6
settanta, ed ai giorni nostri. Si potrebbe osservare che il trait d’union
tra questi momenti storici è costituito da crisi economiche
particolarmente significative che comportano periodi di notevole
“stress” per le imprese, costrette, pertanto, ad osservare condotte ai
limiti della legalità per rimanere in vita
1
. E’ questa la ragione per cui
proprio in queste fasi congiunturali più pressante si sente la necessità
di prevenire la commissione da condotte illecite, sostanzialmente
ascrivibili ad imprese sull’orlo della crisi. Essendo l’impresa esercitata
principalmente nella forma collettiva, ecco, tuttavia, che si pone
ciclicamente al giurista (ed a fortiori al legislatore) il problema di
conciliare l’esigenza di porre un freno all’impunità che aleggia intorno
ai principali ispiratori delle condotte illecite, con il principio
dell’irresponsabilità penale delle persone giuridiche.
Infatti, diversamente dai sistemi di common law,
2
nel nostro
ordinamento ha avuto storicamente vigore il brocardo societas
1
Così CARLETTI, La responsabilità penale delle persone giuridiche: aspetti problematici, in La
responsabilità penale delle persone giuridiche in diritto comunitario, Milano,1981, 495. Secondo
detto Autore sarebbe possibile anche una chiave di lettura parzialmente diversa, secondo cui i
periodi suddetti sarebbero epoche di concentrazione tali da costringere le società medie e piccole a
commettere fatti di reato per reggere il confronto con le grandi imprese ed evitare di essere da
queste fagocitate. Che il problema riemerga nei periodi di crisi è ammesso anche da BRICOLA,
Responsabilità per il modo ed il tipo di produzione, in La responsabilità dell’impresa per i danni
all’ambiente e ai consumatori, Milano, 1978, pag. 78, secondo cui le spinte derivanti dalla crisi,
unitamente allo stress occupazionale che ne deriva, comportano un abbassamento della soglia del
rischio consentito per il tipo di produzione e ciò comporta inevitabilmente una recrudescenza della
criminalità d’impresa.
2
Nei sistemi di common law la responsabilità penale delle persone giuridiche è comunemente
ammessa sulla base della identification theory secondo cui l’azione dell’organo è azione della
società. Su questo si veda LEIGHT, The criminal liability of corporation and other groups with
7
delinquere non potest, in base al quale si nega che le persone
giuridiche possano rispondere penalmente dei fatti di reato commessi
dai propri organi nel loro interesse, anche se ispirati alla politica
d’impresa, ovvero cagionati dalla stessa struttura organizzativa
dell’ente. Questo limite all’assoggettabilità a sanzione penale di
soggetti collettivi personificati trae seco che risponderanno degli atti
illeciti, commessi nel corso della gestione di una impresa collettiva,
esclusivamente le persone fisiche investite del potere di gestione
3
, con
esclusione di ogni effetto pregiudizievole per la società, salva
l’applicazione del blando meccanismo di cui all’articolo 197 c.p.
Inoltre, considerando che, condannati gli amministratori di una
società, questa potrà sostituirli a proprio piacimento, è di tutta
evidenza l’area di intangibilità costruita attorno all’impresa societaria
che appare un privilegio tanto odioso quanto dogmaticamente corretto.
special reference to English law, in La responsabilità penale delle persone giuridiche in diritto
comunitario, Milano, 1981, pag. 380.
3
Peraltro in questo campo gli orientamenti della giurisprudenza sono vari in relazione al diverso
apprezzamento riservato al tema della delega di funzioni. Per una rassegna giurisprudenziale dei
diversi orientamenti si veda IORI, Organizzazione dell’impresa e responsabilità penale nella
giurisprudenza, Firenze, 1981, nonché FIORELLA, Il trasferimento di funzioni nel diritto penale
dell'impresa, Firenze, 1984; PAGLIARO, Problemi generali del diritto penale dell'impresa, in
Indice pen., 1985, pag. 17; PEDRAZZI, Profili problematici del diritto penale d'impresa, in Riv.
trim. dir. pen. ec., 1988, pag. 125; FLORA, I soggetti penalmente responsabili nell'impresa
societaria, in Studi in memoria di P.Nuvolone, vol. II, Milano, 1991, pag. 548; ALESSANDRI, voce
Impresa (Responsabilità penali), in Dig. disc. pen., vol. IV, Torino, 1992, pag. 193; TRUCCO,
Responsabillità penale nell’impresa: problemi di personalizzazione e delega, in Riv. it. dir. proc.
pen., 1985, pag. 763.
