2
Paradossalmente, nonostante nessuno metta ormai in dubbio la
capacità giuridica internazionale di almeno alcune organizzazioni
internazionali, a differenza della responsabilità internazionale degli
Stati – argomento ampiamente dibattuto in dottrina e oggetto di
codificazione da più di 50 anni ormai, in particolare da parte della
Commissione di diritto internazionale3 – all’argomento della
responsabilità internazionale delle organizzazioni internazionali è
stato dedicato molto meno spazio. Prevale l’idea, infatti, che in virtù
della propria personalità giuridica, distinta dalla semplice somma
degli Stati membri, alle organizzazioni internazionali si applichino le
stesse norme sulla responsabilità valevoli anche per gli Stati e ciò in
base ad un ragionamento molto semplice:
“the fundamental role of international responsibility ensuring the proper
functionning of the international legal order can be played effectively
when the rules governing responsibility in that order apply to all subjects.
A situation whereby the execution of obligations by some subjects is
guaranteed by international responsibility, whereas the execution of
obligations by other subjects enjoys no such guarantee, is totally
unacceptable. Whenever a subject participating in the international
intercourse accepts an obligation arising from a rule of international law
it is also submitted to the system of responsibility provided for in that
law.”4
Posto in questi termini, tuttavia, la responsabilità delle
organizzazioni internazionali si basa su un’ipotesi il cui presupposto
dipende a sua volta dalla deduzione stessa: se è vero infatti che la
violazione di una norma comporta la responsabilità del soggetto
titolare dell’obbligo violato è anche vero che la titolarità effettiva
3
V. infra cap. 1 par. 5 ss.
4
BUTKIEWICZ, The premisses of International Responsibility of Intergovernmental
Organisations, in PYIL, 1981-82; p. 117
3
dell’obbligo “primario5” si può affermare con certezza soltanto nel
momento in cui ad una sua violazione il diritto ricolleghi determinati
effetti giuridici, ossia nel momento in cui viene impegnata la
responsabilità del soggetto. Non solo la responsabilità dipende quindi
dalla soggettività, ma prova ultima della soggettività stessa è la
responsabilità6.
Tuttavia, anche considerando acquisita la capacità di diritto
internazionale delle organizzazioni internazionali, il problema non è di
così semplice soluzione come sembrerebbe a prima vista. Tra
organizzazioni internazionali e Stati esistono delle differenze
sostanziali tali da sollevare una serie di nuovi interrogativi che
rendono difficile un’applicazione analogica delle norme sulla
responsabilità degli Stati anche alle organizzazioni internazionali.
Certo, è fuori discussione che le organizzazioni internazionali
abbiano la capacità di stipulare dei trattati di diritto internazionale e
pertanto siano in grado di assumersi degli obblighi internazionali
(pattizi). Tuttavia, è anche vero che spesso l’adempimento di tali
obblighi dipende, nei fatti, dal comportamento degli Stati membri.
Cosa succede, quindi, qualora gli Stati membri dell’organizzazione
non si comportino in modo conforme a quanto richiesto dal trattato?
Chi sarà da ritenersi responsabile per l’inadempimento nei confronti
dell’altro contraente, gli Stati membri o l’organizzazione?
Per quanto riguarda il diritto consuetudinario il problema si
complica ulteriormente: prima di poter interrogarsi su quali siano le
5
Il regime caratterizzante la responsabilità internazionale si basa sulla distinzione tra
norme “primarie” (che impongono l’obbligo principale o originario suscettibile di essere violato) e
norme “secondarie” (che stabiliscono gli effetti giuridici della violazione).
6
V. ad es. QUADRI, Report on the Legal Personality of the EC, in MELCHIOR, Les
Relations extérieures de la Communauté Européenne Unifiée, Colloque de Liège, 1969, pp. 41 –
76.
4
conseguenze di una violazione del diritto internazionale generale da
parte dell’organizzazione, bisognerebbe sapere quali siano le norme
consuetudinarie che sono in grado di vincolare anche le
organizzazioni internazionali. Com’è noto, molti diritti facenti
normalmente capo agli Stati non si attagliano ad enti quali le
organizzazioni internazionali, poiché presuppongono, ad esempio, il
governo di una comunità territoriale. Tuttavia, in alcuni casi – si pensi
alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite o alle
attività svolte nello spazio – le organizzazioni possiedono delle
competenze tali da poter violare delle norme che in uno specifico
ambito valgono per gli Stati, pur non essendo esse stesse titolari del
corrispettivo diritto (perché appunto prive dei presupposti necessari).
Saranno esse ciò nonostante vincolate dal relativo obbligo, che si
presume violato, e ne saranno pertanto responsabili?
