6
diffusione rischia di compromettere seriamente le normali funzioni delle istituzioni  e 
degli enti interessati. 
 
2) Corruzione e concussione 
 
I fenomeni di cui ci occuperemo sono essenzialmente quelli di  corruzione attiva, di 
corruzione passiva e  di concussione. 
Iniziando dalla corruzione, si può affermare che entrambi gli aspetti citati sono, in 
realtà, due facce della stessa medaglia, vista rispettivamente dalla parte del corruttore 
e da quella del corrotto: in Italia, è ancora aperto il dibattito fra la maggioranza della 
dottrina, che ravvisa nella corruzione attiva e passiva due reati differenti, seppur 
connessi, e chi, come l’Antolisei
1
, preferisce optare per un unico reato caratterizzato 
da un concorso necessario di soggetti. 
In particolare, la corruzione attiva è il reato di chi induce, con promesse, denaro o 
altri vantaggi, un altro individuo a venir meno ai propri doveri; la corruzione passiva 
è, invece, il reato di colui che accetta promesse, denaro o altri vantaggi che non gli 
sono dovuti per compiere od omettere un atto relativo all’esercizio delle proprie 
attribuzioni.  
Da notare come il Codice Penale Rocco, distingua poi, agli artt. 318 e 319 c.p., la 
corruzione impropria (concernente il compimento di un atto d’ufficio) dalla 
corruzione propria (concernente l’omissione o il ritardato compimento di un atto 
                                                 
1
 F.Antolisei,”Manuale di diritto penale- Parte Speciale-II” ,Milano-1997, ed. Giuffré, pagg. 306 ss. 
 7
d’ufficio oppure il compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio); un’altra 
distinzione, ormai superata, desumibile dal Codice Rocco è quella fra corruzione 
antecedente (il riferimento è ad un atto futuro del corrotto) e corruzione susseguente 
(il riferimento è ad un atto già compiuto). 
A parte queste classificazioni, per delimitare in maniera precisa l’ambito della 
corruzione è necessario confrontarla con il fenomeno simile, ma concettualmente 
differente, della concussione: la concussione è, secondo l’art 317 c.p., il reato 
commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che, abusando 
della sua qualità e dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere 
indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.  
Distinguere fra la concussione e la corruzione passiva non è compito agevole, prova 
ne è il fatto che sia la dottrina che la giurisprudenza hanno elaborato diverse teorie, 
fra cui, per citare la più famosa, la “teoria dell’iniziativa”, per cui la differenza fra le 
due fattispecie consisterebbe nel fatto che, mentre nella corruzione l’iniziativa 
sarebbe del corruttore, nella concussione farebbe capo al pubblico ufficiale o 
incaricato di pubblico servizio: se non ché la concussione può essere realizzata anche 
senza una richiesta, per esempio nel caso del funzionario che, con il suo 
comportamento, spinga il privato a corrispondergli una somma. La soluzione al 
dilemma sembra essere stata trovata configurando la corruzione come “libero 
accordo” fra le parti, su un piano di parità e diretto a ottenere un vantaggio illecito ai 
danni della Pubblica Amministrazione; la concussione, invece, vedrebbe il 
 8
funzionario su un piano di superiorità che determina una situazione anche implicita di 
metus  e il privato proteso al fine di evitare un danno. 
Per concludere il discorso riguardante l’ambito delle sopra citate fattispecie 
criminose, è necessario fare un accenno ai soggetti  che ne sono protagonisti: in 
questo caso, le differenze fra corruzione e concussione si annullano. Infatti, negli 
episodi corruttivi che riguardano la Res Publica, troviamo sempre un corruttore, che 
di solito è un privato, e un corrotto, che è invece un funzionario pubblico; negli 
episodi concussivi, la storia si ripete, con il concusso che è un privato e il concussore 
che è un funzionario pubblico. 
Quando si usa l’espressione “funzionario pubblico” si fa naturalmente riferimento ai 
soggetti degli artt. 357, 358 c.p., cioè ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico 
servizio: pubblici ufficiali, agli effetti della legge penale, sono coloro i quali 
esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa; incaricati 
di pubblico servizio sono coloro che, a qualunque titolo, prestano un pubblico 
servizio, cioè un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma 
senza i poteri tipici di questa e ad esclusione delle mere attività di ordine o di 
prestazione d’opera solo materiale. 
 