8
Le ragioni dell’affermazione di questo principio sono da
ricercarsi in argomentazioni di vario genere che si sono imposte
all’attenzione dei giuristi, e che si stenta a superare in un sistema
come il nostro, così attento a tutte le implicazioni teoriche, al punto da
trascurare le concrete esigenze di criminalizzazione delle condotte
illecite.
Sgomberato il campo di indagine dai casi di gruppi organizzati
costituiti al fine di commettere reati, in cui la stessa illiceità dello
scopo impedisce a detti gruppi di essere personificati
4
, occorre entrare
nel dettaglio dei problemi di ordine dogmatico, costituzionale e di
politica criminale che si oppongono all’estensione della responsabilità
penale a soggetti diversi dalle persone fisiche.
Da un punto di vista dogmatico si pongono in primo luogo i
problemi derivanti dalla concezione di persona giuridica che si assume
come base di indagine. Infatti, i soggetti collettivi personificati
possono essere ricostruiti seguendo l’impostazione della teoria della
4
In tale caso, infatti, dovrebbe parlarsi non già di illecito del soggetto collettivo, ma di soggetto
collettivo illecito. Su tale punto si veda quanto sostenuto da PALAZZO, Associazioni illecite ed
illeciti nelle associazioni, in Riv. it. dir. proc. pen., 1976, pag. 422, il quale distingue il piano dei
"reati di associazione" da quello dei "reati associativi o dell'associazione". I primi sono quelli
previsti dalle norme che stabiliscono un divieto penale all'istituzione di determinati tipi di
associazioni, talché viene colpita l'esistenza stessa del soggetto collettivo, non consentita
dall'ordinamento. Nel secondo caso, invece, non sussiste alcun divieto alla costituzione di soggetti
collettivi per via della liceità del loro scopo istituzionale. Ciò nondimeno la previsione di "reati
associativi" mira a reprimere singoli fatti o episodi criminosi della vita dell'associazione,
strutturalmente collegati con il perseguimento dei suddetti scopi istituzionali (leciti) dell'ente.
9
“finzione” (teoria finzionistica), in base alla quale la persona giuridica
non sarebbe altro che un concetto di sintesi, una espressione
linguistica contratta frutto della creazione del giurista, che serve a
sintetizzare una serie di rapporti giuridici facenti capo ai soggetti
singoli appartenenti ad una data collettività. In questo caso non
potrebbe un soggetto fittizio, creato dal diritto, essere chiamato a
rispondere penalmente.
Ovvero si potrebbe seguire l’impostazione della teoria della
“realtà” (teoria organica) secondo cui le persone giuridiche, lungi
dall’essere create dal diritto, sono dotate di un sostrato reale che ne
consente la personificazione. Esse sarebbero, pertanto, dei soggetti
terzi rispetto a coloro che ne fanno parte e sarebbero, in quanto tali,
assoggettabili a sanzione penale
5
.
Ma anche a voler accogliere quest’ultima impostazione, si
finirebbe per far dipendere la soluzione del problema in esame
dall’accoglimento di una teoria elaborata nel settore civile, studiata
per dare una risposta specifica alle problematiche relative alla capacità
giuridica e di agire in campo civile, incerta persino in quel settore
5
Per una analisi dettagliata di tutte le teorie di ricostruzione delle persone giuridiche si veda
BASILE – FALZEA, voce Persona giuridica (diritto privato), in Enc. dir, vol. XXXIII, Milano,
1984, pag. 234. Sul tema cfr. infra Capitolo primo, pag. 18 ss.
10
dell’ordinamento. Occorrerebbe, quindi, verificare se detta teoria sia
trasferibile in campo penale, ovvero non vi siano delle esigenze
specifiche del diritto penale, tali da imporre una diversa ricostruzione.
Oppure, ancora, verificare se, pur accogliendo la teoria della realtà
come vera, non sia il caso di limitarsi, poi, ad applicarla in campo
civile senza trarne le dovute conseguenze in materia penale per ragioni
di ordine costituzionale.