Le risposte a tali domande non sono facili. Innanzitutto, il diritto
internazionale si caratterizza per il fatto di regolare rapporti tra
soggetti sovrani. Questi, allo stesso tempo creatori e destinatari
dell’ordinamento internazionale, non sono sottoposti a nessuna istanza
super partes competente a tutelare o imporre il rispetto del diritto
stesso. Le conseguenze dell’illecito internazionale sono regolate in
modo esclusivo dalle norme sulla responsabilità che hanno la funzione
di permettere ad uno Stato leso di ottenere in qualche forma la
reintegrazione dell’equilibrio violato, cancellando gli effetti negativi
del torto subíto esigendo una riparazione o “compensandolo”
attraverso il ricorso a contromisure. Applicare le norme sul diritto
della responsabilità valevoli tra gli Stati anche alle organizzazioni
internazionali significa, pertanto, che qualora un atto in contrasto con
una norma di diritto sia imputabile all’organizzazione come soggetto
5
distinto dai propri Stati membri, si suppone che essa subisca le stesse
conseguenze giuridiche che incomberebbero ad uno Stato se
commettesse lo stesso tipo di illecito.
Vedremo, tuttavia, come spesso le organizzazioni internazionali
non siano, di fatto, capaci o di adempiere al nuovo obbligo di
riparazione che scaturirebbe dall’illecito di uno Stato o di subire una
qualsiasi forma di contromisura volta a ristabilire lo statu quo ante.
Giungeremo alla conclusione che la responsabilità internazionale
(come definita per gli Stati) delle organizzazioni internazionali spesso
sembra incompatibile con la loro peculiare natura di soggetti
“derivati”.
Tutto ciò, ossia il fatto che, pur comportandosi in modo non
conforme al diritto, le organizzazioni internazionali non subiscono
nessuna conseguenza negativa, evidentemente, rimette in dubbio non
solo la capacità delle organizzazioni internazionali di essere titolari
delle norme riguardanti la responsabilità, ma di essere soggette al
diritto internazionale in generale.
2. Il piano dell’indagine
Mentre nel primo capitolo del nostro lavoro ci occupiamo delle
nozioni e della definizione in generale della responsabilità
internazionale, nel secondo capitolo presenteremo un’esposizione
della dottrina che si occupa della responsabilità internazionale delle
organizzazioni internazionali, dando spazio a diversi approcci
sull’argomento e soffermandoci in modo particolare sulla tesi
6
prevalente: l’applicabilità analogica alle organizzazioni internazionali
delle norme sulla responsabilità degli Stati.
Nel terzo capitolo tenteremo di verificare in che misura le norme
enucleate dalla dottrina trovino riscontro nella prassi. Partiremo dal
caso al quale ormai quasi tradizionalemente si fa riferimento in
materia e che rappresenterebbe una prova inconfutabile della capacità
delle Nazioni Unite di essere internazionalmente responsabili dei
propri atti. Si tratta di una serie di accordi di riparazione per danni
subiti da cittadini privati durante l’intervento di mantenimento di pace
delle forze delle Nazioni Unite in Congo.
Dall’esame dei fatti emergerà che tali accordi non sono stati
stipulati, da parte dell’ONU, in seguito ad una presunta violazione del
diritto internazionale e pertanto, nonostante una certa loro rilevanza in
materia di responsabilità internazionale delle organizzazioni
internazionali, essi non forniscono una valida prova alle tesi sostenute
dalla dottrina in riferimento proprio a tali accordi. Avremo così
l’occasione per distinguere tra personalità e responsabilità delle
organizzazioni internazionali di diritto “statale” da un lato e di diritto
internazionale dall’altro, due materie che spesso non vengono trattate,
in dottrina, con la necessaria differenziazione.
In secondo luogo, esamineremo le attività delle Nazioni Unite in
un ambito del diritto al quale l’ONU stessa si è dichiarata soggetta,
assumendosi ogni responsabilità derivante dagli illeciti compiuti dai
propri agenti: il diritto bellico e umanitario. Dall’analisi della prassi
risulterà che, nonostante tali dichiarazioni, in realtà non si è prodotto
alcun caso in cui si possa affermare con certezza che l’ONU abbia
7
subito alcuna conseguenza giuridica per la violazione del diritto
bellico o umanitario da parte degli agenti sottoposti al suo controllo.