3) Un fenomeno transnazionale 
 
 Come abbiamo già avuto occasione di sottolineare, i fenomeni corruttivi e concussivi 
hanno radici antiche e questo è un dato di fatto acclarato; quello che invece ha 
 9
rappresentato una vera sorpresa, negli ultimi anni, è stata lo scoprire che la reale 
portata del problema era più vasta di ciò che si poteva immaginare.  
Infatti, gli italiani hanno preso veramente coscienza del problema solo a partire dal 
1992, cioè quando l’azione giudiziaria del pool milanese di “Mani pulite” ha 
squarciato il velo che copriva una tipologia vasta e articolata di attività illecite e lo 
scandalo che ne è conseguito ha spazzato via una intera classe dirigente: i risultati 
delle indagini condotte in Italia ebbero immediatamente ampia eco in tutto il mondo, 
gettando discredito sulla reputazione del nostro Paese a livello internazionale. 
Ma ben presto, anche coloro che si erano eretti a “massimi censori” del malcostume 
altrui, dovettero rivedere le proprie posizioni, dal momento che la corruzione  non è 
“patrimonio” di un solo Paese, ma è un fenomeno generalizzato: infatti, nel giro di 
pochi anni, scoppiarono numerosi scandali di questo tipo in Spagna, in Francia, in 
Belgio e in Germania, e anche in questi Stati vennero coinvolti alti funzionari dello 
Stato e importanti esponenti politici. 
Fino a questo punto, però, ci siamo occupati di illeciti commessi interamente nei 
confini nazionali di un determinato Stato, trascurando volutamente il fatto che, nella 
seconda metà del XX° secolo, si è registrato un tale cambiamento a livello di rapporti 
fra Stati che, vista la sempre maggiore collaborazione e integrazione fra soggetti 
internazionali, il sociologo canadese H.M. McLuhan ha definito il mondo 
contemporaneo come un “villaggio globale”. Purtroppo, se questa evoluzione della 
società è sicuramente un fenomeno positivo, dal momento che allontana il pericolo di 
conflitti mondiali che, allo stato attuale dei progressi tecnici e scientifici, sarebbe 
 10
letale per il genere umano, dal punto di vista criminologico complica di molto sia lo 
studio delle problematiche, che la ricerca di efficaci contromisure. 
E così, anche la corruzione e la concussione divengono, al passo con i tempi, dei 
fenomeni transnazionali e almeno tre sono i fattori che vi contribuiscono
2
: il primo è 
la globalizzazione degli scambi che, attraverso l’apertura delle frontiere e la 
deregolamentazione delle attività economiche secondo il principio della concorrenza, 
favorisce l’internazionalizzazione degli illeciti; il secondo è la persistente disparità 
giuridica tra le legislazioni interne che non permette una efficace lotta contro questi 
fenomeni, lasciando alla criminalità la possibilità di sfruttare ordinamenti “tolleranti” 
e legislazioni “vantaggiose” dal punto di vista fiscale; il terzo fattore è l’avvento di 
nuovi soggetti economico-istituzionali a cui gli Stati-nazione trasferiscono 
competenze senza che però, a tale trasferimento, corrisponda un uguale attribuzione 
di meccanismi di repressione, con la conseguenza che le istituzioni internazionali 
sono impotenti e le istituzioni nazionali insufficienti. 
La globalizzazione della criminalità, che investe non solo i fenomeni di cui si tratta 
ma tutta un’ampia gamma di illeciti, è un problema che, per quanto riguarda 
corruzione e abusi, si era già manifestato a partire dagli anni settanta, con il famoso 
scandalo Lockheed che, in Italia, coinvolse l’allora Ministro della Difesa e il Capo di 
Stato Maggiore dell’Aeronautica: da allora, gli episodi si sono moltiplicati e hanno 
interessato settori sempre più importanti e delicati, come ad esempio quelli della 
sicurezza interna e internazionale. 
                                                 