Difatti, dal punto di vista costituzionale, è di tutta evidenza il
contrasto di una responsabilizzazione penale delle persone giuridiche
con il dettato dell’articolo 27 comma 1 della Costituzione, in cui si
afferma che la responsabilità penale è “personale”. E’ stata molto
dibattuta, peraltro, la stessa questione dell’esatta portata del disposto
dell’articolo 27 comma 1 Cost., in particolare se esso comportasse
semplicemente il divieto di responsabilità penale per fatto altrui,
ovvero implicasse anche qualcosa in più sul versante della
partecipazione psicologica. La propensione per la seconda alternativa
si è imposta a seguito della storica sentenza della Consulta del 1988
(C. Cost. sent. n. 364/1988
6
). E questo preclude la responsabilità
6
C. Cost. 24-3-1988, n. 364, in Foro it., 1988, I, pag. 1385.
11
penale degli enti per via dell’impossibilità che alle azioni ad essi
imputabili si possa riconoscere una base psicologico- soggettiva.
Tuttavia, anche volendo considerare la questione
definitivamente risolta nel senso della costituzionalizzazione del
principio di responsabilità colpevole, si potrebbe obiettare che, in
realtà, il disposto dell’articolo 27 comma 1 Cost. individui un concetto
di illecito penale costituzionale esclusivamente riferito alle persone
fisiche, residuando una maggiore libertà nella costruzione di
fattispecie incriminatrici riferite alle persone giuridiche, soprattutto sul
piano che qui più interessa, cioè quello di una meno pressante
esigenza di attribuibilità psicologica dell’azione alla persona giuridica.
Talché il disposto dell’articolo 27 comma 1 Cost. sarebbe riferibile
alle persone giuridiche solo nel suo significato minimo che vieta la
penale responsabilità per fatto altrui
7
.
Secondo un’altra autorevole dottrina, fermo restando il
significato di garanzia del principio di responsabilità colpevole sancito
dall’articolo 27 comma 1 anche con riferimento alle persone
giuridiche (cosa che ne escluderebbe l’assoggettamento alla pena in
senso stretto) detto principio non opererebbe nell’applicazione delle
7
Per questa ricostruzione, sostenuta da una parte della dottrina, si veda PECORELLA, Societas
delinquere non potest, in Riv. giur. lav., 1977, IV, 366-367 e FALZEA, La responsabilità penale
12
misure di sicurezza
8
. Residuerebbe, quindi, la possibilità di sottoporre
le persone giuridiche a misure di sicurezza senza incappare in ostacoli
di ordine costituzionale
9
.
Altri vincoli potrebbero prospettarsi sul piano della teoria
generale del reato. Infatti, se già profondi sono i dubbi che, sul piano
della tipicità, possono sorgere nel momento in cui si ritiene di
imputare la condotta di un organo alla persona giuridica cui esso
appartiene, in quanto è difficile sostenere che tale azione sia propria
dell’ente, sia penalmente riconducibile all’ente, che ad esso
appartenga
10
, dubbi ben maggiori sorgono quando si passi a dibattere
della colpevolezza. È qui che si concentrano le maggiori obiezioni alla
responsabilità penale degli enti. Si sostiene, in particolare, che il
coefficiente psicologico dell’organo agente in vece della persona
giuridica non sarebbe utilizzabile al fine di coinvolgere nella
responsabilità penale anche quest’ultima. Mancherebbe pertanto il
collegamento psicologico con gli elementi significativi della
delle persone giuridiche, in La responsabilità penale delle persone giuridiche in diritto
comunitario, Milano,1981, 159-160.
8
Così BRICOLA, Il costo del principio “societas delinquere non potest” nell’attuale dimensione
del fenomeno societario, in Riv. it. dir. proc. pen., 1970, 954 ss.
9
Peraltro é da notare il consenso che venne a convergere su una soluzione di questo tipo al
problema della criminalità societaria al termine del Convegno di Bucarest del 1929, le cui
conclusioni furono favorevoli all’adozione di ”mesures de sureté”. Tali conclusioni si possono
leggere in Rev. int. droit pén., 1929, pag. 10.
10
Si pone qui il problema del concetto di azione penalmente rilevante, in particolare ci si domanda
se, già sul piano oggettivo, l’azione sia propria dell’ente, se, cioè, essa sia riconducibile alla sua
suitas.
13
fattispecie, non potendo un ente agire con dolo o colpa, necessari per
far sorgere la responsabilità penale ex articolo 27 comma 1 Cost..
Resta da aggiungere che, anche considerando superabili queste
obiezioni, occorrerebbe, poi, elaborare un criterio sulla base del quale
attribuire al soggetto personificato la responsabilità per gli atti dei suoi
organi. Su questo punto si sono elaborati i concetti di “politica di
impresa” e di “interesse della persona giuridica”. Quest’ultimo, in
particolare è stato introdotto nel nostro sistema dalla l. 689 del 1981
per migliorare la disciplina dell’obbligazione civile sussidiaria della
persona giuridica per il pagamento della multa e dell’ammenda,
prevista dall’articolo 197 c.p., attualmente l’unica norma che estende,
sia pure in modo minimo, eventuale, e sul solo piano civile, qualche
effetto negativo all’ente nel cui interesse è stato commesso un reato.