In realtà, infatti, vedremo come le norme materiali sulla
responsabilità degli Stati non sempre si attagliano alla natura peculiare
delle organizzazioni internazionali. La personalità “derivata” e il fatto
che gli atti delle organizzazioni internazionali dipendano in effetti
spesso dal comportamento dei propri Stati membri, si dimostrerà in
più occasioni essere un ostacolo insormontabile affinché
l’imputazione di un atto, che se compiuto da uno Stato risulterebbe
internazionalmente illecito, possa comportare per l’organizzazione
internazionale lo stesso tipo di conseguenze giuridiche come quelle
previste dalle norme sulla responsabilità degli Stati e permettere
pertanto la reintegrazione del presunto diritto leso.
Per tale apparente paradosso tra soggettività e incapacità di subire
le conseguenze di un illecito ad essa stessa imputablie, non soprende
che sia la giurisprudenza che la dottrina si sono posti il problema
dell’eventuale responsabilità degli Stati membri di un’organizzazione
internazionale. Nell’ultimo capitolo della nostra tesi ci occuperemo,
quindi, del ruolo degli Stati membri negli illeciti delle “loro”
organizzazioni internazionali, cercando di trovare risposta alla
domanda se sia legittimo o meno ricorrere agli Stati membri di
un’organizzazione internazionale allo scopo di ottenere la
reintegrazione o la riparazione per un danno o un torto subíto da parte
di quest’ultima.
Esamineremo la prassi nell’intento di chiarire quali siano i rapporti
obbligatori tra organizzazioni internazionali e Stati membri e tra Stati
8
membri e terzi “lesi” dall’organizzazione. Arriveremo alla
conclusione che allo Stato attuale del diritto internazionale nulla
permette di sostenere che esista una norma che renda gli Stati membri
in qualche modo corresponsabili degli atti imputati alle organizzazioni
internazionali.
3. Gli orientamenti metodologici
La dottrina in genere segue un approccio deduttivo, affermando
che la responsabilità sia un’effetto “consequenziale” o un elemento
“inerente” alla personalità giuridica distinta delle organizzazioni
internazionali rispetto ai propri Stati membri. Gli scritti in materia
riguardano quindi essenzialmente il se e il come un’organizzazione
internazionale sia in grado di commettere un illecito internazionale.
In pochi si sono invece chiesti che forma o contenuto assuma la
responsabilità qualora il soggetto offensore non sia uno Stato ma
appunto un’organizzazione e quali siano le norme materiali in cui essa
si traduce fornendo al soggetto leso la possibilità di cancellare le
conseguenze negative del torto o del danno subíto.
Noi abbiamo invertito l’approccio tradizionale, non assumendo
per scontata la capacità internazionale dell’organizzazione e tanto
meno la correlazione necessaria tra personalità e responsabilità,
analizzando piuttosto i dati della prassi. Partendo da casi di (almeno
prima facie) responsabilità di un’organizzazione internazionale
abbiamo tentato di risalire all’illecito al quale essa avrebbe dovuto
offrire rimedio cercando, così, di trarre delle conclusioni non solo
sulla responsabilità stessa ma sulla stessa titolarità dell’obbligo
9
“primario”. Così procedendo, siamo giunti alla conclusione che lo
stato attuale della prassi non permette di formulare nessun tipo di
regola sulla responsabilità internazionale delle organizzazioni
internazionali e che rimane molto dubbia l’applicazione analogica
delle regole in materia valevoli per gli Stati.
Bisogna dire, infatti, che la prassi in materia di responsabilità
internazionale delle organizzazioni internazionali (se si escludono i
trattati specifici esistenti in materia) oltre ad essere molto esigua, si
riduce in pratica alle operazioni di mantenimento della pace delle
Nazioni Unite. Ciò rappresenta certamente uno svantaggio
metodologico, ma al contempo ci permette di occuparci della
responsabilità internazionale di un’organizzazione senza dover prima
accertare se essa sia effettivamente considerata un’organizzazione con
personalità propria e distinta dai suoi Stati membri. Inoltre, potremo
partire dal presupposto che le norme di diritto internazionale valevoli
nel campo delle attività dell’ONU siano per essa vincolanti ed
analizzare, così, direttamtente le conseguenze degli atti in contrasto
con tali norme.
Dalla nostra indagine emergerà un dato ricorrente in materia di
responsabilità internazionale delle organizzazioni internazionali:
l’indifferenziazione in dottrina tra responsabilità di diritto statale e
responsabilità internazionale delle organizzazioni internazionali.
Spesso la prassi alla quale attinge la dottrina nell’intento di enucleare
le norme sulla responsabilità internazionale delle organizzazioni
internazionali non riguarda, infatti, il diritto internazionale pubblico.
Spesso si tratta invece di torti subiti da cittadini privati che in sé non
10
rappresentano degli illeciti internazionali dell’organizzazione.