2
 Stefano Manacorda,”La corruzione internazionale del pubblico agente”, Napoli-1999, ed. Jovene, pagg. 17 ss. 
 11
Relativamente recente è, invece, la constatazione che la malversazione e la 
corruzione non sono piaghe che coinvolgono solo le istituzioni nazionali, ma un 
anche le istituzioni internazionali e, in special modo, quelle comunitarie, che più di 
altre (rispetto, ad esempio, a quelle delle Nazioni Unite) hanno l’ambizioso progetto 
di sostituire gli Stati nazionali nelle competenze via via più ampie che vengono 
affidate loro. Così, ha destato molto scalpore lo scandalo che travolse la 
Commissione Europea allora presieduta da Jacques Santer: nella notte fra il 15 e 16 
marzo del 1999, a seguito della presentazione del rapporto di un Comitato di esperti 
indipendenti che di fatto accusava alcuni membri della Commissione stessa di 
comportamenti fraudolenti e corruzione, il presidente Santer e  tutti i membri si 
dimisero collettivamente. Nonostante il presidente dimissionario Santer, nella 
conferenza stampa immediatamente successiva, parlasse di disfunzionamenti e di 
favoritismi e non di corruzione, era chiaro che il vizio più classico delle istituzioni 
nazionali aveva ormai attecchito anche in ambito comunitario. 
In conclusione, il fenomeno in questione, in virtù della sua internazionalizzazione, 
coinvolge, oggi, sia pubblici funzionari nazionali, sia pubblici ufficiali stranieri 
(rispetto al Paese in cui viene commesso il fatto illecito) e sia pubblici funzionari di 
istituzioni internazionali: sebbene il nostro studio si concentri in maniera specifica 
sugli episodi corruttivi riguardanti i funzionari delle Comunità Europee, 
incidentalmente accenneremo anche alla responsabilità degli altri soggetti testé 
elencati. 
 
 12
4) Alcuni strumenti internazionali di lotta (cenni) 
 
Individuato il problema, l’analisi si sposta sugli strumenti di lotta alla corruzione: a 
tal proposito, se l’episodio illecito si manifesta ed esplica i suoi effetti su scala 
meramente nazionale, il problema non si pone, poiché l’ordinamento nazionale 
prevede sempre dei meccanismi di repressione, seppur differenti da un Paese 
all’altro; viceversa, le legislazioni nazionali sono insufficienti a contrastare un illecito 
che coinvolge più Paesi o addirittura un illecito a livello di  istituzioni internazionali
3
. 
Da queste considerazioni, è evidente la necessità di un salto di qualità nella lotta alla 
corruzione e quindi la necessità della internazionalizzazione dei mezzi di lotta: da 
diversi anni si è costituita una organizzazione internazionale non governativa, con 
sede a Berlino, denominata T.I. (Trasparency International), con il compito di 
promuovere ricerche, condotte da eminenti economisti, che mettono in luce i danni 
all’economia mondiale derivanti dalla corruzione e la conseguente necessità di 
intervenire al più presto ed efficacemente. 
Prima di addentrarci nell’analisi approfondita e dettagliata degli strumenti comunitari 
di lotta, è utile ed interessante accennare a tre esempi di reazione a questo fenomeno, 
due maturati a livello regionale (“Convenzione O.A.S. contro la corruzione” e 
“Convenzione O.C.S.E. sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle 
operazioni economiche internazionali”) e l’altro a livello mondiale (United Nations 
                                                 
3
 Ugo Draetta, “L’azione comunitaria contro la corruzione”, da “Impresa & Stato n°29- Rivista della Camera di 
Commercio di Milano” 
 13
Declaration against Corruption and Bribery in International Commercial 
Transactions). 
 