Sotto l’aspetto politico–criminale, infine, si osserva da parte
della dottrina che forse sarebbe il caso di riflettere attentamente
sull’opportunità di creare norme incriminatrici applicabili ai soggetti
collettivi. Ci si domanda, infatti, se non sia più utile pensare a tecniche
di tutela alternative a quella penale in un’epoca come quella attuale in
cui si sente il bisogno di depenalizzare. L’attenzione si rivolge, così,
alle sanzioni amministrative. Certamente è vero che per lungo tempo
14
ne è mancata una disciplina organica a differenza che in altri
ordinamenti
11
. Altrettanto vero è che probabilmente la l. 689 del 1981
rappresenta, da questo punto di vista, un’occasione persa data la
costruzione antropocentrica dell’illecito amministrativo. Ma non per
questo si può abbandonare questo terreno di indagine che, al contrario,
potrebbe rivelarsi estremamente fertile per via dell’assenza di un
vincolo costituzionale analogo a quello di cui all’articolo 27 comma 1
Cost.. Questo consentirebbe, inoltre, di affrontare un discorso di più
ampio respiro sulla funzione della pena (in senso lato), essendo
svincolati dal principio di tendenziale rieducazione disposto
dall’articolo 27 comma 3 Cost.
12
ed aprirebbe la via all’introduzione
nel nostro sistema di sanzioni di tipo esclusivamente afflittivo.
Un ultimo cenno va fatto a proposito della costruzione
antropocentrica del reato. E’ possibile che essa si sia storicamente
affermata in quanto occorreva privilegiare i soggetti collettivi perché
più funzionali al processo produttivo e più adeguati al finanziamento
11
Si pensi alla Ordnungswidrigkeitengesetz (OWiG), la legge tedesca sulle sanzioni
amministrative.
12
La dottrina più avvertita cita il rapporto tra il 1° ed il 3° comma dell’articolo 27 Cost. al fine di
sottolineare come il volto costituzionale del reato sia esclusivamente antropocentrico. Non avrebbe
senso, infatti, sostenere che la pena inflitta ad una persona giuridica debba tendere alla
rieducazione, essendo il concetto di rieducazione intimamente connesso con l’idea di uomo,
capace di intendere e volere, dotato di libero arbitrio. Si veda FIORE, Irriducibilità e limiti del
principio “societas delinquere non potest”, in FIORE-ASSUMMA-BAFFI, Gli illeciti penali degli
amministratori e sindaci delle società di capitali. Profili sistematici ed orientamenti della
giurisprudenza, Milano, 1992, pag. 13.
15
di imprese ad alto contenuto di rischio. Probabilmente alla base di
tutto questo dibattito, in effetti, non ci sono mai state insormontabili
ragioni dogmatiche, cogenti limiti costituzionali o esigenze di
criminalizzazione (o depenalizzazione), ma una semplice questione di
opportunità da affrontare pragmaticamente. E pragmaticamente tale
questione è stata affrontata nei sistemi di common law, in cui in un
primo momento ha avuto vigore l’esclusione della responsabilità
penale delle persone giuridiche al fine di favorire il fiorire di iniziative
economiche, ma da un certo momento in poi, senza pudori dogmatici
e sistematici, si è cominciato ad affermare l’orientamento opposto,
impostosi per il palesarsi sempre maggiore di forme di criminalità
d’impresa, giustificato dapprima sulla base della teoria della vicarious
liability ed in seguito secondo il criterio della identification
13
.
Lungi dal voler indicare la via seguita dai paesi di common law
come quella da seguire, data la difficoltà mostrata dai paesi di civil
law nell’accogliere argomentazioni spregiudicate quali potrebbero
apparire quelle dei giuristi di common law, e soprattutto date le
differenze profonde tra i due sistemi
14
, le osservazioni di cui sopra
13
Sull’evoluzione storica delle teorie adottata dalle Corti del Regno Unito per giustificare la
penale responsabilità delle corporations si veda LEIGH, The criminal liability of Corporations in
English law, cit., pag. 375.
