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INTRODUZIONE
La responsabilità del consulente tributario, è un tema di vivissima attualità,
generalmente dibattuto in dottrina e in giurisprudenza. Con la presente tesi, si
cerca di affrontare, senza pretese di esaustività, le diverse forme in cui questa può
logicamente estrinsecarsi, alla luce della disciplina vigente.
Si è scelto, nella dissertazione della materia, di compiere nel primo capitolo, una
sintetica digressione in merito alla disciplina generale dell’illecito tributario, cui
inerisce il tema speciale qui proposto. Infatti, come si avrà modo di vedere,
l’originario impianto sanzionatorio tributario, amministrativo e penale, appariva
assolutamente inadeguato alle esigenze di una prassi che ormai, stava
consolidandosi sempre di più. Invero, l’elevato tecnicismo della normativa,
nonché il costante intervento ministeriale, attraverso una serie di circolari
esplicative, rendevano sempre più necessaria la presenza di un esperto di settore,
che fosse in grado di assistere il contribuente, nell’assolvimento dei generali
obblighi fiscali. Di qui, la necessità di una riforma, che a partire dagli anni
Novanta, viene ad investire il suddetto sistema, con lo scopo di responsabilizzare
anche il professionista, in relazione all’espletamento delle suddette funzioni
assistenziali.
Nel secondo capitolo, si è voluto inquadrare tale figura professionale e,
conseguentemente, la stessa attività di consulenza tributaria.
Fermo restando quelle che sono le principali figure, generalmente abilitate
all’espletamento di quest’ultima, allo stesso tempo se ne sottolinea la rispettiva
libertà di esercizio. Più precisamente, risulta evidente la contestuale natura di
attività non protetta, seppur generalmente espletata da professionisti, iscritti in
appositi albi professionali e, sottoposti, al rispetto di specifici codici deontologici.
L’accezione che nel presente lavoro viene ad accogliersi, a proposito della
consulenza tributaria, è sicuramente quella più ampia, con contestuale
qualificazione della stessa in termini di onnicomprensività. Naturalmente,
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l’esigenza di sintesi, impone allo studioso della presente tematica, di concentrarsi
esclusivamente su quelle di maggior rilievo. Tra queste, si individuano alcune tra
le principali attività che contraddistinguono la realtà quotidiana, a partire
sicuramente dalla redazione delle dichiarazioni, fino ad arrivare alla rispettiva
trasmissione telematica. A ciò, si aggiunge la necessità sempre più evidente nel
mondo imprenditoriale, di servirsi di un esperto in legge, che sappia districarsi
nella complessa “opera” di pianificazione fiscale. Quest’ultima, viene vista più
che altro in un ottica internazionale, essendo ormai evidente nell’attuale
globalizzazione, un progressivo ampliamento dei confini operativi delle stesse
aziende operanti sul mercato. Ovviamente non si manca di sottolineare, anche la
classica pareristica e quindi, l’esposizione di pareri, suggerimenti, consigli, che
molto spesso, si pongono ad un confine decisamente labile, tra il lecito e l’illecito.
In merito allo svolgimento di simili attività, non si escludono anzitutto profili di
responsabilità civile, essendo il consulente tributario, prima di tutto, un prestatore
d’opera intellettuale così come generalmente riconosciuto, dalla vigente normativa
di diritto comune.
Segue pertanto, la possibilità di ascrivere alla suddetta figura professionale, una
diversa forma di responsabilità, quale risulta esser quella amministrativa. Tale,
come vedremo, viene ad estrinsecarsi in diverse fattispecie, astrattamente
configurabili, ma nonostante ciò, dalla pratica si evince un generale
coinvolgimento dello stesso consulente, in qualità di concorrente. Non si
escludono tuttavia, anche ipotesi di responsabilità diretta ed esclusiva del
rispettivo cliente, data l’operatività di specifiche esimenti, riferibili
esclusivamente al professionista di fiducia.
Ciò che occorre cogliere però, è l’importante inversione di tendenza che si registra
in materia, in quanto se prima unico soggetto al quale erano riferibili sanzioni
amministrative tributarie, era il contribuente, ora, nell’ottica di una generale
personalizzazione, quest’ultime possono addebitarsi anche al consulente.
Naturalmente, non sempre è agevole il riconoscimento di tale responsabilità, data
l’estrinsecazione di un processo prevalentemente cartolare, in cui risultano
inammissibili determinati mezzi di prova, generalmente riconosciuti in altri settori
del diritto. Per tali ragioni, come si evince anche dal testo, ci si auspica, con la
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recente delega fiscale del 2014, che anche da questo punto di vista, si assista ad un
rilevante intervento riformistico, necessario per far fronte a tali specifiche
esigenze.
In definitiva, si mette in evidenza la possibile connotazione penalistica di tale
responsabilità, ferma restando l’operatività di una pena soltanto in funzione di
extrema ratio dell’intero sistema tributario.
Seguendo pertanto un’impostazione diversa rispetto quanto risulta nei precedenti
capitoli, in quello finale, si cerca di enucleare le possibili condotte concorsuali
riferibili al consulente, partendo dall’analisi della particolare struttura che
contraddistingue i nuovi reati tributari, sostitutivi delle originarie fattispecie
prodromiche all’evasione. In via trasversale, sulla scorta della classica attività
consulenziale dei fiscalisti, si affronterà anche il tema dell’elusione fiscale, di
rilevante attualità. Del fenomeno elusivo, se ne fornirà una spiegazione in ragione
della rispettiva rilevanza penale e, rispettiva riconducibilità, ad una specifica
ipotesi delittuosa, suscettibile a sua volta di estrinsecazione concorsuale.
