accertate le condizioni ed
esistenza della responsabilità, è contenuta entro il pagamento delle spese sostenute.
Passiamo ora al modello germanico, certamente il più articolato e che affonda
le radici nella concezione jheringhiana della culpa in contraendo
15
, ma strano a dirsi,
il B.G.B. non ha (almeno fino ai giorni nostri) formalizzato il principio della
responsabilità precontrattuale, anche se all’interno del codice sono chiaramente
individuabili una serie di disposizioni ad hoc, che dimostrano con tutta evidenza di
aver comunque recepito il nucleo centrale della teoria di Jhering.
La rigida tipicità degli illeciti, prevista dal 823 BGB, infatti, non consente di
ricomprendervi la culpa in contraendo. La relazione instaurata tra i soggetti nelle
trattative, viene costruita come rapporto di fiducia a carattere quasi contrattuale e
perciò fonte di obblighi di lealtà, la cui violazione da luogo a responsabilità
contrattuale. In questi casi quindi il legislatore si limita a regolamentare solo talune
ipotesi di culpa in contraendo.
Occorre, in tal senso, segnalare la disposizione del paragrafo 122 B.G.B,
secondo il quale la dichiarazione viziata da errore o dall’assenza di una seria
intenzione di concludere l’affare, rende una parte responsabile nei confronti
dell’altra, tutte le volte in cui quest'ultima abbia sofferto un danno per aver confidato
senza colpa nella valida dell’atto, e il 123 B.G.B sulla correttezza nella formazione
del contratto. Ancora, non può non menzionarsi il paragrafo 242 B.G.B. che enuncia
l’obbligo di comportarsi secondo buona fede (Treu und glauben)
16
, in tal modo
13
F. BENNATI, Responsabilità precontrattuale, I, Diritto civile, in Enciclopedia Giuridica, vol.
XXVII, Roma, 8 s.s.
14
R. Demogue, Traitè des obligations, II, Paris, 1923, 168
15
JHERING, Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur Perfektion
gelangten Verträgen, in Jherings Jahrbücher, 1861
16
Cfr. SASSI, Equità e interessi fondamentali nel diritto privato, in PALAZZO (a cura di),
Monografie di Diritto e Processo, Perugia, 2006, pag. 380, nota 721, in cui l’autore ricorda come “il
termine Treu und Glauben costituisce una cosiddetta ‹‹formula a coppia››, consolidatasi nella storia, i
Capitolo 1
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<<l’esercizio di un giudizio di responsabilità per il caso di recesso e l’eventuale
redistribuzione dei danni che conseguono dalla rottura delle trattative non
richiedono particolari giustificazioni, appunto perché in linea di principio non si
dubita che sia meritevole di tutela la parte che abbia ragionevolmente confidato
nelle apparenza create dal comportamento altrui>>
17
.
In giurisprudenza, ad una prima fase in cui il Reichsgericht
18
si allontanò
dalla tesi contrattuale di Jhering, succede un'altra fase assai più duratura, in cui si
afferma invece la natura contrattuale. Attualmente, risolti principali problemi di
natura dogmatica, si ritiene che la responsabilità precontrattuale discenda da un
illecito aquiliano perché <<già semplici trattative creano un rapporto affine a quello
prodotto dal contratto che impegna alla correttezza necessaria nel traffico
giuridico>>. La responsabilità precontrattuale, comunque, discende sempre dalla
violazione del principio del Treu und glauben; in tal modo <<l’esercizio di un
giudizio di responsabilità per il caso di recesso e l’eventuale redistribuzione dei
danni che conseguono alla rottura della trattativa non richiedono particolari
giustificazioni, appunto perché in linea di principio non si dubita che sia meritevole
di tutela la parte che abbia ragionevolmente confidato nelle apparenze create dal
comportamento altrui>>
19
.
cui due elementi sono sinonimi in senso lato. La “treu” (fedeltà) indica il dovere per il debitore di
attenersi a quanto si è obbligato, cioè a dire la fedeltà contrattuale, ma anche l’onorabilità e la onesta.
Il “glauben” (la fede, il credere) indica l’esistenza di un rapporto di fiducia, e richiede il rispetto di un
affidamento meritevole di tutela”. Sempre lo stesso autore, sottolinea come “nel diritto tedesco la
buona fede è stata utilizzata in funzione per così dire equitativa, rappresentando la chiave principale
dello sviluppo giurisprudenziale del diritto”.
17
BESSONE, M., Rapporto precontrattuale e doveri di correttezza, in riv. trim. dir. e proc. Civ.,
1972, pp. 1015
18
La dottrina ha ipotizzato che nella fase precontrattuale sorga un rapporto obbligatorio ex lege,
evidenziando in tal modo il punto di maggior distacco dalla impostazione jheringhiana, nella quale
invece si affermava la contrattualità della responsabilità in forza di un obbligo scaturente non dalla
legge, ma dallo stesso contratto (attraverso la richiamata distinzione tra Hauptwirkung e
Nebenwirkungen).
19
BESSONE, M., Rapporto precontrattuale e doveri di correttezza, in riv. trim. dir. e proc. Civ.,
1972, pp. 962