Evidenziando le differenze tra le due fattispecie, tratteremo dei casi di
responsabilità di diritto “privato” e/o “statale” delle organizzazioni
internazionali esclusivamente ove le controversie tra l’organizzazione
e il privato abbiano avuto dei risvolti di diritto internazionale.
Abbiamo anche escluso dalla nostra indagine la problematica che
da alcuni autori viene definita come responsabilità internazionale
dell’organizzazione nei confronti dei propri Stati membri. Tali casi
riguardano l’ordinamento “interno” dell’organizzazione: la teoria dei
poteri impliciti e la validità dei cosiddetti atti ultra vires. Non
prenderemo quindi posizione su un problema molto controverso in
materia di organizzazione internazionale: il controllo di legalità degli
atti degli organi delle organizzazioni internazionali.
11
Capitolo primo
La nozione di responsabilità internazionale
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Anzilotti: la responsabilità come rapporto
obbligatorio. – 3. Kelsen: la natura coercitiva della responsabilità. – 4. Ago: la
funzione riparatoria e punitiva della responsabilità. – 5. Il Progetto di
codificazione della Commissione del diritto internazionale delle norme sulla
responsabilità internazionale degli Stati. – 6. Segue: Le origini della
responsabilità: l’illecito internazionale. – 7. Segue: a) L’elemento soggettivo.
8. Segue: b) L’elemento oggettivo. – 9. L’illecito internazionale secondo le
opinioni espresse dagli Stati. – 10. Forme e contenuti della responsabilità. –
11. La responsabilità da atti leciti. – 12. Responsabilità e soggettività.
1. Premessa
L’esistenza di un ordinamento giuridico internazionale comporta,
secondo la communis opinio, automaticamente il dovere dei soggetti ai
quali esso impone diritti e obblighi di rispondere del loro
inadempimento1.
L’ordinamento internazionale regola i rapporti tra soggetti sovrani.
Non esiste un’istanza super-partes, o sovraordinato ai consociati,
competente a vigilare sul suo rispetto o ad applicare misure coercitive
a seguito di un atto contrario ad una sua norma. Le conseguenze
dell’inosservanza di un obbligo internazionale – ossia dell’illecito –
sono regolate dalle norme sulla responsabilità.
Com’è noto, gli ordinamenti statali distinguono essenzialmente due
tipi di responsabilità a secondo della norma violata: la responsabilità
1
ANZILOTTI, Corso di diritto internazionale, vol. I, Padova, 1955, p. 384.
12
civile che si traduce in un obbligo di ripararazione in funzione del
danno causato e la responsabilità penale che invece comporta una
pena in funzione alla norma violata. Nel primo caso, la responsabilità
tutela essenzialmente l’equilibrio e l’eguaglianza di diritti dei soggetti
privati o agenti come tali, nel secondo caso, la sua funzione principale
è la tutela dell’ordinamento stesso.
L’ordinamento internazionale invece non distingue tra diritto civile
e penale2; ciò nonostante gli internazionalisti si sono spesso ispirati ai
modelli di responsabilità offerti dal diritto statale (assumendoli alla
stregua di “principi generali del diritto”3, data la mancanza di norme
specifiche in materia) nella definizione della responsabilità
internazionale. Generalmente, in dottrina, si distinguono tre
impostazioni diverse4: la prima si ricollega alla teoria della
responsabilità come rapporto obbligatorio ed è stata elaborata da
Anzilotti; la seconda, e allo stesso tempo critica dell’impostazione
anzilottiana, è quella di Kelsen, che attribuisce carattere coercitivo alle
conseguenze dell’illecito internazionale; infine, una posizione
intermedia è stata espressa da Ago e si rispecchia in gran parte anche
nel Progetto di codificazione delle norme sulla responsabilità degli
Stati della Commissione di diritto internazionale5.
2
GINTHER, Die völkerrechtliche Verantwortlichkeit internationaler Organisationen
gegenüber Drittstaaten, Wien/New York, 1969, p. 86.
3La natura di questi principi è molto controversa. Per “principi generali del diritto” si
intendono, in genere, principi generalmente condivisi e contenuti nei vari ordinamenti nazionali
dei “paesi civili” nel senso di sistemi giuridici più strutturati. Essi sono previsti come fonte di
diritto all’art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia. Comunque, secondo molti
autori, essi non sono fonte di diritto autonoma, ma ad essi si farebbe ricorso solo in caso di
constatata assenza di norme consuetudinarie o convenzionali applicabili al caso (v. MORELLI,
Nozioni di diritto internazionale, Padova, 1976, p. 44; MOSLER, General Principles of Law, in
EPIL, 1984, p. 89).
4
ZEMANEK/SALMON, La responsabilité internationale, Paris, 1987, p. 60.
5
V. infra par. 5 ss.