Nella speranza di non annoiare il lettore, ci si augura che l’illustrazione del tema
oggetto della presente tesi, accompagnata da un linguaggio esplicativo
decisamente agevole, sia di suo gradimento.
Il mio ringraziamento finale, per la preziosa opera di collaborazione nella stesura
della presente opera, va alla Dott.ssa Susanna D’Alessio, oltre che al Dott.
Gabriele Giusti. Non per ordine di importanza, un particolare ringraziamento va
anche al Prof. Giuseppe Tinelli, che con la sua dedizione al lavoro e lezioni molto
spesso coinvolgenti, ha saputo trasmettermi la passione per questa materia,
oggetto della presente tesi, conclusiva del mio ciclo quinquennale di studi.
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CAPITOLO I
L’ILLECITO TRIBUTARIO
Sommario: 1. Premessa-2.L’evoluzione storica del sistema delle sanzioni tributarie-3.La
personalizzazione della sanzione nell’attuale sistema-4.Assenza di colpevolezza e cause di non
punibilità-5.La disciplina dei reati tributari
1.PREMESSA
L’attuazione della norma tributaria si sostanzia nell’adempimento di una serie di
obblighi formali e sostanziali che ineriscono al rapporto giuridico d’imposta. Tali
obblighi, gravano sul soggetto passivo del tributo meglio definibile come
“contribuente”, ma coinvolgono pur sempre soggetti terzi aventi una funzione
meramente ausiliaria rispetto il Fisco per tassare la capacità economica di cui
vengono a conoscenza.
Tuttavia, se la ricchezza che non emerge sfugge agli occhi del Fisco, l’intervento
dei professionisti e in particolare del consulente tributario, non consente di
renderla di colpo visibile. Solo avendo presente questa “cornice strutturale”, si
può comprendere che il ruolo del professionista deve esser inquadrato nella
tassazione di ciò che è visibile, in quanto regolarmente documentato dal cliente,
ma non può tradursi in un potere ispettivo volto a scovare la ricchezza nascosta.
Più precisamente, la necessità di avere figure professionali specializzate nella
materia fiscale è sempre presente malgrado le numerose campagne mediatiche
dell’Amministrazione Finanziaria volte più che altro a sminuirne la funzione
etichettandoli così come meri esecutori materiali di adempimenti formali, allo
scopo di favorire l’accesso ad un regime fiscale semplificato con ampi risparmi
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sui costi dell’assistenza fiscale
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. Quest’ultima del resto, nella nozione
comunemente diffusa di tenuta della contabilità e di assolvimento dei principali
adempimenti fiscali, nasce proprio dalla necessità di avvalersi di una figura
professionale ad hoc, tecnicamente preparata per seguire l’evoluzione del sistema
incluso l’aggiornamento in merito alle novità interpretative del Ministero delle
Finanze.
Non bisogna dimenticare peraltro il profondo mutamento della struttura giuridica
del sistema tributario così come derivante dalle prime riforme degli anni Settanta
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.
Com’è noto infatti, significativo è stato il progressivo mutamento del ruolo dei
soggetti coinvolti, in particolare il fatto che l’attività di liquidazione sia
tendenzialmente passata dal piano delle prerogative o degli obblighi
dell’Amministrazione Finanziaria a quello dei soggetti passivi d’imposta.
Più precisamente ci riferiamo al passaggio storico al c.d. modello della fiscalità di
massa che ha consentito, l’introduzione di tributi ad alto gettito e destinati ad
un’ampia diffusione soggettiva con contestuale mutamento del rapporto tra Fisco
e contribuente.
Di colpo, dunque, l’ ”autodeterminazione” analitica dei redditi e la conseguente
“autoliquidazione” delle imposte ha determinato un ribaltamento in capo a
soggetti non tecnicamente preparati, di una serie di obblighi che solo attraverso
una “mediazione professionale”, se così possiamo definirla, possono esser
adempiuti. In altri termini, in un sistema di fiscalità di massa rilevano anzitutto gli
obblighi di collaborazione alla realizzazione dell’interesse fiscale
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che il privato è
tenuto ad adempiere, ma allo stesso tempo sono riconosciuti delicati ruoli di
controllo preventivo del rispetto della normativa tributaria a soggetti estranei alla
Pubblica Amministrazione e, in particolare, a professionisti legati al contribuente
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R. LUPI, Dalla contabilità alla consulenza: una valorizzazione del ruolo dei professionisti, in
Dialoghi Tributari, 2008, p. 7; R. LUPI, Libri di dialoghi tributari, Milano, 2011, 110 e ss.
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Ci riferiamo alla legge delega n. 825/1971 dalla quale ne è scaturita la riforma fiscale del 1973.
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La puntualizzazione dell’interesse fiscale come interesse pubblico, è fatta propria in più decisioni
della Corte Costituzionale, vedi tra le tante: Corte Cost., 4 aprile 1963, n. 45, Corte Cost., 6 giugno
1993, n. 91, Corte Cost., 28 maggio 1974, n. 163, ove si evince che, l’interesse generale alla
riscossione dei tributi, è condizione di vita per la comunità, perché rende possibile il regolare
funzionamento dei servizi statali. L’attenzione all’ ”interesse fiscale” inoltre, torna a presentarsi
nella giurisprudenza successiva come tutela della “ragione fiscale”, sia quando la Corte la invoca
per legittimare le presunzioni che non siano “gravi, precise e concordanti” (sent. n. 283/1987), sia
quando la invoca per legittimare la proroga dei termini rimessa alla discrezionalità amministrativa
(sent. n. 177/1992).