4.1) “Convenzione O.A.S. contro la corruzione” (1996) 
Lo strumento delle convenzioni su scala regionale è la strada scelta da molti Paesi per 
lottare contro la corruzione perché, rispetto ad altri mezzi di lotta di portata 
universale, risulta più semplice la formazione del consenso: certo, anche questo 
strumento pattizio è affetto da un’atavica inefficienza, ma si cerca di ovviare a questo 
aspetto con la creazione di procedure e organismi di controllo
4
. 
Il primo esempio, in ordine cronologico, di convenzione di questo tipo indirizzata alla 
lotta alla corruzione è quella stipulata nell’ambito della Organizzazione degli Stati 
Americani, conclusa il 29 marzo 1996 a Caracas e firmata a Panama City il 2 giugno 
1996 anche dagli U.S.A.: la Convenzione O.A.S. contro la corruzione si pone il 
compito di sradicare la corruzione connessa all’esecuzione di pubbliche funzioni e, 
per raggiungere tale scopo, pone a carico degli Stati firmatari degli obblighi ben 
precisi di prevenzione e di repressione dei comportamenti illeciti. 
Le disposizioni normative della convenzione  si snodano seguendo due direttrici 
principali: la prima tende a definire la corruzione puramente domestica, per giungere 
a un quadro unitario della fattispecie; la seconda si occupa di istituire articolate 
misure di cooperazione giudiziaria
5
.  
                                                 
4
 Tali sono i meccanismi di valutazione ed autovalutazione, procedure di verifica e follow-up, organismi di verifica e 
vigilanza 
5
 Tali sono l’estradizione, la confisca e sequestro internazionali, l’assistenza alle autorità giudiziarie  
 14
Invece, ciò che rimane nettamente secondario è l’aspetto riguardante la lotta alla 
corruzione internazionale: infatti, la convenzione si limita a richiedere agli Stati 
l’incriminazione di condotte di questo tipo, ma solo se compatibili con le previsioni 
costituzionali e i principi generali dei singoli ordinamenti
6
.  
Infine, bisogna segnalare la portata innovativa dell’art. VIII della convenzione, non 
tanto per il suo contenuto normativo, quanto per il fatto che, per la prima volta, si 
distingue fra corruzione attiva e passiva; solo la prima rientra nell’ambito della 
convenzione, visto che la seconda può essere sanzionata dallo Stato di appartenenza 
dell’agente pubblico
7
. 
In definitiva, la convenzione in discussione persegue la armonizzazione delle 
legislazioni e la cooperazione interstatuale; tende, in misura limitata, all’estensione 
dell’applicabilità della legge penale a fatti commessi all’estero; richiede l’estensione 
della fattispecie corruttiva ai pagamenti illeciti in favore di pubblici ufficiali stranieri. 
 
4.2) “United Nations Declaration against Corruption and Bribery in  
        International Commercial Transaction”
 8
(1996) 
Prima di analizzare compiutamente l’esperienza dell’O.C.S.E.,  può essere utile 
sottolineare anche gli sforzi dell’O.N.U. nella lotta contro la corruzione: certo, i 
mezzi a disposizione del massimo organismo mondiale peccano di ineffettività, non 
essendo vincolanti per gli Stati membri, ma testimoniano comunque una particolare 
                                                 
6
 Stefano Manacorda,”La corruzione internazionale del pubblico agente”, Napoli-1999, ed. Jovene, pag. 194 
7
 Rimane aperta la questione di quale sia l’autorità competente e le leggi penali applicabili alla corruzione attiva  del 
pubblico agente di istituzioni internazionali: analogo problema si pone per la “Convenzione O.C.S.E. sulla lotta alla 
corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali” (1997), vv dopo. 
8
 “Dichiarazione delle Nazioni Unite contro la Corruzione in senso lato e la Corruzione a mezzo di denaro nelle 
Transazioni Commerciali Internazionali” . 
 15
sensibilità verso il problema e fungono da stimolo per giungere a una sua sollecita 
soluzione. 
Già il 15 dicembre 1975, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva approvato 
la Risoluzione 3514, con cui condannava tutte le pratiche di corruzione nelle 
transazioni commerciali internazionali; è seguita la Risoluzione 50/106  del 20 
dicembre 1995 con cui l’Assemblea raccomandava al Consiglio Economico e Sociale 
di predisporre un progetto di convenzione internazionale sui pagamenti illeciti. 
Questo iter è sfociato, nella Risoluzione 51/91 del 16 dicembre 1996 con cui la 
Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato ufficialmente la “United 
Nations Declaration against Corruption and Bribery in International Commercial 
Transactions”
 