14
Si veda, ad esempio, l’importanza attribuita alla discrezionalità dell’esercizio dell’azione penale
da LEIGH, The criminal liability, cit., pag. 411 al fine di perseguire la persona giuridica solo nei
16
possono servire da stimolo al dibattito, soprattutto permettendoci di
considerare la questione da un punto di vista diverso, superando, in
particolare, il principio societas delinquere non potest, in quanto
principio storicamente condizionato. Il problema di una riflessione
serena e disincantata si pone oggi a fortiori, data la presa di posizione
francese a favore dell’adozione di un sistema sanzionatorio penale per
le persone giuridiche
15
. Se ciò che l’esperienza francese suggerisce è
che non esistano preclusioni irresistibili alla responsabilizzazione
delle persone giuridiche, né da un punto di vista dogmatico, né
politico – criminale, non resterà, a questo punto, che verificare se il
sistema da noi prescelto
16
sia il più idoneo, razionale e congruo per la
prevenzione e la repressione di quelle condotte criminose che trovano
la loro fonte ispiratrice, più o meno cogente, all’interno del soggetto
collettivo che resterà impunito.
In conclusione, occorre sottolineare sin d’ora che l’analisi del
tema in oggetto sarà condotta attraverso una rimeditazione di tutte le
casi in cui la condotta dell’organo sia riferibile alla politica d’impresa, trovi in essa la propria fonte
ispiratrice, ovvero la persona fisica agisca nell’interesse della persona giuridica. In altre parole
Leigh invoca tale discrezionalità per sopperire all’assenza di tipizzazione dei criteri di imputazione
della condotta dell’organo all’ente.
15
Si veda l’articolo 121-2 comma 1 del c.p. francese, il quale sancisce che "le persone giuridiche
… sono penalmente responsabili … dei reati commessi per loro conto, dai propri organi o
rappresentanti". Su ciò si veda DE SIMONE, Il nuovo codice francese e la responsabilità penale
delle personnes morales, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 189 ss.
16
Si ricordi che allo stato attuale è previsto il solo meccanismo della responsabilità civile
sussidiaria, peraltro largamente inapplicato, di cui all’articolo 197 c.p.
17
vie percorribili per dare una soluzione al problema della criminalità
dei gruppi personificati. Si procederà, quindi, ad una ricognizione
delle teorie di ricostruzione delle persone giuridiche, per poi verificare
i limiti, i vantaggi e gli svantaggi della loro sottoposizione a sanzione
penale. Tutto ciò si farà tenendo a mente che lo scopo di questo lavoro
è la ricerca di una prospettiva di sviluppo del sistema sanzionatorio
efficiente ed in linea con i principi costituzionali.
18
CAPITOLO PRIMO
LA PERSONA GIURIDICA: TEORIE DI RICOSTRUZIONE
SOMMARIO: 1. Premessa; - 2. Teorie di ricostruzione delle persone giuridiche:
origini storiche e contenuto; - 3. Teoria della finzione; - 4. Teoria della realtà od
organica; - 5. Cenni sulla spiegazione della responsabilità civile delle persone
giuridiche; - 6. Riflessione sul reale valore delle teorie di ricostruzione ai fini
della responsabilità penale.
1. Premessa.
Un ruolo di notevole importanza ai fini dell’indagine su una
eventuale responsabilità penale delle persone giuridiche è svolto dalle
opinioni manifestate dalla dottrina in merito alla configurazione da
dare a questi particolari soggetti. È un dato inconfutabile, infatti, che
ogni qualvolta sia riemerso il problema della loro responsabilità
penale uno degli argomenti da cui si è ritenuto di far discendere una
risposta negativa o positiva è stato l’accoglimento dell’una o dell’altra
teoria di ricostruzione.
Già alla fine del secolo scorso l’impostazione del problema
fondava le sue premesse nell’accoglimento di questa o di quell’altra
teoria e traeva da ciò le dovute conseguenze. Per questo motivo la
questione dell’ammissibilità della responsabilità penale degli enti si
19
risolveva nell’altra relativa all’accoglimento della tesi “finzionistica”
o di quella “realistica”.
Attesa l’importanza dei riflessi che queste teorie di
ricostruzione hanno assunto ai fini della soluzione del tema della loro
responsabilità penale, occorre ora analizzarle singolarmente, salvo poi
verificare in un secondo momento se esse siano realmente così
determinanti come parrebbe prima facie.
Le teorie di ricostruzione generalmente richiamate per risolvere
il problema della responsabilità penale delle persone giuridiche sono
la teoria della finzione (anche nota come teoria “finzionistica”), la cui
formulazione può ascriversi all’opera di Savigny, e la teoria della
realtà (ovvero organica), elaborata in primis da Beseler e dal suo
allievo Gierke.