. 
La dichiarazione dell’O.N.U. mira ad impegnare gli Stati membri, individualmente o 
tramite organizzazioni internazionali e regionali, nella lotta contro la corruzione, le 
tangenti e le relative pratiche nelle transazioni commerciali internazionali. 
A tale scopo, non solo si raccomanda l’adozione di misure concrete e azioni efficaci, 
ma anche la necessità di sanzionare penalmente la corruzione dei pubblici ufficiali 
stranieri; in più, sono trattati aspetti particolari e accessori al fenomeno corruttivo 
come particolare il segreto bancario, la trasparenza dei documenti contabili e, 
soprattutto, il divieto di deducibilità fiscale delle tangenti pagate a pubblici ufficiali o 
ai rappresentanti eletti
9
 per i Paesi in cui è ancora possibile. 
                                                 
9
 Su questo ultimo punto la dichiarazione O.N.U. riprende la “Raccomandazione O.C.S.E. sulla detraibilità fiscale delle 
tangenti” (1996), antecedente ad essa di pochi mesi. 
 16
Infine è da sottolineare, come la dichiarazione distingua fra corruzione attiva e 
passiva, accennando altresì al diverso fenomeno della concussione
10
: tutte queste 
fattispecie costituiscono il fenomeno della “corruzione in senso lato”, cioè la piaga  
contro cui gli Stati dell’O.N.U. sono chiamati a lottare. 
Si può dire, in definitiva, che l’importanza della dichiarazione in questione è 
prettamente programmatica e di principio, avendo già evidenziate le difficoltà di tale 
strumento ad imporsi con  caratteri di effettività nei confronti degli Stati membri. 
 
4.3) Atti dell’O.C.S.E.: dalle “Raccomandazioni” alla “Convenzione sulla 
       corruzione degli agenti pubblici stranieri nelle operazioni economiche 
       internazionali” (1997) 
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico è stata sempre in 
prima fila nella lotta contro la corruzione, adottando tutta una serie di strumenti  
sempre più incisivi ed efficaci: sin dal 1994, l’O.C.S.E. si è adoperata in tal senso, 
dapprima adottando semplici raccomandazioni, e giungendo poi, nel 1997, a 
sintetizzare l’esperienza maturata negli anni con l’adozione di una convenzione 
“riassuntiva” di tutte queste soft law
11
. 
Dal punto di vista cronologico, il primo atto dell’O.C.S.E. in tal senso fu la 
“Raccomandazione sulla corruzione nelle transazioni commerciali internazionali” 
del 1994: era un testo meramente programmatico che, designando il proprio campo di 
applicazione nella corruzione dei pubblici ufficiali stranieri, invitava gli Stati a 
                                                 
10
 vv. sul punto il par. 2 dell’Introduzione  
11
 Per “soft law” si intendono le semplici  raccomandazioni senza effetti cogenti nel diritto penale 
 17
combatterla ricorrendo, innanzitutto, al diritto penale, e poi anche a norme di ordine 
civile, amministrativo, fiscale, contabile, societario e bancario, oltre che alla 
cooperazione giudiziaria internazionale. Da notare come tale raccomandazione sia 
stata poi rinnovata nel 1997, con la fissazione di un termine
12
 agli Stati membri per 
l’adozione di testi legislativi di attuazione e con la predisposizione di procedure di 
valutazione ed autovalutazione dei risultati raggiunti. 
L’11 aprile 1996, il Consiglio O.C.S.E. adottò la “Raccomandazione sulla 
deducibilità fiscale delle tangenti” versate ai funzionari pubblici stranieri: questo atto 
prendeva spunto dal fatto che la legislazione “tollerante” di non pochi Paesi 
permetteva ai privati di “scaricare dall’imponibile” i costi della corruzione perpetrata 
ai danni di Stati stranieri e, a tal proposito, invitava gli Stati interessati a rivedere i 
propri regimi fiscali. Incidentalmente, evidenziamo come l’Italia non figurasse fra i 
destinatari della raccomandazione, dal momento che, nel nostro Paese,  tale 
deducibilità era già vietata da prima del 1996; in più, una legge del 1994 ha reso 
imponibili anche i guadagni provenienti da fonti illecite. 
A brevissima distanza dalla precedente, nel maggio 1996, venne adottata 
la”Raccomandazione relativa a contratti relativi ai mercati finanziati dall’aiuto 
bilaterale”: il suo scopo era, essenzialmente, l’inserimento di clausole anticorruzione  
nei contratti di aiuto allo sviluppo. 
Finalmente, il 17 dicembre 1997, gli Stati membri dell’O.C.S.E. e  cinque Paesi non 
membri
13
 firmano a Parigi la “Convenzione sulla lotta contro la corruzione dei 
                                                 
12
 il 31 dicembre 1998 
13
 Argentina, Brasile, Bulgaria, Cile e Repubblica Slovacca 
 18
funzionari pubblici stranieri nelle transazioni commerciali internazionali”: questo 
atto rappresenta il punto d’arrivo del cammino scandito dalle raccomandazioni 
O.C.S.E. testé citate.  
Lo scopo di questa convenzione è di ottenere una equivalenza funzionale fra le 
misure adottate dai Paesi firmatari per sanzionare la corruzione di funzionari pubblici 
stranieri e, in modo innovativo rispetto ai testi O.C.S.E. precedenti, anche di 
funzionari di organizzazioni internazionali di natura pubblica: in pratica, si mira ad 
una armonizzazione delle legislazioni dei vari Stati sul tema. 
Un altro aspetto interessante della convenzione è sicuramente il campo di 
applicazione della stessa, da cui vengono esclusi sia i cosiddetti “pagamenti di 
facilitazione” o “di routine” sia, discutibilmente, i fenomeni di corruzione passiva
14
: 
a proposito di questi ultimi, per giustificare tale scelta, ci si basa sull’assunto che, a 
punire il corrotto, sarà l’ordinamento di appartenenza del pubblico agente, 
trascurando, però, i problemi che nascono nel caso in cui in questi episodi risultino 
coinvolti agenti delle istituzioni internazionali, per cui sono carenti le norme penali 
applicabili e per i quali, quindi, si potrebbe profilare quasi una “irresponsabilità 
penale”. 
Dal punto di vista delle disposizioni in sé, poche sono le innovazioni, ma si punta 
soprattutto al rafforzamento della mutua assistenza giudiziaria, alla particolare 
attenzione
15
 riservata al rispetto delle norme contabili e infine ci si affida a 
meccanismi di verifica e valutazione periodica: per il resto, si riprendono i contenuti 
                                                 
14
 vv. nota n°7, a proposito della Dichiarazione O.N.U. 
15
 a differenza delle convenzioni U.E. 
 19
delle raccomandazioni precedenti, rivisti con una sapiente opera di aggiornamento e 
razionalizzazione. 
Per concludere il discorso riguardante l’opera dell’O.C.S.E. contro i fenomeni 
corruttivi, bisogna segnalare la “Raccomandazione sul miglioramento del 
comportamento etico nel servizio pubblico” del 23 aprile 1998. Questo atto invita gli 
Stati membri ad adottare le misure necessarie a garantire un buon funzionamento 
delle istituzioni, incoraggiando un comportamento conforme ai principi dell’etica da 
parte dei funzionari pubblici: a tale scopo vengono enunciati dodici principi, tutti 
improntati alla trasparenza dei comportamenti e alla consapevolezza da parte dei 
funzionari dei propri doveri, che devono servire come vademecum per gli Stati che 
intendono adottare delle norme in tal senso.